REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 2626
Reg.Dec.
N. 9258-10103 Reg.Ric.
ANNO 2007
N. 804 Reg.Ric
ANNO 2008
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sui ricorsi in appello n.
9258/2007 e 10103/2007, nonché sul ricorso per
esecuzione del giudicato n. 804/2008, proposti, giusta
epigrafe degli stessi:
a) – quanto all’appello n.
9258/2007, dalla società Centro Europa (recte, come
si dirà, Centro Europa 7) s.r.l. e, quanto all’appello
n. 10103/2007, dalla società Centro Europa 7 s.r.l.,
in persona del legale rappresentante p.t.,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandro Pace e
Ottavio Grandinetti presso i quali elettivamente
domicilia in Roma, piazzale delle Muse 8,
contro
il Ministero delle
Comunicazioni, in persona del Ministro p. t.,
costituitosi in entrambi i giudizi, rappresentato e
difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato
presso i cui Uffici domicilia in Roma, via dei
Portoghesi 12,
e
la società Rete A s.p.a., in
persona del legale rappresentante p. t., costituitasi
in giudizio, rappresentata e difesa dall’avv.
Federico Sorrentino, presso il quale è elettivamente
domiciliata in Roma, lungotevere delle Navi 30,
e nei confronti
della società R.T.I. - Reti
Televisive Italiane - s.p.a., in persona del legale
rappresentante p.t., costituitasi in giudizio,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Luigi Medugno e
Giuseppe Rossi e presso il primo elettivamente
domiciliata in Roma, via Panama 12,
e
della società Media Shopping
s.p.a. (già Home Shopping Europe Broadcasting
s.p.a.), in persona del legale rappresentante p. t.,
non costituitasi in giudizio,
per la riforma della sentenza del TAR del
Lazio, Sezione III ter, n. 7147 del 27 luglio 2007;
*****
b) – quanto al ricorso n.
804/2008, dalla società Centro Europa 7 s.r.l., in
persona del legale rappresentante p.t., come sopra
rappresentata, difesa e domiciliata,
contro
il Ministero delle
Comunicazioni, in persona del Ministro p. t., e l’Autorità
per le Garanzie nella Comunicazioni – A.G.Com., in
persona del legale rappresentante p.t., costituitisi
in giudizio, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura
Generale dello Stato presso i cui Uffici domiciliano
in Roma, via dei Portoghesi 12,
e
la società Rete A s.p.a., in
persona del legale rappresentante p. t., costituitasi
in giudizio, come sopra rappresentata, difesa e
domiciliata,
e nei confronti
della società R.T.I. - Reti
Televisive Italiane - s.p.a., in persona del legale
rappresentante p.t., costituitasi in giudizio, come
sopra rappresentata, difesa e domiciliata,
e
della società T.B.S. -
Television Broadcasting System s.p.a., in persona del
legale rappresentante p.t., costituitasi in giudizio,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Carla Rizzo e
Nicola Lafranceschina e presso la prima elettivamente
domiciliata in Roma, via Anapo 20,
nonché
delle società Media Shopping
s.p.a., Vallau Italiana Promomarket s.r.l. (ora Media
Shopping s.p.a.) ed Elefgante TV s.p.a., in persona
dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non
costituitesi in giudizio,
per l’esecuzione del
giudicato
di cui alla decisione della
Sezione n. 3133 del 12 giugno 2001;
*****
visti i ricorsi in appello (nn.
9258/2007 e 10103/2007) con i relativi allegati;
visto il ricorso per
esecuzione del giudicato (n. 804/2008) con i relativi
allegati;
visti gli atti di costituzione
in giudizio:
- negli appelli nn. 9258/2007
e 10103/2007, del Ministero delle Comunicazioni, della
società Rete A e della società R.T.I.;
- nel ricorso n. 804/2008,
del Ministero delle Comunicazioni, dell’A.G.Com.,
della società Rete A, della società R.T.I. e della
società T.B.S. - Television Broadcasting System
s.p.a.;
viste, nei tre giudizi, le
memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive difese;
visti gli atti tutti delle
cause;
alla pubblica udienza del 6
maggio 2008 relatore il Consigliere Paolo Buonvino;
uditi, per le parti, gli avv.ti
Luigi Medugno, Federico Sorrentino, Carla Rizzo,
Alessandro Pace Ottavio Grandinetti.
Ritenuto in fatto e
considerato in diritto, quanto segue:
Ritenuto in fatto
1) – Con il primo dei
ricorsi in esame (n. 9258/2007) è impugnata la
sentenza n. 7147/2007 con la quale il TAR ha
dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’odierna
appellante, società Centro Europa 7 s.p.a. (di
seguito: Centro Europa 7), per l’annullamento:
A) – quanto al ricorso
introduttivo:
- del decreto in data 21
dicembre 2001, notificato il successivo 2 gennaio
2002, con il quale il Ministero intimato, Direzione
Generale Concessioni ed Autorizzazioni, ha recepito la
graduatoria definitiva rideterminata in data 15
ottobre 2001 (in esecuzione della decisione del
Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 3133 del 12 giugno
2001) dalla Commissione per la valutazione e la
comparazione delle domande di concessione per la
radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri,
nelle parti in cui attribuiva alla ricorrente solo
punti 183,4 e nella parte in cui subordinava il
rilascio della concessione alla soluzione del
contenzioso in essere tra l’amministrazione stessa e
le emittenti Rete Mia (già facente capo alla società
Vallau Italiana Promomarket s.r.l.) e Rete A (facente
capo alla società Rete A s.p.a.).
– d’ogni altro atto
presupposto e, in particolare, di detta graduatoria,
nonché, all’occorrenza, della mancata o inadeguata
applicazione dei punteggi per i profili indicati all’art.
3, c. 3, lett. b), c) e d) del bando (decreto
ministeriale 8 marzo 1999, recante il “disciplinare
per il rilascio delle concessioni per la
radiodiffusione privata televisiva su frequenze
terrestri, in ambito nazionale”);
B) – quanto ai motivi
aggiunti:
- del decreto in data
21 luglio 2004 con cui il Ministero intimato ha
rilasciato alla Rete A s.r.l. l’autorizzazione a
svolgere “l’attività di radiodiffusione
televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica
analogica a carattere commerciale, esercitabile con le
stesse posizioni giuridiche e obblighi dei
concessionari televisivi privati in ambito nazionale”.
Con il secondo degli appelli
in esame (n. 10103/2007) la stessa appellante, con
uguali censure, impugna la sentenza medesima nei
confronti delle stesse parti; tale impugnativa risulta
proposta a correzione di un errore materiale contenuto
nell’intestazione dell’appello n. 9258/2007 ora
detto, in cui viene riportato, quale nominativo dell’appellante,
quello della società Centro Europa s.r.l., anziché
quello, corretto, di Centro Europa 7 s.r.l..
Con il terzo ricorso (n.
804/2008) è chiesta l’esecuzione del giudicato di
cui alla decisione della Sezione n. 3133 del 12 giugno
2001.
2) - Giova ricordare, in punto
di fatto, quanto al primo e al secondo degli appelli
in esame (nn. 9258/2007 e 10103/2007) che Centro
Europa 7 assumeva d’aver chiesto al competente
Ministero – ritenendo d’averne i requisiti – due
distinte concessioni per la radiodiffusione televisiva
su frequenze terrestri, relativamente alle emittenti
Europa 7 e 7 Plus; e che la stessa società faceva,
altresì, presente d’aver ottenuto l’invocata
concessione televisiva nazionale per l’emittente
Europa 7, ma non per 7 Plus, avendo la Commissione
ministeriale per la valutazione e la comparazione
delle domande di concessione per la radiodiffusione
televisiva su frequenze terrestri ritenuto
insussistente il requisito del capitale sociale
minimo.
Il TAR ha respinto il ricorso
proposto avverso il diniego ora detto con la sentenza
n. 7585 del 28 settembre 2000; sennonché tale
sentenza è stata riformata da questa Sezione con
decisione n. 3133 del 12 giugno 2001, di accoglimento
del ricorso di prime cure.
Il Ministero soccombente, in
sede di spontanea esecuzione della ora detta decisione
della Sezione, ha riunito nuovamente la Commissione ai
fini del riesame della vicenda alla luce del
giudicato; e tale organo, riformulando la graduatoria,
ha collocato l’istanza relativa all’emittente 7
Plus al dodicesimo posto con punti 183,4; sicché, con
decreto in data 21 dicembre 2001, notificato il
successivo 2 gennaio 2002, il Ministero delle
comunicazioni, Direzione Generale Concessioni ed
autorizzazioni, recepiva la graduatoria stessa.
Avverso il decreto, la
graduatoria così riformulata, il punteggio
assegnatole e la riserva di rilascio della concessione
de qua alla soluzione del contenzioso in essere tra
detta P.A. e le emittenti Rete Mia e Rete A, Centro
Europa 7 ha adito nuovamente il TAR formulando
molteplici censure.
Con motivi aggiunti notificati
il 1° aprile 2005 la società medesima ha, poi,
impugnato anche il decreto in data 21 luglio 2004 (asseritamente
conosciuto solo il 9 marzo 2005) con il quale il
Ministero intimato ha rilasciato la concessione in
contestazione a Rete A.
3) – Con la sentenza qui
appellata il TAR ha dichiarato il ricorso
inammissibile.
Dopo avere disatteso l’eccezione
di improcedibilità del gravame introduttivo
(sollevata dalle parti resistenti perché, a loro
dire, l’interesse attoreo azionato si sarebbe nel
frattempo estinto a causa dello jus superveniens),
nonché l’eccezione d’inammissibilità dell’intervento
spiegato in giudizio da RTI, il TAR, passando al
merito della questione come prospettata nel ricorso
introduttivo, ha ritenuto opportuno precisare che
quest’ultimo scaturiva dal pregresso contenzioso tra
la ricorrente ed il Ministero intimato e, in
particolare, dalla citata decisione n. 3133 del 12
giugno 2001, con la quale questo Consiglio aveva avuto
modo di precisare, al riguardo, che il predetto
requisito “è tipicamente proprio dell’assetto
societario, e non si collega a moltiplicatori di sorta
(in correlazione al numero delle concessioni
richieste)”; e che “a differenti conclusioni non
può indurre la circostanza che l’intero contesto
dell’art. 6” del Disciplinare della procedura “adoperi
soltanto al singolare l’espressione concessione
essendo al contrario, evidente, nello stesso corpo ed
in generale, nell’intero contesto regolamentare, la
distinzione fra società quale soggetto richiedente
(in capo alla quale devono sussistere i requisiti di
ammissione), ed emittente”.
