REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 2623/08
Reg.Dec.
N. 570 Reg.Ric.
ANNO 2005
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da Centro Europa 7 s.r.l., in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato e
difeso dall’Avv. Alessandro Pace, dall’Avv.
Giuseppe Oneglia e dall’Avv. Ottavio Grandinetti con
domicilio eletto in Roma piazza delle Muse n. 8
presso Associazione Professionale Studio Legale Pace;
contro
Ministero delle comunicazioni, in persona del Ministro
pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato ed
elettivamente domiciliato presso la stessa, in Roma,
via dei Portoghesi, n. 12;
R.T.I. s.p.a., in persona del legale rappresentante
pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Luigi Medugno e Aldo Bonomo, ed
elettivamente domiciliato presso il primo, in Roma,
via Panama, n. 58;
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio, Sezione II, n. 9319/04 pubblicata il
16-9-2004;
Visto il ricorso con i
relativi allegati;
Visto l'atto di
costituzione in giudizio del Ministero delle
comunicazioni e di R.T.I. s.p.a.;
Viste le memorie
prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
Visti gli atti tutti
della causa;
Alla pubblica udienza
del 6-5-2008 relatore il Consigliere Roberto Chieppa.
Uditi l’Avv. Pace, l’Avv.
Grandinetti, l'Avv. Medugno, e l'Avv. dello Stato Di
Carlo;
Ritenuto e considerato
in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T
O E D I R I T T O
1. Centro Europa 7 s.r.l. ha partecipato
alla gara, indetta in attuazione della legge n. 249
del 1997, ai fini del rilascio delle concessioni per
la radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri
in ambito nazionale ed, essendosi classificata con l’emittente
“Europa 7” al settimo posto della relativa
graduatoria, ha ottenuto il rilascio di una delle
suddette concessioni (d.m. 28 luglio 1999), nella
quale, pur prevedendosi che in forza del suddetto
provvedimento l’istante aveva titolo ad installare
ed esercitare una rete d’impianti di radiodiffusione
televisiva, non erano assegnate specifiche frequenze
in attesa del programma di adeguamento degli impianti
al Piano nazionale di assegnazione delle frequenze.
Con ricorso al Tar del
Lazio notificato il 25 febbraio 2000 Centro Europa 7 ha impugnato il decreto
del Ministro delle Comunicazioni del 28 luglio 1999,
con cui non è stata accolta la domanda di concessione
per l’esercizio della radiodiffusione televisiva
privata su frequenze terrestri in ambito nazionale
presentata da R.T.I. s.p.a. per l’emittente
Retequattro e detta società è stata abilitata a
proseguire l’attività di radiodiffusione televisiva
privata in ambito nazionale con la denominazione
Retequattro, a condizione che le trasmissioni fossero
effettuate contemporaneamente su frequenze terrestri e
via satellite o via cavo e che fossero irradiate
esclusivamente via satellite o via cavo a decorrere
dal termine fissato dall’Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni ai sensi dell’art. 3, comma 7,
della legge n. 249/1997.
Secondo la ricorrente l’impossibilità
di procedere alla diffusione delle sue emissioni in
etere è derivata dal fatto che gli impianti e le
frequenze terrestri disponibili erano occupate dalle
emissioni televisive terrestri della controinteressata
Retequattro con oltre 1400 impianti e corrispondenti
frequenze terrestri.
Con sentenza n.
9319/2004 il Tar del Lazio ha dichiarato il ricorso
inammissibile sulla base di due autonome ragioni.
Sotto un primo profilo,
è stata rilevata la tardività del ricorso, in quanto
la ricorrente, che aveva partecipato alla gara insieme
a Retequattro nel 1999, era in grado di rilevare il
vizio denunziato già all’atto della emanazione del
DM di abilitazione provvisoria a favore della
controinteressata, non potendo, peraltro, non essere
consapevole della cronica carenza, nel nostro sistema
radiotelevisivo, di impianti e frequenze via etere
disponibili in ambito nazionale.
In relazione al rilievo
di Centro Europa 7, secondo cui solo a
seguito di un apposito studio di natura tecnica era
stato possibile rilevare che le frequenze sulle quali
trasmetteva Retequattro erano le uniche disponibili
sulle quali avrebbe potuto convogliare le sue
trasmissioni, il giudice di primo grado ha osservato
che la sopravvenienza dell’interesse a ricorrere non
determina la riapertura del termine di impugnazione
essendo quest’ultimo collegato alla piena conoscenza
del provvedimento lesivo e non già a fatti successivi
ad esso dai quali venga desunta la pretesa
illegittimità dell’atto censurato.
