REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale
degli artt. 1, 183 e 195 del d.P.R. 29 marzo 1973, n.
156 (Codice postale e delle telecomunicazioni) e degli
artt. 1, 2, 3, 4, 38, 45, 46, 47 e 48 della legge 14
aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di
diffusione radiofonica e televisiva), promossi con le
seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 luglio 1975 dal pretore
di Ragusa nel procedimento penale a carico di Recca
Carmelo ed altri, iscritta al n. 429 del registro
ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 293 del 5 novembre 1975;
2) ordinanza emessa il 16 agosto 1975 dal pretore
di Livorno nel procedimento penale a carico di Romani
Paolo, iscritta al n.541 del registro ordinanze 1975 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 339 del 24 dicembre 1975;
3) ordinanza emessa il 18 novembre 1975 dal giudice
istruttore del tribunale di Reggio Emilia nel
procedimento penale a carico di Cattozzi Pier Paolo ed
altro, iscritta al n. 616 del registro ordinanze 1975
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 65 del 10 marzo 1976;
4) ordinanza emessa il 21 ottobre 1975 dal
tribunale di Genova nel procedimento penale a carico
di Cazzulo Pietro ed altro, iscritta al n. 632 del
registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 51 del 25 febbraio 1976;
5) ordinanza emessa il 13 novembre 1975 dal pretore
di Castelfranco Veneto nel procedimento penale a
carico di Gasparini Lorenzo, iscritta al n. 634 del
registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 58 del 3 marzo 1976;
6) ordinanza emessa il 25 novembre 1975 dal pretore
di Lecco nel procedimento penale a carico di Campione
Germano ed altri, iscritta al n. 37 del registro
ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976;
7) ordinanza emessa il 5 novembre 1975 dal pretore
di Biella nel procedimento penale a carico di Sacchi
Giuseppe, iscritta al n. 45 del registro ordinanze
1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 65 del 10 marzo 1976;
8) ordinanza emessa il 20 dicembre 1975 dal pretore
di Novara nel procedimento penale a carico di Murtas
Silvestro ed altri, iscritta al n. 97 del registro
ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 72 del 17 marzo 1976;
9) ordinanza emessa il 12 gennaio 1976 dal pretore
di San Miniato nel procedimento penale a carico di
Comparini Mario ed altri, iscritta al n. 117 del
registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 58 del 3 marzo 1976;
10) ordinanza emessa il 23 dicembre 1975 dal
pretore di Ancona nel procedimento penale a carico di
Anastasio Sergio (parte civile RAI), iscritta al n.
363 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 118 del 5
maggio 1976.
Visti gli atti di costituzione di Anastasio Sergio
e della RAI, nonché gli atti d'intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1976 il
Giudice relatore Angelo De Marco;
uditi l'avv. Giuseppe Guarino, per Anastasio
Sergio, gli avvocati Paolo Barile, Emanuele Santoro e
Alessandro Pace, per la RAI, ed il sostituto avvocato
generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza in data 10 luglio 1975, emessa
nel corso del procedimento penale a carico di alcuni
imputati del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 del
t.u. approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come
modificati dagli artt. 1 e 45 della legge 14 aprile
1975, n. 103, per avere, quali soci responsabili della
S.r.l. "Teleiblea", registrata come
periodico di stampa, attivato un impianto di
diffusione via etere di programmi televisivi propri
senza essere muniti della relativa concessione
amministrativa, il pretore di Ragusa, accogliendo
analoga richiesta del patrocinio degli imputati,
dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimità costituzionale delle sopra
riportate norme di legge, in riferimento agli artt. 3,
10 e 21 della Costituzione.
In relazione alla natura dell'impianto che ha dato
luogo al procedimento penale nel corso del quale é
stata sollevata, la questione é prospettata
limitatamente all'assunto che il monopolio statale non
debba estendersi agli impianti televisivi via etere a
raggio locale, per i quali dovrebbe adottarsi il
sistema dell'autorizzazione, come già si é fatto per
le trasmissioni via cavo.