Avendo, quindi, la decisione
di questa Sezione n. 3133/2001 accolto integralmente
la tesi propugnata dalla ricorrente (nel senso, cioè,
che la normativa primaria e regolamentare distingueva
chiaramente l’impresa dall’emittente, attribuendo
alla prima le concessioni nel numero massimo previsto
dall’ordinamento e, quindi, solo ad essa si potevano
riferire i requisiti d’ammissione) e chiaro ed
inequivocabile essendo apparso, inoltre, ai primi
giudici, il dictum del giudicato, esso avrebbe dovuto
formare oggetto della doverosa attività di
riemanazione; e in tal senso ha proceduto l’Amministrazione
riconvocando la predetta Commissione che, con il
provvedimento gravato con il ricorso introduttivo di
primo grado, ha osservato che “la capacità di
autofinanziamento non è stata
considerata........quale elemento integrativo del
requisito di ammissione alla procedura, ma come
elemento autonomo, il quale attribuiva, direttamente e
indirettamente, punteggio all’emittente. In questo
senso va intesa la frase che l’impegno assunto dai
soci non avrebbe potuto supplire alla carenza del
capitale sociale minimo prescritto di cui al
verbale...........del 26 luglio 1999, pag. 36, punto 2”.
Ebbene, ha osservato il TAR,
la ricorrente, con il nuovo ricorso, ha essenzialmente
lamentato la sostanziale elusione del predetto
giudicato da parte della Commissione e del decreto
ministeriale che ne ha recepito il giudizio; ciò in
quanto, tenuto conto delle censure svolte (1:
omessa valutazione della capacità d’autofinanziamento,
dei vari tipi d’investimento e del piano d’occupazione,
erroneamente non considerata diretta conseguenza dell’esistenza
del requisito del capitale minimo; 2: riaffermazione,
mercé l’integrazione postuma della motivazione da
parte della Commissione, della non serietà del dato
inerente a tale autofinanziamento, ossia d’un
giudizio, a detta della ricorrente, cassato dal
giudicato; 3: omessa attribuzione a 7 Plus d’un
punteggio congruo, almeno negli stessi limiti di
quanto spuntato per l’emittente Europa 7 sulle voci
consequenziali all’accertato sussistente requisito;
4: erroneo recepimento, da parte del Ministero
intimato, dei dati così illegittimamente esposti
dalla Commissione), la ricorrente non aveva potuto far
a meno di riferirsi ad una vera e propria violazione
del predetto giudicato, intendendo quest’ultimo non
come mero antecedente cronologico, ma quale unico ed
essenziale presupposto logico sia della statuizione
impugnata, sia, di conseguenza, della propria
argomentazione a confutazione; sicché detta
prospettazione appariva non già a guisa d’espediente
dialettico, ma quale indicazione della norma agendi
violata, scaturente non dalla legge o da possibili
vizi della funzione o della rappresentazione della
realtà, bensì proprio e solo dal giudicato; donde l’inammissibilità
del gravame in quanto, in disparte l’impossibilità
di dedurre, in sede di cognizione, argomenti valevoli
solo per l’ottemperanza d’un giudicato eluso o
violato (la cui distinzione è indifferente ai fini
del giudizio d’ottemperanza), nella specie quest’ultimo
s’era formato in esito ad una decisione del Giudice
d’appello che aveva riformato integralmente la
sentenza di prime cure; sicché si verificava l’ipotesi
(contemplata dall’art. 37, u.c. della legge 6
dicembre 1971, n. 1034) di competenza funzionale
inderogabile in unico grado del Consiglio di Stato.
4) - Il TAR ha, poi, ritenuto
che parimenti inammissibili fossero i motivi aggiunti
notificati il 1° aprile 2005, con i quali la
ricorrente aveva contestato l’autorizzazione
rilasciata dall’intimato Ministero alla
controinteressata Rete A per l’attività di
radiodiffusione televisiva nazionale su frequenze
terrestri in tecnica analogica, nonché gli atti del
relativo procedimento e la riformulazione della
graduatoria.
Al riguardo, il primo profilo
d’inammissibilità dei motivi stessi è stato colto,
dal TAR, nella circostanza che il giudicato scaturente
dalla decisione n. 3133/2001 nulla aveva detto in
ordine alla valutazione dei titoli di Rete A,
né aveva riguardato il contenzioso tra questa e
Rete Mia, sicché tali dati, afferendo a vicende che
in varia guisa avevano determinato l’attribuzione d’un
punteggio più alto alla controinteressata, si sono
consolidati in capo alla ricorrente che non poteva,
quindi, farli valere innanzi allo stesso TAR.
Tardiva è stata, inoltre,
reputata l’impugnazione attorea perché rivolta nei
confronti d’un provvedimento rilasciato il 21 luglio
2004, della cui piena conoscenza la ricorrente,
operatore qualificato in un mercato estremamente
ristretto, non poteva asserire d’essersi avveduta
solo dopo molto tempo, la controinteressata operando,
in concreto, pleno jure, in quel medesimo mercato e,
soprattutto, su quello stesso posto cui Centro Europa
7 ha sempre ambito.
5) – La sentenza è qui
appellata da Centro Europa 7 con un duplice appello,
il secondo dei quali (n. 10103/2007) è, come si
ripete, meramente reiterativo dell’altro (n.
9258/2007), salvo, come sopra precisato, per ciò che
attiene all’intestazione.
Anzitutto, l’appellante
deduce l’erroneità della sentenza nella parte in
cui è stata dichiarata l’inammissibilità del
ricorso di primo grado in quanto azionato con ricorso
ordinario anziché per esecuzione del giudicato
innanzi al Consiglio di Stato, connessa ad elusione o
violazione del giudicato stesso, le varie censure
formulate con il ricorso introduttivo (salvo, a tutto
concedere, la prima) non potendo essere riguardate –
sempre ad avviso della deducente – quali doglianze
traenti spunto dalla violazione del giudicato
medesimo, esse trovando fondamento in violazioni di
legge e nelle figure dell’eccesso di potere
enunciate nei singoli motivi; con la conseguenza che,
tenendo conto degli effettivi contenuti delle censure
svolte, non avrebbe potuto essere denegata la loro
ammissibilità, ciò specie tenendo conto della
labilità dei confini che, in un caso quale quello di
specie e in considerazione delle motivazioni
addotte dalla P.A. a supporto del proprio operato,
separano l’azione ordinaria da quella di esecuzione
del giudicato.
L’appellante ribadisce, poi,
le singole censure di primo grado e insiste,
anzitutto, sull’erroneità dell’operato della
Commissione che non avrebbe tenuto conto dell’esigenza
per la P.A., imposta dalla decisione n. 3133/2001, di
operare un nuovo specifico apprezzamento in merito all’autofinanziamento,
senza poter semplicemente ribadire quanto già oggetto
del giudizio precedente, conclusosi con la decisione
stessa; in particolare, questo Consiglio avrebbe
ritenuto che entrambe le statuizioni (quella sul
capitale sociale e quella sull’autofinanziamento)
non lasciassero all’Amministrazione un’attività
totalmente vincolata, poiché il punteggio da
attribuire a 7 Plus, a seguito del decisum, sarebbe
rimasto rimesso alle valutazioni e comparazioni che la
Commissione avrebbe dovuto svolgere nell’esercizio
dei suoi residui poteri.
Il giudizio espresso dalla
Commissione sarebbe, comunque, intrinsecamente
contraddittorio in quanto con lo stesso si sarebbe, da
un lato, posta in rilievo l’indipendenza tra
giudizio espresso con riferimento al capitale sociale
e quello concernente l’autofinanziamento per poi,
nel prosieguo della motivazione, far dipendere
nuovamente il giudizio espresso sul secondo da quello
concernente il primo e pervenire, in definitiva, allo
stesso giudizio negativo già oggetto del giudizio
conclusosi con la decisione di questa Sezione n.
3133/2001.
Nel merito, comunque, il
giudizio espresso dalla Commissione sarebbe errato in
quanto l’art. 4 del Disciplinare non avrebbe
attribuito ad essa il compito di giudicare circa la
credibilità o meno degli impegni assunti, ma solo di
ridurre il punteggio nell’ipotesi di incoerenza dei
dati dichiarati, ovvero di non assegnarlo in caso di
contraddittorietà degli stessi; e nessuna di tali due
ipotesi sarebbe, nella specie, riconoscibile; in ogni
caso, non sarebbe dato comprendere per quali motivi la
“non credibilità” dei dati relativi all’autofinanziamento
poggi sul semplice carattere di “persone fisiche”
dei soci (soci che debbono essere sempre
individuabili); e, inoltre, si tratterebbe delle
stesse due “persone fisiche” che avrebbero
contribuito anche all’autofinanziamento con riguardo
alla domanda dell’emittente Europa 7, ma, in tal
caso, non si è in alcun modo dubitato, da parte della
Commissione, della bontà della domanda stessa (salvo
ridurre percentualmente il punteggio per altri
motivi), supportata da identiche lettere di patronage
del medesimo istituto bancario che aveva garantito 7
Plus; donde, in definitiva, la contraddittorietà dei
giudizi così espressi e l’ingiustificata disparità
di trattamento in essi riconoscibile.
Inoltre, la Commissione
neppure avrebbe indicato quale avrebbe dovuto essere
la documentazione sufficiente, specifica ed adeguata
in forza della quale i detti soci avrebbero potuto
dimostrare la propria capacità finanziaria, la lex
specialis disciplinante la procedura parlando
semplicemente di “adeguata documentazione”; con la
conseguenza che, nell’incertezza del dato, la
Commissione avrebbe dovuto, quanto, meno, consentire l’integrazione
della domanda con gli elementi dalla stessa ritenuti
utili, ciò anche tenuto conto del favor
partecipationis; integrazione, del resto, consentita,
sotto taluni profili, ad altre emittenti, ciò che
conforterebbe, sotto ulteriore profilo, il vizio di
ingiustificata disparità di trattamento.
E, si aggiunge da parte dell’appellante,
se la domanda relativa all’emittente 7 Plus fosse
stata correttamente valutata tenendo conto del dato
relativo all’autofinanziamento, la stessa si sarebbe
collocata in graduatoria in posizione utile, in quanto
le sarebbero stati assegnati punteggi anche con
riguardo alle voci relative agli investimenti
tecnologici, a quelli destinati all’acquisto e alla
produzione di programmi audiovisivi e quelli relativi
al piano dell’occupazione che, invece, non le sono
stati assegnati sempre in considerazione dell’inadeguato
e non credibile – per la Commissione –
autofinanziamento.