Sotto altro aspetto, il
Tar ha rilevato la carenza di interesse a contestare l’abilitazione
rilasciata a Retequattro, in quanto l’annullamento
di tale provvedimento determinerebbe la disattivazione
della rete, ma non comporterebbe affatto l’automatica
attribuzione di frequenze alla ricorrente. Il che
evidenzierebbe che l’atto lesivo della posizione
giuridica della ricorrente non è l’impugnato
decreto di abilitazione provvisoria rilasciato alla
controinteressata RTI, atto neutro o quanto meno privo
di conseguenze dirette ed univoche in ordine all’attribuzione
delle frequenze alla ricorrente, bensì la mancata
adozione, da parte del Ministero, degli atti necessari
al fine di consentire alla concessione di produrre i
propri effetti tipici.
Il giudice di primo
grado ha, infine, escluso che il provvedimento
abilitativo rilasciato in favore di Retequattro possa
essere ritenuto inesistente o nullo.
Centro
Europa 7 ha impugnato tale
decisione, deducendo:
a) la tempestività del
ricorso di primo grado, non essendo il decreto
impugnato mai stato comunicato alla ricorrente ed
essendo avvenuta la conoscenza del vizio, o comunque
della lesività dell’atto, solo dopo le risultanze
del commissionato studio tecnico;
b) la sussistenza dell’interesse
a contestare l’abilitazione rilasciata a Retequattro,
essendo stato riconosciuto dallo stesso Ministero che
la mancata assegnazione di frequenze a Europa 7 è
dipesa dall’indisponibilità di frequenze derivante
dalla presenza delle c.d. reti eccedenti;
c) l’inesistenza o la
nullità del decreto impugnato perché contrario al
divieto di acquisizione e mantenimento di posizioni
dominanti e, comunque, l’illegittimità dello stesso
per violazione di legge e per l’illegittimità
costituzionale del regime transitorio ed il contrasto
con la normativa comunitaria.
Il Ministero delle
comunicazioni e R.T.I. s.p.a. si sono costituiti in
giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.
Le parti hanno prodotto
diversi documenti ed hanno ampiamente illustrato le
proprie posizioni con le ultime memorie.
All’odierna udienza la
causa è stata chiamata unitamente ad altri ricorsi
attinenti la posizione di Centro
Europa 7 e, dopo ampia
discussione, è stata trattenuta in decisione; questo
Collegio ha dato avviso alle parti che, pur non
procedendosi alla riunione dei ricorsi, sarebbero
stati valutati complessivamente tutti gli elementi
contenuti nei singoli fascicoli.
2. L’oggetto del
presente giudizio è costituito dalla contestazione da
parte di Centro Europa 7 dell’abilitazione
rilasciata a R.T.I. per l’emittente Retequattro a
proseguire l’attività di radiodiffusione televisiva
privata in ambito nazionale.
L’articolo 5, comma 1
del decreto 8 marzo 1999 aveva stabilito che il
Ministero delle Comunicazioni avrebbe rilasciato
concessioni radiotelevisive nazionali private sino ad
un massimo di otto ai soggetti, utilmente collocati in
graduatoria, in possesso dei requisiti previsti dalla
deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni n.78/98/ Cons. del 1 dicembre 1998.
Le tre domande
presentate da R.T.I. s.p.a. erano state collocate ai
primi tre posti della graduatoria, ma la domanda dell’emittente
Retequattro, che aveva ottenuto il minor punteggio tra
quelle di R.T.I., risultava eccedere i limiti fissati
dall’articolo 2, comma 6, della legge 31 luglio 1997
n. 249, che prevede che ad uno stesso soggetto o a
soggetti controllati da o collegati a soggetti i quali
a loro volta controllino altri titolari di concessione
in base ai criteri individuati nella vigente
normativa, non possono essere rilasciate concessioni
né autorizzazioni che consentano di irradiare più
del 20 per cento rispettivamente delle reti televisive
o radiofoniche analogiche e dei programmi televisivi o
radiofonici numerici, in ambito nazionale, trasmessi
su frequenze terrestri, sulla base del piano delle
frequenze.
L’impugnato decreto
del 28 luglio 1999, pertanto, nel rigettare la domanda
di concessione di RTI relativamente alla emittente
Retequattro, abilitava RTI a proseguire l’attività
della rete in via transitoria a condizione che le
trasmissioni venissero effettuate contemporaneamente
su frequenze terrestri e via satellite o via cavo
utilizzando gli impianti e connessi collegamenti
di telecomunicazione censiti ai sensi dell’articolo
32 della legge 6 agosto 1990, n. 223.