In conformità con tale assunto, le denunziate
violazioni delle norme costituzionali a riferimento,
vengono sostanzialmente motivate come segue:
1) la violazione dell'art. 21 della Costituzione
con le sentenze di questa Corte, in astratto, non é
stata mai negata, ma partendo dalla premessa della
limitazione dei canali utilizzabili e tenendo presenti
le trasmissioni su scala nazionale si é rilevato che
fatalmente si sarebbe reso necessario, per le ingenti
spese sia d'impianto, sia di gestione, un monopolio o
un oligopolio, attraverso i quali la libertà di
espressione del pensiero sarebbe stata praticamente se
non proprio neutralizzata, assai limitata.
Di qui la preferenza al monopolio statale, che
indubbiamente dà maggiore garanzia di obiettività
per un servizio la cui importanza sul piano di
preminenza nell'interesse generale non può essere
contestata.
Ma per quanto attiene alle trasmissioni a raggio
locale, contrariamente al parere del Consiglio
superiore delle telecomunicazioni, come risulta da uno
studio compiuto dal Centro Microonde dell'Università
di Firenze prodotto dalle parti private e,
soprattutto, dal notorio stato di fatto dei numerosi
impianti abusivi attualmente esistenti, quella
limitazione ed il conseguente pericolo di monopoli o
di oligopoli non sussiste.
Di qui la illegittimità della negata esclusione
agli impianti televisivi via etere a raggio locale di
quel regime di autorizzazione già accordato per gli
impianti via cavo e per i ripetitori di trasmissioni
straniere che, oltretutto, assicurerebbe una più
libera diffusione, anche capillare, del pensiero;
2) la violazione dell'art. 10 della Costituzione
viene denunziata sotto il profilo del mancato
adeguamento della legislazione nazionale alla
Convenzione europea dei diritti dell'uomo, alla quale
l'Italia ha aderito e che riconosce ad ognuno la
libertà di espressione, di opinione e di ricevere e
comunicare informazioni ed idee senza ingerenza da
parte di autorità pubbliche, facendo soltanto salva
la potestà degli Stati di sottoporre a regime di
"autorizzazione" le imprese di
radiodiffusione e di televisione;
3) la violazione dell'art. 3 della Costituzione é,
infine, denunziata attraverso il raffronto con la
televisione via cavo più costosa e perciò, di fatto,
pressoché oligopolica.
Si é costituita la Presidenza del Consiglio dei
ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura
generale dello Stato che, con l'atto di costituzione,
chiede che la questione venga dichiarata infondata,
deducendo, in sostanza, quanto segue:
a) la questione é già stata giudicata infondata
dalla Corte e non sono stati dedotti argomenti che
possano giustificare una diversa soluzione;
b) non é esatta l'asserita possibilità tecnica
d'installazione di una molteplicità di emittenti
televisive locali, in accordo con le convenzioni
internazionali e, comunque, anche se esatto, sarebbe
irrilevante, perché non varrebbe ad escludere la
legittimità del monopolio statale, che trova il suo
fondamento giuridico nell'art. 43 della Costituzione,
in quanto ha per oggetto il soddisfacimento di un
interesse pubblico essenziale;
c) non sussiste violazione dell'art. 3 della
Costituzione non essendovi identità tra televisione
via etere e televisione via cavo;
d) non sussiste neppure la denunziata violazione
dell'art. 10 della Costituzione, in quanto le norme
della Convenzione europea dei diritti dell'uomo non
sono "norme di diritto internazionale
generalmente riconosciute".
