C'è qualcuno a cui piace la nuova
legge sull'editoria. "Questa legge l'ho invocata e sono
soddisfatto dei risultati", dice Franco Abruzzo, presidente
dell'Ordine dei giornalisti della Lombardia. Abruzzo (citato da Vita)
ha precisato che sono obbligati alla registrazione tutti quei siti che hanno le
stesse caratteristiche delle testate della carta stampata: "Non vanno
registrati i portali, ma le loro sezioni dedicate all'attualità. Per quanto
riguarda poi i siti del volontariato, ribadisco che non spendono una lira".
Quest'ultima affermazione richiede un chiarimento, perché non si trovano norme
che prevedano differenze in funzione della proprietà nei contributi che vanno
versati per l'iscrizione nei registri della stampa. A che cosa si riferisce
Abruzzo?
L'ultima dichiarazione del presidente dell'Ordine
lombardo conferma l'interpretazione della legge data dalla maggioranza dei
commentatori: per i siti internet si applicano, a seconda dei casi,
l'articolo 2 o l'articolo 5 della legge sulla stampa. Ed è la logica
conseguenza delle proposte che lo stesso Abruzzo aveva formulato l'anno scorso
in un appello al Ministro della giustizia,
accompagnate da dichiarazioni che avevano suscitato le prime polemiche e
provocato la campagna di
PeaceLink. "Abruzzo ha confermato personalmente ad un rappresentante
dell'associazione PeaceLink - si leggeva sul sito - che in base alle recenti
proposte di modifica della legge sulla stampa (la 47/1948) anche le
associazioni, i gruppi di volontariato, le associazioni no profit e i singoli
cittadini che vorranno produrre in maniera continuativa documenti e informazioni
da diffondere in rete, dovranno registrare la propria 'testata giornalistica'
telematica e individuare un direttore responsabile iscritto all'albo dei
giornalisti che sia il garante delle informazioni pubblicate sul sito".
Le disposizioni invocate da Abruzzo - e da una
parte consistente della corporazione dei giornalisti - non sono state poi
inserite nel progetto di legge C.7992, allora oggetto
della campagna di PeaceLink e decaduto con la fine della legislatura, ma in
quello che è diventato la legge 62/01. E fin qui i conti tornano.
Non tornano, invece, in una serie di dichiarazioni comparse in questi giorni
sulla Rete.
Riferisce Punto Informatico
che per il segretario della FNSI, Paolo Serventi Longhi, la normativa serve
"solo per i grandi... per chi fa vera informazione". Ma nella legge
questo non è scritto da nessuna parte, senza considerare al difficoltà di
distinguere l'informazione "vera" da quella "non vera".
Mauro Masi, capo del Dipartimento per
l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio, intervistato da Clarence,
afferma: "La legge non prevede alcun vincolo di registrazione per i siti,
in nessun modo. Non c'è nessun vincolo aggiuntivo rispetto a quelli che erano
presenti prima della legge. Zero, proprio non c'è". Se ne deduce che dalla
copia della legge in possesso di Masi è stato tagliato il terzo comma
dell'articolo 3, quello che dice Al prodotto editoriale si applicano le
disposizioni di cui all’ articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47.
Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e
contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del
prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5
della medesima legge n. 47 del 1948. Articolo 5 che dice: Nessun
giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso
la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la pubblicazione deve
effettuarsi.
In effetti non c'è nessun "vincolo aggiuntivo": c'è soltanto
l'estensione alle pubblicazioni telematiche della definizione di "prodotto
editoriale"...
Ancora Masi: "Guardi, il discorso è questo:
io faccio riferimento alla legge, e la legge non prevede alcun obbligo di
registrazione di nessun tipo (tranne che al terzo comma dell'articolo 1, ndr).
La legge prevede all'art. 15 (invece è l'art. 16, ndr) la semplificazione delle
registrazioni che già esistono, cioè quelle registrazioni esistenti già prima
di questa legge, secondo cui le testate tradizionali (così come le prevede la
legge sulla stampa) devono iscriversi al Registro Nazionale della Stampa".
Errore: la legge sulla stampa prevede l'iscrizione nei registri dei tribunali,
ed è richiamata dall'art. 1, comma 3 della legge 62; mentre l'art. 16 prevede
l'iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione, erede del Registro
nazionale della stampa.
Sempre Masi: "Se lei consulta la legge,
l'art.1, comma 1, definisce il 'prodotto editoriale' 'limitatamente al valore
della presente legge'. Questo vuol dire che la legge non è estensibile ad
alcunché". E' falso: l'avverbio limitatamente non c'è.
Dello stesso segno l'affermazione del
sottosegretario all'editoria, Vannino Chiti, nel forum di Repubblica.it:
Chiti richiama l'articolo 1: "Cito testualmente: 'Per prodotto editoriale
ai fini della presente legge', c'è scritto all'inizio. Solo ai fini della
presente legge, ripeto, quindi questa indicazione sancisce in maniera esplicita
e vincolante l'impossibilità di estendere la norma in via interpretativa.