Infine, si deduce l’illegittimità
della mancata assegnazione dell’ottava concessione a
favore di 7 Plus dal momento che le domande di Rete
Mia e di Rete A erano state rigettate e che la
pendenza di ricorsi avverso i rispettivi provvedimenti
reiettivi non avrebbe inibito il rilascio della
concessione a favore della stessa 7 Plus che, tolte le
due dette contendenti, sarebbe andata, almeno al
momento, a collocarsi all’ottavo posto della
graduatoria e, quindi, in posizione utile al
conseguimento del titolo di cui si discute; e, si
aggiunge, lungi dall’essere superato dal successivo
rilascio di “autorizzazione” (impugnata con motivi
aggiunti) a favore di Rete A, il motivo di ricorso
confermerebbe l’atteggiamento punitivo e
discriminatorio adottato nei riguardi della deducente.
6) – Questa passa, poi, a
contestare la sentenza appellata nella parte in cui ha
ritenuto inammissibili i motivi aggiunti proposti
avverso il decreto ministeriale in data 21 luglio 2004
di rilascio a Rete A della “autorizzazione a
svolgere l’attività di radiodiffusione televisiva
nazionale su frequenze terrestri in tecnica analogica
a carattere commerciale, esercitabile con le stesse
posizioni giuridiche e obblighi dei concessionari
televisivi privati in ambito nazionale”.
Anzitutto, detti motivi
sarebbero stati pienamente ammissibili in quanto l’interesse
all’impugnativa dei punteggi assegnati a Rete A
sarebbe insorto solo nel momento in cui, nel 2004, l’Amministrazione,
rivalutandone la posizione all’esito di altro
giudicato amministrativo (decisione n. 1246/2004 di
questa sezione) ha ritenuto di riconfermarne i
punteggi assegnati nel 1999, senza tenere conto del
fatto che, accogliendo l’istanza di riesame della
stessa Rete A, non avrebbero dovuto più esserle
assegnati punteggi rilevanti correlati a rapporti
contrattuali ritenuti inefficaci, per i quali, però,
è rimasta contraddittoriamente ferma l’attribuzione
di punteggio anche nel 2004.
Quanto alla ritenuta
conoscenza del provvedimento impugnato da data di
molto anteriore rispetto a quella di proposizione del
gravame, difetterebbe, in realtà, ogni elemento di
certezza sul punto, tanto più che l’interessata non
sarebbe mai stata posta in grado, se non
casualmente, di conoscere del rilascio dell’autorizzazione
in parola, la cui preventiva conoscenza da parte della
medesima neppure sarebbe stata provata dalle
controparti (né valendo, in contrario, il richiamo ad
un articolo al riguardo comparso sulla stampa
quotidiana).
Passando al merito della
censure di primo grado, qui ribadite, insiste, l’appellante,
per l’accoglimento di quella relativa alla
illegittima e ingiustificata mancata comunicazione
dell’avvio del procedimento, certamente doverosa
anche tenuto conto di quanto precisato dallo stesso
Ministero nel citato provvedimento negativo del 21
dicembre 2001.
Con il secondo motivo lamenta,
poi, l’appellante lo sperequato trattamento ad essa
riservato con il ripetuto provvedimento del 21
dicembre 2001 rispetto a quello favorevole riservato a
Rete A con l’impugnato provvedimento del 21 luglio
2004, trattandosi di posizioni speculari, alle quali
sarebbe stato riservato un ingiustificato trattamento
di segno opposto.
L’atto impugnato, inoltre,
sarebbe illegittimo anche perché del tutto difforme
dalla disciplina normativa di settore, non essendo, in
base a questa, configurabile una “autorizzazione”
per l’assegnazione di frequenze analogiche; il
Ministero, in effetti, non avrebbe assegnato né un’autorizzazione
per fornitore di contenuti nelle trasmissioni digitali
o una licenza per operatore di rete digitale (come
avrebbe dovuto fare se avesse inteso conformarsi alla
legge n. 112/2004), né una concessione per
trasmissioni in tecnica analogica, conforme alla
disciplina previgente, bensì ha rilasciato un titolo
da nessuna norma previsto e, precisamente, un’autorizzazione
per trasmissioni in tecnica analogica, caratterizzata
dalle stesse posizioni e obblighi dei concessionari
privati in ambito nazionale; vero è, invece, ad
avviso dell’appellante, che il Ministero sarebbe
tuttora obbligato a concludere il procedimento avviato
nel 1999 con il rilascio dell’ottava concessione e
che sarebbe, inoltre, tenuto ad adempiere agli
obblighi assunti con le concessioni rilasciate e
rilasciande e, in primo luogo, all’obbligo di
assegnare frequenze pianificate idonee a diffondere il
segnale televisivo nell’80% del territorio nazionale
e in tutti i capoluoghi di provincia; sul punto, le
modificazioni introdotte dalla legge n. 112/2004 si
rivelerebbero, in effetti, del tutto neutre o, in
diversa prospettiva, addirittura illegittime per
contrasto con la normativa comunitaria, oltre
che con gli articoli 3, 21, 41 e 97 Cost.
Con il quarto motivo
aggiunto di primo grado, qui ribadito, assume l’appellante
che il Ministero avrebbe dovuto, comunque, respingere
la domanda di Rete A sulla base delle stesse
giustificazioni da essa addotte a sostegno dell’assenza
di ogni controllo extracomunitario sull’emittente,
anche a prescindere da ogni ulteriore accertamento
sulla ricorrenza di un controllo siffatto; per
escludere tale controllo detta emittente ha dovuto,
infatti, dare atto dell’inefficacia di taluni
contratti la cui concreta considerazione avrebbe
costituito, invece, oggetto di assegnazione di
rilevanti punteggi che, peraltro, non sarebbero stati
espunti da quelli assegnati alla medesima Rete A
(espunzione di punteggi che avrebbe dovuto fare
logicamente seguito al venir meno dei presupposti
finanziari ed organizzativi sui quali la Commissione
ministeriale aveva valutato le domande di detta rete
ai sensi dell’art. 3 del disciplinare di gara).
Da tutto quanto precede
discenderebbe, inoltre, l’ingiustificata disparità
di trattamento tra la ricorrente (che, per le
inconsistenti motivazioni inerenti all’autofinanziamento,
si è vista privata dei punteggi relativi a molteplici
voci di valutazione, per complessivi, potenziali, 280
punti) e Rete A (che non ha visto in alcuna misura
modificati i punteggi assegnatile, sebbene abbia
dovuto rinunciare a contratti che sarebbero, a suo
tempo, risultati risolutivi in sede di assegnazione di
sostanziosi punteggi in suo favore).
L’appellante ribadisce, poi,
anche il quinto motivo aggiunto, con il quale aveva
lamentato il fatto che la valutazione in merito al
controllo extracomunitario non sarebbe stata
effettuata da A.G.Com., bensì, illegittimamente, dal
Ministero.
La stessa lamenta, poi, nel
ribadire il sesto motivo aggiunto, il fatto che l’amministrazione,
nel ripronunciarsi sulla posizione di Rete A in merito
al controllo extracomunitario, avrebbe operato un
nuovo, radicale esame della posizione della stessa
(conseguente all’annullamento, operato dal giudice
amministrativo solo per motivi formali –
incompetenza del Ministro in luogo del Dirigente,
giusta sentenza del TAR del Lazio n. 253 del 2003 –
delle precedenti operazioni valutative seguite dalla
sospensione della procedura), senza adeguata
istruttoria e senza dare correttamente conto delle
ragioni che hanno indotto la stessa P.A. a travolgere
in termini radicali i precedenti apprezzamenti; in
ogni caso, anche se la ricostruzione operata da Rete A
e accolta dal Ministero fosse accettabile, non di meno
i contratti di cui si tratta sarebbero rimasti
efficaci per un periodo sufficiente, tenuto conto dei
tempi procedimentali, a suffragare l’esistenza del
contestato controllo extracomunitario per un periodo
che, se debitamente considerato, avrebbe dovuto,
comunque, indurre a non accogliere la domanda
dalla stessa Rete A avanzata; inoltre, il giudizio
sulla posizione di quest’ultima avrebbe dovuto
essere, comunque, operato sulla base degli elementi
dalla stessa originariamente offerti e non sulla base
di atti e considerazioni acquisiti solo in sede di
esecuzione del giudicato amministrativo (ciò che,
invece, non sarebbe stato specularmene fatto a favore
dell’odierna appellante).
Infine, la deducente insiste
sulle richieste risarcitorie avanzate in sede di
proposizione dei motivi aggiunti.
7) – Si è costituito in
entrambi i giudizi il Ministero delle Comunicazioni
che insiste, in memoria, per il rigetto dell’appello
e la conferma della sentenza impugnata.
Si è anche costituita,
resistendo nei due appelli, la società Rete A s.p.a.
(già Rete A s.r.l.).
Si è, infine, costituita in
entrambi gli appelli anche la società R.T.I. – Reti
Televisive Italiane s.p.a. – che ne eccepisce l’inammissibilità
e insiste, comunque, per la loro infondatezza.
Con memorie conclusionali –
peraltro, depositate oltre il termine ordinario - le
parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
8) – Con il ricorso n.
804/2008 viene chiesta, infine, dalla medesima Centro
Europa 7, l’esecuzione del giudicato di cui alla
decisione della Sezione n. 3133/2007, deducendosi, in
particolare, che l’Amministrazione, nel dare
esecuzione, con il citato decreto in data 21 dicembre
2001, alla decisione stessa, ne avrebbe eluso e/o
violato i contenuti, adducendo motivazioni
contraddittorie e contrastanti manifestamente con il
giudicato stesso, in particolare, per ciò che attiene
ai dati relativi all’autofinanziamento; affermare,
infatti, come ha fatto la Commissione, che l’impegno
di finanziamento assunto dai soci non avrebbe potuto
supplire alla carenza di capitale minimo prescritto e
che restava del tutto indimostrata la capacità di
finanziare i futuri investimenti poiché l’intero
capitale sociale sarebbe stato utilizzato per l’emittente
Europa 7, significherebbe, anzitutto, riproporre –
sotto altre spoglie – la stessa motivazione
annullata dal Consiglio di Stato, non potendosi fare
commistioni tra capitale minimo versato e impegno di
finanziamento.
La deducente ribadisce, poi,
la censura di intrinseca contraddittorietà dell’operato
della Commissione (che, con riguardo all’emittente
Europa 7, avrebbe ritenuto pienamente valida una del
tutto analoga modalità di autofinanziamento).
Una volta riconosciuta la
validità dell’autofinanziamento, la Commissione
sarebbe, poi, tenuta, per la deducente, ad assegnarle
anche i punteggi relativi ad altre voci (investimenti
tecnologici etc.) per i quali la ritenuta non
credibilità dell’autofinanziamento avrebbe pure
comportato la mancata attribuzione di punteggio;
donde l’esigenza di operare nuovamente una
siffatta valutazione assegnando alla stessa ricorrente
il punteggio complessivo che le dovrebbe competere e
che dovrebbe consentirne la collocazione in posizione
utile all’acquisizione dell’ottava concessione.
