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Giurisprudenza |
Consiglio di Stato - Sentenza del 6
maggio 2008 n. 2625 |
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 2625/08
Reg.Dec.
N. 2862-9257 Reg.Ric.
ANNO 2007
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.
2862/2007 e sul ricorso per opposizione di terzo n.
9257/2007 proposti:
a) – quanto all’appello n.
2862/2007, dalla società R.T.I. - Reti Televisive
Italiane - s.p.a., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa
dagli avv.ti Luigi Medugno e Giuseppe Rossi e presso
il primo elettivamente domiciliata in Roma, alla Via
Panama 12,
contro
la società Rete A s.p.a., in
persona del legale rappresentante p. t., costituitasi
in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.
Federico Sorrentino, presso il quale è elettivamente
domiciliata in Roma, lungotevere delle Navi 30,
e nei confronti
del Ministero delle
Comunicazioni, in persona del Ministro p. t., e dell’
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in
persona del Presidente p. t., non costituitisi in
giudizio,
e
della società Television
Broadcasting System (TBS) s.p.a., in persona del
legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Carla Rizzo e
Nicola Lafranceschina e presso la prima elettivamente
domiciliata in Roma, via Anapo 20,
interveniente ad opponendum
nonché
delle società Toscana TV
s.r.l., TVR Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000
s.r.l., in persona dei rispettivi legali
rappresentanti p.t., costituitesi in giudizio,
rappresentate e difese dagli avv.ti Avilio Presutti e
Felice Vaccaro,
intervenienti ad adjuvandum
***
b) - quanto al ricorso per
opposizione di terzo n. 9257/2007, dalla società
Centro Europa 7 s.r.l., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti
Alessandro Pace e Ottavio Grandinetti presso i quali
elettivamente domicilia in Roma, piazzale delle Muse
8,
contro
la società Rete A s.p.a., in
persona del legale rappresentante p. t., costituitasi
in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.
Federico Sorrentino, presso il quale è elettivamente
domiciliata in Roma, lungotevere delle Navi 30,
e nei confronti
del Ministero delle
Comunicazioni, in persona del Ministro p. t., e dell’
Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in
persona del Presidente p. t., non costituitisi in
giudizio,
e
della società Television
Broadcasting System (TBS) s.p.a., in persona del
legale rappresentante p. t., costituitasi in giudizio,
come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,
interveniente ad opponendum
nonché
della società R.T.I. – Reti
Televisive Italiane – s.p.a., in persona del legale
rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, ut
supra rappresentata, difesa e domiciliata,
interveniente ad
opponendum
per la riforma
della sentenza del TAR del
Lazio, Sezione III ter, n. 13415/2006;
visto il ricorso in appello
con i relativi allegati;
visto il ricorso in
opposizione con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione
in giudizio, nell’appello n. 2862/2007, della
società Rete A, della società Television
Broadcasting System (TBS) s.p.a., interveniente ad
opponendum, delle società Toscana TV s.r.l., TVR
Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000 s.r.l.,
intervenienti ad adjuvandum;
visti gli atti di costituzione
in giudizio, nel ricorso in opposizione n. 9257/2007,
della società Rete A, delle società Television
Broadcasting System (TBS) s.p.a. ed R.T.I. s.p.a.,
intervenienti ad opponendum;
viste le memorie prodotte
dalle parti, nei due giudizi, a sostegno delle
rispettive difese;
visti gli atti tutti delle
cause;
alla pubblica udienza del 6
maggio 2008 relatore il Consigliere Paolo Buonvino;
uditi, per le parti, gli avv.ti
Luigi Medugno, Federico Sorrentino, Alessandro Pace e
Ottavio Grandinetti.
Ritenuto in fatto e
considerato in diritto, quanto segue:
Ritenuto in fatto
1) - Con il ricorso di primo
grado la società Rete A s.p.a. (di seguito: Rete A),
titolare di autorizzazione in data 21 luglio 2004 per
l’attività di radiodiffusione televisiva nazionale
su frequenze terrestri in tecnica analogica a
carattere commerciale, esercitabile con le stesse
posizioni giuridiche ed obblighi dei concessionari
televisivi privati in ambito nazionale, ha chiesto l’annullamento:
- della nota del D.G. della
Direzione Generale Servizi di Comunicazione
Elettronica e di Radiodiffusione in data 8 agosto
2005, prot. n. 12466;
- della nota del Direttore del
Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25
maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA.
