d’iniziativa dei senatori CASSON, FINOCCHIARO, ADAMO,
CAROFIGLIO,
CECCANTI, CHIURAZZI, D’AMBROSIO, DELLA MONICA, GALPERTI,
INCOSTANTE, MARITATI e DE SENA
COMUNICATO ALLA PRESIDENZA IL 21 LUGLIO 2008
Onorevoli Senatori. – La cronaca non solo delle
ultime settimane, ma degli ultimi anni, ha ripetutamente
portato anche alla nostra attenzione il tema delle
intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche. Le
polemiche scatenate dalla pubblicazione sui giornali di
stralci o addirittura di interi verbali relativi a
conversazioni captate dalla magistratura nell’ambito di
indagini penali alle volte sono state roventi e hanno
coinvolto gli stessi vertici istituzionali italiani. Ciò
è successo particolarmente nei casi in cui si è avuta
l’impressione di una strumentalizzazione del mezzo
investigativo in questione, ad opera di determinate parti
politiche o di alcuni organi di informazione o persino
degli stessi organi inquirenti. Si è spesso gridato allo
scandalo, alla grave violazione di diritti fondamentali
della persona, all’abuso da parte della magistratura.
Non sempre si è esattamente percepita la reale situazione
giuridica e di fatto, come ben di rado si è compresa e
individuata (o si è voluta comprendere e individuare)
l’origine di una determinata «fuga di notizie» con
conseguente pubblicazione da parte degli organi di
informazione. E non sempre le presunte fughe di notizie
erano davvero tali, in quanto i giornali si limitavano a
pubblicare notizie fornite magari dai difensori degli
indagati una volta venuto meno il segreto di indagine ai
sensi dell’articolo 329 del codice di procedura penale.
Va detto peraltro che la formulazione delle varie norme in
materia, tra un codice penale retaggio d’altri tempi ed
un codice di rito impreciso e ondivago, non ha orientato
adeguatamente né gli interpreti né gli operatori del
diritto.
Nel corso degli anni abbiamo
assistito a diversificate fattispecie di abusi (con
diversi gradi di gravità) in tema di intercettazioni: da
quelli (del tutto fuori legge) che hanno condotto nel 2006
alla emanazione del decreto-legge 22 settembre 2006,
n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20
novembre 2006, n. 281, a quelli attribuiti ad
appartenenti a servizi di sicurezza, da quelli riferiti a
uffici della polizia giudiziaria e del personale
giudiziario o alla stessa magistratura a quelli compiuti
dagli stessi difensori a tutela dei propri assistiti.
Nel contrasto di norme, di
comportamenti, ma soprattutto di rilevanti interessi in
campo, è proliferato quasi un gioco al massacro,
inaccettabile, che rischia di confondere gravemente le
acque e di inquinare pesantemente ruoli e funzioni
istituzionali.
È fuor di dubbio, infatti, che in
questa materia i profili ed i beni giuridici di rilievo
costituzionale siano almeno quattro: l’azione necessaria
e indipendente della magistratura; la tutela della
dignità e della riservatezza di ogni persona; il diritto
alla difesa; il diritto-dovere ad informare e ad essere
informati. Il problema è quello di trovare un giusto
equilibrio tra tutti questi interessi in gioco.
Parimenti non c’è dubbio che
sia necessario intervenire con una serie di norme, con una
nuova disciplina, al fine di correggere le storture
normative e comportamentali da tutti rilevate.
Fondamentale innanzitutto è il
richiamo prioritario all’articolo 15 della nostra Carta
costituzionale, che prevede una doppia riserva (di legge e
giurisdizionale) per ogni limitazione della libertà e
della segretezza delle comunicazioni, altrimenti definite
inviolabili. È questa una garanzia pressoché unica
nell’intero panorama giuridico mondiale (ove il ricorso
ad intercettazioni non giudiziali, effettuate cioè da
autorità amministrative o di polizia o addirittura dai
servizi segreti, è assolutamente prevalente, con i
conseguenti rischi di maggiori e incontrollabili abusi e
costi). Garanzia che fa del nostro Paese un Paese
istituzionalmente all’avanguardia nella tutela dei
diritti delle persone, peraltro in ossequio a norme
internazionali come gli articoli 8 e 10 della Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e
delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto
1955, n. 848, e come gli articoli 1, 7 e 11 della
Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Già nella XV legislatura, in sede
di indagine conoscitiva, la commissione Giustizia del
Senato aveva concluso i propri lavori con una relazione
approvata all’unanimità che confermava espressamente
tali circostanze e rilievi. E confermava soprattutto che
quello delle intercettazioni (nelle sue variegate forme e
fattispecie) continua ad essere uno strumento più che
necessario, essenziale, nel contrasto ai maggiori fenomeni
criminali e ai principali delitti.
D’altra parte, quello delle
intercettazioni è uno dei tipici mezzi di ricerca della
prova (non mezzo di prova), al pari delle perquisizioni,
dei sequestri e delle ispezioni e come esplicitamente
recita il codice di rito, che inserisce tale strumento nel
capo IV del titolo del libro III della parte I (quello
delle «prove»).
Tali riflessioni ci portano a dire
che, nonostante l’uso arbitrario o strumentale che alle
volte è stato fatto e che è stato ripetutamente
denunciato, va garantito da parte del legislatore il
ricorso a tale mezzo d’indagine, nei limiti di
ammissibilità riconosciuti e fissati dalla normativa in
vigore (articolo 266 del codice di procedura penale),
soprattutto perché i lamentati abusi non hanno mai avuto
a che fare con la questione della ammissibilità delle
intercettazioni, bensì con le norme attinenti alla loro
esecuzione, alla custodia degli atti e alla tutela della
riservatezza. Anche di ciò si trova ampia conferma e
ragionevole conforto nella citata indagine conoscitiva
della commissione Giustizia del Senato:
«si ritiene indispensabile
l’urgente esame da parte dei competenti organismi
parlamentari dei vari disegni di legge già presentati in
materia di intercettazioni, con particolare riferimento
alla fase più delicata e “sensibile“, che è quella
del momento del deposito dei verbali e degli atti delle
intercettazioni... imporre, in maniera chiara e precisa,
che al momento del deposito il magistrato effettui una
scelta processuale tra le intercettazioni da utilizzare e
quelle che utili processualmente non ritiene, con la
conseguente eliminazione di queste ultime».
Le conseguenze sono evidenti. È
connaturato al concetto stesso di atto di indagine
preliminare il fatto che le intercettazioni (nella
variegata indicata accezione) siano atti coperti dal
segreto. È fondamentale infatti che un’attività di tal
genere, che ha nella sorpresa la sua stessa essenza ed
efficacia, rimanga «coperta» in ottica e a fini
probatori, procedimentali e processuali. Almeno fino a
quando il dominus dell’indagine preliminare non
si renda conto o comunque non decida che la segretezza
possa venir meno. E proceda quindi a quella che viene
definita come discovery. Infatti, se scopo di una
intercettazione (per definizione) è quello di «ricerca
della prova», soddisfatta tale esigenza e valutata la
necessità di procedere oltre (magari ad un arresto o ad
un sequestro), è naturale e perfettamente comprensibile
che il titolare dell’indagine decida di poter fare a
meno della segretezza. La quale, essendo finalizzata
all’indagine e al suo procedere, soltanto per motivi di
indagine può protrarsi o venir meno. E tale decisione non
può spettare che al magistrato procedente, mediante
appunto la citata discovery.
A seguito di tali
considerazioni, si ritiene allora che debba essere
semplificata la normativa attinente al segreto
investigativo, soprattutto unificandone le disposizioni
quanto al momento della cessazione del vincolo della
segretezza, che può farsi coincidere con il momento in
cui l’indagato o il suo difensore possano avere
conoscenza dell’atto o dell’attività investigativa.
Se il dominus dell’indagine ritiene di non aver
più «bisogno» del segreto, non c’è motivo per cui
debba essere limitata la conoscibilità dell’attività
della magistratura, anche attraverso la stampa e i vari
mezzi di informazione: anche questo vuol dire trasparenza
e correttezza della pubblica amministrazione, delle
istituzioni tutte e della classe politica («governo della
cosa pubblica in pubblico», come sosteneva Norberto
Bobbio, parlando dei sistemi democratici).
Il problema semmai è e rimane
quello di evitare che atti coperti dal segreto o atti
riferiti a terze persone inconsapevoli e a circostanze e
fatti del tutto estranei al procedimento possano finire
nel tritacarne dei mezzi di comunicazione.
A tal fine, sono inserite nel
disegno di legge tutta una serie di norme volte a
stringere le maglie attorno agli atti e alle attività
concernenti i vari sistemi di intercettazione,
responsabilizzando gli attori di ogni singola fase
procedimentale (magistrati, polizia giudiziaria,
cancellieri, segretari, avvocati), istituendo un archivio
riservato, imponendo la eliminazione di qualsiasi nota o
appunto concernenti persone estranee al procedimento,
prevedendo specifiche sanzioni disciplinari nei confronti
dei magistrati «disobbedienti» ai dettami normativi.