Osserva, infine, per
completezza, la ricorrente che la società Rete Mia
sarebbe stata, recentemente, acquisita dal gruppo
Mediaset il quale (con il nome di Media Shopping
s.p.a.) l’avrebbe, ora, trasformata da rete
analogica in digitale, con cessazione delle
trasmissioni analogiche.
In questo giudizio si sono
costituiti il Ministero delle Comunicazioni e l’Autorità
per le Garanzie nelle Comunicazioni.
Si sono, inoltre, costituite
le società Rete A s.p.a. (già Rete A s.r.l.), R.T.I.
- Reti Televisive Italiane s.p.a. - e T.B.S. -
Television Broadcasting System s.p.a.
Con memorie conclusionali –
pure depositate dopo la scadenza del termine ordinario
- le parti ribadiscono i rispettivi assunti difensivi.
Considerato in diritto
1) – Con la sentenza n.
7147/2007 qui impugnata con gli appelli nn. 9258/2007
e 10103/2007 il TAR ha dichiarato inammissibile il
ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento:
A) – quanto al ricorso
introduttivo:
- del decreto in data 21
dicembre 2001 con il quale il Ministero intimato,
Direzione Generale Concessioni ed Autorizzazioni, ha
recepito la graduatoria definitiva rideterminata,
in data 15 ottobre 2001 (in esecuzione della decisione
del Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 3133 del 12
giugno 2001), dalla Commissione per la valutazione e
la comparazione delle domande di concessione per la
radiodiffusione televisiva su frequenze terrestri,
nelle parti in cui attribuiva alla ricorrente solo
punti 183,4 e nella parte in cui subordinava il
rilascio della concessione alla soluzione del
contenzioso in essere tra l’amministrazione stessa e
le emittenti Rete Mia e Rete A;
– d’ogni altro atto
presupposto e, in particolare, di detta graduatoria,
nonché, all’occorrenza, della mancata o inadeguata
applicazione dei punteggi per i profili indicati all’art.
3, c. 3, lett. b), c) e d) del bando (decreto
ministeriale 8 marzo 1999, recante il “disciplinare
per il rilascio delle concessioni per la
radiodiffusione privata televisiva su frequenze
terrestri, in ambito nazionale”);
B) – quanto ai motivi
aggiunti:
- del decreto in data 21
luglio 2004 con cui il Ministero intimato ha
rilasciato a Rete A l’autorizzazione a svolgere “l’attività
di radiodiffusione televisiva nazionale su frequenze
terrestri in tecnica analogica a carattere
commerciale, esercitabile con le stesse posizioni
giuridiche e obblighi dei concessionari televisivi
privati in ambito nazionale”.
La sentenza è appellata dall’originaria
ricorrente (appello n. 9258/2007) che ne contesta i
contenuti sotto tutti i profili e insiste perché, in
riforma della stessa, vengano accolti l’originario
ricorso e i successivi motivi aggiunti, con il
conseguente annullamento degli atti impugnati in primo
grado.
Con il secondo degli appelli
in esame (n. 10103/2007) la stessa appellante impugna,
con uguali censure, la sentenza medesima nei confronti
delle stesse parti; tale impugnativa, come premesso in
fatto, risulta proposta a correzione di un errore
materiale contenuto nell’intestazione dell’appello
n. 9258/2007 ora detto, in cui viene riportato, quale
nominativo dell’appellante, quello della società
Centro Europa s.r.l., anziché quello, corretto, di
Centro Europa 7 s.r.l..
Con altro ricorso (n.
804/2008) la stessa Centro Europa 7 chiede la corretta
esecuzione del giudicato di cui alla decisione della
Sezione n. 3133 del 12 giugno 2001.
I primi due appelli vanno
riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza;
per connessione soggettiva e oggettiva va ad essi
riunito anche il ricorso per esecuzione del giudicato
n. 804/2008, trattato, in pari data, in camera di
consiglio, involgendo esso l’esame di talune delle
stesse questioni svolte negli appelli ora detti (con
particolare riguardo alla ritenuta violazione e/o
elusione del giudicato di cui alla decisione della
sezione n. 3133/2001).
2) - Ciò premesso, va
dichiarato inammissibile (trattandosi di un mero bis
in idem) l’appello n. 10103/2007, in quanto
meramente reiterativo di quello n. 9258/2007; vero
che quest’ultimo è affetto da un errore
materiale nell’intestazione, ma dal contesto del
ricorso e dal mandato a margine in esso contenuto
risulta con chiarezza ed univocità quale fosse l’esatto
nominativo del soggetto appellante (Centro Europa 7
s.r.l.).
3) – Passando al merito dell’appello
n. 9258/2007, vanno, anzitutto, esaminate le censure
che si appuntano avverso la declaratoria di
inammissibilità, da parte del TAR, del ricorso
introduttivo di primo grado, correlata al fatto che
esso avrebbe dovuto essere proposto con azione di
ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato, oggetto
del contendere essendo l’asserita violazione e/o
elusione del giudicato di cui alla decisione di questa
Sezione n. 3133 del 2001 (donde la competenza
funzionale del Consiglio stesso ai sensi dell’art.
37 della legge n. 1034 del 6 dicembre 1971).
Al riguardo deduce, l’appellante,
l’erroneità, sul punto, della sentenza in quanto le
varie censure formulate con il ricorso introduttivo
(salvo, a tutto concedere, la prima) non avrebbero
potuto essere riguardate quali doglianze traenti
spunto dalla violazione del giudicato medesimo, esse
trovando fondamento in situazioni di violazione di
legge e nelle figure dell’eccesso di potere
enunciate nei singoli motivi; con la conseguenza che,
tenendo conto degli effettivi contenuti delle censure
in parola, non avrebbe potuto essere denegata la loro
ammissibilità, ciò in considerazione della labilità
dei confini che, in un caso quale quello di specie e
stanti le motivazioni addotte dalla P.A. a
supporto del proprio operato, separerebbero l’azione
ordinaria da quella di esecuzione del giudicato.
Ritiene la Sezione che tale
motivo d’appello sia da condividere.
Premesso che il provvedimento
impugnato non è stato adottato in sede di giudizio d’ottemperanza
al giudicato, ma direttamente e spontaneamente ai fini
dell’esecuzione del giudicato di cui alla decisione
anzidetta (senza interposizione, quindi, del giudice
dell’ottemperanza), va rilevato, in linea generale,
che l’atto emanato dall’amministrazione dopo l’annullamento
giurisdizionale può essere considerato adottato in
violazione o in elusione del giudicato solo quando da
esso derivi un obbligo talmente puntuale che
l'ottemperanza ad esso si concreta nell'adozione di un
atto il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, è
integralmente desumibile dalla sentenza (cfr.
Sezione IV, 4 ottobre 2007, n. 5188).
Nella specie, la decisione di
cui si assume l’elusione o violazione era nei
seguenti termini: “smentito per tabulas è l’ulteriore
rilievo dei resistenti (inteso anche a contestare l’interesse
all’impugnazione) secondo cui l’attuale appellante
non avrebbe proposto impugnazione, in primo grado,
avverso la graduatoria. A parte la considerazione che
la stessa sentenza appellata ne dà atto nell’intestazione
e che il contraddittorio è stato correttamente
instaurato nei confronti dei controinteressati, si
rileva che i ricorsi, di primo che di secondo grado,
pongono in discussione l’erronea valutazione della
garanzia di finanziamento per 35 miliardi, prestata da
due dei soci, quale elemento integrativo del requisito
di ammissione alla procedura, quando al contrario era
stato addotto come indice della potenzialità
produttiva, ossia del possesso di mezzi adeguati per
produzioni diversificate e di ciò specificamente si
occupa il giudice di primo grado, incorrendo – come
denunciato dal ricorrente – nel medesimo equivoco
dell’autorità procedente. In definitiva, pertanto,
anche tale eccezione deve essere disattesa, essendo
interesse della ricorrente, una volta accertata la
sussistenza del requisito di base, che la domanda
venga presa in considerazione e valutata con
riferimento alla potenzialità derivante dall’impegno
di finanziamento sopra ricordato”; la decisione
precisava, poi, nel merito, che “l’interpretazione
del combinato disposto dell’art. 16 della L. 6
agosto 1990 n. 223 e dell’art. 6 del regolamento di
cui alla deliberazione n. 78/98 dell’Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni deve essere, pertanto,
nel senso che il requisito di ammissione, consistente
nella titolarità di un capitale sociale minimo di 12
miliardi interamente versato, è un requisito unico ed
unitario, riferito alla società richiedente, in
quanto tale, indipendentemente dal numero delle
concessioni richieste”.
Sulla base di tali indicazioni
- contenute nella ripetuta decisione n. 3133/2001 -
deve escludersi, in effetti, che dalla stessa
derivasse un obbligo così puntuale che l'ottemperanza
ad esso potesse concretarsi nell'adozione di un atto
il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, fosse
integralmente desumibile dalla decisione medesima; al
contrario, questa affrontava – quanto al merito del
gravame – solo la questione inerente al “capitale
sociale minimo”, mentre non affrontava,
puntualmente, alcun altro ulteriore aspetto di merito,
limitandosi solo genericamente ad osservare che “interesse
della ricorrente, una volta accertata la sussistenza
del requisito di base”, era che la domanda venisse
“presa in considerazione e valutata con riferimento
alla potenzialità derivante dall’impegno di
finanziamento sopra ricordato”.
Tale essendo la situazione
connessa al giudicato, è da ritenere che questo non
imponesse alla P.A. un comportamento preciso e
puntuale, scevro da ogni possibile opzione
interpretativa, ma che rimettesse all’amministrazione
medesima di determinarsi in ordine alle modalità da
seguire ai fini della riapertura e della conclusione
del procedimento; con la conseguenza che tutte le
censure svolte avverso il provvedimento di riesame
della posizione della società ricorrente conseguente
alla spontanea esecuzione del giudicato correttamente
sono state proposte innanzi al TAR anziché (come,
invece, erroneamente ritenuto dai primi giudici) in
sede di esecuzione del giudicato innanzi a questo
Consiglio.
La conseguente ammissibilità
del ricorso introduttivo di primo grado induce,
quindi, all’esame delle censure con esso svolte e
non esaminate dal TAR e, al contempo, all’inammissibilità
del ricorso per esecuzione del giudicato n. 804/2008
in quanto vertente su questioni riservate, per le
ragioni anzidette, all’ordinario giudizio di merito.
4) – Le censure svolte con
il ricorso introduttivo di primo grado non appaiono,
peraltro, condivisibili.