Tale decreto del 28
luglio 1999 è stato impugnato da centro Europa 7 con ricorso notificato il
25 febbraio 2000 ed assume carattere preliminare la
questione della tempestività del ricorso, che il Tar
ha ritenuto tardivo.
3. In primo luogo si
deve rilevare che all’impugnazione del citato
decreto si applica il termine di decadenza previsto
per la contestazione dei provvedimenti amministrativi,
dovendosi escludere la fondatezza della tesi della
ricorrente, esposta nel terzo motivo, dell’inesistenza
o della nullità del decreto.
La tesi si fonda su una
asserita carenza di potere del Ministero, in quanto la
legge n. 78 del 1999, che ha convertito il d.l.
30.1.1999 n. 1, avrebbe abrogato implicitamente l’articolo
3, comma 6, della legge n. 249/1997 che aveva
disciplinato in via transitoria l’esercizio delle
reti eccedenti i limiti previsti dall’articolo 2
comma 6 della medesima legge.
Come correttamente
rilevato dal Tar, la questione relativa alla
perdurante vigenza nel nostro ordinamento dei commi 6
e 7 dell’art. 3 della legge n. 249 del 1997 e dunque
di un regime transitorio per le reti eccedenti, è
stata affrontata e risolta in senso positivo (con
riguardo al periodo temporale in cui è stato adottato
l’impugnato decreto) dalla Corte Costituzionale con
la sentenza del 20 novembre 2002 n. 466.
L’abilitazione è
stata, quindi, rilasciata a Retequattro sulla base del
menzionato e vigente regime transitorio, che
consentiva detto rilascio e deve, di conseguenza,
essere escluso che il decreto possa essere qualificato
in termini di nullità perché contrario ad un divieto
di acquisizione e di mantenimento di posizioni
dominanti.
Ogni ulteriore questione
attinente al contrasto di tale regime transitorio con
i principi costituzionali, peraltro già risolta dalla
Corte con riferimento alla legge n. 249/97 con la
sentenza n. 466/02, o con il diritto comunitario
riguarda profili di eventuale illegittimità del
provvedimento, che devono essere contestati nel
termine di decadenza di sessanta giorni decorrente
dalla conoscenza dell’atto lesivo.
Va aggiunto che la
giurisprudenza ha pacificamente escluso che il vizio
del contrasto con il diritto comunitario possa essere
qualificato in termini di nullità, precisando che l’entrata
in vigore dell’art. 21-septies della legge n.
241/1990, introdotto dalla legge n. 15/2005, ha
codificato le ipotesi di nullità del provvedimento
amministrativo, che costituiscono quindi un numero
chiuso e all’interno delle quali non rientra il
vizio consistente nella violazione del diritto
comunitario (Cons. Stato, VI, 3 marzo 2006 n. 1023; in
precedenza v. Cons. Stato, V, 10 gennaio 2003, n. 35).
Del resto, anche la
Corte di Giustizia ha ritenuto la compatibilità di un
regime di impugnazione con termini di decadenza con la
disciplina comunitaria, affermando che la fissazione
di termini di ricorso ragionevoli a pena di decadenza
risponde, in linea di principio, all'esigenza di
effettività della tutela, in quanto costituisce
l'applicazione del principio della certezza del
diritto (Corte Giust., 12 dicembre 2002, causa
C-470/99, Universale-Bau, punti 76 e 79; 27 febbraio
2003, causa C-327/00, Santex s.p.a.).
4. Si tratta ora di
stabilire se il ricorso di primo grado sia stato, o
meno, tardivamente proposto.
Centro
Europa 7 ha impostato le sue
difese in primo grado in relazione all’eccezione di
tardività, sostenendo che l’interesse all’impugnazione
è sorto solo in seguito alla constatazione, resa
possibile da un apposito studio tecnico, che le
frequenze di Retequattro erano le uniche sulle quali
potevano essere convogliate le emissioni di Europa 7.
Con il ricorso in
appello Centro Europa 7 ha anche sostenuto che la
sua conoscenza del decreto impugnato non poteva in
alcun modo essere presunta, non essendo l’atto mai
stato pubblicato, né essendo stato a lei comunicato.
Tale parziale
cambiamento di linea difensiva è certamente
ammissibile in sede di appello, non trattandosi di una
censura nuova ma della difesa rispetto ad una
eccezione accolta dal Tar.
