Negli anni '70 del secolo scorso le prime reflex con esposizione automatica lasciavano perplessi molti professionisti: l'esposizione la decido io, dicevano. E la pubblicità sottolineava la possibilità della regolazione manuale.
L'intelligenza che costruiva l'immagine era quella "naturale" del fotografo.
Oggi la cosiddetta "intelligenza artificiale" dei telefonini sottrae a chi scatta il controllo dei risultati. Che sono sempre "mozzafiato", "entusiasmanti", "impressionanti". E via osannando, ma solo per chi non sa che cosa vuol dire immaginare e realizzare una foto che significhi qualcosa.

IA, telefonini e fotografia: Idiozia Artificiale o fake news?

18 novembre 2019

"L’iPhone 11 darà il colpo di grazia all’industria fotografica?". Qualche settimana fa questa domanda angosciante era il titolo di un quotidiano online. L'articolo era un'entusiastica descrizione delle doti fotografiche del nuovo smartphone. Qualche giorno dopo lo stesso quotidiano titolava con scomposto entusiasmo un altro "pezzo" da brivido: "Il nuovo iPhone è uno studio televisivo completo".

Siamo al confine delle fake news. Solo chi non ha la minima cognizione di tecnica fotografica può scrivere cose del genere. O anche, come ho letto su un altro sito "La resa dei colori è fantastica, i neri sono profondi, i bianchi accecanti. Questo schermo è già stato premiato come il miglior schermo in circolazione, c’è quindi poco altro che si può aggiungere". Grammatica a parte (si scrive "migliore schermo" e non "miglior schermo"), ci sarebbe molto da aggiungere. In primo luogo che chi si dà l'aria di giornalista o esperto di oggetti tecnologici dovrebbe verificare la dichiarazione dell'oste sulla bontà del vino e non limitarsi alla parafrasi, se non al  copia-e-incolla, dei comunicati stampa e della pubblicità.

Un confronto "assurdo"

Il coro di alleluia che accompagna il lancio di ogni nuovo oggetto tecnologico comprende anche "recensioni" e prove più o meno reali del funzionamento del coso di turno. Regolarmente entusiastiche. Ci sono anche le "prove a confronto". Alcune convincenti, altre no: si ha la sensazione che il risultato della contesa sia prefissato ancora prima di incominciare.

Ma per fortuna c'è chi avanza qualche dubbio: "Se uno smartphone di notte scatta meglio di una full frame c'è qualcosa che non va", titola una pagina del  quotidiano online DDay, firmata da Roberto Pezzali. Aggiunge il sommario: "Una serie di fotografie fatte nelle stesse identiche condizioni mettono a confronto un Pixel 4 e una full frame Canon EOS RP. Anche un occhio inesperto direbbe che il Pixel vince a mani basse. Ed è assurdo".
Assurdo, appunto. O sospetto? Ecco una delle quattro coppie di immagini pubblicate da DDay, riprese  dal video di un non meglio identificato "Andrew".

Un confronto tra due apparecchi fotografici, come quello citato nell'articolo di DDay, dovrebbe essere fatto in condizioni controllate e verificabili, mettendo a disposizione gli originali (i fotogrammi RAW, nel caso delle fotocamere di fascia alta).
Altrimenti le inevitabili differenze al momento della ripresa e le ampie possibilità di ritocco delle foto digitali rendono inaffidabili – se non incredibili – i risultati del confronto.

Le reflex generano fotogrammi "grezzi" sui quali il fotografo può intervenire in post-produzione. Invece i fotofonini elaborano automaticamente l'immagine, in modo che appaia il più "impressionante" possibile. Astuti algoritmi inventano una non-profondità di campo (artificiosa a prima vista), rendono più brillanti i colori, attenuano o esaltano i contrasti in modo che il fotogramma risulti "fantastico" sullo schermino da cinque o sei pollici o nelle piattaforme sociali.

La foto 3, asserisce "Andrew", è stata ripresa con il fotofonino di Google, la 4 con la reflex Canon. Un "occhio inesperto" dice che la prima è migliore della seconda. Invece l'esperto nota prima di tutto che la seconda è un po' sottoesposta. In questo genere di riprese l'esposizione è critica. Chi usa una reflex di alto livello sa, o dovrebbe sapere, che in certe condizioni di luce spesso occorre una correzione della lettura automatica. Che si può fare anche in post-produzione.
Il fotofonino ha compensato l'esposizione e ha reso più leggibile il muro illuminato sulla sinistra. Per una correzione completa sul fotogramma della Canon servirebbe l'originale in formato RAW. Ma ho solo il JPG pubblicato da DDay. Ci provo lo stesso. Pochi clic, meno di un minuto, per rendere la foto scattata con la Canon "più bella" di quella prodotta dagli automatismi del fotofonino: si noti la maggiore leggibilità, rispetto all'originale, del terreno in basso e della rete che si vede attraverso il parabrezza. Ma c'è altro, come si vede dalle immagini qui sotto.
Non è solo una questione di esposizione e bilanciamento dei toni. La foto 4, che si afferma scattata con la reflex full frame, è affetta da un "rumore" molto evidente, (qui sopra un dettaglio dell'ingrandimento 1:1 pubblicato da DDay), superiore a quello prodotto da una compatta di dieci anni fa. Sembra la grana di una pellicola in bianco e nero aggiunta all'originale. Nei due dettagli qui sopra si può vedere la differenza tra la grana di una vecchia pellicola in bianco e nero ad alta sensibilità e il disturbo di una fotocamera digitale di oggi a 1600 ISO (Nikon D3500, formato APS-C, cioè la metà del full frame). La "grana" digitale è sempre a colori, perché ogni singolo pixel produce la propria dose di rumore.
Sarebbe interessante il confronto con una foto scattata in condizioni simili, ma controllate. Non ho a portata di mano un RAW di una foto scattata con una Canon recente, ma può essere utile il confronto tra l'immagine originale (la 3) e un fotogramma (qui sotto) prodotto con esposizione automatica da una Nikon D750 (full frame, 24 Mpx). In condizioni di luce proibitive, la sensibilità è di 11.400 ISO. Qui sotto, il dettaglio 1:1 della foto di sinistra mostra il rumore digitale prodotto da una reflex full frame a una sensibilità altissima. Non è assolutamente paragonabile a quello della Canon RP del test condotto dal fantomatico "Andrew". Anche a voler sostenere che il rumore di una Nikon, a parità di condizioni, è inferiore a quello di una Canon, non è pensabile che la seconda sia caduta così in basso.
E' bene ripeterlo: l'esempio della Nikon è puramente indicativo, perché il confronto andrebbe fatto con una foto prodotta dalla stessa fotocamera usata come termine di paragone dall'autore della prova originale.
Ma sappiamo che le differenze di qualità tra apparecchi di fascia alta di diverse marche sono marginali, a parità di "generazioni". E' naturale che  risultati sbilanciati come quelli presentati da "Andrew" destino qualche sospetto.