Ha premesso, il TAR, che la
ricorrente lamentava che la sua disponibilità di
frequenze (193 in totale) non le consentiva di
garantire la copertura di tutta la popolazione nel
territorio cui si riferiva l’autorizzazione; che la
stessa, inoltre, aveva presentato all’A.G.COM, in
ragione di ciò, in data 3 giugno 2005, istanza di
assegnazione di ulteriori frequenze televisive,
notificando la richiesta anche al Ministero e, in
particolare, di avere chiesto l’assegnazione di
frequenze disponibili nell’ambito del territorio
nazionale e, in via prioritaria, relativamente alle
regioni Sardegna, Valle d’Aosta, Trentino Alto
Adige, Friuli Venezia Giulia e Sicilia (il riferimento
a tali regioni si giustificava in considerazione del
fatto che il Ministero aveva annunciato che la
conversione all’all digital sarebbe avvenuto
secondo piani regionali, iniziando proprio dalle
predette regioni a statuto speciale).
Con il gravato provvedimento
dell’8 agosto 2005 il Ministero delle Comunicazioni
rispondeva di non poter evadere l’istanza ai sensi
dell’art. 3, comma 8, della legge n. 249/1997 in
quanto, secondo l’art. 23, comma 3, della legge n.
112/2004, per la realizzazione delle reti digitali si
prevedevano soltanto trasferimenti di impianti o di
rami di azienda tra soggetti esercenti l’attività
televisiva, a condizione che le acquisizioni operate
fossero destinate alla diffusione in tecnica digitale;
in altri termini, risultava ormai possibile soltanto l’acquisto
delle frequenze.
2) - Il TAR ha respinto,
preliminarmente, l’eccezione di inammissibilità del
ricorso svolta dall’interveniente ad opponendum società
R.T.I. s.p.a. (nel prosieguo: RTI) per difetto di
notifica di esso ad alcun controinteressato.
Il rigetto dell’eccezione
non escludeva, peraltro, per il TAR, l’ammissibilità
dell’intervento di R.T.I. s.p.a. avendo, questa, un
interesse indiretto, riflesso, o, quanto meno, di
fatto, al mantenimento del diniego gravato e, dunque,
alla reiezione del ricorso.
Il TAR ha respinto, poi, anche
il secondo profilo di inammissibilità connesso al
carattere cumulativo del ricorso, che si sarebbe
connotato, per di più, come cumulo di domande
assoggettate a riti diversi (ordinario quello dell’impugnativa
del provvedimento ministeriale, e speciale, ex
art. 23 bis della legge 6 dicembre 1971, n.
1034, quello dell’impugnativa dell’atto dell’A.G.COM).
Nel merito, i primi giudici
hanno, poi, accolto il ricorso, avendo ritenuto che
non risultava compatibile, con i principi
costituzionali in materia di radiotelevisione (e, in
particolare, con il principio pluralistico ritenuto
dal giudice delle leggi il valore costituzionale
più importante), oltre che con il riconoscimento dell’etere
in termini di bene comune, la prospettazione, alla
base del provvedimento gravato, secondo cui l’unica
modalità attualmente prevista dall’ordinamento per
l’ampliamento delle risorse frequenziali in uso per
i singoli concessionari od autorizzati fosse quella
prevista dall’art. 23, comma 3, della legge n.