La Commissione per la
valutazione e la comparazione delle domande di
concessione per la radiodiffusione televisiva su
frequenze terrestri in ambito nazionale e locale,
infatti, nel rideterminarsi sull’istanza dell’odierna
deducente, ha scisso, questa volta, il dato relativo
al “capitale sociale minimo” da quello concernente
l’autofinanziamento; ha, quindi, assegnato il
punteggio relativo alla prima di dette voci (punteggio
correlabile all’importo di capitale sociale
eccedente quello minimo di £. 12.000.000.000) e, non
essendovi stata censura, nel ricorso innanzi al TAR
conclusosi con la sentenza riformata dalla decisione
n. 3133/2001 cit., nei riguardi della considerazione
(presente nel verbale della Commissione del 26 luglio
1999, cui ha fatto seguito l’impugnato provvedimento
di diniego concessorio) secondo il quale non appariva
“credibile il dato relativo all’autofinanziamento,
che si fonda sulla capacità dei soci di finanziare l’emittente
per lit. 35.000.000.000. senza che sia fornita
adeguata documentazione comprovante tale effettiva
capacità dei soci, entrambi persone fisiche e non
considerando sufficiente, per la sua genericità, la
dichiarazione della Banca Unipol circa la consistenza
del patrimonio dei suddetti soci”, si è
determinata, come meglio ora si dirà, a non assegnare
punteggio alla voce in questione e a quelle ad essa
ritenute strettamente correlate.
Coerentemente, in particolare,
nell’esaminare il dato relativo all’autofinanziamento
(e, più in particolare, come richiesto dalla
disciplina di gara, alla “capacità di
autofinanziamento nell’arco temporale di durata
della concessione, adeguatamente documentata”, per
la quale era previsto, dall’art. 3, comma 2, lettera
B, del decreto ministeriale 8 marzo 1999, recante il
“disciplinare per il rilascio delle concessioni per
la radiodiffusione privata televisiva su frequenze
terrestri, in ambito nazionale”, un punteggio fino a
40 punti), la Commissione, dopo avere integrato il
punteggio di 7 Plus relativo al capitale sociale, ha
ritenuto di non discostarsi - in quanto in tal senso
non la vincolava il giudice amministrativo che, sul
punto, non era stato chiamato a pronunciarsi – dal
proprio precedente giudizio negativo che si è
limitata, in effetti, semplicemente e logicamente a
reiterare, stante ogni mancanza di impugnativa al
riguardo.
Il giudizio relativo all’autofinanziamento
si è, poi, logicamente riflesso – nelle inoppugnate,
sul punto, determinazioni del 1999 - anche sui giudizi
relativi alle lettere C e D della norma appena
citata, concernenti, rispettivamente, il punteggio per
gli “investimenti tecnologici previsti nel piano di
massima economico finanziario nell'arco di durata
temporale della concessione” (fino a 60 punti) e
quello per gli “investimenti destinati all'acquisto
e alla produzione di programmi audiovisivi, compresi i
film, i programmi specificamente rivolti ai minori, le
produzioni europee, comprese quelle dei produttori
indipendenti”; in relazione a tali voci la
Commissione, nel citato verbale del 26 luglio 1999,
aveva, in particolare ritenuto di non attribuire
punteggio alla emittente 7 Plus non avendo ritenuto
credibile il dato relativo a dette forme di
investimenti sempre a cagione dell’incerta capacità
di finanziamento dell’emittente.
Le stesse considerazioni sono
state, poi, svolte dalla Commissione anche con
riguardo alla voce relativa al personale dipendente
giusta art. 3, comma 3, del ripetuto disciplinare (sul
punto, è rilevabile un mero lapsus calami della
Commissione che, in proposito, anziché riferirsi al
personale, si è riferita nuovamente agli investimenti
destinati all’acquisto e produzione di programmi).
In definitiva, essendo rimasto
logicamente fermo il giudizio negativo relativo all’autofinanziamento,
coerentemente sono rimasti fermi, in sede di riesame,
anche quelli relativi alle voci ora dette, per le
quali pure, nel precedente giudizio, non erano state
formulate apposite, specifiche censure (né la
deducente ha censurato la rilevata stretta
interdipendenza tra punteggi relativi alla voce
autofinanziamento e quelli ulteriori di cui si è
detto).
Ad ogni buon conto, è da
rilevare che il giudizio espresso dalla Commissione in
termini di non credibilità della domanda con
riferimento all’autofinanziamento (con le
conseguenze a cascata di cui si è appena detto) non
appare manifestamente illogico, dal momento che a pag.
50 della domanda di 7 Plus (che non poteva fruire
della fonte di finanziamento relativa al capitale
sociale, riservata espressamente alla sola altra
emittente Europa 7) era affermato soltanto che era
stato previsionalmente stanziato un finanziamento dei
soci per £. 35.000.000.000, necessario all’avvio
dell’attività per l’esercizio in ambito nazionale
e che la capacità di autofinanziamento societario era
documentata dalla dichiarazione bancaria allegata alla
domanda stessa, “comprovante la solidità
patrimoniale dei soci per far fronte al finanziamento
previsto nel caso di ottenimento della
concessione.....”.
Quanto alla dichiarazione
bancaria ora detta, essa – presente in atti e
indirizzata direttamente al solo socio principale di
Centro Europa 7 s.r.l., sig. Francescantonio Di
Stefano (che avrebbe contribuito al predetto
autofinanziamento nella misura percentuale del 98%,
corrispondente alla sua quota di partecipazione al
capitale sociale della società ora detta, mentre il
rimanente 2% faceva capo all’altro socio, sig.ra
Rita Antonella De Santis) - specificava che “per
quanto di nostra conoscenza il sig. Francescantonio Di
Stefano......per la serietà dimostrata nello
svolgimento della sua attività e prestigio
conseguito, intrattiene con il sistema bancario ottime
relazioni e dispone di rapporti di affidamento di
rilievo. Per quanto riguarda le iniziative
imprenditoriali che a Lui fanno riferimento risultano
ben condotte e organizzate. Il Signor Francescantonio
Di Stefano ha sempre fatto fronte ai propri impegni
con puntualità e la sua condizione patrimoniale è
tale da consentire oggi la concessione di affidamenti
di rilevante importo. Pertanto può adeguatamente
supportare, per professionalità e capacità
finanziaria, i progetti imprenditoriali e/o
industriali delle aziende in cui è interessato come
socio di riferimento”.
Allegata alla domanda era
anche un’altra nota di patronage, pure indirizzata
al solo socio di maggioranza della società anzidetta,
in cui si segnalava che la società stessa risultava
disporre di un’organizzazione efficiente e di mezzi
tecnici e finanziari che consentivano l’assunzione
di impegni di rilievo e che, inoltre, per la serietà
dimostrata nello svolgimento della sua attività ed il
prestigio conseguito, risultava godere di ampia stima
e credito intrattenendo ottime relazioni con gli
Istituti di credito con rapporti di affidamento di
rilievo e che aveva sempre fatto fronte ai propri
impegni con puntualità e regolarità.
Sennonché:
- per ciò che attiene alla
lettera da ultimo detta, essa correttamente non è
stata utilmente apprezzata ai fini di cui si tratta,
concernendo la società Centro Europa 7 s.r.l. il cui
capitale sociale era stato posto a esclusiva
disposizione, quale forma di finanziamento, dell’emittente
Europa 7, sicché coerentemente non ne è stato tenuto
conto ai fini dell’assegnazione di punteggio per l’autofinanziamento
(e voci ad esso collegate) a favore dell’emittente 7
Plus;
- per ciò che attiene all’altra
nota sopra riportata, del pari coerentemente non le è
stato assegnato rilievo significativo per attestare le
capacità di autofinanziamento, in quanto priva di
ogni elemento concreto atto a dare un contenuto circa
l’affidabilità del destinatario della nota stessa
(in termini di entità dei fidi che l’istituto
bancario sarebbe stato disposto a corrispondere in
relazione allo specifico tipo di attività che l’interessato
sarebbe andato a intraprendere ed al preciso quanto
rilevante importo dell’autofinanziamento indicato
nella domanda concessoria, nonché in merito all’autonoma
capacità patrimoniale del medesimo socio, il quale,
del resto, avrebbe disposto di “rapporti di
affidamento di rilievo” senza specificazioni,
peraltro, sulla effettiva entità di tali pregressi
affidamenti, da raccordarsi alla nuova, specifica
iniziativa che il medesimo intendeva intraprendere);
- nessuna indicazione,
infine, le note ora dette recavano riguardo all’altro
socio, Sig.ra De Santis, che pure avrebbe dovuto
assicurare una quota residua di autofinanziamento che,
sebbene più modesta, non era, peraltro, certamente
priva di rilievo (essendo pari a £. 700.000.000),
sicché nessuna garanzia era offerta con riguardo all’affidabilità
e solvibilità del socio medesimo, né riguardo alle
sue concrete risorse personali e patrimoniali.
Ne consegue che appare
manifestamente dotato di sufficiente coerenza il
giudizio di non credibilità espresso nei riguardi
della voce relativa all’autofinanziamento (e, di
conseguenza, anche alle altre voci di cui si è detto,
in quanto tutte poggianti sulla solidità patrimoniale
dell’impresa e sulla oggettiva capacità della
stessa di fare fronte ai rilevanti impegni finanziari
da assumere al riguardo), i dati offerti apparendo non
solo privi della necessaria coerenza, ma anche
intrinsecamente contraddittori, volendo asseverare una
capacità patrimoniale sostanzialmente indimostrata
quanto al socio principale e addirittura priva di ogni
indicazione con riguardo al socio di minoranza; in
tali termini si tratta, in effetti, di una domanda
priva di requisiti ed elementi essenziali e del tutto
inidonea ai sensi dell’art. 7, lettera f), del “Regolamento
per il rilascio delle concessioni per la
radiodiffusione televisiva privata su frequenze
terrestri” che, al riguardo, richiede un “piano di
massima economico-finanziario adeguatamente
documentato per l'intero arco temporale di durata
della concessione”; laddove un piano siffatto non
appare, nella specie, per le ragioni ora dette, in
alcuna misura riconoscibile, donde la correttamente
rilevata non credibilità dell’offerta.
E se è vero che la domanda
relativa all’altra emittente facente capo alla
stessa società è stata, invece, positivamente
valutata con riguardo alle voci di cui si discute,
ciò appare logicamente (e non contraddittoriamente)
riconducibile al fatto che a disposizione di essa (e
solo di essa) era stato posto l’intero importo del
capitale sociale e che ad esso si è rapportata,
essenzialmente, l’assegnazione dei punteggi di cui
si tratta (mentre, rispetto a 7 Plus, ben più
modesto, per questa emittente, era l’importo dell’autofinanziamento
ulteriore), con la conseguenza che non è ravvisabile,
nella specie, alcun contraddittorio o ingiustificato
differente trattamento delle due emittenti da parte
della P.A.
