SENTENZA N. 105
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale
degli artt. 13, 14, 22, 23, 24, 25, 26 e 28, secondo e
terzo comma, della legge 22 febbraio 1934, n. 370
(riposo domenicale e settimanale), e successive
modifiche, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 30 novembre 1970 dal pretore
di Trieste nel procedimento penale a carico di Pasini
Umberto, iscritta al n. 394 del registro ordinanze
1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n.42 del 17 febbraio 1971;
2) ordinanza emessa il 31 dicembre 1970 dal pretore
di Bari nel procedimento penale a carico di Azzarita
Leonardo, iscritta al n. 70 del registro ordinanze
1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 99 del 21 aprile 1971;
3) ordinanza emessa il 18 marzo 1971 dal pretore di
Bologna nel procedimento penale a carico di Pelloni
Carlo, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 1971
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 151 del 16 giugno 1971;
4) ordinanza emessa il 5 aprile 1971 dal pretore di
Napoli nel procedimento penale a carico di Bevilacqua
Vincenzo ed altri, iscritta al n. 214 del registro
ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971;
5) ordinanza emessa il 6 agosto 1971 dal pretore di
Milano nel procedimento penale a carico di Galli Nevio
ed altri, iscritta al n. 417 del registro ordinanze
1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 323 del 22 dicembre 1971;
6) ordinanza emessa il 30 settembre 1971 dal
pretore di Torino nel procedimento penale a carico di
Masseroni Carlo ed altro, iscritta al n. 462 del
registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 23 del 26 gennaio 1972.
Visti gli atti di costituzione di Pasini Umberto e
di Galli Nevio;
udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il
Giudice relatore Vezio Crisafulli;
uditi l'avv. Carlo Amigoni, per il Pasini, e gli
avvocati Antonio Sorrentino e Giovanni Bovio, per il
Galli.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 30 novembre 1970 nel
corso di un procedimento penale a carico di Pasini
Umberto, il pretore di Trieste ha sollevato d'ufficio
questione di legittimità costituzionale, per
contrasto con gli artt. 21, primo e secondo comma, 3 e
41 della Costituzione, degli artt. 13 e 14 della legge
22 febbraio 1934, n. 370, e successive modifiche per
la parte in cui dette norme impongono che il riposo
settimanale di 24 ore consecutive per gli addetti alle
aziende editrici e stampatrici di giornali ed alle
aziende per la diffusione al pubblico con qualsiasi
mezzo di notizie deve decorrere dalla mattina della
domenica alle ore quattro del lunedì, nonché degli
artt. 22, 23, 24, 25 e 26 della stessa legge ed
inoltre del successivo art. 28, ma limitatamente al
suo secondo e terzo comma e con riferimento al solo
art. 21, terzo comma, della Costituzione.
La rilevanza della questione proposta deriva,
secondo il giudice a quo, dalla imputazione mossa al
prevenuto di non aver accordato il riposo settimanale
ai lavoratori dipendenti nel periodo prescritto dalla
legge innanzi indicata, mentre sarebbe non influente
ai fini del decidere l'accertamento della circostanza
se il riposo stesso fosse stato, in ottemperanza
all'art. 36 , comma terzo, della Costituzione,
concesso in un giorno diverso.
Ciò premesso, l'ordinanza assume, sotto il profilo
della non manifesta infondatezza, che le prime due tra
le norme impugnate, sotto l'apparenza di disciplinare
il diritto del lavoratore al riposo settimanale,
mirerebbero in sostanza ad impedire la pubblicazione
di giornali e quotidiani nel periodo in esse
considerato, come risulterebbe confermato dalle
successive disposizioni più chiaramente e
incondizionatamente contrarie alla pubblicazione nello
stesso periodo di notizie a carattere politico e dalle
stesse sanzioni previste per l'inosservanza di quei
divieti e consistenti, fuori dei casi
costituzionalmente ammissibili, nelle misure del
sequestro e, in caso di recidiva, della sospensione
delle pubblicazioni. Ulteriori vizi di legittimità
costituzionale sono poi ravvisati in riferimento agli
artt. 3 e 41 della Costituzione per la possibilità di
turno nel riposo settimanale conferita a talune
imprese che implicherebbe una disparità di
trattamento per le aziende giornalistiche e di stampa,
nonché ed al tempo stesso per l'esistenza di una non
giustificabile interferenza nella sfera del loro
sistema organizzativo e produttivo.