2. - Con ordinanza in data 16 agosto 1975, emessa
nel corso del procedimento penale a carico del
dirigente responsabile di una stazione radioelettrica
funzionante in Livorno con emissioni circolari e
denominata "Radio Libera" senza avere
ottenuto la prescritta concessione e perciò imputato
del reato di cui all'art. 195 del d.P.R. 29 marzo
1973, n. 156, così come modificato dall'art. 45 della
legge 14 aprile 1975, n. 103, nonché dell'art. 403
del d.P.R. n. 156 del 1973, il pretore di Livorno,
accogliendo analoga richiesta del patrocinio
dell'imputato, dichiarava rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 45 della legge 14
aprile 1975, n. 103, in riferimento agli artt. 3, 21,
41 e 43 della Costituzione "nella parte in cui la
disciplina legislativa non prevede la possibilità di
chiedere l'autorizzazione e l'esercizio di impianti di
diffusione sonora via etere, su scala locale,
analogamente a quanto disposto per la diffusione
sonora via cavo".
Secondo l'ordinanza, per le radiodiffusioni su
scala locale non sussisterebbero "i criteri
programmatici di servizio pubblico essenziale" ed
il preminente interesse generale che giustificano il
monopolio delle radiodiffusioni su scala nazionale,
né quella limitatezza di canali radiotelevisivi che
hanno giustificato il timore della costituzione di
monopoli od oligopoli privati, di qui la violazione
degli artt. 21, 41 e 43 della Costituzione.
Comunque non potrebbe contestarsi la violazione
dell'art. 3 della Costituzione, dato che sussistono
per la radiodiffusione via etere su scala locale le
stesse ragioni che hanno legittimato l'adozione del
regime di semplice autorizzazione per diffusioni via
filo e via cavo.
Nel giudizio così promosso non vi é stata
costituzione di parti.
3. - Con sentenza istruttoria in data 22 settembre
1975 il pretore di Reggio Emilia dichiarava non
doversi procedere, perché il fatto non costituisce
reato, contro il direttore ed il proprietario della
emittente denominata "Telereggio" che erano
stati imputati del reato di cui agli artt. 1, 183 e
195 del d.P.R. 29 maggio 1973, n. 156, come modificati
dall'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, per
averé, senza la prescritta concessione, irradiato
nell'area cittadina trasmissioni televisive via etere,
occupando nelle ore pomeridiane la frequenza di
Capodistria.
La sentenza veniva motivata con la considerazione
che il monopolio dello Stato é limitato alla sola
diffusione televisiva circolare, mentre le
trasmissioni di Telereggio, sfruttando un'antenna di
43 gradi, presentavano un diagramma di radiazione
angolare.
Avverso questa sentenza proponeva appello il
Procuratore della Repubblica sostenendone la
erroneità, in quanto la locuzione "diffusione
circolare" usata nel testo legislativo non
significa, come aveva ritenuto il pretore,
"diffusione" a 360 gradi ma enuncia il
concetto di "diffusione diretta a più utenti
riceventi o a un numero indeterminato di utenti".
ll giudice istruttore presso il tribunale di Reggio
Emilia, investito della cognizione di tale gravame,
con ordinanza 18 novembre 1975, riconosciutane la
fondatezza, prima di pronunciarsi nel merito, riteneva
rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 38 e
45 della legge 14 aprile 1975 n. 103, in riferimento
agli artt. 3, 21, 41 e 43 della Costituzione.
Sostanzialmente, con tale ordinanza, attraverso una
motivazione molto diffusa: richiamate ed analizzate le
sentenze di questa Corte n. 225 e n. 226 del 1974 e
posto in rilievo come con la prima si é ammessa,
previa semplice autorizzazione, la installazione di
ripetitori di trasmissioni estere e con la seconda si
é deciso altrettanto per le emittenti via cavo a
carattere locale; posto, altresì, in rilievo come
nella specie si utilizza la frequenza di Capodistria,
nelle ore in cui non é usata dalla stazione
jugoslava; fatto presente, col richiamo anche alla
conferenza di Stoccolma riguardante il numero dei
canali televisivi assegnato all'Italia nonché ad una
consulenza tecnica depositata dagli imputati; si
sostiene la tesi che le considerazioni, in base alle
quali, anche con la sentenza n. 225, si é affermata
la legittimità del monopolio statale sulle
trasmissioni a scala nazionale non sono applicabili
alle trasmissioni a scala locale e se ne trae la
conseguenza della violazione degli artt. 21, 41 e 43
della Costituzione.