Né, infine, può convenirsi
con l’appellante laddove deduce una sorta di
disparità di trattamento con altre concorrenti,
alle quali sarebbe stato dato modo di chiarire i
contenuti delle rispettive domande, avendo potuto esse
fornire anche taluni elementi integrativi; nel caso di
specie, infatti, la domanda è logicamente apparsa
priva di elementi essenziali e basilari atti a
comprovare il possesso del requisito di sufficiente
solidità finanziaria in questione da parte della
concorrente; carenza che non poteva essere superata
con l’acquisizione di elementi del tutto nuovi
(tanto più che del tutto carenti, come si è visto,
con riguardo ad uno dei soci) se non a rischio di
ledere la par condicio con le altre contendenti, le
quali non hanno dovuto integrare, in termini radicali
e decisivi, le rispettive domande (come, invece,
avrebbe dovuto fare l’originaria ricorrente attese
le carenze riscontrabili nella sua istanza), ma
semplicemente fornire idonei chiarimenti riguardo ad
esse.
È da disattendere, infine,
anche la censura volta a contestare il provvedimento
impugnato nella parte in cui soprassiede all’assegnazione
dell’ottava concessione a favore di 7 Plus a cagione
dei provvedimenti cautelari (21 giugno 2000, n. 5105,
e 8 novembre 2000, n. 9356, del TAR del Lazio; 10
novembre 2000, n. 5735, e 6 marzo 2001, n. 1523, di
questa stessa Sezione) con i quali i giudici
amministrativi - nell’esaminare le domande cautelari
di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti
ministeriali di diniego di concessione alle società
ora dette (del 25 maggio 2000 per Rete Mia e del 20
settembre 2000 per Rete A), hanno accordato le
richieste misure cautelari sospendendo l’efficacia
delle determinazioni ministeriali stesse nelle parti
in cui disponevano la cessazione dell’attività di
radiodiffusione.
Deduce, al riguardo, l’appellante
l’illegittimità della mancata assegnazione dell’ottava
concessione a favore di 7 Plus dal momento che le
domande di Rete Mia e di Rete A erano state rigettate
e che la pendenza di ricorsi avverso i rispettivi
provvedimenti reiettivi non avrebbe potuto inibire il
rilascio in suo favore della concessione dal momento
che, tolte le due dette contendenti, 7 Plus sarebbe
andata, almeno momentaneamente, a collocarsi all’ottavo
posto della graduatoria e, quindi, in posizione utile
al conseguimento, quanto meno in via provvisoria, del
titolo di cui si discute; e, si aggiunge, lungi dall’essere
superato dal successivo rilascio di “autorizzazione”
(impugnata con motivi aggiunti) a favore di Rete A, il
motivo di ricorso confermerebbe l’atteggiamento
punitivo e discriminatorio adottato nei riguardi della
deducente.
Osserva, per contro, il
Collegio che, in presenza dei provvedimenti cautelari
adottati dal giudice amministrativo, che tenevano
ferma, in capo a Rete Mia e Rete A, l’utilizzazione
delle frequenze di cui si tratta (che, secondo l’assunto
dell’appellante, avrebbero potuto esserle assegnate
onde consentirle lo svolgimento dell’attività
correlata al rilascio, ancorché a titolo provvisorio,
della concessione), correttamente e doverosamente il
Ministero, in conformità con il dictum dello stesso
giudice amministrativo, ha tenuto ferma l’utilizzazione
delle frequenze in parola in capo alle due dette
emittenti, anziché assegnarle a 7 Plus che, del
resto, neppure risulta avere mai formalizzato una
specifica richiesta in tal senso, né attivato, al
riguardo, alcuna procedura di silenzio-rifiuto volta
al rilascio delle stesse in suo favore o, quanto meno,
al rilascio di ulteriori frequenze eventualmente
resesi disponibili.
Per le ragioni che precedono
va, quindi, respinto, perché infondato, il ricorso
introduttivo di primo grado.
5) – Vanno, a questo punto,
esaminate le censure che si appuntano avverso il capo
della sentenza in esame con il quale il TAR ha
dichiarato inammissibili i motivi aggiunti proposti
avverso il decreto in data 21 luglio 2004 con cui il
Ministero intimato ha rilasciato alla Rete A l’autorizzazione
a svolgere “l’attività di radiodiffusione
televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica
analogica a carattere commerciale, esercitabile con le
stesse posizioni giuridiche e obblighi dei
concessionari televisivi privati in ambito nazionale”.
Al riguardo il TAR ha colto un
primo profilo d’inammissibilità del gravame nella
circostanza che il giudicato scaturente dalla
decisione n. 3133/2001 nulla aveva detto in ordine
alla valutazione dei titoli di Rete A, né aveva
riguardato il contenzioso tra questa e Rete Mia,
sicché tali dati, afferendo a vicende che in varia
guisa avevano determinato l’attribuzione d’un
punteggio più alto alla controinteressata, si sono
consolidati in capo alla ricorrente che non poteva,
quindi, farli valere innanzi allo stesso TAR.
Deduce, al riguardo, l’appellante
che detti motivi sarebbero stati, invece, pienamente
ammissibili in quanto l’interesse all’impugnativa
dei punteggi assegnati a Rete A sarebbe insorto solo
nel momento in cui, nel 2004, l’Amministrazione,
rivalutandone la posizione all’esito di altro
giudicato amministrativo (decisione n. 1246/2004 di
questa Sezione) ha ritenuto di riconfermarne i
punteggi assegnati nel 1999, senza tenere conto del
fatto che, accogliendo l’istanza di riesame avanzata
dalla stessa Rete A, non avrebbero dovuto più esserle
assegnati punteggi rilevanti correlati a rapporti
contrattuali ritenuti inefficaci, per i quali, però,
è rimasta contraddittoriamente ferma l’attribuzione
di punteggio anche nel 2004.
La censura appare infondata.
Giova rilevare, al riguardo,
che il provvedimento di diniego di concessione in data
21 dicembre 2001, reso nei confronti dell’emittente
7 Plus e di cui si è sopra trattato, recava anche la
specifica indicazione secondo cui la domanda non era
accoglibile, allo stato, a cagione della non utile
posizione dalla medesima conseguita nella graduatoria,
approvata dalla Commissione con verbale del 15 ottobre
2001, ai fini del rilascio dell’ottava concessione;
ma che, ferma rimanendo tale graduatoria, la domanda
stessa avrebbe potuto, in futuro, essere riesaminata
dal Ministero a seguito delle definizione dei ricorsi
giurisdizionali proposti dalla emittenti Rete Mia e
Rete A; dette vicende giudiziarie sono quelle -
riportate al n. 4 che precede - in cui è stata parte,
nei relativi processi, anche Centro Europa 7.
Da tanto consegue che l’odierna
deducente era già pienamente consapevole del
carattere, per la stessa non soprassessorio, ma
immediatamente lesivo, della graduatoria in parola a
far tempo, quanto meno, dalla data di notificazione
del provvedimento del 21 dicembre del 2001, la cui
legittimità è stata confermata per le considerazioni
tutte riportate sempre al n. 4 che precede; tale
provvedimento (adottato in esecuzione del giudicato di
cui alla ripetuta decisione della Sezione n.
3133/2001) lasciava, infatti, inalterata, la
graduatoria stessa ed i punteggi tutti con essa
assegnati, salva la modesta modificazione relativa al
punteggio attribuito alla medesima emittente 7 Plus in
funzione dell’utile valutazione, in suo favore, del
capitale sociale; con la conseguenza che la
graduatoria in parola (e i relativi punteggi) erano da
ritenere immediatamente lesivi per l’interessata,
dal momento che, sebbene le vicende relative alle due
emittenti che più direttamente la precedevano in
graduatoria fossero sub judice, non di meno le
posizioni in graduatoria ad esse assegnate erano,
comunque, tali da inibire, medio tempore, il rilascio
della concessione a favore della stessa emittente 7
Plus che, del resto, come già sopra rilevato,
neppure risulta avere mai formalizzato alcuna
specifica richiesta di rilascio delle frequenze nella
pendenza dei ricorsi giurisdizionali delle due
contendenti, né attivato, al riguardo, alcuna
procedura di silenzio-rifiuto volta al rilascio delle
stesse in suo favore o, quanto meno, al rilascio di
ulteriori frequenze eventualmente resesi disponibili.
Da tanto consegue che,
contrariamente all’assunto dell’appellante, la
stessa, in effetti, già al momento del ricevimento
del provvedimento del 21 dicembre 2001 era in grado di
percepire con immediatezza l’effetto direttamente
lesivo nei suoi confronti della graduatoria e relativi
punteggi, questi inibendole, secondo quanto
chiaramente era dato desumere dal contenuto del
provvedimento che le denegava il rilascio della
concessione, di fruire con immediatezza della stessa.
Poiché, quindi, il
provvedimento di diniego concessorio del 21 dicembre
2001 era intimamente e direttamente correlato e
conseguente alla graduatoria già redatta dalla
Commissione il 15 ottobre 2001 (che assegnava alla
deducente una posizione deteriore rispetto a quella
delle predette concorrenti), ne discende che i
relativi punteggi avrebbero potuto e dovuto essere
impugnati già all’epoca della loro conoscenza, in
quanto, comunque, immediatamente lesivi, giusta i
contenuti del predetto provvedimento negativo.
6) - Deduce l’appellante che
l’operato dell’amministrazione sarebbe, comunque,
illegittimo in quanto, se anche il nuovo, modificato
giudizio fosse da ritenere corretto, non di meno l’azione
amministrativa sarebbe giuridicamente criticabile in
quanto, per pervenire ad escludere il controllo
extracomunitario, il dirigente avrebbe dovuto
riconoscere l’inefficacia di tre contratti tra la
stessa Rete A e le società che avrebbero esercitato
tale controllo; contratti il cui rilevante importo
avrebbe inciso, in effetti, sulla stessa graduatoria
in quanto, sottraendo da essa i punteggi correlabili
ai contratti medesimi, la posizione in graduatoria
della stessa Rete A sarebbe stata ridimensionata, a
tutto vantaggio dell’odierna appellante.
In ogni caso, gli
apprezzamenti operati dal dirigente volti ad escludere
il contestato controllo extracomunitario sarebbero del
tutto censurabili, contenendo una ricostruzione
edulcorata ed eccessivamente benevola nei riguardi di
Rete A in ordine alla complessa disciplina
contrattuale che la legava con società controllate da
soggetti non comunitari.