Ultima rilevante questione da
affrontare è quella relativa alle responsabilità di
giornalisti ed editori.
Si assiste quotidianamente ad un
tentativo, preso atto della pratica impossibilità di
impedire le fughe di notizie, di scaricare ogni
responsabilità sull’ultimo anello della catena,
rappresentato in questo caso dal terminale giornalistico.
È un modo estremamente semplicistico di affrontare la
questione e soprattutto di cercare di risolverla. Si cozza
però inevitabilmente contro quel sacrosanto baluardo
costituzionale rappresentato dall’articolo 21 della
Costituzione, posto a tutela sì dei giornalisti, ma
soprattutto dei cittadini. Ora, proprio per salvaguardare
l’equilibrio istituzionale e costituzionale già
ricordato, nel presente disegno di legge si è cercato di
proporre soluzioni rispettose sia del singolo leso nel suo
buon diritto, sia del diritto-dovere di una libera
informazione. A questo proposito, non è assolutamente
fuori luogo menzionare la Corte europea dei diritti umani,
che nella sentenza del 7 giugno 2007 (ricorso
n. 1914/02 – affaire Dupuis et autres c. France) ha
chiaramente allargato gli spazi della libertà di stampa,
richiamandosi peraltro all’esigenza di delineare un equo
bilanciamento tra istanze contrapposte.
Analizzando nel merito le norme
del disegno di legge, si osserva come gli articoli 1 e 2
introducano modifiche agli articoli 266 e 266-bis
del codice di procedura penale, tali da estendere la
disciplina delle intercettazioni telefoniche di cui al
Capo IV del codice di rito alla captazione di flussi di
dati telematici.
L’articolo 3 estende parimenti
la disciplina delle intercettazioni telefoniche a quelle
relative a corrispondenza postale, tali da non
interrompere il corso della spedizione, nonché alle
operazioni di ripresa visiva a contenuto captativo di
conversazioni, nonché a quelle non captative di
conversazioni che si svolgano in luoghi di privata dimora,
sulla scorta delle indicazioni desumibili dalla sentenza
delle sezioni unite della Cassazione n. 26795 del 28
luglio 2006. Si precisa inoltre che le riprese visive che
si svolgono in luoghi pubblici possono essere eseguite
dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa, ma devono
essere convalidate dal pubblico ministero entro le
quarantotto ore successive.
L’articolo 4 modifica
l’articolo 267 del codice di rito, relativo ai
presupposti e alle forme del provvedimento. In
particolare, la norma proposta prevede un tendenziale
limite (non applicabile tuttavia a procedimenti relativi a
delitti gravi come i reati contro la pubblica
amministrazione, il riciclaggio e il reimpiego di beni di
provenienza illecita) alle proroghe delle intercettazioni,
fissato in tre mesi (ossia la metà del termine ordinario
di durata delle indagini preliminari), superabile qualora
siano emersi nuovi elementi di indagine. Tali elementi
debbono essere chiaramente indicati nel provvedimento di
proroga.
Si prevede, poi, un tendenziale
limite (non applicabile anche qui, relativamente a
indagini per i reati citati) a due proroghe per le
intercettazioni tra presenti, salvo che siano emersi nuovi
elementi investigativi. Restano ferme le diverse
disposizioni dettate in relazione ai delitti di
criminalità organizzata, terrorismo, di schiavitù e
tratta.
L’articolo 5 disciplina
l’acquisizione di dati relativi al traffico telefonico,
disposta in sede processuale, fermo restando quanto
previsto dall’articolo 132 del Codice sul trattamento
dei dati personali, in relazione all’acquisizione
amministrativà di dati, conformemente alla direttiva
europea cosiddetta data retention, recepita dal
decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109.
L’articolo 6 modifica
l’articolo 268 del codice di rito, introducendo una
profonda innovazione relativamente agli impianti da
utilizzare per lo svolgimento delle operazioni di
intercettazione ed armonizzando il residuo contenuto del
testo con gli articoli successivi. In particolare, viene
previsto dal novellato comma 3 che le operazioni di
registrazione dovranno essere effettuate per mezzo di
impianti installati e custoditi in centri di
intercettazione telefonica da istituirsi presso ogni
distretto di corte d’appello.
Le operazioni di ascolto delle
conversazioni saranno invece compiute mediante gli
impianti installati presso la procura della Repubblica
ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero
procedente, presso i servizi di polizia giudiziaria
delegati per le indagini.
Tale disciplina è volta a
concentrare le operazioni di captazione ed ascolto nel
minor numero di strutture possibile, onde ridurre i
soggetti che possano avere accesso alle informazioni
riservate da esse emergenti e garantire il miglior livello
di sicurezza nella acquisizione e nel trattamento dei
dati.
Gli articoli 7 e 8 rispettivamente
introducono gli articoli 268-bis, 268-ter,
268-quater e 268-quinquies e riformulano
l’articolo 269 del codice di procedura penale.
La riservatezza dei soggetti
coinvolti nelle intercettazioni viene assicurata
attraverso un intervento diretto sul procedimento
delineato dall’articolo 268 del codice di procedura
penale. La sequenza procedimentale del deposito e della
eliminazione del materiale irrilevante in una prima fase
(preliminare) viene modificata, attribuendo prima al
pubblico ministero e poi al giudice il potere-dovere di
selezionare le intercettazioni da acquisire. La procedura
prevista è la più snella possibile, non prevedendosi in
questa fase un’apposita udienza, che avrebbe comportato
un inutile appesantimento ed allungamento dei tempi
procedimentali, bensì una facoltà del giudice di
«sentire le parti, ove necessario, senza formalità».
Viene comunque adeguatamente
garantito il diritto di difesa, attraverso la previsione
dell’interlocuzione del difensore, che può chiedere al
giudice l’integrazione delle acquisizioni.
In particolare, si prevede
(articolo 7, comma 1, che introduce l’articolo 268-bis)
che al termine delle operazioni (salvo che il giudice non
autorizzi il cosiddetto «ritardo del deposito») il
pubblico ministero debba depositare in segreteria,
unitamente ai decreti di autorizzazione e proroga, i
verbali e le registrazioni relativi alle conversazioni che
ritiene rilevanti ai fini delle indagini, indicando le
ragioni della rilevanza di essi; tutti gli altri atti
relativi alle intercettazioni, ossia quelli irrilevanti in
quanto «riguardanti fatti o circostanze estranei alle
indagini», ovvero quelli di cui è vietata
l’utilizzazione, devono invece confluire nell’archivio
riservato.
Ai difensori delle parti è dato
immediatamente avviso che, entro il termine stabilito,
hanno facoltà:
a)
di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi
nell’archivio riservato;
b)
di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle
custodite nell’archivio riservato;
c)
di indicare specificamente al giudice le conversazioni non
depositate delle quali chiedono l’acquisizione,
enunciando le ragioni della loro rilevanza;
d)
di indicare specificamente al giudice le conversazioni
depositate che ritengono irrilevanti o inutilizzabili.
Scaduto il termine, il giudice
dispone con ordinanza l’acquisizione delle conversazioni
che ritiene rilevanti e di cui non è vietata
l’utilizzazione. Il giudice può sempre esaminare, se lo
ritiene necessario, gli atti custoditi nell’archivio
riservato previsto dall’articolo 268, comma 3-ter,
del codice di procedura penale.
La documentazione depositata
della quale il giudice non ha disposto l’acquisizione è
immediatamente restituita al pubblico ministero e
custodita nell’archivio riservato sopra indicato.
Si prevede poi l’applicazione,
nei limiti della compatibilità, della suddetta normativa
ai dati relativi al traffico telefonico.
La selezione preventiva della
documentazione rilevante, prima ad opera del pubblico
ministero e successivamente ad opera del giudice, riduce i
rischi di divulgazione dei contenuti delle
intercettazioni, senza abbassare il livello di tutela del
diritto di difesa dell’imputato, al quale viene
riconosciuta la facoltà di prendere cognizione di tutta
la documentazione, compresa quella che il pubblico
ministero ha ritenuto non rilevante, e di indicare al
giudice le conversazioni in relazione alle quali reputi
necessaria l’acquisizione.
La nuova disciplina si
caratterizza, inoltre, per l’istituzione di un apposito
archivio riservato (articolo 268, comma 3-ter, del
codice di procedura penale, introdotto dall’articolo 6
del disegno di legge) nel quale il pubblico ministero deve
custodire i verbali e le registrazioni ed il cui accesso
è consentito ai difensori delle parti solo per la
verifica della completezza del materiale acquisito e per
la eventuale richiesta al giudice di integrazione.
La documentazione relativa alle
intercettazioni non rilevanti è custodita nell’archivio
riservato fino alla decisione non più soggetta ad
impugnazione ed è coperta da segreto (articolo 329-bis,
introdotto dall’articolo 16).
