REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N.
Reg.Dec.
N. 301 Reg.Ric.
ANNO 2001
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la
seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.301 del 2001, proposto dalla
Centro Europa 7 S.r.l., con sede in Roma, in persona
dell’amministratore unico, legale rappresentante,
Sig. Francescantonio Di Stefano, rappresentata e
difesa dagli Avv.ti Giuseppe Oneglia e Renzo Vistarini
del Foro di Alessandria e Raffaele Izzo e Guido
Cerruti del Foro di Roma, con domicilio eletto presso
lo studio del suddetto Avv. Cerruti, in Roma, Viale
Liegi, 34;
contro
il Ministero delle comunicazioni e l’Autorità per
le Garanzie nelle comunicazioni, rispettivamente in
persona del Ministro e del Presidente in carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato e domiciliato ex lege in Roma, Via dei
Portoghesi n.12;
e nei confronti di
- Rete A S.r.l. in persona dell’amministratore
unico, legale rappresentante in carica, Sig. Albertino
Peruzzo, rappresentato e difeso dal Prof. Avv.
Federico Sorrentino, con domicilio eletto presso il
suo studio, in Roma, Lungotevere delle Navi, 30;
- Vallau Italiana Promomarket S.r.l. (VIP) in persona
del Presidente in carica, Sig. Mario Amoroso,
rappresentata e difesa dagli Avv.ti Matteo Fusillo e
Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso lo studio
Gianni, Origoni & Partners, in Roma, via delle
Quattro Fontane, 20;
- Television Broadcasting System (TBS) S.p.a., in
persona dell’amministratore unico, legale
rappresentante in carica, Sig. Manfredi Pagano,
rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Cioffi del
Foro di Napoli, con domicilio eletto presso lo studio
dell’Avv. Carla Rizzo, in Roma, via Anapo 20;
- Elefante TV S.p.a. (Telemarket), in persona del
legale rappresentante, n.c.;
per l'annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio, Sezione Prima, n. 7585 del 28 settembre
2000, resa sul ricorso n. 12739 del 1999 R.R. TAR
Lazio;
Visto il ricorso
con i relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio dell’Amministrazione,
dell’Autorità e dei controinteressati sopra
specificati;
Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti
tutti della causa;
Relatore, alla
pubblica udienza del 4 maggio 2001, il Consigliere
Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine
dell'espressione imprevista, altresì, l'Avv. Izzo e
l'Avv. Sorrentino!Fine dell'espressione imprevista;
Ritenuto e
considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
1. Con sentenza n.
7585 del 28 settembre 2000, la Sezione Prima del
Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio ha
respinto il ricorso proposto dalla Soc. Centro Europa
7 S.r.l., con sede in Roma, per l’annullamento del
decreto 28 luglio 1999 con il quale il Ministro delle
comunicazioni non ha accolto la domanda di concessione
per la radiodiffusione televisiva su frequenze
terrestri in ambito nazionale avanzata dalla suddetta
società per l'emittente 7 PLUS e, con esso, degli
atti presupposti, fra cui, in particolare, la
graduatoria predisposta dalla competente commissione
ministeriale, a partire dall'ottava posizione.
Con riferimento
alla ragione ostativa enunciata nel provvedimento
impugnato (non avere comprovato, la richiedente, la
sussistenza del requisito del capitale sociale minimo
di cui all’art. 6 comma 2 del regolamento per il
rilascio delle concessioni), il giudice di primo grado
ha interpretato l’art. 3, comma 3, lett. a) n. 1,
nel senso che, nel rimettere ad apposito regolamento
di prevedere, per le emittenti radiotelevisive
nazionali, “una misura adeguata di capitale” abbia
inteso riferire il requisito all’organismo che in
concreto esercita l’attività di radiodiffusione
televisiva, con la conseguenza che, nel caso in cui
una società richieda più di una concessione,
l’esistenza del capitale nella misura richiesta
debba essere valutata con riguardo a ciascuna
concessione.
Cosicché il
capitale sociale di poco superiore ai 12 miliardi,
vantato dalla società richiedente, legittimamente
sarebbe stato ritenuto insufficiente a legittimare due
domande, indipendentemente dalla circostanza che i
soci si fossero impegnati a finanziare l’attività
per ulteriori 35.000.000.000.