2. - Si sono costituite nel presente giudizio la
società Editrice Triestina s.p.a. e la S.T.T.
Stabilimento Tipografico Triestino s.r.l. con
deduzioni depositate il 10 febbraio 1971, nelle quali
ampliano e ribadiscono gli argomenti a sostegno della
incostituzionalità della normativa in esame, già
esposti nell'ordinanza pretorile. La difesa delle
predette società ha, poi, chiarito in udienza di
essersi costituita in rappresentanza
dell'Amministratore delegato sig. Pasini Umberto, pur
non risultando tale circostanza con tutta chiarezza
dal tenore testuale dell'atto.
3. - Analoghe questioni di legittimità
costituzionale sono state sollevate con ordinanza
emessa il 31 dicembre 1970 nel corso di un
procedimento penale a carico di Azzarita Leonardo dal
pretore di Bari, che fa riferimento peraltro anche al
principio costituzionale di garanzia dei diritti
inviolabili dell'uomo (art. 2 Cost.); con ordinanza
emessa il 18 marzo 1971 nel corso di un procedimento
penale a carico di Pelloni Carlo dal pretore di
Bologna, senza riferimento tuttavia all'art. 41 della
Costituzione; e con ordinanza emessa il 5 aprile 1971
nel corso di un procedimento penale a carico di
Bevilacqua Vincenzo ed altri dal pretore di Napoli,
limitatamente agli artt. 13, 14 e 28 della legge
impugnata e con riferimento ai soli artt. 3 e 21 della
Costituzione.
4. - Questioni interamente analoghe a quelle
sollevate dal pretore di Trieste vengono proposte
anche dal pretore di Milano con ordinanza emessa il 6
agosto 1971 nel corso di un procedimento penale a
carico di Galli Nevio ed altri. Ed il Galli si é
costituito innanzi a questa Corte con deduzioni
depositate il 6 dicembre 1971, svolgendo argomenti a
sostegno della illegittimità della normativa
impugnata.
5. - Infine il pretore di Torino, con ordinanza
emessa il 30 settembre 1971 nel corso di un
procedimento penale a carico di Masseroni Carlo e
Jorio Lorenzo, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, sempre in riferimento agli artt. 3,
21, primo comma, e 41 della Costituzione, della stessa
legge n. 370 del 22 febbraio 1934, ma limitatamente
alla parte in cui essa dispone (artt. 13 e 14 in
relazione all'art. 5, n. 4, ed al d.m. 22 giugno 1935,
tabella III, voce 11) che il riposo settimanale di 24
ore consecutive per il personale addetto alle aziende
editrici ed alla stampa dei giornali deve decorrere
dal mattino della domenica alle ore 4 del lunedì ed
alla parte in cui prevede - ancora per il personale
addetto alle aziende editrici - una disparità di
trattamento rispetto ai redattori sportivi e teatrali,
al personale delle aziende Ansa e Italia (già Stefani),
delle imprese di trasmissioni radiofoniche ed a quello
addetto alla trasmissione di notizie ai sensi
dell'art. 26, comma secondo. La medesima ordinanza
propone poi anche essa, rispetto all'art. 21, comma
terzo, della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell'art. 28 della normativa impugnata
nella parte in cui impone il sequestro del giornale.
6. - Alla pubblica udienza le parti costituite
hanno insistito nelle conclusioni già formulate.
Considerato in diritto
1. - Le sei ordinanze sollevano questioni
strettamente analoghe: i relativi giudizi vengono
perciò riuniti e decisi congiuntamente con unica
sentenza.