Nel medesimo archivio sono
destinati a confluire anche i verbali e le registrazioni
relativi alle conversazioni rilevanti, una volta
effettuata la trascrizione. È stata infatti ridisegnata
la procedura di trascrizione delle conversazioni nelle
forme della perizia (articolo 268-ter, come
introdotto dall’articolo 7, comma 1), prevedendosi che,
appena concluse le operazioni, i verbali e le
registrazioni siano immediatamente ricollocati
nell’archivio riservato, mentre le trascrizioni
confluiranno nel fascicolo per il dibattimento. Si prevede
altresì (e ciò vale anche per le trascrizioni effettuate
dal pubblico ministero nel corso delle indagini
preliminari al fine di presentare le proprie richieste al
giudice, ex articolo 268-quater) il divieto
di trascrizione di quelle parti di conversazioni
riguardanti esclusivamente persone, fatti o circostanze
estranei alle indagini, e che il giudice disponga che i
nominativi e i riferimenti identificativi di soggetti
estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni
delle conversazioni, ove ciò non rechi pregiudizio
all’accertamento dei fatti per cui si procede.
È stato regolamentato (articolo
268-quater, come introdotto dal comma 1
dell’articolo 7) in forma analoga al meccanismo
procedurale dell’acquisizione delle intercettazioni fin
qui descritto, il caso in cui il pubblico ministero
richieda al giudice provvedimenti cautelari nel corso
delle indagini preliminari, precedentemente, cioè, alla
formale acquisizione dei risultati delle intercettazioni.
Si è previsto che il pubblico
ministero possa presentare al giudice solo le
conversazioni che considera rilevanti, e che il giudice
debba restituire quelle ritenute non rilevanti. Si
prevede, altresì, che dopo che la persona sottoposta alle
indagini ovvero il suo difensore abbiano avuto conoscenza
del provvedimento, si applica la disposizione di cui al
comma 8 dell’articolo 268-bis, che consente ai
difensori di estrarre copia soltanto delle conversazioni
di cui è stata disposta l’acquisizione.
È stata, infine, prevista e
disciplinata la facoltà di accesso all’archivio
riservato da parte del giudice, d’ufficio ovvero a
richiesta di parte, anche nel corso dell’udienza
preliminare e successivamente alla chiusura delle indagini
preliminari.
L’articolo 268-quinquies
(comma 1 dell’articolo 7) disciplina le ipotesi in cui
l’ascolto e l’acquisizione delle conversazioni vengano
disposte dal giudice dopo la conclusione delle indagini
preliminari. Si prevede che dopo la chiusura delle
indagini preliminari e nell’udienza preliminare il
giudice, ai fini della decisione da adottare, può sempre
disporre anche d’ufficio l’esame dei verbali e
l’ascolto delle registrazioni custodite nell’archivio
riservato. All’esito può disporre con ordinanza
l’acquisizione delle intercettazioni in precedenza
ritenute prive di rilevanza. Per la trascrizione si
osservano le forme e le garanzie della perizia.
Nel corso del dibattimento, il
giudice può disporre, su specifica e motivata richiesta
delle parti, l’acquisizione delle intercettazioni in
precedenza ritenute prive di rilevanza.
L’articolo 8, nel riformulare
l’articolo 269 del codice di procedura penale, prevede
che il giudice disponga la distruzione della
documentazione custodita nell’archivio riservato
successivamente al passaggio in giudicato della sentenza,
ovvero in seguito al decorso dei termini di prescrizione
dei reati per i quali si era proceduto, nei casi di
intervenuta archiviazione (comma 2).
Si prevede inoltre (comma 4) che,
anche prima del decorso dei termini suddetti, gli
interessati possano chiedere la distruzione della
documentazione non rilevante per il procedimento. In tale
caso il giudice, prima di decidere, deve sentire le parti.
Diversamente, nel caso di
documentazione assolutamente estranea alle indagini, si
prevede che il giudice, sentito il pubblico ministero,
possa disporne, anche d’ufficio, la distruzione
anticipata, salvo che si proceda per delitti di
terrorismo, criminalità organizzata o comunque per i
reati di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater,
e 407, comma 2, lettera a) (comma 3). In relazione
a tali ultime ipotesi si seguono i tempi e la procedura
ordinari.
Gli articoli 9 e 11 adeguano alla
nuova disciplina, rispettivamente, l’ipotesi di
trasmissione ad altra autorità giudiziaria delle
intercettazioni per l’utilizzabilità in altro
procedimento (articolo 270) e la normativa in tema di
intercettazioni finalizzate alla ricerca dei latitanti
prevista dall’articolo 295 del codice di procedura
penale.
Gli articoli 12 e 13 disciplinano
rispettivamente la perizia e le modalità di redazione del
verbale di consistenza relativamente ad intercettazioni
illegalmente disposte, secondo le norme introdotte dal
decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006,
n. 281.
L’articolo 12 inserisce un comma
1-bis nell’articolo 220 del codice di rito, volto
a limitare l’esperibilità della perizia sui documenti
relativi a intercettazioni e raccolte di dati illecite,
unicamente ove sia dedotta o rilevata l’incompletezza o
la contraddittorietà delle risultanze del verbale di
consistenza, disciplinato dall’articolo 240-ter,
introdotto dall’articolo 13 del disegno di legge.
La norma di nuovo conio disciplina
l’udienza per la redazione del verbale di consistenza,
in cui il giudice, in contraddittorio tra le parti,
accerta la tipologia dei documenti relativi ad
intercettazioni o raccolte di dati illegali (costituenti
corpo del reato) e i soggetti destinatari della illecita
captazione.
La lettera a) del comma 1
dell’articolo 14 modifica l’articolo 114 del codice di
rito, limitando il divieto di pubblicazione degli atti
secretati al momento precedente a quello in cui
l’imputato o il suo difensore abbiano potuto averne
conoscenza. Si dispone inoltre il divieto di pubblicazione
anche parziale della documentazione e degli atti relativi
a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di
comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati
riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se
non più coperti dal segreto e anche se inseriti in altri
provvedimenti del pubblico ministero o del giudice per le
indagini preliminari, fino alla conclusione delle indagini
preliminari.
Al fine di garantire il necessario
collegamento tra azione penale e responsabilità
disciplinare per la violazione del divieto di
pubblicazione da parte di pubblici funzionari o persone
esercenti una professione per la quale è richiesta una
speciale abilitazione da parte dello Stato, si prevede in
capo al procuratore della Repubblica l’obbligo di
informare l’organo titolare del potere disciplinare,
anche al fine dell’eventuale assunzione di misure
interdittive di natura cautelare (articolo 15).
L’articolo 16 prevede che i
verbali, le registrazioni e tutta la documentazione
custodita nell’archivio riservato e non acquisita al
procedimento siano sempre coperti da segreto. Si è
ritenuto di prevedere tale disciplina con norma autonoma
rispetto a quella dell’articolo 329 del codice di
procedura penale, già disciplinante la materia del
segreto in corso di indagine; ed invero tale scelta è
apparsa più opportuna per meglio evidenziare la
differente natura del segreto inerente gli atti contenuti
nell’archivio riservato (volto a tutelare la
riservatezza dei soggetti intercettati) rispetto al
segreto di indagine (volto invece a tutelare il corretto
andamento delle attività investigative). Tale diversità
si evidenzia, poi, nella maggiore durata del segreto posto
a tutela della riservatezza, il quale si protrae anche
oltre il termine delle indagini preliminari e copre
l’intera permanenza della suddetta documentazione
all’interno dell’archivio riservato.
Gli articoli 18 e 19 recano
modifiche all’articolo 89 delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del codice di procedura penale
(decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e
vi introducono l’articolo 89-bis. Le due
disposizioni disciplinano l’istituzione e la tenuta
dell’archivio riservato delle intercettazioni, nonché
la figura del funzionario responsabile delle
intercettazioni, nominato dal procuratore della
Repubblica; è previsto, inoltre, che l’archivio in
questione venga tenuto sotto la responsabilità, direzione
e sorveglianza del procuratore della Repubblica, con
modalità tali da assicurare la segretezza della
documentazione in esso contenuta.
In particolare, il funzionario
responsabile dovrà comunicare ogni due mesi al
procuratore della Repubblica l’elenco delle operazioni
che si protraggono da oltre tre mesi; tale disposizione è
stata prevista per consentire al capo dell’ufficio
giudiziario di essere costantemente al corrente della mole
di intercettazioni in corso presso la struttura da egli
diretta e rendere attuabile il suo consapevole controllo
sulle predette attività, anche sotto il profilo delle
spese affrontate per realizzarle.
L’articolo 20 sancisce in capo
al procuratore della Repubblica l’obbligo di trasmettere
annualmente al Ministro della giustizia una relazione
sulle spese di gestione e amministrazione relative alle
operazioni di intercettazione, al fine di assicurare un
monitoraggio costante in ordine agli oneri finanziari
connessi al ricorso a tale mezzo di ricerca della prova.