Al riguardo va osservato che l’appellante,
essendo parte in causa nei giudizi di cui si è detto
e, in particolare, in quello radicato da Rete A per l’annullamento
del provvedimento del 20 settembre 2000 che le
denegava l’accoglimento della domanda di concessione
per la sussistenza del controllo extracomunitario, era
anche certamente a conoscenza dei contenuti del
provvedimento stesso; essa, pertanto, non si sarebbe
potuta sottrarre all’onere di impugnare i punteggi
espressi dalla Commissione a favore di Rete A nel
momento stesso in cui, con il ripetuto provvedimento
del 21 dicembre 2001, tali punteggi hanno finito per
costituire, in effetti, l’essenziale presupposto
logico della mancata, immediata assegnazione della
concessione in suo favore; il fatto che a Rete A fosse
stato assegnato un più elevato punteggio ha, infatti,
consentito alla medesima – in pendenza dei ricorsi
dalla stessa proposti avverso il provvedimento
soprassessorio del 28 luglio 1999 e di quello negativo
definitivo del 20 settembre 2000 – di continuare ad
esercire gli impianti a seguito delle misure cautelari
adottate dal giudice amministrativo.
E l’impugnativa di tali
punteggi ben avrebbe potuto e dovuto intervenire con
immediatezza proprio in relazione al fatto che, come
emergeva con chiarezza dal diniego del 20 settembre
2000, i contratti che lasciavano emergere il controllo
extracomunitario non avrebbero potuto, in effetti,
neppure costituire oggetto di utile valutazione e
assegnazione di punteggio, non legittimando – in
ipotesi - la partecipazione della concorrente Rete A
alla procedura concorsuale.
Non avendo impugnato, quindi,
la graduatoria, per i motivi ora detti e in quanto
immediatamente lesiva, nei termini decorrenti, al più
tardi, dal ricevimento del provvedimento di diniego
del 21 dicembre 2001, non poteva, poi, la deducente
proporre l’impugnativa della graduatoria stessa e
dei punteggi ivi assegnati nel momento in cui essa è
stata tenuta espressamente ferma e riutilizzata dal
dirigente nel provvedimento del 21 luglio 2004,
favorevole a Rete A; Centro Europa 7 non poteva più,
infatti, far valere l’invalidità dei punteggi
assegnati alla medesima Rete A facendo riferimento
alla sussistenza del controllo extracomunitario che
avrebbe caratterizzato taluni fondamentali contratti
posti da tale emittente a supporto della sua domanda.
E tali censure non poteva
svolgere neppure per contrastare (come pure ha fatto,
in via alternativa, sempre con i motivi aggiunti) il
giudizio di assenza del controllo extracomunitario
reso nel ripetuto provvedimento dirigenziale del 21
luglio 2004; ciò in quanto l’eventuale esistenza
del controllo extracomunitario (già astrattamente
rilevabile attraverso la lettura degli atti del 1999,
del 2000 e del 2001 di cui si è detto e noti tutti
alla deducente) era un dato oggettivo che avrebbe
potuto e dovuto essere contestato tempestivamente
quanto meno dal 2001/2002 (e, precisamente, come
detto, al più tardi, nel termine decadenziale
decorrente dal ricevimento del provvedimento del 21
dicembre 2001), atteso il carattere immediatamente
lesivo della graduatoria per le ragioni dianzi
indicate e non, invece, solo nel momento in cui, nel
2004, si vorrebbe, da parte della deducente, nel
contestare il giudizio espresso dal Dirigente in
merito alla mancanza del controllo extracomunitario,
ribadire la sussistenza del controllo stesso onde
ridimensionare (o invalidare in ordine alla
partecipazione alla procedura concorrenziale) la
posizione della concorrente Rete A; in altre parole,
avvalendosi, se del caso, come in sua potestà, delle
ordinarie procedure d’accesso, l’odierna
appellante era, fin d’allora, in grado di far valere
le proprie difese e, in particolare, di aggredire la
graduatoria redatta nel 1999 e sostanzialmente
ribadita nel 2001, che assegnava a Rete A punteggi
che, in astratto, se dovesse aderirsi alla tesi della
sussitenza del controllo extracomunitario sull’emittente
stessa, avrebbero dovuto comportarne l’esclusione
dalla graduatoria o, quanto, meno, il
ridimensionamento del punteggio assegnatole.
In ogni caso, anche a non
voler tenere conto, in ipotesi, delle considerazioni
ora svolte circa l’ammissibilità delle censure che
si appuntano sulla denegata sussistenza del controllo
extracomunitario affermata nel provvedimento
autorizzatorio del 21 luglio 2004 di cui si discute,
può, comunque, notarsi che il giudizio di assenza del
controllo stesso ivi espresso non appare
manifestamente illogico, immotivato o basato su di un’istruttoria
insufficiente.
Al riguardo può osservarsi
che, se è vero che il provvedimento del 20 settembre
2000 è stato annullato solo per incompetenza dell’organo
che l’ha adottato, non è meno vero che il
competente dirigente non era affatto tenuto ad
appiattirsi sul precedente illegittimo provvedimento,
né a motivare le ragioni che lo inducevano a
determinarsi in modo difforme rispetto ad esso; ciò
in quanto, una volta annullato, detto provvedimento
era tamquam non esset e il discostarsene, da parte
dell’organo competente, non richiedeva, al riguardo,
alcuna puntuale motivazione in termini
comparativo/dissociativi.
Ciò che rileva, invece, è
che il Dirigente abbia acquisito la documentazione
integrativa ritenuta necessaria a chiarimento della
posizione dell’impresa rispetto al sospettato – da
parte della Commissione – controllo extracomunitario
e che abbia fornito in proposito, nel legittimo
esercizio della propria discrezionalità, motivazioni
soddisfacenti e ragionevoli e, comunque, non
manifestamente illogiche né contraddittorie, a
supporto del proprio convincimento in ordine all’assenza
di una siffatta forma di controllo.
In particolare, con il
provvedimento in esame è stato messo in luce che,
effettivamente, nel momento in cui la domanda di Rete
A è stata valutata, il contratto di concessione
pubblicitaria stipulato tra la stessa ed MTV
Pubblicità era inefficace (giusta quanto risultante
dalla documentazione prodotta da Rete A e, in
particolare, dalla nota del 20 maggio 2000), sicché,
in quel momento e con specifico riguardo a tale
contratto (poi rescisso il 27 luglio 2000), era
materialmente da escludere la sussistenza di tale
controllo (e così pure nel momento in cui è stato
emanato il citato provvedimento del 20 settembre
2000).
Quanto agli altri due
contratti di produzione e concessione di diritti di
trasmissione televisiva e di fornitura di programmi,
dai quali pure avrebbe potuto evincersi un controllo
siffatto, il Dirigente ha chiarito che si trattava di
contratti non solo risolti nell’estate 2000, ma che,
giusta gli elementi offerti da Rete A (e, in
particolare, tenuto conto della comparazione con l’analoga
situazione che, quanto ai rapporti commerciali e di
programmazione, legava BTV, già TMC2, con MTV e che
era stata, dalla stessa Rete A, sottoposta al parere
dell’A.G.Com. e ritenuta da questa – giusta
comunicazione 19 novembre 2003, n. U1180/03/RM - non
contrastante con la disciplina che preclude il
controllo extracomunitario ai sensi dell’art. 2,
commi 17 e 18, della legge n. 249/1997) neppure
consentivano di individuare, nella fattispecie, la non
consentita forma di controllo di cui si discute.
In ogni caso, quanto al
contratto per la produzione e concessione di diritti
di trasmissione televisiva (1200 ore annue, pari al
14% della programmazione), sono state precisate, nel
provvedimento impugnato, le argomentazioni che
inducevano ragionevolmente ad escludere la sussistenza
del controllo extracomunitario (Rete A essendo l’unica
commissionaria, cliente e controllante dell’altra
contraente ed operando, inoltre, il controllo della
programmazione televisiva mediante il proprio “management”).
Quanto al contratto di
fornitura di programmi (per un minimo di 3000 ore
annue, pari al 34% della programmazione), non appare
irragionevole la notazione secondo cui, trattandosi di
programmi normalmente acquistati sul mercato
televisivo, idonei al palinsesto di una rete musicale,
non appariva configurabile una forma di controllo su
Rete A da parte di MTV Networks Europe
Si aggiunga, ad ogni buon
conto, che il provvedimento negativo del 20 settembre
2000 poggiava sul “complesso regolamento
contrattuale” che legava Rete A ed MTV; con la
conseguenza che, una volta esclusa l’efficacia del
contratto relativo alla raccolta pubblicitaria, cade,
di fatto, anche il presupposto stesso che aveva
portato a formulare quel provvedimento e, cioè,
la complessità stessa di quel regolamento
contrattuale.
Da tutto quanto precede
discende, in definitiva, la declaratoria di
inammissibilità e, comunque, l’infondatezza dei
predetti motivi aggiunti per ciò che attiene ai
profili di gravame fin qui considerati.
7) – La medesima sorte di
inammissibilità subiscono, poi, in coerenza con
quanto sin qui esposto, le deduzioni dell’appellante
secondo cui, in ogni caso, anche se la ricostruzione
operata da Rete A e accolta dal Ministero fosse
accettabile, non di meno i contratti di cui si tratta
sarebbero rimasti efficaci per un periodo sufficiente,
tenuto conto dei tempi procedimentali, a suffragare l’esistenza
del contestato controllo extracomunitario per un
periodo che, se debitamente considerato, avrebbe
dovuto, comunque, indurre a non accogliere la
domanda dalla stessa Rete A avanzata; e che, inoltre,
il giudizio sulla posizione di quest’ultima avrebbe
dovuto essere, comunque, operato sulla base degli
elementi dalla stessa originariamente offerti e non
sulla base di atti e considerazioni acquisiti solo in
sede di esecuzione del giudicato amministrativo (ciò
che, invece, non sarebbe stato specularmene fatto a
favore dell’odierna appellante).
Le considerazioni così svolte
dall’appellante valgono, infatti, pur sempre a far
constare la sussitenza del controllo extracomunitario
su Rete A, donde la già rilevata loro
inammissibilità
In particolare, quanto al
primo di detti profili, la valutazione da parte della
Commissione e la relativa attribuzione di punteggi
dovevano, comunque, essere riferite al momento della
redazione della graduatoria (29 luglio 1999) e
rispetto a tali operazioni potevano (come si ripete)
essere svolte le necessarie censure afferenti al
controllo extracomunitario, mentre la sopravvenuta
efficacia di uno dei contratti di cui si è detto
(produttiva, in via di mera ipotesi, di un temporaneo
controllo di tale natura in un momento successivo a
quello di redazione della graduatoria) poteva
rilevare, a tutto concedere, appunto quale fatto
sopravvenuto, ai fini di una richiesta di avvio di una
procedura di annullamento in autotutela o revoca che
non è mai stata promossa dall’odierna deducente (se
del caso, attraverso l’esperimento di una procedura
di silenzio-rifiuto); in ogni caso, si sono sopra
precisate le ragioni per cui è da condividere (anche
nel merito) l’apprezzamento operato dal dirigente in
ordine al fatto che, per i due contratti la cui
efficacia non era stata sospesa, risolti nell’estate
dell’anno 2000, non appariva configurabile il
controllo extracomunitario.