112/2004 (il c.d. frequency trading),
conseguentemente, precluso l’incremento della rete
anche per le trasmissioni analogiche; che altrimenti,
l’acquisto delle frequenze sarebbe stato consentito
solo agli operatori con maggiori potenzialità
economiche, determinandosi un vulnus ai
principi di pluralismo e di eguaglianza ed anche,
indirettamente, agli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Inoltre, ha rilevato, tra l’altro,
il TAR, pur non sussistendo un diritto all’utilizzo
del mezzo radiotelevisivo, pur tuttavia doveva essere
garantito al soggetto che intendeva accedere a detto
mezzo, secondo le modalità previste dall’ordinamento,
una posizione di eguaglianza dei punti di partenza con
gli altri concorrenti; ciò che trovava conferma nella
considerazione secondo cui il sistema di trasmissione
analogica era destinato ancora a durare per un numero
variabile di anni, il che, già di per sé, non
giustificava la “sterilizzazione” del principio
pluralistico.
Aggiungevano, infine, i primi
giudici che la pretesa all’assegnazione di nuove
frequenze disponibili sembrava trovare ulteriore
fondamento anche nel diritto comunitario e, più
specificamente, sia nei principi generali (in
particolare, per effetto del richiamo, operato dall’art.
6, II comma, del Trattato U.E., dell’art. 10 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a
Roma il 4 novembre 1950), sia nelle norme del Trattato
poste a garanzia della libertà di prestazione di
servizi e la concorrenza, sia, inoltre, nella
direttiva 7 marzo 2002, n. 2002/20/CE (c.d. direttiva
autorizzazioni) e nella direttiva 7 marzo2002, n.
2002/21/CE (c.d. direttiva quadro).
Rispetto alle disposizioni
quivi contenute risultava di dubbia compatibilità
sistemica l’interpretazione, fatta propria dal
provvedimento gravato, dell’art. 23, comma 3, della
legge n. 112/2004, nel senso che avrebbe precluso la
possibilità di acquisire ulteriori frequenze in via
amministrativa.
3) - La sentenza è appellata
dalla RTI con appello n. 2862/2007, con il quale ne
viene contestata la correttezza sia laddove ha
ritenuto il ricorso ammissibile, sia laddove l’ha
accolto nel merito.
Resiste all’appello Rete A
che ne eccepisce l’inammissibilità e ne deduce, a
ogni buon conto, l’infondatezza nel merito.
Svolgono intervento ad
adjuvandum le società Toscana TV s.r.l., TV
Teleitalia s.r.l. e Teletruria 2000 s.r.l.
Interviene ad opponendum,
insistendo per la conferma della sentenza appellata,
la società Television Broadcasting s.p.a.
4) – Avverso la stessa
sentenza volge opposizione di terzo, con ricorso n.
9257/2007, la società Centro Europa 7 s.r.l. (di
seguito: Centro Europa 7), che fa valere la
sussistenza del proprio tutelato interesse all’accoglimento
del gravame (nel caso in cui la sentenza dovesse
essere ritenuta per la stessa deducente
pregiudizievole con riguardo ad altri ricorsi pendenti
dalla stessa Centro Europa 7 instaurati nei confronti
di Rete A) ed insiste per l’accoglimento dello
stesso e la riforma della sentenza impugnata.
Resiste al ricorso Rete A, che
ne eccepisce l’inammissibilità e insiste, comunque,
per l’infondatezza nel merito.
Si è costituita ad
opponendum, nel presente giudizio in
opposizione, anche la società Television Broadcasting
s.p.a., insistendo per l’inammissibilità e,
comunque, per l’infondatezza del ricorso stesso.
Si è costituita per resistere
anche RTI, che insiste per l’inammissibilità e,
comunque, l’infondatezza nel merito del gravame.
5) – Con memorie
conclusionali depositate in prossimità dell’udienza
le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
Considerato in diritto
1) - Con il ricorso di primo
grado Rete A, titolare di autorizzazione in data 21
luglio 2004 per l’attività di radiodiffusione
televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica
analogica a carattere commerciale, esercitabile con le
stesse posizioni giuridiche ed obblighi dei
concessionari televisivi privati in ambito nazionale,
ha chiesto l’annullamento:
- della nota del D.G. della
Direzione Generale Servizi di Comunicazione
Elettronica e di Radiodiffusione in data 8 agosto
2005, prot. n. 12466;
- della nota del Direttore del
Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25
maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA.