2. Avverso
l’anzidetta sentenza propone appello l’originaria
ricorrente, denunciando il procedimento logico
giuridico attraverso cui il giudice di primo grado è
pervenuto alle sue conclusioni, con analitico
riferimento a ciascuno degli argomenti sviluppati
nella motivazione, in rapporto agli originari motivi
di impugnazione (eccesso di potere per travisamento
dei fatti, contraddittorietà rispetto a
manifestazioni precedenti e legittime, violazione di
legge, con riferimento all’art. 15 della L. 6 agosto
1990 n. 223, come modificato dall’art. 2 L. 31
luglio 1997 n. 249 in relazione all’art. 16 n. 7 L.
n.223 del 1990 cit., come modificato dall’art. 6 del
“regolamento per il rilascio delle concessioni per
la radiodiffusione televisiva privata su frequenze
terrestri” adottato con deliberazione 1° dicembre
1998 n. 78 dell’Autorità per le garanzie nelle
telecomunicazioni).
3. Si sono
costituite le controinteressate in epigrafe resistendo
all’appello nel merito e riproponendo in questa sede
eccezioni pregiudiziali, già dedotte in primo grado
ed implicitamente assorbite dal Tribunale con la
decisione di rigetto.
4. Chiamata la
causa alla pubblica udienza del 4 maggio 2001, è
stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. Occorre
chiarire che la Soc. Centro Europa 7 presentò due
domande di concessione televisiva nazionale, per
l’emittente Europa 7 e per l’emittente 7 Plus, la
prima delle quali, esaminata per prima dall'apposita
Commissione ministeriale, è stata valutata ed
assentita senza problemi, alla stregua dei medesimi
requisiti richiesti per i fini di cui si tratta.
Il possesso del
requisito minimo previsto dall’art.6, comma 2, del
regolamento di cui alla deliberazione 1° dicembre
1998 n. 78/98 dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni – in capo alla società ricorrente
(ossia la natura di società di capitale del soggetto
richiedente e la titolarità di un capitale sociale
minimo di 12 miliardi di lire italiane interamente
versato) - è già stato oggetto di accertamento
dell’Amministrazione ed è stato confermato dal
giudice di primo grado, con il rilievo che “un
capitale sociale appena superiore ai 12 miliardi (e
cioè superiore di soli 200 milioni) non è
sufficiente a legittimare due domande”.
Sul punto, dunque,
sono inammissibili le eccezioni riproposte in questa
sede senza la proposizione di appello incidentale.
1.2. Smentito per
tabulas è l’ulteriore rilievo dei resistenti
(inteso anche a contestare l’interesse
all’impugnazione) secondo cui l’attuale appellante
non avrebbe proposto impugnazione, in primo grado,
avverso la graduatoria.
A parte la
considerazione che la stessa sentenza appellata ne dà
atto nell’intestazione e che il contraddittorio è
stato correttamente instaurato nei confronti dei
controinteressati, si rileva che i ricorsi, di primo
che di secondo grado, pongono in discussione
l’erronea valutazione della garanzia di
finanziamento per 35 miliardi, prestata da due dei
soci, quale elemento integrativo del requisito di
ammissione alla procedura, quando al contrario era
stato addotto come indice della potenzialità
produttiva, ossia del possesso di mezzi adeguati per
produzioni diversificate e di ciò specificamente si
occupa il giudice di primo grado, incorrendo – come
denunciato dal ricorrente – nel medesimo equivoco
dell’autorità procedente.
In definitiva,
pertanto, anche tale eccezione deve essere disattesa,
essendo interesse della ricorrente, una volta
accertata la sussistenza del requisito di base, che la
domanda venga presa in considerazione e valutata con
riferimento alla potenzialità derivante
dall’impegno di finanziamento
sopra ricordato.
2. Chiariti tali
aspetti, la Sezione non può condividere le
conclusioni alle quali è pervenuto il giudice di
primo grado.