R.T.I. ha replicato
richiamando le altre iniziative giudiziarie intraprese
da Centro Europa 7 a conferma della
conoscenza della lesività dell’abilitazione
rilasciata a Retequattro e evidenziando che tale
conoscenza derivava anche dalla vigenza dell’art. 3,
commi 6 e 7, della legge n. 249/97 e della delibera
Agcom n. 78/98/Cons del 1 dicembre 1998.
Il Collegio rileva che,
in effetti, l’abilitazione rilasciata a reti
eccedenti trova il presupposto nell’art. 17 della
citata delibera Agcom, che già aveva previsto che gli
esercenti la radiodiffusione televisiva in ambito
nazionale eccedenti rispetto ai limiti previsti dall’art.
2, comma 6, della legge n. 249/97, utilmente collocati
nella graduatoria per il rilascio delle concessioni in
ambito nazionale, potessero proseguire in via
transitoria l’esercizio delle reti eccedenti.
Il citato art. 17
costituiva atto idoneo a consentire il proseguimento
dell’esercizio di Retequattro e Centro Europa 7 era a conoscenza della
graduatoria approvata il 27 luglio 1999, in base a cui
le era stata rilasciata la concessione e che vedeva
tre reti di R.T.I. utilmente collocate con la
conseguenza che l’ultima posizionata di tali reti (Retequattro)
era già individuabile, fin dall’approvazione della
graduatoria, come rete eccedente legittimata a
proseguire l’esercizio in base all’art. 17.
Anche volendo far
decorrere il termine per contestare la provvisoria
prosecuzione dell’esercizio della rete eccedente
dalla conoscenza non del citato art. 17 e della
menzionata graduatoria, ma dall’effettiva conoscenza
del decreto del 28 luglio 1999 di rilascio dell’abilitazione
a Retequattro, si osserva che dal complessivo esame
degli atti dei ricorsi trattati in data odierna emerge
che tale conoscenza sussisteva in capo a Centro Europa 7 fin dal settembre del
1999.
E’ già stato
riportato che all’odierna udienza sia stato dato
avviso alle parti che, pur non procedendosi alla
riunione dei ricorsi, sarebbero stati valutati
complessivamente tutti gli elementi contenuti nei
singoli fascicoli.
La conoscenza del
decreto emerge proprio da tale esame.
In particolare, nel
ricorso n. 804/2008 proposto da Centro Europa 7 per l’ottemperanza
della decisione di questa Sezione n. 3133/01 sono
stati valutati gli atti del giudizio definito con la
citata pronuncia di cui viene chiesta l’esecuzione e
tra tali atti particolare rilievo assume, al fine
della conoscenza del decreto qui impugnato, il ricorso
di primo grado (R.G. Tar Lazio n. 12739/99), proposto
da Centro Europa 7.
A pagina 6 di tale
ricorso Centro Europa 7 afferma che è fatto
notorio “che la società RTI ha conseguito due
concessioni per reti nazionali, mentre la terza rete (Retequattro)
ha ottenuto solo una autorizzazione provvisoria”.
L’affermazione
costituisce inequivocabile ammissione della conoscenza
dell’autorizzazione provvisoria fin dalla data di
notificazione del ricorso (18 settembre 1999).
Si tratta di un atto
proveniente dalla stessa Centro
Europa 7, pienamente utilizzabile
secondo quanto indicato in precedenza e che dimostra
che la notificazione del ricorso di primo grado sia
avvenuta in data (25 febbraio 2000) successivamente
alla scadenza del termine di sessanta giorni dalla
conoscenza dell’atto.
5. Accertato che la
conoscenza del decreto impugnato da parte di Europa 7
risaliva quantomeno al 18 settembre 1999, si deve ora
verificare se il termine per l’impugnazione debba
decorrere da tale data, o, come sostenuto dalla
ricorrente, dalla conoscenza del vizio, o meglio della
lesività dell’abilitazione provvisoria, da
ricondurre temporalmente alle risultanze del
commissionato studio tecnico del 10 febbraio 2000, con
cui si assume essere stato accertato che le frequenze
di Retequattro erano le uniche che potevano essere
assegnate ad Europa 7.
Si osserva che il
menzionato studio tecnico è costituito da una nota di
una pagina della T.C.S. s.r.l., in cui ci si limita a
descrivere lo stato di fatto delle frequenze
televisive in Italia, ad indicare le emittenti
nazionali e la presenza di 750 emittenti locali e ad
affermare che, essendo occupati tutti i
canali-frequenze delle bande VHF e UHF, per assegnare
canali-frequenze ad un nuovo soggetto nazionale si
deve necessariamente toglierli a chi già li utilizza.