Il TAR ha accolto il ricorso
dopo aver rigettato le eccezioni pregiudiziali
sollevate da RTI.
Avverso detta sentenza propone
appello (n. 2862/2007) RTI, mentre propone ricorso per
opposizione di terzo (n. 9257/2007) Centro Europa 7.
I ricorsi ora detti vanno
riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Entrambi sono inammissibili.
2) - Quanto, in particolare,
all’appello n. 2862/2007, va rilevato che il TAR ha
ritenuto non essere configurabile RTI (al pari di ogni
altra emittente) quale controinteressata necessaria in
primo grado, ma solo portatrice di un interesse di
fatto legittimante il suo intervento ad opponendum.
RTI contesta sul punto la
sentenza, assumendo il carattere lesivo nei suoi
confronti che l’accoglimento dell’originario
ricorso sarebbe stato in grado di produrre; carattere
lesivo confermato dal fatto che a pag. 12 del ricorso
sarebbero state anche individuate talune frequenze in
ambito sardo, utilizzate dalla stessa RTI, che,
secondo la ricorrente in primo grado, avrebbero dovuto
essere dismesse ed eventualmente ad essa assegnate;
che discorso analogo valeva per altre frequenze, pure
individuate, utilizzate da altre emittenti.
Sennonché, correttamente il
TAR ha ritenuto che, poiché Rete A aveva chiesto l’assegnazione
di frequenze disponibili, e dunque “adespote”,
senza avanzare una specifica pretesa di attribuzione
di frequenze già concesse ad altri specifici
operatori, invocando, a tutto concedere, l’esercizio,
da parte dell’Amministrazione, del potere
discrezionale volto alla cessazione delle frequenze
non indispensabili per l’illuminazione dell’area
di servizio e del bacino (come, peraltro,
espressamente previsto dalla legge), il provvedimento
impugnato, frutto di un procedimento ad istanza di
parte, nel rigettare la domanda di assegnazione di
frequenze di Rete A, non conferiva, in effetti,
alcuna utilità specifica ad alcun soggetto terzo e,
quindi, neppure a RTI che, per l’effetto, risultava
priva del requisito di ordine sostanziale
identificante la figura processuale del
controinteressato.
Al riguardo, va rilevato che l’atto
di diniego impugnato in primo grado non individuava,
in effetti, alcun soggetto del diniego stesso
direttamente beneficiario, limitandosi ad affermare
che l’istanza di assegnazione di frequenze era da
rigettare ai sensi dell’art. 3, comma 8, della legge
n. 249/1997, in quanto, secondo l’art. 23, comma 3,
della legge n. 112/2004, per la realizzazione delle
reti digitali si prevedono soltanto trasferimenti di
impianti o di rami di azienda tra soggetti che
esercitano l’attività televisiva, a condizione che
le acquisizioni operate siano destinate alla
diffusione in tecnica digitale; e che, quindi,
risultava ormai possibile soltanto l’acquisto delle
frequenze.
Né può parlarsi di soggetti
facilmente individuabili, dal momento che l’atto
stesso non prendeva affatto in considerazione la
posizione di altri soggetti, attuali detentori o
comunque utilizzatori - per concessione, per effetto
di decisioni dei giudici amministrativi ovvero per
legge – di frequenze suscettive di assegnazione.
Allora è da chiedersi se la
presenza di controinteressati nella presente
controversia non fosse riconducibile ai contenuti dell’originaria
domanda e a quelli del ricorso avanti al TAR.