2. - Le disposizioni di cui sorge questione, in
riferimento agli artt. 21, primo, secondo e terzo
comma, 3 e 41 della Costituzione (cui si aggiunge,
nell'ordinanza del pretore di Bari, l'art. 2) sono
contenute nella legge del 22 febbraio 1934, n. 370,
sul riposo settimanale e domenicale.
Di esse, quelle degli artt. 13 e 14, denunciate da
tutte le ordinanze, hanno per oggetto immediato il
riposo di 24 ore settimanali, spettante al personale
addetto alle aziende editrici di giornali ed altre
agenzie di diffusione al pubblico, con ogni mezzo, di
notizie (art. 13, commi primo e secondo) nonché al
personale addetto alla stampa dei giornali (art. 14,
comma primo). Ed in proposito, stabiliscono
tassativamente che detto riposo settimanale debba
decorrere dalla mattina della domenica alle ore
quattro del lunedì. Viene fatta eccezione,
consentendosi il turno, per i redattori sportivi e
teatrali, per il personale della "Agenzia Stefani"
(oggi non più esistente) e delle imprese di
trasmissioni radiofoniche, nonché per quello addetto
alla trasmissione di notizie telegrafiche e
telefoniche previsto dal successivo art. 26, comma
secondo. Il riposo per turno é anche ammesso
(dall'art. 13, comma terzo) limitatamente al
"personale di redazione" dei giornali
quotidiani, che, "per esigenze straordinarie,
abbia prestato la sua opera fra la mattina della
domenica e le ore quattro del lunedì", ove sia
consentito dal contratto collettivo di lavoro e contro
corresponsione dell'aumento percentuale di
retribuzione da quest'ultimo prescritto.
Delle anzidette disposizioni viene denunciato in
particolare il contrasto con gli artt. 21 e 41 Cost.,
per le ingiustificate limitazioni che ne derivano alla
libertà di manifestazione del pensiero attraverso la
stampa periodica e alla libertà della iniziativa
economica privata, e con l'art. 3 Cost., per
l'arbitraria discriminazione - entro l'ambito delle
imprese giornalistiche e similari - nei confronti con
la (sola) "Agenzia Stefani" e con l'ente
radiotelevisivo, nonché - entro un ambito più largo
- tra le imprese giornalistiche e similari, e le
altre, per le quali l'art. 5 della legge prevede
invece che il riposo settimanale possa cadere in
giorno diverso dalla domenica ed essere attuato
mediante turni al personale.
Altre disposizioni della medesima legge, denunciate
nelle ordinanze dei pretori di Trieste, Bari, Bologna
e Milano, e precisamente quelle degli artt. da 22 a
26, sono raggruppate nel testo legislativo sotto la
rubrica "Edizione e vendita dei giornali ed
attività analoghe" ed hanno per oggetto diretto
ed immediato la diffusione al pubblico della stampa
periodica e delle pubblicazioni delle agenzie di
notizie, fatta sempre eccezione per l'"Agenzia
Stefani" e le imprese radiofoniche.
Viene così stabilito che i quotidiani posti in
vendita prima del mezzogiorno debbano omettere
l'edizione del lunedì, riprendendo le pubblicazioni
il martedì mattina, mentre i quotidiani pomeridiani
debbano omettere l'edizione della domenica,
riprendendo le pubblicazioni al mezzogiorno o dopo il
mezzogiorno del lunedì. Un particolare regime é
invece consentito per i quotidiani sportivi, cui é
peraltro proibito pubblicare notizie e commenti
"che non siano di natura strettamente
sportiva" (art. 22, ultimo comma).
É inoltre espressamente vietato dare edizioni
straordinarie e ordinarie settimanali di giornali
quotidiani, "sia pure con titolo diverso",
nel periodo durante il quale, come testé accennato,
devono restare sospese le edizioni ordinarie (art.
24); un ulteriore divieto di pubblicazione dalle 13
della domenica alle 12 del lunedì concerne i giornali
"anche non quotidiani, sia in edizione ordinaria
che in edizione straordinaria o sotto forma di
bollettini o supplemento, allo scopo di diffondere
notizie di avvenimenti improvvisi" (art. 25).