L’articolo 21, comma 1, lettera a),
riformula l’articolo 379-bis del codice penale,
recante rivelazione illecita di segreti inerenti a un
procedimento penale; la nuova formulazione della norma
sanziona con la reclusione da uno a quattro anni la
condotta di chiunque riveli indebitamente notizie inerenti
atti del procedimento penale coperti da segreto dei quali
sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o
servizio, o ne agevoli in qualsiasi modo la conoscenza.
Se il fatto è commesso per colpa,
le pene sono considerevolmente diminuite, mentre se la
condotta è commessa da un pubblico ufficiale o da un
incaricato di un pubblico servizio le pene sono aumentate.
In tale modo, si è approntata una
tutela penale fondata sull’accesso «qualificato» ad
atti del procedimento penale, configurando pertanto il
reato in esame come reato «proprio» (ad esempio anche
del difensore o dell’investigatore privato incaricato
delle investigazioni difensive).
Il quarto comma del medesimo
articolo riproduce il secondo comma della vecchia
formulazione della norma, che sanziona l’inottemperanza
all’ordine di non divulgare notizie del procedimento
penale impartito al sommario informatore dal pubblico
ministero ai sensi dell’articolo 391-quinquies
del codice di procedura penale, anche se la sanzione
(prevista prima fino a un anno di reclusione) è stata
elevata da uno a tre anni.
La lettera b)
dell’articolo in esame introduce, poi, una ulteriore
fattispecie di reato (articolo 617-septies del
codice penale) volta a sanzionare chiunque prenda
illecitamente diretta cognizione di atti del procedimento
penale coperti da segreto; tale formulazione consente di
escludere la responsabilità penale di chi si sia limitato
a ricevere gli atti di cui sopra, senza concorrere
nell’accesso illecito ai luoghi ove gli stessi vengono
custoditi.
La medesima lettera introduce poi
due ulteriori fattispecie, inerenti rispettivamente alla
detenzione di documenti illecitamente formati o acquisiti
e alla rivelazione del contenuto di documenti redatti
attraverso la raccolta illecita di informazioni, al fine
di garantire una maggiore tutela sia alla riservatezza
individuale, sia al segreto istruttorio.
L’articolo 22 estende la
responsabilità da reato degli enti, di cui al decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, alle ipotesi
di realizzazione della contravvenzione di cui
all’articolo 684 del codice penale.
L’articolo 23 sancisce il
diritto al rispetto della presunzione di innocenza,
conferendo al soggetto leso la possibilità di richiedere
al giudice, anche attraverso la procedura di cui
all’articolo 700 del codice di procedura civile,
l’adozione di ogni provvedimento idoneo a far cessare il
comportamento lesivo, sulla scorta peraltro di quanto
previsto dal codice civile francese, in seguito alle
riforme del 1993.
L’articolo 24 reca talune
modifiche alla legge sulla stampa (legge 8 febbraio 1948,
n. 47), relativamente al procedimento per la
rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o
lesive della reputazione dei soggetti interessati, diffuse
attraverso trasmissioni radiofoniche e televisive ovvero
mediante siti internet. Si prevede altresì una
specifica procedura di rettifica anche per la stampa non
periodica, precisandosi inoltre che la rettifica non rechi
nessun commento ulteriore.
L’articolo 25, infine, oltre ad
adeguare l’articolo 132 del citato codice di cui al
decreto legislativo n. 196 del 2003 alla nuova
disciplina delle intercettazioni, introduce,
all’articolo 164-bis del medesimo codice,
sanzioni amministrative per le condotte di pubblicazione a
fini di informazione giornalistica di dati personali in
violazione delle disposizioni previste dal codice medesimo
e dal codice di deontologia: la sanzione prevista consiste
nella pubblicazione della decisione che abbia accertato la
violazione. L’espressa qualificazione in termini di
illiceità di simili condotte determina inoltre, di
riflesso, la possibilità del soggetto leso di agire nei
confronti del giornalista con un’azione di
responsabilità aquiliana.
L’articolo 26 coordina il testo
del decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259,
convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre
2006, n. 281, alla nuova disciplina delle
intercettazioni, mentre l’articolo 27 introduce,
all’interno del decreto legislativo 25 febbraio 2006,
n. 109, talune fattispecie disciplinari
relative alla condotta di magistrati responsabili di
violazioni della riservatezza, al fine di garantire una
maggiore tutela della privacy e al contempo di
responsabilizzare maggiormente i magistrati nel ricorso
alle intercettazioni. L’articolo 28, quindi, prevede tra
l’altro l’abrogazione dell’articolo 9 della legge 8
aprile 1974, n. 98, norma che indica una particolare
procedura per l’individuazione di apparecchi o strumenti
idonei ad operare intercettazioni di comunicazioni ai
sensi del vigente codice di rito e che appare in contrasto
con i princìpi comunitari di libera circolazione delle
merci, nonché con la specifica normativa del settore
degli apparati radio e terminali di telecomunicazione
(direttiva 1999/5/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 9 marzo 1999, recepita con il decreto
legislativo 9 maggio 2001, n. 269).
L’articolo 29, poi, chiarisce
che le disposizioni processuali introdotte dalla legge non
si applicano ai procedimenti già trasmessi al giudice
dell’udienza preliminare alla data della sua entrata in
vigore, e che il novellato articolo 268, comma 3, potrà
trovare applicazione soltanto decorsi tre mesi dalla data
di entrata in vigore del decreto del Ministro della
giustizia disciplinante l’entrata in funzione dei centri
di intercettazione telefonica di cui al medesimo articolo
268.
L’articolo 30, infine, prevede
le disposizioni relative alla copertura finanziaria del
provvedimento.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. All’articolo 266, comma 1,
del codice di procedura penale, la parola:
«telecomunicazione» è sostituita dalla seguente:
«comunicazione».
Art. 2.
1. Al comma 1 dell’articolo
266-bis del codice di procedura penale, sono
aggiunte, in fine, le seguenti parole: «secondo le norme
del presente capo».
Art. 3.
1. Dopo l’articolo 266-bis
del codice di procedura penale sono inseriti i
seguenti:
«Art. 266-ter. -
(Intercettazione di corrispondenza postale). – 1. Le
norme del presente capo si applicano, in quanto
compatibili, anche alle intercettazioni di corrispondenza
postale che non interrompono il corso della spedizione.
Art. 266-quater. – (Riprese
visive). - 1. Nei procedimenti relativi ai reati
indicati nell’articolo 266, comma 1, le disposizioni
relative alle intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni telefoniche si applicano:
a) alle
operazioni di ripresa visiva captative anche di
conversazioni;
b)
alle operazioni di ripresa visiva a contenuto non
captativo di conversazioni che si svolgono nei luoghi di
cui all’articolo 614 del codice penale.
2.
Fuori dei casi di cui al comma 1, lettera a), le
riprese visive che si svolgono in luoghi pubblici o aperti
o esposti al pubblico possono essere eseguite di propria
iniziativa dalla polizia giudiziaria, ma devono essere
convalidate con decreto motivato del pubblico ministero
nelle 48 ore successive».
Art. 4.
1. L’articolo 267 del codice
di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 267. - (Presupposti e
forme del provvedimento). – 1. Il pubblico ministero
richiede al giudice per le indagini preliminari
l’autorizzazione a disporre le operazioni previste
dall’articolo 266. L’autorizzazione è data con
decreto motivato che deve contenere, a pena di
inutilizzabilità dei risultati dell’intercettazione ai
sensi dell’articolo 271, comma 1, la valutazione della
sussistenza di gravi indizi di reato e della circostanza
che l’intercettazione sia assolutamente indispensabile
per la prosecuzione delle indagini. Nella valutazione
degli indizi di reato si applica l’articolo 203.
2. Nei casi di urgenza,
quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo
possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il
pubblico ministero dispone l’intercettazione con decreto
motivato, che deve essere comunicato immediatamente e
comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice per le
indagini preliminari. La motivazione del decreto deve
specificare il grave pregiudizio che giustifica
l’urgenza dell’intercettazione. Il giudice, entro
quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida
con decreto motivato ai sensi del comma 1. Se il decreto
del pubblico ministero non è convalidato nel termine
stabilito, l’intercettazione non può essere proseguita
e i risultati di essa non possono essere utilizzati.
3. Il decreto del pubblico
ministero che dispone l’intercettazione indica le
modalità e la durata delle operazioni per un periodo
massimo di quindici giorni, prorogabile dal giudice con
decreto motivato in pari misura e per una durata
complessiva massima non superiore a tre mesi, fatta
eccezione per i casi in cui l’intercettazione sia
disposta nell’ambito di indagini per i reati di cui al
comma 5 o per reati contro la pubblica amministrazione o
per i reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter
del codice penale, qualora permangano i presupposti
indicati nel comma 1. La durata di tre mesi può essere
superata solo qualora siano emersi nuovi elementi
investigativi in relazione ai presupposti indicati nel
comma 1. Tali elementi devono essere specificamente
indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai
requisiti indicati nel comma 1. Con il decreto, il
pubblico ministero individua l’ufficiale di polizia
giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle
operazioni.