Ebbene, per ciò che attiene
all’istanza di assegnazione delle frequenze, va
rilevato che, a pag. 2, Rete A segnalava che essa, in
quanto operatrice nazionale (dotata di autorizzazione
per l’attività di radiodiffusione televisiva su
frequenze terrestri in tecnica analogica a carattere
commerciale, esercitabile con le stesse posizioni
giuridiche ed obblighi dei concessionari televisivi
privati in ambito nazionale giusta l’apposito titolo
rilasciatole il 21 luglio 2004) aveva interesse ad
ottenere ulteriori frequenze, reperibili tra quelle
risultanti, allo stato, disponibili per effetto dell’estinzione
di concessioni, ovvero liberate per qualunque motivo,
ovvero non necessarie secondo il piano di assegnazione
delle frequenze in tecnica analogica e/o digitale;
ciò anche in considerazione del fatto:
- che la legge n. 249/1997
attribuisce all’Autorità il potere di disporre la
cessazione dell’uso delle frequenze ritenute non
indispensabili ai soggetti esercenti l’attività
radiotelevisiva per l’illuminazione dell’area di
servizio e del bacino;
- che l’Autorità stessa è
tenuta ad assegnare, anche in via provvisoria, le
suddette frequenze ai concessionari aventi un grado di
copertura della popolazione inferiore al 90% di quella
residente nel territorio cui si riferisce la
concessione;
- che l’emittente
richiedente versava nella situazione prevista dalla
legge ai fini della richiesta assegnazione.
Nella parte finale, poi, la
richiedente insisteva per l’assegnazione delle
frequenze già disponibili o che l’amministrazione
avrebbe eventualmente provveduto a rendere tali,
sussistendo a tal fine, in suo favore, i requisiti di
legge.
Nei termini e limiti che
precedono, quindi, la domanda non era volta alla
sottrazione di frequenze in danno di specifici
operatori che ne disponevano, ma solo a sollecitare un’attività
amministrativa i cui effetti e i cui possibili
destinatari (ammesso che ve ne potessero essere) erano
tutti ancora da definire in base a ordinarie procedure
da condursi secundum legem.
Né rileva che nella domanda
stessa sia indicato che taluni protocolli d’intesa
tra amministrazione e RTI avrebbero assicurato a quest’ultima,
in talune regioni a statuto speciale, la
transizione al sistema digitale, mentre analoga
possibilità non era stata offerta ad altri operatori
privati e, tra questi, a Rete A; ciò in quanto a tale
affermazione non si accompagnava né la richiesta di
subentrare nella relative frequenze in luogo di RTI,
né venivano fatti oggetto di specifica contestazione,
ai fini della loro modificazione o rimozione, i
protocolli stessi, la vicenda relativa ai quali appare
riportata quale dato storico volto solo a segnalare il
deteriore trattamento riservato agli operatori privati
diversi da RTI, senza, però, volere, per tale via,
chiedere il ridimensionamento delle posizioni di
asserito favore di cui la stessa RTI avrebbe fruito,
ma solo di conseguire le frequenze eventualmente
disponibili o che l’amministrazione avesse reso tali
conformandosi alla disciplina normativa di settore.
Non essendo contenuto, quindi,
nella detta richiesta, alcun invito all’amministrazione
a liberare specifiche frequenze di altri operatori, ma
solo ad attivarsi per reperire, nel rispetto della
legge, un sufficiente numero di frequenze onde
assegnarle ad un operatore carente di idonee frequenze
quale era Rete A, è da escludere che la richiesta
stessa, in se considerata, fosse in grado di produrre,
se accolta, un necessario pregiudizio in danno di RTI,
la domanda stessa non individuando affatto le
specifiche frequenze cui la richiedente avrebbe
ambito.
Pertanto, il danno paventato
da RTI appare meramente eventuale, futuro e
incerto e non tale da concretizzare in capo ad essa
una posizione di controinteressata necessaria in sede
di impugnativa del provvedimento reiettivo della
domanda stessa; in altre parole, l’intendimento
perseguito dall’odierna appellante appare
essenzialmente quello del quieta non movere,
votato, quindi, a perseguire un mero interesse di
fatto, di generica tutela concorrenziale, in assenza
dell’adozione, da parte della P.A., di provvedimenti
concretamente lesivi della sua sfera giuridica; il
semplice metus di adozione di futuri
provvedimenti lesivi non può, invero, costituire, in
capo all’odierna appellante (né degli altri
imprenditori operanti nel campo della diffusione
televisiva), una posizione di controinteresse atta a
legittimarla alla proposizione dell’appello.