Si aggiunge, poi, che la disparità di trattamento
tra ripetitori di stazioni estere e trasmissioni
locali sulle stesse bande viola palesemente l'art. 3
della Costituzione.
In questo giudizio é intervenuto il Presidente del
Consiglio dei ministri rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che con l'atto
d'intervento chiede che la questione venga dichiarata
infondata, per le stesse deduzioni sopra riportate -
riguardanti l'ordinanza del pretore di Ragusa - tranne
quelle relative all'art. 10 della Costituzione, la cui
violazione con l'ordinanza in esame non é stata
denunziata.
4. - Il tribunale di Genova, nel corso di un
giudizio di appello contro due imputati del reato di
cui all'art. 179 del r.d. 27 febbraio 1936, n. 645,
modificato dall'art. 1 della legge 14 marzo 1952, n.
196 e punibile ai sensi dell'art. 195, primo ed ultimo
comma, del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, per avere
installato in Torriglia un ripetitore per la
ricezione, prima di allora non possibile, delle
trasmissioni televisive del 2 canale nazionale RAI-TV,
con ordinanza in data 21 ottobre 1975, pur mostrandosi
edotto della sentenza di questa Corte n. 225 del 1974,
dichiarava non manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale del citato art. 195 del
d.P.R. n. 156 del 1973, in riferimento agli artt. 41 e
43 della Costituzione.
In ordine alla rilevanza della proposta questione
si rileva:
a) la legge 14 aprile 1975, n. 103 non può trovare
applicazione in quanto nella specie trattasi di
giudicare su fatti verificatisi prima di tale
normativa;
b) detta normativa non può considerarsi legge più
favorevole al reo, in quanto, in mancanza di
"autorizzazione" oggi richiesta, il
contravventore é soggetto a sanzione identica a
quella già prevista dal citato art. 195 del d.P.R. 29
marzo 1973, n. 156;
c) la sanatoria concessa dall'art. 44 della legge
15 aprile 1975, n. 103 - relativa ai soli impianti
già esistenti alla data di entrata in vigore, il cui
esercizio può essere regolarizzato per il futuro -
non determina abolitio criminis in ordine ai fatti
anteriormente commessi e concretizzatisi nella
installazione e nel precedente esercizio di
"ripetitori" regolarizzati.
Non vi é stata costituzione di parti.
5. - Nel corso del procedimento penale a carico del
responsabile della cooperativa "Telecastelfranco"
imputato del reato di cui all'art. 45 della legge 14
aprile 1975, n. 103, per avere installato ed attivato
un impianto radiofonico via etere, il pretore di
Castelfranco Veneto, con ordinanza 13 novembre 1975,
ha sollevato questione di legittimità costituzionale
degli artt. 1, 2 e 45 di detta legge, in riferimento
all'art. 21 della Costituzione.
Secondo tale ordinanza il monopolio statale in
materia di trasmissioni radiotelevisive poggerebbe
sulla limitatezza dei canali disponibili.
Partendo da questa premessa, dopo avere
diffusamente illustrato l'assunto secondo il quale
quella limitatezza non sussisterebbe, si trae la
conseguenza della illegittimità del monopolio statale
per violazione dell'art. 21 della Costituzione.
Nel giudizio così promosso é intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con
l'atto d'intervento, in base a deduzioni identiche a
quelle relative all'ordinanza del pretore di Ragusa,
sopra riferite, chiede che la questione venga
dichiarata infondata.
6. - Nel corso di un procedimento penale a carico
di alcuni imputati del reato preveduto dall'art. 45
della legge 14 aprile 1975, n. 103, per avere
installato ed esercitato in Lecco un'emittente
radiofonica a modulazione, senza avere ottenuto la
relativa concessione, il pretore di Lecco, con
ordinanza 25 novembre 1975, ha sollevato d'ufficio
questione di legittimità costituzionale degli artt.