Pertanto le domande che nascono da questo assunto decadono perché non c'è
alcun vincolo aggiuntivo di iscrizione di sorta da parte dei siti presenti su
Internet". Di nuovo: l'avverbio solo non è nel testo.
Ma il sottosegretario avanza una tesi in netto
contrasto con quella di Abruzzo: la nuova legge imporrebbe l'iscrizione solo
agli editori che interessati ai contributi statali, che costituiscono l'oggetto
del testo entrato in vigore una settimana fa. Chiti dice che "Di
registrazione nella legge si parla all'articolo 16, ed è un meccanismo di
semplificazione perché prevede l'equiparazione delle registrazioni attualmente
esistenti con quelle nuove presso l'albo degli operatori della comunicazione.
Insomma, registrarsi in quest'ultimo è la stessa cosa di registrarsi in
tribunale come si è fatto finora".
Anche qui si fa confusione tra leggi e registri: uno è il Registro della stampa
- al quale si iscrivono le testate giornalistiche - istituito presso ogni
tribunale dalla legge 47/48 e richiamato dal terzo comma dell'articolo 1
della legge 62/01, uno è il non ancora attivo Registro degli operatori di
comunicazione (ROC) dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, nel
quale confluirà il Registro nazionale della stampa istituito dalla legge
416/81, nel quale devo essere iscritte imprese editoriali per usufruire
dei contributi.
Ma tutto questo non conta. Quello che conta è il
testo di una legge dello Stato, poi ci saranno le valutazioni dei giudici,
insieme - eventualmente - a un'interpretazione autentica dello stesso
legislatore. E il testo della legge 62,ricordiamolo ancora una volta, al terzo
comma dell'art. 1 richiama l'art.
5 della legge 47/48, che dice Nessun giornale o periodico può essere
pubblicato se non sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale,
nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi. Questa è una
norma vincolante, la cui inosservanza costituisce il reato di "stampa
clandestina".
Invece l'art. 16
della nuova legge offre una soluzione alternativa all'iscrizione nel registro
della stampa, con la precisazione - essenziale - che L'iscrizione è
condizione per l'inizio della pubblicazioni.
Dunque, fermo restando che l'iscrizione nel ROC potrebbe costituire la
condizione per ottenere i contributi, e che questa precisazione potrebbe essere
compresa nel regolamento che deve essere emanato dall'AGCOM, l'iscrizione è
comunque "la condizione per l'inizio delle pubblicazioni". Legge dello
Stato, nero su bianco.
Con grande soddisfazione di Abruzzo e con buona pace di Chiti. E con qualche
problema giuridico, derivante dal fatto che i due registri non possono essere
alternativi, in particolare per quanto riguarda l'applicazione delle norme
penali. Ma questo è un discorso che approfondiremo in altra occasione.
E veniamo a Giuseppe Giulietti, relatore del
disegno di legge, che in un'intervista a Wayvision
dice: "Questa legge prevede che solo e soltanto chi vuole accedere con la
propria attività imprenditoriale ai benefici fiscali, cioé al credito
d'imposta, deve registrarsi in Tribunale. Chi ha un proprio sito 'personale' o
anche chi comunque lo aggiorna periodicamente, ma non è interessato ai
benefici, non deve registrarsi da nessuna parte".
Anche Giulietti fa qualche confusione tra i due registri, ma è interessante
un'altra sua affermazione: "Ho fatto immediatamente richiesta, e spero che
ciò avvenga al più presto, di una circolare esplicativa e ufficiale da parte
della Presidenza del Consiglio, da diffondere in rete e sugli altri mass media,
per mettere fine a tutta questa storia".
Se effettivamente ci fosse un'interpretazione
ufficiale del Governo che stabilisse che per "prodotto editoriale" si
intende solo quello prodotto nell'ambito di un'attività d'impresa - concetto
che nella legge non è scritto - sarebbe un grande passo avanti. E'
l'interpretazione suggerita proprio su queste pagine nell'articolo di Andrea
Monti Editoria, è il "prodotto" che fa la
differenza alla vigilia dell'entrata in vigore della legge 62. Scriveva
Monti "Questa interpretazione è chiaramente forzata ed è comprensibile
che prenderla per buona susciti più di una perplessità. Ma, allo stato, è l’unica
che consentirebbe al legislatore una (peraltro scomoda) via d’uscita.
Se il legislatore seguisse questa via, quasi tutti i problemi sarebbero risolti
e anche la disposizione l'iscrizione è condizione per l'inizio delle
pubblicazioni, applicandosi solo alle imprese editoriali, salverebbe la
libertà di espressione dei siti amatoriali.
Ma non piacerebbe a Franco Abruzzo...
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