È anche vero che la
legittimazione all'appello va individuata in base al
criterio della soccombenza, ossia in capo alle parti
che subiscono un effetto giuridico sfavorevole dalla
sentenza di primo grado; sicché, nel caso di una
pronuncia d'accoglimento del ricorso di primo grado e
di annullamento dell'atto impugnato, detta
legittimazione spetta non solo all’amministrazione
emanante, ma anche a chi è portatore di una posizione
sostanziale differenziata, diretta a sostenere l'atto
annullato, anche in assenza dei presupposti per
qualificare tale parte come controinteressato (Cons.
Stato, V, n. 1764/2000; n. 456/1997); sennonché,
nella specie, l'annullamento dell'atto impugnato in
primo grado non è idoneo, neanche potenzialmente, a
pregiudicare la posizione di RTI, in quanto la domanda
avanzata da Rete A era diretta a consentire
l'attribuzione, da parte dell'amministrazione, delle
c.d. frequenze adespote, senza riferimento alcuno alla
specifica posizione di RTI o di altre emittenti.
Al contempo, il
provvedimento impugnato affermava che per la
realizzazione delle reti digitali si prevedevano
soltanto trasferimenti di impianti o di rami di
azienda tra soggetti esercenti l’attività
televisiva, a condizione che le acquisizioni operate
fossero destinate alla diffusione in tecnica digitale
e che, in altri termini, risultava ormai possibile
soltanto l’acquisto delle frequenze; ma anche per
questa parte l’annullamento del provvedimento
impugnato in primo grado non investe la sfera
giuridica dell’odierna appellante, per la quale il
mantenimento di altre forme di acquisizione delle
frequenze non appare produttivo di alcuna lesione.
Né a conclusioni differenti
può pervenirsi se si prendono in esame i puntuali
contenuti del ricorso di primo grado.
È vero che in questo, a pag.
12, come rilevato dall’appellante, si afferma che il
Ministero, nel rinviare l’istanza di Rete A alla
fase di attuazione del piano nazionale di assegnazione
delle frequenze in tecnica digitale, non avrebbe
considerato nemmeno che, a partire dal 31 gennaio
2006, nelle regioni a statuto speciale il patrimonio
frequenziale disponibile (a seguito dello switch-off
che avrebbe dovuto interessare a breve, prima delle
altre, proprio tali regioni e tra esse, in
particolare, la Sardegna) si sarebbe accresciuto a
seguito delle restituzione delle risorse attualmente
in capo ai maggiori operatori (frequenze che venivano,
in parte, indicate e comprendenti anche, nella Regione
Sardegna, tra analogici e digitali, dodici canali
Mediaset e, quindi, facenti capo a RTI); non di meno,
si tratta di un’indicazione meramente
esemplificativa, volta solo a dare atto dell’esistenza
del problema e, cioè, della presenza, in determinati
ambiti territoriali, di frequenze libere (o
eventualmente destinate a liberarsi in caso di
abbandono da parte dell’utilizzatore o, comunque, di
rientro nella disponibilità della P.A.) ed a
sollecitare l’amministrazione ad attivarsi ai fini
della sua risoluzione e non a richiedere espressamente
la messa a disposizione dell’interessata delle
frequenze stesse, previa loro specifica sottrazione ad
RTI.
Solo nel momento in cui l’amministrazione,
nell’attivarsi e nell’individuare, quindi,
concretamente le frequenze disponibili, vada ad
individuare specifiche frequenze in capo a RTI o da
essa, comunque, utilizzate, destinate ad esserle
sottratte e redistribuite a favore di altre emittenti
(conformemente anche ai principi e alle direttive
comunitarie che regolano la materia, giusta quanto
emerge, tra l’altro, dalla sentenza della Corte di
giustizia del Lussemburgo del 31 gennaio 2008 in causa
pregiudiziale C-380/05, su questione rimessale da
questa stessa Sezione con decisione n. 3846/2005 resa
in sede di appello n. 10395/2004), potrebbe venire a
radicarsi in capo a detta concessionaria, l’interesse
concreto e tutelato (e solo in quel momento dotato del
requisito dell’attualità) a reagire avverso i
relativi provvedimenti riduttivi del plafond di
frequenze in precedenza da essa utilizzate (e risulta,
del resto, che RTI abbia impugnato, successivamente,
il bando con il quale il Ministero ha messo a concorso
talune frequenze resesi disponibili).
