Relazione
La disciplina dell'uso delle
intercettazioni telefoniche è tema che esige un confronto
maturo e una risposta meditata da parte del legislatore.
Le inchieste che per mesi hanno occupato le pagine dei
giornali e riempito i programmi di approfondimento
televisivo non fanno che confermare l'utilità delle
intercettazioni telefoniche nelle attività investigative.
Ed esse si aggiungono ai moltissimi esempi di indagini
condotte con successo grazie a questo strumento per i
reati contro la criminalità organizzata o per quelli
contro la pubblica amministrazione.
Tuttavia, proprio chi riconosce
l'indispensabilità delle intercettazioni, anche per
contrastare la posizione di quanti vorrebbero limitarle
eccessivamente, non può disconoscere gli effetti perversi
della diffusione di tali contenuti su stampa e
televisione. Troppo spesso, infatti,nelle intercettazioni
pubblicate sui giornali compaiono,spesso per circostanze
del tutto casuali, persone totalmente estranee alle
indagini, oppure vengono riportati particolari intimi,
attinenti alla vita privata dei singoli, che pur non
avendo alcun rilievo penale, vengono amplificati
unicamente per solleticare la fantasia pruriginosa del
pubblico.
In questo modo la vita privata di tante
persone, la cui unica colpa è quella di essere citate nel
corso di una conversazione telefonica, spesso con
affermazioni non precise o non veritiere, entra in un
barbaro tritacarne. Ciò è vero particolarmente per le
persone più deboli: non solo per i minori, molte volte
vittime anche indirette di tale esposizione mediatica,
feriti nel loro sviluppo con conseguenze indelebili. Ma
anche per gli adulti, spesso oggetto di attenzione
ossessiva, che finisce per influire sulle relazioni
sociali, in famiglia come sul posto di lavoro. Chi ha
responsabilità pubbliche, infatti, proprio in ragione del
suo ruolo, deve talvolta accettare una qualche
compressione della propria sfera privata: anche perché ha
generalmente strumenti per difendersi con maggiore
efficacia da tali intrusioni.
Per converso, è inaccettabile che i
cittadini comuni finiscano per essere stritolati dal
racconto pubblico di vicende delle quali a volte sono solo
marginali protagonisti o semplici comparse. Occorre porre
un limite a questa deriva. E tuttavia, la risposta non
può venire da soluzioni meramente repressive, con
sanzioni sproporzionate ed ispirate più ad una logica
vendicativa che ad una seria politica di prevenzione del
danno. Si dovrebbe invece cercare il giusto bilanciamento
fra le esigenze di informazione sui fatti di interesse
pubblico e la tutela della sfera privata delle persone.
Per individuare tale difficile
equilibrio, specie in tempo di internet, hanno poca
efficacia le regole imposte dall'alto con spirito
persecutorio. Occorre invece chiedere agli stessi
operatori dell'informazione un confronto e una
elaborazione su norme e cautele di applicazione comune,
per spezzare il circuito perverso di una competizione al
ribasso tra le diverse testate giornalistiche, alla
ricerca del particolare piccante che faccia vendere una
copia o guadagnare qualche telespettatore in più.
È questa l'impostazione del codice di
deontologia dei giornalisti, già da tempo previsto dal
codice sulla protezione dei dati personali (decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196), che con questa
proposta di legge si intende riprendere e rafforzare,
prevedendo l'approvazione di specifiche disposizioni
relative al trattamento dei dati personali effettuato
nell'esercizio della professione di giornalista o,
comunque, tramite i mezzi di informazione, con particolare
riferimento ai dati relativi alle indagini di polizia ed
ai procedimenti giurisdizionali, ivi compresa la
diffusione delle intercettazioni telefoniche e ambientali.
Il Codice dovrà essere promosso dal
Garante per la protezione dei dati, ma la sua adozione
spetterà direttamente al Consiglio nazionale dell'Ordine
dei giornalisti. Solo in caso di inerzia di quest'ultimo,
il Garante sarà chiamato ad esercitare poteri
sostitutivi. Si vuole in tal modo assicurare, con
meccanismi procedurali già efficacemente sperimentati ,
la definitiva approvazione del codice entro termini
sufficientemente brevi, ponendo fine ad una ormai
inaccettabile situazione di vuoto o di incertezza
normativa, dannosa sia per i soggetti interessati alle
intercettazioni che per gli operatori dell'informazione
(o, almeno, per i più responsabili fra questi).
A dispetto della denominazione di
codice deontologico, le sue disposizioni non saranno
semplici norme di buona condotta da applicare all'interno
della categoria professionale, magari con logiche
corporative. Saranno invece regole dell'ordinamento
generale, valide per chiunque scriva od operi sui mezzi di
informazione: il loro rispetto potrà dunque essere fatto
valere davanti al Garante o al giudice ordinario.
La redazione delle nuove disposizioni
consentirà inoltre di utilizzare e sistematizzare la
ricca giurisprudenza e le numerose pronunce del Garante
emanate a partire dall'adozione, avvenuta ormai quasi
tredici anni fa, del codice "generale" dei
giornalisti oggi vigente, che per quanto qui interessa
contiene solo di alcuni principi generalissimi, quanto mai
bisognosi di specificazione e chiarimento, oltre che di un
necessario aggiornamento anche alla luce dell'evoluzione
nel frattempo verificatasi nel mondo dell'informazione.
Al fine di assicurare immediata
efficacia alle disposizioni che saranno adottate, si è
anche previsto che il nuovo codice dovrà contenere
specifiche sanzioni pecuniarie amministrative per il caso
di violazione delle norme in esso contenute, la cui
applicazione sarà affidata al Garante.
Proposta di legge Soro,Bressa...
Art. 1
1. Ai sensi e per gli effetti di quanto
previsto dagli articoli 12 e 139 del decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196, entro trenta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge, il Garante per la
protezione dei dati personali promuove l'adozione, da
parte del Consiglio nazionale dell'ordine dei giornalisti,
di un codice di deontologia relativo al trattamento dei
dati personali effettuato nell'esercizio della professione
di giornalista o, comunque, tramite i mezzi di
informazione, con particolare riferimento ai dati relativi
alle indagini di polizia ed ai procedimenti
giurisdizionali, ivi compresa la diffusione delle
intercettazioni telefoniche e ambientali.
2. Nel caso in cui il codice non sia
adottato entro 90 giorni dall'avvio della procedura da
parte del Garante, il Codice è adottato dallo stesso
Garante nei trenta giorni successivi.
3. Fermo restando quanto previsto dagli
articoli 141 e seguenti del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196, il codice di cui al comma 1 prevede le
sanzioni pecuniarie amministrative da applicarsi, a cura
del Garante, per il caso di violazione delle disposizioni
contenute nel codice medesimo.
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