4. La durata
dell’intercettazione di comunicazioni tra presenti
eseguite nei luoghi di cui all’articolo 614 del codice
penale non può essere prorogata più di due volte, fatta
eccezione per i casi in cui l’intercettazione sia
disposta nell’ambito di indagini per i reati di cui al
comma 5 o per reati contro la pubblica amministrazione o
per i reati di cui agli articoli 648-bis e 648-ter
del codice penale e salvo che siano emersi nuovi elementi
investigativi in relazione ai presupposti indicati nel
comma 1. Tali nuovi elementi devono essere specificamente
indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai
requisiti indicati nel comma 1.
5. Per quanto concerne la
sussistenza di indizi sufficienti, la durata delle
intercettazioni e il numero delle proroghe, nonché
l’intercettazione di comunicazioni tra presenti nei
luoghi di cui all’articolo 614 del codice penale, resta
fermo quanto previsto dall’articolo 9 della legge 11
agosto 2003, n. 228, dall’articolo 13 del
decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e
successive modificazioni, dall’articolo 3 del
decreto-legge 18 ottobre 2001, n. 374, convertito,
con modificazioni dalla legge 15 dicembre 2001,
n. 438, e successive modificazioni.
6. Il pubblico ministero
procede alle operazioni personalmente oppure avvalendosi
di un ufficiale di polizia giudiziaria.
7. In apposito registro
riservato tenuto presso ogni ufficio del pubblico
ministero sono annotati, secondo l’ordine cronologico,
la data e l’ora di emissione e la data e l’ora di
deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che
dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le
intercettazioni e, per ciascuna intercettazione,
l’inizio e il termine delle operazioni, nonché i
nominativi del personale intervenuto, compreso quello
della polizia giudiziaria.
Art. 5.
1. Dopo l’articolo 267 del
codice di procedura penale è inserito il seguente:
«Art. 267-bis. -
(Acquisizione di dati relativi al traffico telefonico).
– 1. Nel corso delle indagini preliminari, i dati
relativi al traffico telefonico sono acquisiti presso il
fornitore con decreto motivato del pubblico ministero
anche su istanza del difensore della persona sottoposta
alle indagini o della persona offesa.
2. Nel corso delle
indagini preliminari, il difensore della persona
sottoposta alle indagini e quello della persona offesa
possono richiedere direttamente al fornitore i dati
relativi alle utenze intestate al proprio assistito con le
modalità indicate dall’articolo 391-quater.
3. Dopo la chiusura delle
indagini preliminari, i dati sono acquisiti presso il
fornitore con decreto motivato del giudice su istanza del
pubblico ministero, del difensore dell’imputato, della
persona sottoposta alle indagini o della persona offesa».
Art. 6.
1. All’articolo 268 del
codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni:
a)
il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le operazioni di
registrazione sono compiute per mezzo degli impianti
installati e custoditi nei centri di intercettazione
telefonica istituiti presso le procure generali o presso
le procure della Repubblica della sede del distretto di
corte di appello. Le operazioni di ascolto delle
conversazioni intercettate sono compiute mediante impianti
installati nei punti di ascolto istituiti presso la
competente procura della Repubblica. Quando tali impianti
o punti di ascolto risultano insufficienti o inidonei
ovvero esistono particolari ragioni di urgenza o di
coordinamento celere delle indagini, il pubblico ministero
può disporre, con decreto motivato, il compimento delle
operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in
dotazione alla polizia giudiziaria.»;
b)
dopo il comma 3-bis sono inseriti i seguenti:
«3-ter. I verbali e le
registrazioni sono trasmessi immediatamente, e comunque
non oltre la scadenza del termine di ciascun periodo di
intercettazione, al pubblico ministero. Essi sono
custoditi in un apposito archivio riservato e secondo le
modalità e le procedure previste dagli articoli 89 e 89-bis
delle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie.
3-quater. Ai procuratori
generali presso la corte di appello e ai procuratori della
Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i
poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione dei
centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al
comma 3.»;
c)
i commi da 4 a 8 sono abrogati.
2. Al fine di garantire la
concreta rispondenza degli apparati di registrazione e
ascolto installati presso le procure della Repubblica alle
finalità e alle previsioni della presente legge, il
Ministro della giustizia, entro un mese dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con proprio
decreto, adottato di concerto con il Ministro dello
sviluppo economico, definisce le procedure e le specifiche
tecniche degli apparati, indicando l’ente che deve
provvedere alla loro omologazione.
3. All’attuazione del comma 2
si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e
finanziarie già disponibili a legislazione vigente senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 7.
1. Dopo l’articolo 268 del
codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
«Art. 268-bis. –
(Deposito e acquisizione dei verbali e delle
registrazioni) - 1. Entro cinque giorni dalla
conclusione delle operazioni, il pubblico ministero
deposita presso la segreteria i verbali e le registrazioni
relativi alle conversazioni che ritiene rilevanti ai fini
delle indagini, indicando le ragioni della rilevanza. Sono
contestualmente depositati anche i decreti che hanno
disposto, autorizzato, convalidato o prorogato
l’intercettazione nonché le relative richieste. Gli
atti relativi a conversazioni di cui è vietata
l’utilizzazione e a quelle prive di rilevanza, in quanto
riguardanti esclusivamente fatti, persone o circostanze
estranei alle indagini, restano custoditi nell’archivio
riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo
268.
2. Gli atti rimangono
depositati per il tempo stabilito dal pubblico ministero,
comunque non inferiore a cinque giorni, salvo che il
giudice riconosca necessaria una proroga.
3. Il giudice può
autorizzare il pubblico ministero a ritardare il
deposito di cui al comma 1, non oltre la chiusura delle
indagini preliminari, qualora dal deposito possa derivare
grave pregiudizio per le indagini espressamente indicato
in apposito decreto.
4. Ai difensori delle parti
è dato immediatamente avviso che, entro il termine di cui
al comma 2, hanno facoltà:
a)
di esaminare gli atti depositati e quelli custoditi
nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268;
b)
di ascoltare le registrazioni, ivi comprese quelle
custodite nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268, ovvero di prendere cognizione dei
flussi di comunicazioni informatiche o telematiche;
c)
di indicare specificamente al giudice le conversazioni non
depositate delle quali chiedono l’acquisizione,
enunciando le ragioni della loro rilevanza;
d)
di indicare specificamente al giudice le conversazioni
depositate che ritengono irrilevanti o di cui sia vietata
l’utilizzazione.
5. Scaduto il termine di
cui al comma 2, il giudice, sentite le parti senza
formalità, dispone con ordinanza l’acquisizione delle
conversazioni che ritiene rilevanti e di cui non è
vietata l’utilizzazione. Il giudice può sempre
esaminare, se lo ritiene necessario, gli atti custoditi
nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268.
6. La documentazione
depositata della quale il giudice non ha disposto
l’acquisizione è immediatamente restituita al pubblico
ministero e custodita nell’archivio riservato previsto
dal comma 3-ter dell’articolo 268.
7. Le disposizioni di cui
ai commi da 1 a 6 si applicano, in quanto compatibili,
anche ai dati relativi al traffico telefonico.
8. I difensori delle parti
possono estrarre copia soltanto delle conversazioni di cui
è stata disposta l’acquisizione.
9. I difensori, fino a
quando non sia avvenuta la distruzione della
documentazione ai sensi dell’articolo 269, possono
esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni custoditi
nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268, secondo le modalità di cui
all’articolo 89-bis delle norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie.
Art. 268-ter. -
(Trascrizione delle registrazioni) – 1. Il giudice,
compiute le formalità di cui all’articolo 268-bis,
dispone perizia per la trascrizione delle registrazioni
ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni
contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o
telematiche acquisite. Al termine delle operazioni i
verbali e le registrazioni utilizzate per lo svolgimento
dell’incarico sono immediatamente restituiti al pubblico
ministero e sono custoditi nell’archivio riservato
previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268. È
vietata la trascrizione delle parti di conversazioni
riguardanti esclusivamente fatti, circostanze o persone
estranei alle indagini. Il giudice dispone che i
nominativi o riferimenti identificativi di soggetti
estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni
delle conversazioni.
2. Le trascrizioni delle
registrazioni e le stampe sono inserite nel fascicolo del
dibattimento a norma dell’articolo 431.
3. Delle trascrizioni e
delle stampe i difensori possono estrarre copia, anche su
supporto informatico.