Sia la legge 6
agosto 1990 n. 223 (art.16 n. 7), sia il regolamento
della competente Autorità (art. 6 comma 2)
riferiscono i requisiti di accesso alle “persone”
dei soggetti richiedenti, disponendo, per la
radiodiffusione televisiva in ambito nazionale, che il
richiedente abbia la connotazione di società di
capitali o cooperativa, che si tratti di società
costituite in Italia o in altri Stati appartenenti
alla Comunità economica europea, che il capitale
sociale abbia una determinata consistenza (fissata in
3 miliardi di lire dalla legge ed in 12 miliardi di
lire, interamente versate dal regolamento).
In nessuna parte
della legge o del regolamento è possibile rinvenire
una confusione terminologica, fra soggetto richiedente
ed emittente, che giustifichi un'interpretazione della
intenzione del legislatore (ovvero dell’Autorità)
differente da quella “fatta palese dal
significato proprio delle parole secondo la
connessione di esse (art. 12 disp.preli c.c.)”,
la quale resta esclusa, in radice, dalla
considerazione che l’espressione “capitale
sociale” è tipicamente propria dell’assetto
societario, e non si collega a moltiplicatori di sorta
(in correlazione al numero delle concessioni
richieste).
A differenti
conclusioni non può indurre la circostanza che
l’intero contesto dell’art. 6 del regolamento
adoperi soltanto al singolare l’espressione
“concessione” essendo al contrario, evidente,
nello stesso corpo ed in generale, nell’intero
contesto regolamentare, la distinzione fra “società”
quale soggetto richiedente (in capo alla quale devono
sussistere i requisiti di ammissione), ed
“emittente”, intesa quale responsabile editoriale
dei programmi, alla quale devono essere riferiti la
consistenza finanziaria e patrimoniale idonee a
garantire il concreto esercizio dell’attivitivà di
diffusione televisiva, secondo gli obiettivi stabiliti
dalla legge e dal regolamento.
Come diffusamente
rilevato dalla parte appellante, sia il legislatore
nazionale sia l’Autorità competente, nel complesso
della normativa che disciplina la materia, mostrano di
tenere ben distinte le nozioni di società (cui va la
titolarità delle concessioni, nel massimo di due
consentite dalla attuale legislazione) da quella di
emittente (ovvero dell’organismo che esercita
l’attività accordata in concessione), come è
agevole rinvenire, fra l’altro, dalle disposizioni
specificamente volte ad evitare le posizioni
dominanti.
L’interpretazione
del combinato disposto dell’art. 16 della L. 6
agosto 1990 n. 223 e dell’art. 6 del regolamento di
cui alla deliberazione n.78/98 dell’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni deve essere, pertanto,
nel senso che il requisito di ammissione, consistente
nella titolarità di un capitale sociale minimo di 12
miliardi interamente versato, è un requisito unico ed
unitario, riferito alla società richiedente, in
quanto tale, indipendentemente dal numero delle
concessioni richieste.
3. L’appello,
pertanto, deve essere accolto con conseguente
annullamento del provvedimento e, per quanto di
ragione, della graduatoria impugnati, fatti salvi ed
impregiudicati gli ulteriori accertamenti e
provvedimenti.
Le spese del
giudizio possono essere interamente compensate fra le
parti.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie
l’appello in epigrafe e, per l’effetto, in totale
riforma dell’appellata sentenza, accoglie il ricorso
proposto in primo grado ed annulla i provvedimenti
impugnati nei termini di cui in motivazione;
compensa
interamente fra le parti le spese dei due gradi del
giudizio;
Ordina che la
presente decisione sia eseguita dall'Autorità
amministrativa.
Così deciso in
Roma, addì 4 maggio 2001, dal Consiglio di Stato in
s.g. (Sez.VI) riunito in camera di consiglio con
l'intervento dei seguenti Magistrati:
Giovanni RUOPPOLO Presidente
Luigi MARUOTTI Consigliere
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI Consigliere
Est.
Pietro FALCONE Consigliere
Rosanna DE NICTOLIS Consigliere
Presidente
Consigliere Segretario
DEPOSITATA IN
SEGRETERIA
il.....................................
(Art. 55, L.27/4/1982,
n.186)
Il Direttore della
Sezione
N.R.G.
301/2001
DFR
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