Quanto al secondo profilo,
anche in tal caso la censura è volta a far constare l’illegittimità
dell’operato dall’amministrazione nella fase in
cui ha proceduto a rivalutare la posizione di Rete A;
ma ciò che rileva è, anche in questo caso, il fatto
che non sia siano state a tempo debito investiti d’impugnativa
i punteggi alla stessa Rete A assegnati.
Ad ogni buon conto e per
completezza può rilevarsi che anche il profilo di
censura in esame è privo di consistenza nel merito.
Ciò in quanto Rete A aveva, a
suo tempo, fornito la documentazione richiesta dalla
lex specialis della gara ai fini della sua ammissione
e valutazione e i dubbi sollevati dall’amministrazione
in merito alla sussistenza o meno del controllo
extracomunitario hanno, logicamente, richiesto, in
sede di riesame all’esito dei giudicati del 2003
(sentenza TAR n. 352/2003) e del 2004 (decisione della
Sezione n. 1246/2004), opportuni chiarimenti atti a
meglio precisare quale fosse l’effettiva situazione
di controllo societario; mentre diversa era la
situazione dell’odierna appellante, che aveva
offerto, a suo tempo, a supporto delle propria
domanda, con specifico riferimento all’autofinanziamento,
elementi, come si è visto, non semplicemente dubbi o
agevolmente integrabili o suscettivi di semplice
chiarimento, ma del tutto carenti per più
determinanti aspetti e come tali richiedenti una non
consentita integrazione radicale; sicché, in
definitiva, non si tratta di situazioni comparabili
che possano indurre a ritenere che si sia verificata,
nella specie, una sorta di ingiustificata disparità
di trattamento.
8) - Quanto, infine, alle
censure di illegittimità del provvedimento
autorizzatorio, da un lato, per mancata comunicazione
di avvio del procedimento e, dall’altro lato,
perché adottato in violazione di legge non potendo la
situazione giuridica di cui si tratta essere regolata
con un provvedimento autorizzatorio dal contenuto
affatto difforme rispetto agli assetti normativi
vigenti al momento della sua adozione, può convenirsi
con l’appellante nel ritenere che esse erano
ammissibili (in quanto del tutto autonome rispetto
alla tematica relativa ai punteggi e al controllo
extracomunitario) e tempestive (perché,
contrariamente a quanto ritenuto dai primi giudici,
non può ritenersi che la deducente dovesse essere
necessariamente a conoscenza da tempo del
provvedimento favorevole a Rete A di cui si discute,
in quanto il provvedimento favorevole a Rete A non
risulta essere stato pubblicizzato e, inoltre, la
stessa ha semplicemente continuato ad utilizzare le
frequenze di cui disponeva come in precedenza, sicché
non emergono – né sono stati forniti dalle
controparti – elementi atti a comprovare, al di la
di ogni ragionevole dubbio, la conoscenza del
provvedimento impugnato da parte di Centro Europa 7 in
un momento oltre sessanta giorni precedente la
notificazione dei motivi aggiunti).
Le censure stesso sono,
peraltro, prive di consistenza.
Al riguardo può osservarsi,
sotto il primo profilo, che la comunicazione di avvio
del procedimento destinato a concludersi con un
provvedimento favorevole a terzi deve essere operata
nei confronti di altri potenziali interessati da esso
incisi solo nel caso in cui dai contenuti dell’emanando
provvedimento emerga con immediatezza il carattere
potenzialmente preclusivo della sfera giuridica di
questi ultimi; mentre, nel caso in esame, il rilascio
dell’autorizzazione a favore di Rete A era
direttamente correlato alla posizione in graduatoria
dalla stessa rivestita, più favorevole rispetto a
quella di 7 Plus che, in quanto ad essa postergata,
non era in grado di conseguire un pregiudizio diretto
ed immediato direttamente percepibile attraverso la
lettura del provvedimento emanando; e che, inoltre,
Centro Europa 7, in relazione alle aspettative della
sua emittente 7 Plus (correlate al provvedimento, per
essa negativo, del 21 dicembre 2001) in quanto parte
nei giudizi innanzi al TAR e al Consiglio di Stato
conclusisi con i giudicati di cui si è detto, era
anche in grado, all’esito degli stessi - da essa
conosciuto in quanto parte - di promuovere iniziative
atte a sollecitare essa medesima la riattivazione
della procedura di assegnazione del titolo abilitativo
a Rete A affinché l’amministrazione pervenisse al
suo definitivo diniego ed a lasciare, quindi,
inalterata l’aspettativa della stessa 7 Plus, che
avrebbe potuto vedere escludere definitivamente una
concorrente, ferma restando, comunque, la paralisi
della procedura di assegnazione che la riguardava
correlata alla non ancora definita posizione vantata
da Rete Mia, tuttora, peraltro, almeno formalmente,
sub judice (sicché, in ogni caso, in questo contesto
l’appellante non potrebbe, comunque, conseguire il
bene della vita al quale aspira, né, in ipotesi,
pronunce risarcitorie di condanna dell’Amministrazione,
ogni aspettativa dell’appellante stessa essendo,
comunque, legata alla definizione della vicenda
contenziosa relativa a Rete Mia che, in graduatoria,
precede anche Rete A); in una situazione siffatta è
da escludere, in definitiva, che l’amministrazione
fosse tenuta a dare comunicazione a Centro Europa 7
dell’avvio del procedimento di cui si tratta.
Sotto il secondo dei profili
in esame, va rilevato che, a ben vedere, l’amministrazione,
con l’atto impugnato, ha dato correttamente corso
alla conclusione del procedimento, alla quale era
tenuta sulla base delle domande, del 1999 e del 2004,
avanzate da Rete A, nonché dell’esito dei giudizi
amministrativi di cui è detto; vero che ciò ha fatto
avvalendosi di un titolo autorizzatorio recante
contenuti di tipo concessorio, ma ciò ha fatto per
soddisfare ad un’esigenza di carattere
essenzialmente formale, riconducibile alla
circostanza, posta in rilievo nello stesso atto
impugnato, che nel vigente assetto normativo (legge n.
112 del 2004) non erano più previste concessioni, ma
il rilascio di titoli abilitativi qualificati come
autorizzazioni; ebbene, dovendo provvedere, in
effetti, ora per allora, l’amministrazione ha
assegnato al provvedimento di cui si discute un
carattere oggettivamente concessorio, in quanto veniva
autorizzata l’attività di “radiodiffusione
televisiva nazionale su frequenze terrestri in tecnica
analogica a carattere commerciale, esercitabile con le
stesse posizioni giuridiche e obblighi dei
concessionari televisivi privati in ambito nazionale”;
cambia, quindi, il nomen juris del provvedimento in
parola, ma, nei suoi effetti sostanziali, esso riveste
ancora portata concessoria, con la conseguenza che la
contestata incongruenza terminologica non appare in
grado di travolgere la legittimità dell’atto
stesso, con il quale, come si ripete, si è
doverosamente concluso il procedimento.
9) – Parimenti ammissibile e
tempestiva (per i motivi già detti) ma infondata,
infine, è la censura che si appunta avverso la
mancata acquisizione, nella specie, del parere dell’A.G.Com.;
al riguardo basti rilevare che la competenza all’emanazione
di provvedimenti concessori in materia (e quindi anche
di quello autorizzatorio qui in contestazione, dei cui
contenuti sostanzialmente concessori si è detto) è
stata riconosciuta, con la ripetuta sentenza del TAR
n. 352/2003, in capo al dirigente e che questo ha
ritenuto, nell’esercizio delle proprie potestà
cognitive e valutative, sufficienti gli atti in suo
possesso (integrati, tra l’altro, a seguito di
apposita richiesta a Rete A) senza dover acquisire
anche il parere dell’A.G.Com. che, del resto, con
nota del 4 luglio 2000, richiamata nel citato diniego,
in danno di Rete A, del 20 settembre 2000, aveva
espressamente denegato la propria competenza al
riguardo (e, si noti, detta determinazione, negatoria
della competenza dell’organo ora detto, non è stata
fatta oggetto di specifico gravame, né la stessa
A.G.Com. è stata evocata in giudizio per vederne
affermata la propria competenza in materia in
contrasto con quanto, in precedenza, dalla stessa
deliberato); in ogni caso, la legge n. 249/1997 non
riserva alla sola A.G.Com. gli apprezzamenti di cui
all’invocato art. 2, nn. 14, 17 e 18, della legge
stessa, inerenti alla definizione di eventuali
posizioni dominanti, sicché, nella specie, il
dirigente ha correttamente esercitato i propri poteri
laddove ha ritenuto che, date le caratteristiche dei
contratti anzidetti, non appariva configurabile una
situazione di controllo di Rete A da parte di una
società extracomunitaria in posizione dominante
rispetto ad essa.
Donde, in definitiva, l’infondatezza
anche della censura in esame.
10) – Per i motivi che
precedono ritiene la Sezione che vadano riuniti gli
appelli nn. 9258/2007 e 10103/2007, nonché il ricorso
per esecuzione del giudicato n. 804/2008; che vada in
parte respinto l’appello n. 9258/2007 e in parte,
pronunciando sull’appello stesso, respinto il
ricorso introduttivo e i motivi aggiunti di primo
grado; vanno, invece, dichiarati inammissibili l’appello
n. 10103/2007 e il ricorso per esecuzione del
giudicato n. 804/2008.
Le spese relative agli appelli
e quelle relative al ricorso per esecuzione del
giudicato possono essere integralmente compensate tra
le parti, in considerazione della complessità e dell’esito
del giudizio.
P. Q. M
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, Sezione sesta:
a) - riunisce gli appelli in
epigrafe, nn. 9258/2007 e 10103/2007, nonché il
ricorso per esecuzione del giudicato n. 804/2008;
b) – in parte respinge l’appello
n. 9258/2007 e in parte, pronunciando sullo stesso,
respinge il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti
di primo ;
c) - dichiara inammissibili l’appello
n. 10103/2007 e il ricorso per esecuzione del
giudicato n. 804/2008.
Compensa tra le parti le spese
relative agli appelli e quelle relative al ricorso per
esecuzione del giudicato.
Ordina che la presente
decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella
camera di consiglio del 6 maggio 2008 con l’intervento
dei sigg.ri:
GIOVANNI RUOPPOLO -
Presidente
PAOLO BUONVINO -
Consigliere est.
DOMENICO CAFINI
- Consigliere
ROBERTO CHIEPPA
- Consigliere
MANFREDO ATZENI
- Consigliere
Presidente
Giovanni Ruoppolo
Consigliere per il
Segretario
Paolo Buonvino
Maria arita Oliva
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
il....31/5/2008....
N.R.G. 9258-10103/2007
804/2008
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