Per concludere: qui sopra si vede l'ingrandimento di un dettaglio della foto 3 (fatta col fotofonino di Google), ingrandito alla stessa dimensione finale della foto full frame, (considerando le dimensioni dei due sensori). E il "trucco" si svela: la differenza è anche nelle dimensioni dell'immagine finale.

 

Che cosa significa tutto questo? Significa che quello che viene presentato come un blind test (una "prova alla cieca", in cui una persona qualsiasi dovrebbe indicare quale scatto gli sembra migliore) non può essere una cosa seria se non si dà a un esperto la possibilità di verificare che non ci sia un trucco, mostrando il fotogramma RAW (grezzo, non elaborato) prodotto dalla fotocamera.

Il confronto è viziato dal fatto è che  gli algoritmi (sbandierati come "intelligenza artificiale") della parte fotografica di uno smartphone mettono una pezza sui difetti della registrazione ottica su un sensore di dimensioni microscopiche e modificano toni e colori in modo che appaiano "mozzafiato" sul piccolo schermo dell'apparecchio. Così l'articolo di DDay sembra attribuire il risultato della gara alla minore "intelligenza" della fotocamera professionale rispetto alla genialità del fotofonino.

Che però ha i suoi limiti. Leggo, in un'altra (entusiastica, ça va sans dire) recensione del Pixel 4, che ha un difetto: il riconoscimento facciale non funziona al buio, occorre almeno una piccola luce. Qualcuno di voi è capace di riconoscere una persona al buio, senza nemmeno una piccola luce? Però è strano, perché – leggo nelle specifiche tecniche – a bordo del fotofonino di BigG c'è anche un radar (il cannoncino da 105mm o il lanciasiluri dovrebbero essere optional).

Alla fine della storia, quello che resta è una specie di "pensiero unico" sulle meraviglie tecnologiche. E' difficile trovare, nel mare magnum della rete, qualcuno che sia capace di un pensiero critico sulle notizie che diffonde. Nessuno che si chieda che cosa c'è alla base di quella che si potrebbe chiamare "innovazione obbligatoria", che convince masse di persone ad acquistare in continuazione oggetti di fatto inutili. O addirittura dannosi per la vita privata, come gli "assistenti domestici" che spiano sistematicamente i loro possessori, essendo al servizio di chi li vende più che essere utili a chi li compera.

Mi capita per caso davanti agli occhi il link a un sito francese: "Test du Google Pixel 4 : un appareil photo ÉBLOUISSANT, une autonomie DÉCEVANTE !"
Dove éblouissant significa "abbagliante", anche se l'autonomia è deludente (décevante). Meno male che almeno un difetto ce l'ha, con tanto di punto esclamativo.

Le prestazioni delle fotocamere incorporate sono il motivo dominante delle più recenti pubblicità di quelli che una volta erano chiamati "telefonini". Si citano gloriosi marchi per gli obiettivi, si magnifica la cosiddetta "intelligenza" dell'apparecchio che produce foto "fantastiche" (gli aggettivi e le iperboli si sprecano).

Si dice soprattutto che con queste "fototelefoninocamere" si possono ottenere risultati professionali.
Si dimentica (o si ignora) che il primo requisito di una macchina fotografica professionale è la possibilità di regolare i diversi parametri che concorrono alla formazione dell'immagine pensata dal fotografo: focale, tempo, diaframma (che significa anche profondità di campo), sensibilità eccetera.

I fabbricanti di telefonini non mettono in evidenza le dimensioni dei sensori, che in ogni caso difficilmente possono essere superiori a 1/2,3", cioè 6,16x4,6mm, circa 28mm2. Leggi fisiche impediscono di ottenere da un sensore così piccolo le stesse informazioni di uno di 24x36mm, circa 864mm2.

Nonostante questi limiti, gli algoritmi di elaborazione dei fotofonini producono immagini che appaiono di buona qualità.
In un prossimo articolo approfondirò il tema, anche con confronti con procedure verificabili.

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