Art. 268-quater. - (Utilizzo
delle intercettazioni nel corso delle indagini
preliminari) – 1. Il pubblico ministero, anche prima
del deposito previsto dall’articolo 268-bis,
comma 1, al fine di presentare le sue richieste al
giudice, può disporre la trascrizione delle conversazioni
che ritiene rilevanti, anche per riassunto, ad opera della
polizia giudiziaria o del consulente tecnico nominato ai
sensi dell’articolo 359. È vietata la trascrizione
delle parti di conversazioni riguardanti esclusivamente
fatti, circostanze o persone estranei alle indagini. Il
pubblico ministero dispone che i nominativi o riferimenti
identificativi di soggetti estranei alle indagini siano
espunti dalle trascrizioni delle conversazioni, ove ciò
non rechi pregiudizio all’accertamento dei fatti per cui
si procede. L’eventuale pregiudizio deve essere
espressamente indicato con decreto motivato.
2. Quando il giudice
deve adottare una decisione prima del deposito previsto
dall’articolo 268-bis, comma 1, il pubblico
ministero trasmette i verbali e le registrazioni delle
conversazioni che ritiene rilevanti, anche a favore della
persona sottoposta alle indagini, e di cui non è vietata
l’utilizzazione.
3. Il giudice dispone
l’acquisizione delle sole conversazioni ritenute
rilevanti per la decisione nel proprio fascicolo degli
atti di indagine e restituisce le altre al pubblico
ministero. Queste ultime sono custodite nell’archivio
riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo
268.
4. La persona sottoposta
alle indagini ovvero il suo difensore, avuta conoscenza
del provvedimento del giudice, possono richiedere il
deposito dei verbali, delle trascrizioni e delle
registrazioni relativi alle conversazioni utilizzate dal
giudice stesso per l’adozione del provvedimento, nonché
una nuova trascrizione con le formalità di cui
all’articolo 268-ter.
5. Sono soggette ad
autorizzazione del pubblico ministero le seguenti
attività:
a)
la stampa dei dati relativi alle intercettazioni, che deve
essere in ogni caso corredata dalla precisa indicazione
delle pagine stampate;
b)
la trasmissione dei dati relativi alle intercettazioni su
supporti informatici e cartacei o per via telematica, che
deve essere in ogni caso corredata dall’annotazione
degli estremi della destinazione, degli utenti, del giorno
e dell’ora di trasmissione e ricezione. Per ogni
consegna di copia di documenti viene redatto specifico e
dettagliato verbale.
Art. 268-quinquies. –
(Ascolto e acquisizione di conversazioni disposti dal
giudice) - 1. Dopo la chiusura delle indagini
preliminari e nell’udienza preliminare il giudice, ai
fini della decisione da adottare, può sempre disporre
anche d’ufficio l’esame dei verbali e l’ascolto
delle registrazioni custodite nell’archivio riservato
previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268.
All’esito può disporre con ordinanza l’acquisizione
delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di
rilevanza. Per la trascrizione si osservano le forme e le
garanzie della perizia.
2. Nel corso del
dibattimento, il giudice può disporre, su richiesta
specificamente motivata delle parti, l’acquisizione
delle intercettazioni in precedenza ritenute prive di
rilevanza. Per la trascrizione si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 268-ter».
Art. 8.
1. L’articolo 269 del codice
di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 269. - (Conservazione
della documentazione) – 1. I verbali e i supporti
contenenti le registrazioni sono conservati integralmente
nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268.
2. Salvo quanto previsto
dall’articolo 271, comma 3, le registrazioni sono
conservate fino alla sentenza non più soggetta a
impugnazione o, nei procedimenti conclusi con decreto di
archiviazione, fino a che non sia decorso il termine di
prescrizione dei reati per i quali si era proceduto.
Decorsi tali termini, il giudice dispone anche d’ufficio
la distruzione della documentazione di cui al comma 1.
3. Nei casi di
documentazione ritenuta assolutamente estranea alle
indagini, il giudice, sentito il pubblico ministero, può
disporne, anche d’ufficio, la distruzione anticipata,
salvo che le intercettazioni siano state eseguite per
taluno dei reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis
e 3-quater, o di cui all’articolo 407, comma 2,
lettera a).
4. Nei casi di
documentazione ritenuta irrilevante per il procedimento,
gli interessati possono chiederne la distruzione
anticipata al giudice che procede, a tutela della
riservatezza. Sull’istanza, sentite le parti, il giudice
decide con decreto motivato.
5. La distruzione viene
eseguita sotto controllo del giudice. Dell’operazione è
redatto verbale».
Art. 9.
1. Il comma 2 dell’articolo
270 del codice di procedura penale è sostituito dal
seguente:
«2. Ai fini
dell’utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le
registrazioni delle intercettazioni sono trasmessi
all’autorità competente per il diverso procedimento. Si
applicano le disposizioni degli articoli 268-bis,
268-ter, 268-quater e 268-quinquies».
Art. 10.
1. All’articolo 292 del
codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter è
inserito il seguente:
«2-quater.
Nell’ordinanza le intercettazioni di conversazioni,
comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere
richiamate soltanto nel contenuto».
2. Al comma 3 dell’articolo 293
del codice di procedura penale, dopo il primo periodo è
inserito il seguente: «Sono depositati soltanto i verbali
e le autorizzazioni relativi alle intercettazioni
espressamente indicate nella richiesta del pubblico
ministero, previa verifica della intervenuta espunzione
delle parti concernenti fatti, persone o circostanze
estranei al procedimento o comunque non aventi rilevanza
penale».
Art. 11.
1. All’articolo 295 del
codice di procedura penale, il comma 3 è sostituito dal
seguente:
«3. Al fine di
agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il
pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previsti
dagli articoli 266 e 267, può disporre
l’intercettazione di conversazioni o comunicazioni
telefoniche e di altre forme di comunicazione. Si
applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli
articoli 268, 268-bis, 268-ter, 268-quater,
268-quinquies, 269 e 270».
Art. 12
1. All’articolo 220 del
codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il
seguente:
«1-bis. La perizia sui
documenti di cui all’articolo 240-bis è ammessa
soltanto nel caso in cui venga dedotta o comunque rilevata
l’incompletezza o la contraddittorietà dei dati che
emergono dal relativo verbale di consistenza, redatto ai
sensi dell’articolo 240-ter. Le attività
peritali devono in tale caso essere compiute
esclusivamente sui documenti il cui esame risulta
necessario per rispondere ai quesiti posti dal giudice».
Art. 13.
1. Dopo l’articolo 240 del
codice di procedura penale sono inseriti i seguenti:
«Art. 240-bis. - (Documenti
relativi a intercettazioni e raccolte di dati illecite)
– 1. I documenti che contengono dati inerenti a
conversazioni o comunicazioni, telefoniche, informatiche o
telematiche, illecitamente formati o acquisiti e i
documenti redatti attraverso la raccolta illecita di
informazioni non possono essere acquisiti al procedimento
né in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano
corpo del reato ai sensi dell’articolo 253, comma 2, o
che provengano comunque dell’imputato.
2. Salvo quanto previsto
dall’articolo 240-ter, decorsi cinque anni dalla
data nella quale i documenti sono pervenuti alla procura
della Repubblica, gli stessi sono distrutti con
provvedimento adottato annualmente dal procuratore della
Repubblica. Delle relative operazioni è redatto verbale.
Art. 240-ter. - (Udienza per
la redazione del verbale di consistenza) – 1. Quando
vengono acquisiti al procedimento i documenti costituenti
corpo del reato ai sensi dell’articolo 240-bis, il
pubblico ministero richiede entro dieci giorni al giudice
per le indagini preliminari di procedere alla redazione
del verbale di consistenza di cui al comma 4. Entro il
medesimo termine il pubblico ministero trasmette anche i
documenti acquisiti. Qualora sugli stessi debbano essere
effettuati in va preliminare accertamenti tecnici di cui
agli articoli 359 e 360, il giudice può autorizzare il
pubblico ministero a ritardarne la trasmissione per non
più di un mese, prorogabile motivatamente, per una sola
volta, per un altro mese.
2. Il giudice fissa
l’udienza in camera di consiglio, da tenere entro dieci
giorni dalla data della trasmissione dei documenti di cui
al comma 1, per accertare:
a) la
tipologia dei documenti e dei dati in essi raccolti;
b) i
soggetti destinatari della captazione o della raccolta
illecita di informazioni.
3. Il procedimento si
svolge nelle forme previste dall’articolo 127, commi 1,
2, 6 e 10. L’avviso della data fissata per l’udienza
è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico
ministero; esso è notificato, entro lo stesso termine,
all’imputato, al suo difensore e agli altri soggetti
interessati che risultino immediatamente individuabili dai
documenti di cui al comma 1. Il pubblico ministero e i
difensori sono sentiti se compaiono. Fino al giorno
dell’udienza i documenti restano depositati in
cancelleria, con facoltà per i difensori di esaminarli.
È in ogni caso vietato il rilascio di copia degli stessi.
