E' diventato un mito il Vivitar Series 1 70-210mm (terza versione) degli anni '80. Un esempio di ottica universale che ben poteva competere, per qualità e prezzo, con le ottiche originali dei marchi più noti. Dopo un confronto diretto, lo adottai al posto del Nikkor 80-200mm.

 

 

 

Per le vecchie signore della fotografia la Cina è vicina

Manlio Cammarata - 19 aprile 2021

L'articolo di Andrea Monti Grandi marche o "cinesi"? La sorpresa degli obiettivi economici impone alcune considerazioni che vanno oltre il lancio di un nuovo marchio o la qualità di questo o quest'altro obiettivo.

"Viltrox, produttore cinese di ottiche a basso costo", si legge su un sito dedicato alla fotografia. Poche parole per qualificare in negativo un produttore. E' un'abitudine. Da anni si parla con sufficienza, se non con disprezzo, dei prodotti "cinesi" come oggetti di qualità scadente e di basso costo, imitazioni rudimentali di quelli prodotti in Occidente. E in principio era vero, in parte, anche se era noto che anche i grandi marchi occidentali facevano e fanno costruire i loro sofisticatissimi apparecchi in Cina – Apple, per fare un solo esempio.

Ora ci troviamo di fronte a una produzione originale di tutto rispetto, ma sempre a prezzi convenienti. Non è solo il caso degli obiettivi Viltrox, citati nell'articolo di Andrea Monti, ma anche dei Samyang, che provengono dalla Corea del Sud, e di tanti altri prodotti anche non fotografici, fabbricati in Estremo Oriente. Giappone escluso, in parte, perché anche i marchi del Sol Levante ora fanno costruire molti loro prodotti in Cina o in altri Paesi, soprattutto in Indocina.

In anni lontani, intorno al 1960, per me adolescente la fotografia era un desiderio e le macchine – tedesche – di mio padre erano intoccabili come oggetti sacri. Allora si parlava di "roba giapponese" per indicare apparecchi più economici di quelli costruiti nella Germania Ovest, pallide imitazioni, che non potevano competere con  gli originali.
Eppure si vedevano in giro molte Leica corredate da obiettivi marcati Nikkor o Canon (costruiti anche questi da Nikon). Chi li usava sosteneva che non erano inferiori agli originali targati Leitz, anche se costavano molto meno.

Corredo russo degli anni '70 su una Leica IIIc (1946): quello montato è l'obiettivo Jupiter 35mm f/2,8; sotto si vede lo Jupiter 85mm f/2. Il mirino multifocale completava il corredo. Qualità ottica impeccabile, anche se il tutto costava meno del solo mirino multifocale originale Leitz (in basso a destra).

Su Amazon il 13 febbraio scorso il Nikkor 18-200mm costava 541,00 euro; l'equivalente Tamron costava 191,24 euro. Il Nikkor pesa 560 grammi, il Tamron è molto più piccolo e pesa solo 400 grammi. Molto più comodo quando si va in giro con una fotocamera in formato APS-C. La differenza di prestazioni non è significativa nell'uso generale. La scelta non è difficile, se si guarda alla sostanza e non al prestigio del marchio.

Intanto la Nippon Kogaku, copiando la struttura delle Zeiss Contax (ma con dentro l'otturatore copiato dalla Leica, più affidabile) stava invadendo il mercato americano, prima con gli apparecchi a telemetro e poi con la Nikon F, ancora oggi un mito.
Mio padre cambiò idea sulle macchine giapponesi quando provò la Olympus "mezzoformato" con lo straordinario obiettivo Zuiko 30mm f/2,8. La potenza dell'industria fotografica tedesca incominciava a perdere colpi: le Contarex di Zeiss apparivano inutili bestioni, le Leica sopravvivevano per pochi benestanti nostalgici.

Quando, a metà degli anni '70, la già traballante Rollei spostò la produzione di obiettivi a Singapore, si gridò allo scandalo. Ma quando si vide  che le ottiche costruite in Oriente erano uguali a quelle fatte in Germania, il destino dell'industria tedesca era segnato: Zeiss, Leitz, Voitgländer, Rollei...  Marchi di un passato glorioso, nobiltà decaduta, ora in qualche caso superstite in nicchie del mercato.

In quegli anni si diffondevano anche gli obiettivi "universali", adatti a molte marche di fotocamere: costavano poco, bastava cambiare l'attacco per passare da una marca all'altra, ma la qualità "giapponese" lasciava spesso a desiderare. Poi l'evoluzione: il mercato ha deciso la fine degli attrezzi meno validi, restano marchi come Sigma e Tamron. Questi si stanno spostando verso modelli più sofisticati – e costosi, ma sempre meno degli "originali" – seguendo la tendenza delle grandi case a produrre ottiche di fascia e prezzo crescenti. Mentre, sembra di capire, preferiscono lasciare alle case "indipendenti" il mercato delle ottiche di uso più comune.

Una Nikon D750 con il Samyang 14mm f/2,8, (marcato Walimex) alternativa al Nikkor della stessa focale e luminosità. Il Nikkor è autofocus, caratteristica poco importante a focali così corte, è uscito di produzione da poco e si trova a prezzi oltre i 1.800 euro. Il Samyang si trova a meno di 300 euro e non va affatto male
Ecco la resa del Samyang/Walimex 14mm f/2,8 in una foto qualsiasi. Vale la pena di spendere le cifre richieste per gli obiettivi "di marca", quando con pochi soldi si possono ottenere risultati del tutto dignitosi, come mostra questo esempio?
Gli obiettivi catadiottrici sono passati di moda. Ma per foto come questa (che non si possono fare col telefonino...) sono sempre validi. Questa è stata scattata con un MTO 1100mm di fabbricazione russa degli anni '70. 

Case indipendenti, appunto, Viltrox come Samyang, che costano anche meno di Sigma e Tamron, ormai in qualche caso concorrenti diretti dei marchi tradizionali (Nikon, Canon, Olympus, Pentax) o di più recente successo, come Panasonic, Sony e Fujifilm .
Che cosa significa tutto questo?

Forse significa che il mercato delle apparecchiature fotografiche sta cambiando di nuovo. Come cinquant'anni fa l'industria tedesca fu costretta a cedere di fronte all'offensiva giapponese, ora quest'ultima potrebbe dover fare i conti con la produzione di Cina e dintorni e con i suoi prezzi concorrenziali.
In principio Nikon aveva un concorrente pericoloso, che si chiamava Topcon e costruiva apparecchi innovativi e di grande qualità. Chi se ne ricorda?

Ecco, quando vedo che nel catalogo Nikon non c'è più un'ottica fissa da 135mm (un attrezzo di uso comune), ma che ne posso acquistarne online una compatibile a poco prezzo, allora mi chiedo se i grandi marchi, le vecchie signore, sono consapevoli del mercato che cambia.

E quando vedo Nikon che butta via il suo punto di forza assoluto, la compatibilità con la maggior parte delle ottiche costruite in 60 anni, eliminando il collegamento AI sull'adattatore FTZ, allora ho la sensazione che la storia si ripeta: come 80 anni fa i giapponesi uccisero l'industria ottica tedesca, così oggi i cinesi stanno facendo con i giapponesi. E' il mercato, bellezza, il mercato. Ma sento una certa malinconia...

Il catadiottrico MTO 1100mm f/10,5 su Nikon D750. Oggi gli accessori "universali" di poco prezzo si comperano online. In tempi non troppo lontani gli obiettivi economici per eccellenza, i russi, si trovavano per pochi soldi sulle bancarelle dei mercati delle pulci. E vanno ancora bene.
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