1, 2 e 45 della detta legge n. 103 del 1975, in
riferimento agli artt. 3 e 21 della Costituzione.
Anche se dalla motivazione di tale ordinanza
potrebbe apparire che la dedotta illegittimità
costituzionale dovrebbe estendersi a tutto, in genere,
il monopolio statale sulle trasmissioni
radiotelevisive via etere, dalla circostanza che
oggetto del giudizio a quo é un impianto radiofonico
su scala locale e che la violazione dell'art. 3 della
Costituzione é dedotta in riferimento al diverso
trattamento usato dal legislatore (in seguito alla
sentenza di questa Corte n. 226 del 1974) per le
trasmissioni televisive via cavo, si può dedurre che,
invece, si tende a fare estendere anche alle
trasmissioni radiotelevisive su scala locale il regime
dell'autorizzazione.
Comunque, mentre da quanto precede già risulta
sotto quale profilo é dedotta la violazione dell'art.
3, per quanto attiene all'art. 21 della Costituzione
la violazione é dedotta sotto il profilo della grave,
e non giustificata da motivi d'interesse pubblico,
limitazione della libertà di espressione del pensiero
che deriverebbe dal regime di monopolio.
Anche in questo giudizio é intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con
l'atto d'intervento, ha chiesto che la questione venga
dichiarata infondata per gli stessi motivi dedotti in
relazione all'ordinanza del pretore di Ragusa e sopra
riportati.
7. - Nel procedimento penale a carico del titolare
della stazione radiofonica privata denominata
"Radio Biella", svolgente esercizio di
diffusione circolare di programmi sonori via etere,
senza avere ottenuto la relativa concessione e perciò
imputato del reato di cui agli artt. 1, 183 e 195 del
d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, come modificati dagli
artt. 1, 2 e 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103, il
pretore di Biella, con ordinanza 5 novembre 1975, ha
sollevato questione di legittimità di tali norme,
nella parte in cui si riferiscono anche ad impianti
funzionanti entro un limitato ambito geografico, in
riferimento all'art. 21, comma primo, della
Costituzione.
Premesso che, anche con la sentenza di questa Corte
n. 225 del 1974, si é riconosciuta la legittimità
costituzionale del monopolio statale in
considerazione: a) della limitatezza dei canali
realizzabili; b) della inclusione dei servizi relativi
tra le categorie di imprese cui é applicabile l'art.
43 della Costituzione; c) della ricorrenza dei
requisiti del preminente interesse generale e della
utilità generale occorrenti per l'applicazione
dell'art. 43; d) della concreta impossibilità di una
utilizzazione generale del mezzo; tanto premesso
nell'ordinanza si afferma che tali ragioni non
sussistono per gli impianti utilizzabili soltanto su
scala locale - anche col richiamo allo studio compiuto
dal Centro delle Microonde dell'Università di Firenze
- e, pertanto, si conclude sostenendo la tesi che la
grave limitazione della libertà di espressione del
pensiero che deriva dal monopolio non é giustificata
per gli impianti a raggio limitato, con la conseguente
violazione dell'art. 21, comma primo, della
Costituzione.
Nel giudizio così promosso é intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con
l'atto d'intervento, chiede che la questione venga
dichiarata infondata, per gli stessi motivi già
dedotti negli altri casi di intervento di cui sopra.
8. - Nel procedimento penale a carico di alcuni
imputati del reato di cui agli artt. 1, 2 e 45 della
legge 14 aprile 1975, n. 103, per avere, senza la
prescritta concessione governativa, installato e messo
in esercizio una stazione radiofonica privata
denominata "Radio Novara" il pretore di
detta città, con ordinanza 20 dicembre 1975,
accogliendo analoga richiesta del patrocinio degli
imputati, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale, nella parte in cui si riferiscono alle
emittenti via etere a raggio limitato, delle norme
sopra citate, in riferimento agli artt. 3, 10, 21, 41
e 43 della Costituzione.