Per tali motivi deve
escludersi, in definitiva, che RTI sia titolare di una
posizione di interesse qualificato che la legittimi a
proporre il presente gravame, donde l’inammissibilità
dell’appello n. 9257/2007.
3) – Parimenti inammissibile
va dichiarato, poi, il ricorso in opposizione avanzato
da Centro Europa 7.
Detta emittente, invero,
precisa, a pag. 6 del proprio ricorso, che le
impugnazioni da essa svolte, a suo tempo, avverso il
provvedimento di autorizzazione del 2004 a favore di
Rete A ed il successivo provvedimento del 2005, sempre
in suo favore, che ne legittimava il prolungamento di
efficacia, non avrebbero potuto subire pregiudizio
dalla sentenza oggetto di gravame, in quanto atti
impugnati dalla stessa Centro Europa 7 con ricorsi
tuttora pendenti innanzi al TAR; subito dopo,
peraltro, la medesima società segnala che, “per
doverosa cautela”, intende proporre ricorso in
opposizione, “per le non creduta e remota ipotesi”
che la sentenza stessa “dovesse essere ritenuta
incompatibile con la propria situazione giuridica e/o
i propri interessi legittimi azionati nei giudizi
sopra richiamati”.
Di seguito la ricorrente
svolge le proprie censure nei riguardi della gravata
sentenza, sostenendo, in primo luogo, che l’autorizzazione
fatta valere da Rete A ai fini dell’assegnazione di
nuove frequenze sarebbe illegittima e la sua
illegittimità travolgerebbe anche la controversia
radicata innanzi al TAR e ora in esame, privando la
stessa originaria ricorrente della necessaria
legittimazione a ricorrere; in via di subordine,
assume che il titolo autorizzatorio fatto valere dalla
stessa Rete A non legittimerebbe il rilascio di
frequenze, non potendo essere confuso con i titoli
concessori che, in via esclusiva, legittimerebbero, ai
sensi della legge n. 249 del 1997, l’assegnazione
delle stesse.
Ora, come è noto, la
legittimazione a proporre l’opposizione di terzo nei
confronti di una sentenza del giudice amministrativo
resa tra altri soggetti va riconosciuta ai
controinteressati pretermessi tout court; ai
controinteressati pretermessi perché sopravvenuti (è
il caso dei beneficiari di un atto consequenziale,
quando una sentenza abbia annullato un provvedimento
presupposto all'esito di un giudizio cui siano rimasti
estranei); ai controinteressati non facilmente
identificabili; più in generale, ai terzi titolari di
una situazione giuridica autonoma ed incompatibile,
rispetto a quella riferibile alla parte risultata
vittoriosa per effetto della sentenza oggetto di
opposizione (cfr., per tutte, A.P. 10 gennaio
2007, n. 2).
Sennonché, nel caso in esame,
la ricorrente in opposizione svolge un ricorso del
tutto condizionato affidato semplicemente al timore
che la decisione gravata possa produrre un vulnus
nella propria posizione giuridica e processuale;
sennonché, la stessa deducente non è in grado di
segnalare quale concreta lesione la sentenza possa
avere prodotto o possa produrre nella sua sfera di
interessi.
Perciò non solo essa – alla
pari di RTI - non può essere riguardata alla stregua
di un contraddittore necessario nel ricorso di primo
grado, ma neppure ha dimostrato, in qualche misura, di
versare in una situazione giuridica autonoma,
incompatibile rispetto a quella riferibile alla parte
risultata vittoriosa; solo nell’ipotesi in cui
dovesse concretizzarsi, in prospettiva, il metus
qui solo ipotizzato e alla decisione oggetto del
presente gravame dovessero ricollegarsi pregiudizi
immediatamente interferenti con la sfera giuridica
dell’interessata, la questione potrebbe essere,
astrattamente, riconsiderata, se e in quanto sia
possibile configurare un’ipotesi di
controinteressato pretermesso perché tale divenuto
solo in un momento successivo (e, quindi, una
sorta di controinteressato o, comunque, di “legittimando”
in pectore).