Tali divieti risultano indirettamente rafforzati da
quello imposto alle tipografie (anche diverse da
quelle inserite nelle aziende giornalistiche e
similari, in ordine alle quali vale il riposo
domenicale obbligatorio del personale a norma del
sopra ricordato art. 14) di iniziare il lavoro
"per i giornali di qualunque natura dopo
terminato il lavoro della domenica e fino alle ore
quattro del lunedì".
L'intera disciplina fin qui riassunta viene infine
estesa dall'art. 26, primo comma, alle pubblicazioni
delle agenzie a stampa ed in genere "a qualunque
altro mezzo di edizione e di diffusione di
notizie" (eccettuata, al solito, la "Agenzia
Stefani" e le imprese radiofoniche). Ché anzi
l'ultimo comma dello stesso art. 26 permette, bensì,
alle agenzie telegrafiche e telefoniche di diffondere
dalle ore 5 della domenica alle ore 5 del lunedì
"non più di un comunicato relativo ad atti di
governo o ad avvenimenti di notevole importanza",
purché tale diffusione non rivesta carattere di
vendita al pubblico o forme analoghe.
Anche della disciplina dettata dagli artt. 22 a 26
della legge, quale la si é qui sopra riassunta, é
posta in dubbio dalle ordinanze poc'anzi richiamate la
legittimità costituzionale, alla stregua degli artt.
21, 41 e 3 Cost. (con riguardo, per quanto concerne
quest'ultima norma costituzionale, alla diversità di
trattamento, nell'ambito delle imprese giornalistiche
e similari, rispetto alla "Agenzia Stefani"
e all'ente radiotelevisivo).
Tutte le ordinanze denunciano infine l'art. 28,
commi secondo e terzo, che, per le contravvenzioni
alle riferite disposizioni della legge, comminano la
misura del sequestro del giornale (o del
"qualunque altro mezzo adottato per la
diffusione"), autorizzando altresì il magistrato
a disporre la sospensione del giornale "per un
periodo di tempo determinato". Per questa parte,
si deduce il contrasto con il terzo comma dell'art. 21
Cost., che ammette il sequestro della stampa solo per
atto motivato della autorità giudiziaria (e comunque,
nei casi di urgenza, salvo convalida ad opera della
stessa), nel caso di delitti previsti dalla legge
sulla stampa o per violazione delle norme da questa
prescritte per l'indicazione dei responsabili delle
pubblicazioni.
3. - A giudizio della Corte, le disposizioni fin
qui ricordate sono tra loro interdipendenti, formando
nel loro insieme un sistema unitario che conduce -
obiettivamente - al risultato di impedire, dalle ore
13 della domenica alle 12 del lunedì, la libera
diffusione e circolazione delle notizie e delle
opinioni, sia a mezzo della stampa periodica, sia
attraverso altri mezzi equipollenti, eccezion fatta
per il mezzo radiofonico (oggi, radiotelevisivo).
Tuttavia, poiché alcune tra esse, e specificamente
gli articoli 13 e 14, appaiono rivolte al fine
primario di garantire che il riposo settimanale dei
dipendenti dalle agenzie giornalistiche e similari
abbia sempre e necessariamente luogo la domenica, deve
essere qui preliminarmente rilevato che una siffatta
rigida disciplina non potrebbe, oggi, ritenersi
imposta dal principio costituzionale che tutela il
diritto (irrinunciabile) dei lavoratori al riposo
settimanale (oltre che alle ferie annuali). Nessun
accenno alla domenica o ad altro giorno determinato si
rinviene, infatti, nel terzo comma dell'art. 36, che -
come questa Corte ha già avuto occasione di affermare
nelle sentenze n. 150 del 1967 e n. 146 del 1971 - si
limita ad enunciare il principio del riposo
settimanale, senza regolarne l'esercizio e senza
prescrivere, per tutte le possibili ipotesi, una
rigorosa periodicità.