Nello studio si aggiunge
che l’obbligo di copertura dell’80 % del
territorio e di tutti i capoluoghi di provincia
richiede un numero di canali-frequenze non inferiore a
1.000 – 1.100, che esistono due emittenti (Retequattro
e Telepiù nero), che, sprovviste di concessione, sono
in procinto di passare alle trasmissioni via
satellite, dalle quali sarà possibile recuperare le
frequenze e che solo la struttura operativa della
prima delle due reti eccedenti (Retequattro) è utile
alla copertura richiesta dalla legge.
Si tratta di dati
generici, che non costituiscono il frutto di
particolari accertamenti tecnici, ma che erano ben
conosciuti anche a soggetti non particolarmente
esperti del settore sulla base della disciplina allora
vigente e dello stato di fatto, facilmente
riscontrabile dal semplice controllo delle emittenti
in esercizio.
Peraltro, lo studio non
è del tutto esatto sul passaggio delle emittenti
eccedenti alle trasmissioni esclusivamente via
satellite, in quanto all’epoca non vi era alcuna
certezza sulla data di tale passaggio, essendo questa
stata individuata dal legislatore con riferimento ad
un futuro accertamento dell’Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni dell'effettivo e congruo
sviluppo dell'utenza dei programmi radiotelevisivi via
satellite e via cavo (art. 3, comma 7, della legge n.
249/97, poi dichiarato incostituzionale da Corte Cost.
n. 466/02 nella parte in cui non prevede la fissazione
di un termine finale certo, e non prorogabile, che
comunque non oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il
quale i programmi, irradiati dalle emittenti eccedenti
i limiti di cui al comma 6 dello stesso art. 3 devono
essere trasmessi esclusivamente via satellite o via
cavo).
Il predetto studio
tecnico nulla ha aggiunto a quanto Centro Europa 7 già conosceva ed era a
tutti noto: la cronica carenza, nel nostro sistema
radiotelevisivo, di impianti e frequenze via etere
disponibili in ambito nazionale.
Rispetto a tale carenza
l’annullamento dell’abilitazione provvisoria
rilasciata a Retequattro poteva essere utile a Europa
7 al fine di rendere disponibili frequenze, ma l’interesse
a tale impugnazione non è certo sorto dopo la presa
di conoscenza dello studio tecnico, che appare essere
stato utilizzato solo a giustificazione del ricorso
proposto a diversi mesi dal contestato decreto.
Né è sostenibile che l’interesse
all’impugnazione possa essere sorto solo a seguito
della nota del Ministero del 22 dicembre 1999 di
risposta alla diffida del 3 dicembre (oggetto del
ricorso in appello n. 1298/05), in quanto in tale nota
la mancata assegnazione delle frequenze a Europa 7 non
viene in alcun modo ricollegata alla posizione di
Retequattro, che neanche viene citata nell’atto.
L’interesse all’impugnazione
è sorto nel momento stesso della conoscenza della
previsione della prosecuzione in via transitoria delle
reti eccedenti (entrata in vigore dell’art. 17 della
delibera Agcom n. 78/98/Cons del 1 dicembre 1998 e
approvazione in data 27 luglio 1999 della graduatoria)
o, con specifico riferimento al d.m. 28 luglio 1999,
nel momento della conoscenza dello stesso, da
riportare al più tardi, come già evidenziato, al 18
settembre 1999.
Da ciò consegue la
tardività del ricorso di primo grado notificato solo
in data 25 febbraio 2000.
6. L’accertata
tardività dell’impugnativa assorbe ogni ulteriore
profilo, compreso quello relativo alla verifica della
sussistenza dell’interesse a ricorrere.
La sentenza di primo
grado deve, quindi, essere confermata con riferimento
alla declaratoria di inammissibilità (rectius,
irricevibilità) del ricorso per tardività con
conseguente reiezione del presente ricorso in appello.
Tenuto conto della
complessità della vicenda, ricorrono giusti motivi
per compensare integralmente tra le parti le spese di
giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge il
ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa tra le parti le
spese del giudizio.
Ordina che la presente
decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, il
6 maggio 2008 dal Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale - Sez.VI -, riunito in Camera di
Consiglio, con l'intervento dei Signori:
Giovanni Ruoppolo Presidente
Paolo Buonvino Consigliere
Domenico Cafini Consigliere
Roberto Chieppa Consigliere
Est.
Manfredo Atzeni Consigliere
Presidente
Giovanni Ruoppolo
Consigliere per il
Segretario
Roberto Chieppa
Maria Rita Oliva
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il....31/5/2008....
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
N.R.G. 570/2005
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