4. Delle operazioni
effettuate è redatto apposito verbale, ma il contenuto
dei documenti non può in nessun caso costituirne oggetto
al di fuori dei limiti di cui al comma 2.
5. Il verbale di cui al
comma 4 è inserito nel fascicolo del dibattimento ai
sensi dell’articolo 431, comma 1, lettera h-bis).
6. All’esito delle
operazioni, i documenti sono immediatamente restituiti al
pubblico ministero e custoditi nell’archivio riservato
previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268. Si
applicano le disposizioni dell’articolo 269, comma 2».
Art. 14
1. All’articolo 114 del
codice di procedura penale sono apportate le seguenti
modificazioni:
a)
al comma l sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:
«fino a che l’imputato o il suo difensore non ne
abbiano potuto avere conoscenza e salvo quanto disposto
dal comma 2»;
b)
il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. È vietata la
pubblicazione, anche parziale, della documentazione e
degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o
a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche
ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o
telematico, anche se non più coperti dal segreto e anche
se inseriti in altri provvedimenti del pubblico ministero
o del giudice per le indagini preliminari, fino alla
conclusione delle indagini preliminari.»;
c)
il comma 3 è abrogato;
d)
il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. È in ogni caso
vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto,
della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi
a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o
telematiche di cui sia stata ordinata la espunzione ai
sensi degli articoli 268-ter, comma 1, e 268-quater,
comma 1, ovvero la distruzione ai sensi dell’articolo
269».
Art. 15.
1. All’articolo 115 del
codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal
seguente:
«2. Di ogni iscrizione
nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di
violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle
persone indicate al comma 1, il procuratore della
Repubblica procedente informa immediatamente l’organo
titolare del potere disciplinare che, nel mese successivo,
qualora siano verificate la gravità del fatto e la
sussistenza di elementi di responsabilità e sentito il
presunto autore del fatto, può disporre la sospensione
cautelare dal servizio o dall’esercizio della
professione fino a tre mesi.
Art. 16.
1. Dopo l’articolo 329 del
codice di procedura penale è inserito il seguente:
«Art. 329-bis. - (Obbligo
del segreto per le intercettazioni). – 1. I verbali,
le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni
o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche
custoditi nell’archivio riservato previsto dal comma 3-ter
dell’articolo 268, non acquisiti ai sensi degli articoli
268-bis, 268-ter, 268-quater e 268-quinquies,
nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono
sempre coperti dal segreto.
2. I documenti che
contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni,
telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente
formati o acquisiti e i documenti redatti attraverso la
raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al
procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i medesimi
documenti, se acquisiti al procedimento come corpo del
reato ai sensi dell’articolo 240-bis, sono
coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini
preliminari».
Art. 17.
1. All’articolo 431, comma 1,
del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è
aggiunta la seguente:
«h-bis) il verbale di
cui all’articolo 240-ter, comma 4».
Art. 18.
1. All’articolo 89 delle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti
modificazioni:
a)
al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e
del responsabile delle operazioni»;
b)
al comma 2, le parole: «I nastri contenenti le
registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I
supporti contenenti le registrazioni e i flussi di
comunicazioni informatiche o telematiche»;
c)
dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Il procuratore
della Repubblica designa un funzionario responsabile del
servizio di intercettazione e della tenuta del registro
riservato delle intercettazioni, di cui all’articolo
267, comma 7, del codice, e dell’archivio riservato,
previsto dal comma 3-ter dell’articolo 268 del
codice, nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.
2-ter Il funzionario di
cui al comma 2-bis comunica al procuratore della
Repubblica ogni due mesi l’elenco delle operazioni che
si protraggono da oltre tre mesi».
2. Dalla data di entrata in
vigore della presente legge nessun rimborso è corrisposto
per i costi sostenuti dagli operatori per le prestazioni a
fini di giustizia effettuate a fronte di richieste di
intercettazione ovvero di richieste di acquisizione di
dati relativi al traffico telefonico da parte delle
competenti autorità giudiziarie.
3. I costi sostenuti dagli
operatori per le prestazioni a fini di giustizia
effettuate a fronte di richieste di intercettazioni ovvero
di richieste di acquisizione di dati relativi al traffico
telefonico da parte delle competenti autorità
giudiziarie, avanzate antecedentemente alla data di
entrata in vigore della presente legge, sono rimborsati
secondo il listino approvato con decreto del Ministro
delle comunicazioni 26 aprile 2001, pubblicato sulla Gazzetta
Ufficiale n. 104 del 7 maggio 2001.
Art. 19.
1. Dopo l’articolo 89 delle
norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo
28 luglio 1989, n. 271, è inserito il seguente:
«Art. 89-bis. - (Archivio
riservato delle intercettazioni) – 1. Presso la
procura della Repubblica è istituito l’archivio
riservato previsto dal comma 3-ter dell’articolo
268 del codice.
2. L’archivio è
tenuto sotto la responsabilità, direzione e sorveglianza
del procuratore della Repubblica, ovvero di un suo
delegato, con modalità tali da assicurare la segretezza
della documentazione in esso contenuta.
3. Oltre agli ausiliari
autorizzati dal procuratore della Repubblica,
all’archivio possono accedere, nei casi stabiliti dalla
legge, il giudice e i difensori. Ogni accesso, anche dei
magistrati della procura, è annotato in apposito
registro, con l’indicazione della data, dell’ora
iniziale e finale dell’accesso e degli atti contenuti
nell’archivio di cui è stata presa conoscenza.
4. Nei casi previsti dalla
legge, il difensore può ascoltare le registrazioni
esclusivamente con apparecchi a disposizione
dell’archivio».
Art. 20.
1. Nel capo VI del titolo I
delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie
del codice di procedura penale, di cui al decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo l’articolo
90 è aggiunto il seguente:
«Art. 90-bis. - (Spese di
gestione e di amministrazione in materia di
intercettazioni telefoniche e ambientali). – 1.
Entro il 31 marzo di ogni anno, ciascun procuratore della
Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una
relazione sulle spese di gestione e di amministrazione
avente ad oggetto le intercettazioni telefoniche e
ambientali effettuate nell’anno precedente. Ai fini del
controllo sulla gestione amministrativa di cui alla legge
14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è trasmessa dal
Ministro della giustizia al procuratore generale della
Corte dei conti».
Art. 21.
1. Al codice penale sono
apportate le seguenti modificazioni:
a)
l’articolo 379-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 379-bis. - (Rivelazione
illecita di segreti inerenti a un procedimento penale).
– Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad
atti o attività del procedimento penale coperti dal
segreto, dei quali sia venuto a conoscenza in ragione del
proprio ufficio o servizio, svolti in un procedimento
penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è
punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto è commesso per
colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
Se il fatto di cui ai commi primo
e secondo è commesso da un pubblico ufficiale o da un
incaricato di un pubblico servizio, la pena è della
reclusione, rispettivamente, da due a sei anni e da uno a
due anni.
Chiunque, dopo avere rilasciato
dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non
osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi
dell’articolo 391-quinquies del codice di
procedura penale è punito con la reclusione da uno a tre
anni.»;
b)
dopo l’articolo 617-sexies sono inseriti i
seguenti:
«Art. 617-septies. - (Accesso
abusivo ad atti del procedimento penale). – Chiunque,
mediante modalità o attività illecita, prende diretta
cognizione di atti del procedimento penale coperti dal
segreto è punito con la pena della reclusione da uno a
tre anni.
Art. 617-octies. -
(Detenzione di documenti illecitamente formati o
acquisiti). – Fuori dei casi di concorso nei reati
di cui agli articoli 617 e 617-quater del presente
codice e all’articolo 167 del codice in materia di
protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, chiunque, avendo
consapevolezza dell’illecita formazione, acquisizione o
raccolta, illecitamente detiene documenti che contengono
dati inerenti a conversazioni e comunicazioni,
telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente
formati o acquisiti, ovvero documenti redatti attraverso
la raccolta illecita di informazioni, è punito con la
reclusione da uno a quattro anni.
Art. 617-novies. - (Rivelazione
del contenuto di documenti redatti attraverso la raccolta
illecita di informazioni). – Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, chiunque rivela, mediante
qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in
parte, il contenuto di documenti redatti attraverso la
raccolta illecita di informazioni è punito con la
reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto è commesso da un
pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico
servizio, la pena è della reclusione da uno a cinque
anni»;
c)
l’articolo 684 è sostituito dal seguente:
«Art. 684. - (Pubblicazione
arbitraria di atti di un procedimento penale). – Chiunque
pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o nel
contenuto, atti o documenti di cui sia vietata per legge
la pubblicazione è punito con l’ammenda da euro 500 a
euro 5.000.
Se gli atti o documenti si
riferiscono a intercettazioni o alle captazioni di cui
all’articolo 266-quater del codice di procedura
penale, coperte dal segreto ai sensi dell’articolo 329-bis
del medesimo codice, la pena è dell’ammenda da euro
1000 a euro 10.000.