Sgombrato così il campo dell'indagine da
insussistenti esigenze di rispetto dell'art. 36, la
cui attuazione bene può assumere, invece, forme più
elastiche e comunque differenziate secondo la varia
natura propria di ciascuna attività, deve
riconoscersi che il particolare regime dettato per la
stampa periodica, per le agenzie di notizie ed
altrettanti mezzi di diffusione del pensiero contrasta
con l'art. 21 Cost., che solennemente proclama uno tra
i principi caratterizzanti del vigente ordinamento
democratico, garantendo a "tutti" il diritto
di manifestare liberamente il proprio pensiero
"con ogni mezzo di diffusione" e dettando
per di più ulteriori e specifiche norme a tutela
della stampa, quale mezzo di diffusione tradizionale e
tuttora insostituibile ai fini dell'informazione dei
cittadini e quindi della formazione di una pubblica
opinione avvertita e consapevole.
Naturalmente, che "tutti" abbiano diritto
di manifestare il proprio pensiero "con ogni
mezzo", non può significare che tutti debbano
avere, in fatto, la materiale disponibilità di tutti
i possibili mezzi di diffusione, ma vuol dire, più
realisticamente, che a tutti la legge deve garantire
la giuridica possibilità di usarne o di accedervi,
con le modalità ed entro i limiti resi eventualmente
necessari dalle peculiari caratteristiche dei singoli
mezzi o dalla esigenza di assicurare l'armonica
coesistenza del pari diritto di ciascuno o dalla
tutela di altri interessi costituzionalmente
apprezzabili, giusta i criteri di cui questa Corte ha
fatto applicazione in varie occasioni (sentenze n. 59
del 1960, n. 48 del 1964, n. 11 del 1968).
4. - Ora, come risulta dalla analitica esposizione
che se n'é fatta qui sopra al punto 2, le
disposizioni della legge del 1934, di cui é
questione, contengono una disciplina ispirata a
criteri del tutto opposti rispetto a quelli innanzi
precisati. Per un verso, e con particolare riguardo
alla stampa periodica determinano, infatti, un
rigoroso sistema di limiti temporali alla diffusione,
manifestamente eccedenti rispetto al fine di
realizzare il riposo settimanale dei lavoratori
addetti al settore ed in nessun modo giustificati da
esigenze di tutela di interessi costituzionalmente
rilevanti. Per altro verso, spingendosi oltre l'ambito
della stampa periodica, giungono sino a inibire
(articolo 26, primo comma) l'uso di una serie
indefinita di altri mezzi di diffusione al pubblico
(quali potrebbero essere, ad esempio, notiziari
parlati, filmati, ecc.) nel corso di un periodo di
tempo press'a poco coincidente con quello durante il
quale é sospesa la pubblicazione dei giornali.
Ne risulta perciò, dal lato attivo, indebitamente
compressa la libertà di manifestazione (libertà di
dare e divulgare notizie, opinioni, commenti); e ne
risulta altresì menomato - dal punto di vista,
invece, dei destinatari della manifestazione -
l'interesse generale, anch'esso indirettamente
protetto dall'articolo 21, alla informazione; il
quale, in un regime di libera democrazia, implica
pluralità di fonti di informazione, libero accesso
alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli
legali, anche temporanei, alla circolazione delle
notizie e delle idee.
5. - L'accennato contrasto delle disposizioni
denunciate con l'art. 21 Cost. ne comporta la
declaratoria di illegittimità costituzionale,
restando assorbiti gli altri profili dedotti nelle
ordinanze. Fa eccezione il secondo comma dell'art. 14,
che si limita a stabilire le regole del riposo
settimanale per turno nei confronti del personale
addetto alla vendita dei giornali, in ordine al quale
la questione di legittimità costituzionale deve
dichiararsi non fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli
artt. 13, 14, primo comma, 22, 23, 24, 25, 26 e 28
della legge 22 febbraio 1934, n. 370, sul "Riposo
domenicale e settimanale";
b) dichiara non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell'art. 14, secondo
comma, della stessa legge, proposta con le ordinanze
di cui in epigrafe in riferimento agli artt. 21, 2, 3
e 41 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno
1972.
Giuseppe CHIARELLI - Vezio CRISAFULLI
Depositata in cancelleria il 15 giugno 1972.
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