E, si aggiunga, le censure in
concreto formulate sotto nessun profilo sono volte a
contestare i contenuti – pregiudiziali e di merito
– della sentenza oggetto di opposizione di terzo, ma
valgono solo, tendenzialmente, a delegittimare la
proponibilità dell’originario ricorso per difetto
di una valida posizione legittimante in capo alla
ricorrente; sennonché, l’illegittimità del
provvedimento autorizzatorio del 2004 è oggetto di
separato giudizio (già in fase d’appello con il
ricorso n. 9258/2007) ed è in quella sede e solo in
quella sede che va definito mentre, in questo
giudizio, la relativa questione non può essere fatta
valere autonomamente per manifesta tardività (detto
provvedimento autorizzatorio, infatti, è stato
impugnato, dalla stessa odierna ricorrente, nel 2005)
e per il divieto del bis in idem.
E analoghe considerazioni
valgono anche con riguardo alle censure svolte in via
di subordine, dal momento che la questione relativa al
fatto che il titolo autorizzatorio fatto valere dalla
stessa Rete A non legittimerebbe il rilascio di
frequenze, non potendo essere confuso con i titoli
concessori che, in via esclusiva, legittimerebbero, ai
sensi della legge n. 249 del 1997, l’assegnazione
delle stesse, è pure questione oggetto del giudizio
anzidetto.
Si noti, infine, che in pari
data il predetto appello n. 9258/2007 è stato
definito in termini non favorevoli all’odierna
opponente sotto entrambi i profili dedotti in questa
sede, con la conseguenza che il ricorso dalla stessa
proposto in opposizione sarebbe, comunque, infondato
anche nel merito.
4) – Per completezza può
anche osservarsi, infine, che la declaratoria di
inammissibilità ora detta lascia ferma la pronuncia
del TAR di inammissibilità del ricorso di primo grado
nella parte in cui investiva la nota del Direttore del
Dipartimento Regolamentazione dell’A.G.COM. del 25
maggio 2005, prot. n. U/05450/05/NA e di
ammissibilità dello stesso originario ricorso sebbene
teso ad investire provvedimenti (del Ministero e dell’A.G.Com.)
la cui impugnativa soggiace a differente regime
processuale; con la conseguenza che – non essendo
stato svolto appello incidentale, da parte di Rete A,
avverso detta parziale declaratoria di
inammissibilità - la decisione sul presente appello,
involgendo, in effetti, solo la tematica relativa all’annullamento
del provvedimento ministeriale, deve ritenersi
regolata dal rito ordinario e non da quello di cui all’art.
23 bis della legge n. 1034 del 1971.
5) - Per i motivi che
precedono sia il ricorso in appello, n. 2862/2007, sia
quello in opposizione di terzo, n. 9257/2007, vanno
dichiarati inammissibili.
Le spese del grado
relative al ricorso in appello (n. 2862/2007) e quelle
relative al ricorso per opposizione di terzo (n.
9257/2007) possono essere integralmente compensate tra
le parti in considerazione della complessità del
giudizio.
P. Q. M
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione sesta:
a) – riunisce il ricorso in
appello n. 2862/2007 e il ricorso per opposizione di
terzo n. 9257/2007;
b) - dichiara inammissibili
entrambi i ricorsi;
c) - compensa tra le parti le
spese di entrambi i giudizi.
Ordina che la presente
decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella
camera di consiglio del 6 maggio 2008 con l’intervento
dei sigg.ri:
GIOVANNI RUOPPOLO -
Presidente
PAOLO BUONVINO - Consigliere
est.
DOMENICO CAFINI
- Consigliere
ROBERTO CHIEPPA
- Consigliere
MANFREDO ATZENI
- Consigliere
Presidente
Giovanni Ruoppolo
Consigliere per il
Segretario
Paolo Buonvino
Maria Rita Oliva
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il....31/5/2008...
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
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