La condanna comporta la
pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36».
Art. 22.
1. Dopo l’articolo 25-sexies
del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è
inserito il seguente:
«Art. 25-sexies.1. - (Responsabilità
per il reato di cui all’articolo 684 del codice penale).
– 1. In relazione alla commissione del reato
previsto dall’articolo 684 del codice penale, si applica
all’ente la sanzione pecuniaria da cento a cinquecento
quote».
Art. 23.
1. Chiunque, prima della
definizione del giudizio, sia indicato, a mezzo della
stampa o di qualsiasi altro mezzo di pubblicità, come
autore di un fatto previsto dalla legge come reato, può
richiedere al giudice, anche avvalendosi della procedura
prevista dall’articolo 700 del codice di procedura
civile, di disporre ogni misura idonea a far cessare la
violazione del diritto al rispetto della presunzione di
innocenza. È comunque fatto salvo il diritto al
risarcimento di ogni danno patrimoniale e non patrimoniale
subito.
Art. 24.
1. L’articolo 8 della legge 8
febbraio 1948, n. 47, è sostituito dal seguente:
«Art. 8. - (Risposte e
rettifiche). – 1. Il direttore o, comunque, il
responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel
quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa le
dichiarazioni o le rettifiche senza commento dei soggetti
di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano
stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi
ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità,
purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano
contenuto suscettibile di incriminazione penale.
2. Per i quotidiani, le
dichiarazioni o le rettifiche di cui al comma 1 sono
pubblicate, non oltre due giorni dopo quello in cui è
avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate
nella stessa pagina del giornale che ha riportato la
notizia cui si riferiscono.
3. Per i periodici, le
dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre
il secondo numero successivo alla settimana in cui è
pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha
riportato la notizia cui si riferisce.
4. Per le trasmissioni
radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le
rettifiche sono effettuate ai sensi dell’articolo 32 del
testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto
legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti
informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono
pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le
medesime caratteristiche grafiche, la stessa metodologia
di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia
cui si riferiscono.
5. Le rettifiche o
dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le
ha determinate e devono essere pubblicate senza commento
nella loro interezza, purché contenute entro il limite di
trenta righe, con le medesime caratteristiche
tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente
alle affermazioni contestate.
6. Per la stampa non
periodica l’autore dello scritto, ovvero i soggetti di
cui all’articolo 57-bis del codice penale,
provvedono, su richiesta della persona offesa, alla
pubblicazione, a proprie cura e spese, su non più di due
quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa,
delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui
siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati
attribuiti atti o affermazioni da essi ritenuti lesivi
della propria reputazione o contrari a verità, purché le
dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto
suscettibile di rilevare penalmente. La pubblicazione in
rettifica è effettuata, entro sette giorni dalla
richiesta, con idonea collocazione, visibilità e
caratteristica grafica e deve inoltre fare inequivoco
riferimento allo scritto che l’ha determinata.
7. Qualora, trascorso il
termine di cui ai commi 2, 3, 4, relativamente ai siti
informatici, e 6, la rettifica o dichiarazione non sia
stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto
disposto dai commi 2, 3, 4, relativamente ai siti
informatici, 5 e 6, l’autore della richiesta di
rettifica, se non intende procedere a norma del decimo
comma dell’articolo 21, può chiedere al giudice, ai
sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile,
che sia ordinata la pubblicazione.
8. Della medesima procedura
di cui al comma 7 può avvalersi l’autore dell’offesa,
qualora il direttore responsabile del giornale o del
periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica,
televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche
non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».
Art. 25.
1. Al codice in materia di
protezione dei dati personali, di cui al decreto
legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive
modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
all’articolo 132, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. I dati sono acquisiti
presso il fornitore con le modalità di cui all’articolo
267-bis del codice di procedura penale, ferme
restando, nel caso previsto dal comma 2 del medesimo
articolo, le condizioni di cui all’articolo 8, comma 2,
lettera f), del presente codice per il traffico
entrante.»;
b)
all’articolo 139, al comma 5 sono premesse le parole: «Ferma
restando l’applicazione delle sanzioni di cui
all’articolo 164-bis,»;
c)
dopo l’articolo 164 è inserito il seguente:
«Art. 164-bis. - (Illeciti
per finalità giornalistiche) – 1. In caso di
diffusione o comunicazione di dati per le finalità di cui
all’articolo 136, in violazione delle disposizioni di
cui agli articoli 11 e 137 ovvero del codice di
deontologia adottato ai sensi dell’articolo 139, comma
1, è applicata la sanzione amministrativa della
pubblicazione, per intero o per estratto, della decisione
che accerta la violazione, ovvero di una dichiarazione
riassuntiva della medesima violazione, nella testata
attraverso la quale è stata commessa la violazione
nonché, ove ritenuto necessario, anche in altre testate.
La pubblicazione è effettuata, secondo le modalità
indicate dall’ordinanza, a spese dei responsabili.
2. Il Consiglio
nazionale e il competente consiglio dell’ordine dei
giornalisti, nonché, ove lo ritengano, le associazioni
rappresentative di editori, possono far pervenire
documenti e la richiesta di essere sentiti ai sensi
dell’articolo 18, primo comma, della legge 24 novembre
1981, n. 689.
3. Il Garante trasmette al
Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti
l’ordinanza di cui al comma 1 per l’applicazione di
eventuali sanzioni disciplinari»;
d)
all’articolo 165, comma 1, le parole: «162 e 164» sono
sostituite dalle seguenti: «162, 164 e 164-bis».
Art. 26.
1. All’articolo 4 del
decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006,
n. 281, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al
comma 1, primo periodo, dopo la parola: «pubblicazione»
sono inserite le seguenti: «o della diffusione» e le
parole: «degli atti o dei documenti di cui al comma 2
dell’articolo 240 del codice di procedura penale» sono
sostituite dalle seguenti: «dei documenti di cui
all’articolo 240-bis del codice di procedura
penale»;
b) al
comma 2, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai
seguenti: «Agli effetti della prova della corrispondenza
degli atti o dei documenti pubblicati con quelli di cui
all’articolo 240-bis del codice di procedura
penale fa fede il verbale di cui all’articolo 240-ter,
comma 4, dello stesso codice. Si applicano le norme
previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di
procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo
comma, dello stesso codice.»;
c) al
comma 4, le parole: «determinazione e» sono soppresse.
Art. 27.
1. Al comma 1 dell’articolo 2
del decreto legislativo 25 febbraio 2006, n. 109, e
successive modificazioni, dopo la lettera h) sono
inserite le seguenti:
«h-bis)
l’inserimento nella motivazione di un provvedimento
giudiziario di circostanze relative a fatti personali di
terzi estranei, che non rilevano a fini processuali e che
ledono l’onore o la riservatezza dei predetti;
h-ter)
la mancata osservanza delle norme di cui agli articoli
268-bis, comma 1, 268-ter, comma 1, ultimo
periodo, 268-quater, commi 1, 2 e 3, e 293, comma
3;
h-quater)
il mancato rispetto delle norme di cui ai commi 2 e 3
dell’articolo 89-bis delle norme di attuazione,
di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989,
n. 271»;
Art. 28.
1. I commi 2, 3, 4, 5 e 6
dell’articolo 240 e il comma 1-bis
dell’articolo 512 del codice di procedura penale sono
abrogati.
2. L’articolo 9 della legge 8
aprile 1974, n. 98, è abrogato.
3. All’articolo 96 del codice
delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto
legislativo 1º agosto 2003, n. 259, e successive
modificazioni, al comma 2, il secondo e il terzo periodo
sono soppressi, e il comma 4 è abrogato.
4. L’articolo 3 del
decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito,
con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006,
n. 281, è abrogato.
Art. 29.
1. Le disposizioni della
presente legge non si applicano ai procedimenti già
trasmessi al giudice dell’udienza preliminare alla data
della sua entrata in vigore.
2. Le disposizioni di cui al
comma 3 dell’articolo 268 del codice di procedura
penale, come modificato dall’articolo 6 della presente
legge, si applicano decorsi tre mesi dalla data di entrata
in vigore di apposito decreto del Ministro della giustizia
che dispone l’entrata in funzione dei centri di
intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3.
Fino a tale data, continuano a trovare applicazione le
disposizioni del comma 3 dell’articolo 268 del codice di
procedura penale nel testo vigente prima della data di
entrata in vigore della presente legge.
Art. 30.
1. Agli oneri derivanti
dall’attuazione dell’articolo 268 del codice di
procedura penale, come modificato dall’articolo 6 della
presente legge, pari a 820.000 euro per l’anno 2008, si
provvede mediante corrispondente riduzione dello
stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale
2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di conto
capitale dello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo
scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al medesimo Ministero.
2. Il Ministro dell’economia
e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri
decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
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