Con tale ordinanza si sostiene la tesi - già
riportata nel riferire sulle altre ordinanze di cui
sopra - secondo la quale per le trasmissioni via etere
a raggio locale non sussistono le limitazioni di
canali che costituiscono il motivo fondamentale della
giustificazione del monopolio statale per le
trasmissioni radio-televisive su scala nazionale e se
ne desume la violazione non soltanto degli artt. 21,
41 e 43, ma anche dell'art. 10 della Costituzione, in
riferimento alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo.
Si deduce, poi, anche la violazione dell'art. 3
della Costituzione, in quanto non si é estesa alle
trasmissioni via etere a raggio locale la stessa
disciplina adottata per le analoghe trasmissioni via
cavo (autorizzazione e non concessione).
Anche in questo giudizio é intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con
l'atto d'intervento, ha chiesto che la questione venga
dichiarata infondata per le stesse ragioni già sopra
esposte.
9. - Nel procedimento penale a carico di alcuni
imputati del reato di cui all'art. 195 del d.P.R. 29
marzo 1973, n. 156, così come modificato dagli artt.
1 e 45 della legge 9 aprile 1975, n. 103, per aver,
senza la prescritta concessione governativa,
impiantato ed utilizzato per la diffusione di
programmi radio via etere in Castelfranco di Sotto,
un'antenna denominata "Radio Pisa
F.M.103,1", il pretore di San Miniato, con
ordinanza 12 gennaio 1976, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, in riferimento agli artt.
2, 3, 21, 41 e 43 della Costituzione, delle norme di
cui sopra, nella parte in cui vengono ritenute
applicabili agli impianti di trasmissioni
radiotelevisive via etere a raggio locale.
Anche con questa ordinanza, partendo dall'assunto
che per tali trasmissioni non sussistono le
limitazioni di canali e le conseguenze che ne possono
derivare - che costituiscono il motivo fondamentale
per cui si é affermata la legittimità costituzionale
del monopolio statale sulle trasmissioni
radiotelevisive a raggio nazionale - si sostiene che
la omessa estensione alle trasmissioni
radio-televisive via etere a raggio locale della
stessa disciplina adottata dal legislatore per le
analoghe trasmissioni via cavo, implica la violazione
degli artt. 2, 21, 41 e 43 della Costituzione.
Dalla disparità di trattamento che deriverebbe da
questa omessa estensione si trae argomento per
denunziare anche la violazione dell'art. 3 della
Costituzione.
Anche in questo giudizio é intervenuto il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, con
l'atto d'intervento, ha chiesto che la questione venga
dichiarata infondata per gli stessi motivi sopra più
volte richiamati.
10. - Nel procedimento penale a carico di Sergio
Anastasio, imputato del reato di cui agli artt. 1, 183
e 195 del codice postale approvato con d.P.R. 29 marzo
1973, n. 156, per avere posto in opera una stazione
emittente televisiva via etere denominata
"Emanuel C.S.C. la nuova Radio Televisione Libera
di Ancona", il pretore di Ancona, con ordinanza
23 dicembre 1975, ha sollevato questione di
legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4,
45, 46, 47, 48 e tutti gli altri collegati, della
legge 14 aprile 1975, n. 103, in riferimento agli artt.
1, 2, 3, cpv., 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 della
Costituzione.
Nell'ordinanza si premette in fatto: che
dall'acquisizione agli atti di una consulenza di parte
era risultata la possibilità di coesistenza di
numerose stazioni emittenti della stessa potenza di
quella installata dall'imputato; che questa non aveva
mai cessato le trasmissioni; che dal dibattimento era
rimasto accertato che l'intero impianto era stato
installato con una spesa complessiva di due o tre
milioni; che le trasmissioni della "Emanuel"
non disturbavano i programmi della RAI; che a parere
del teste Russo, dirigente il Circolo costruzioni
delle poste era possibile in Ancona la installazione
di almeno due o anche più stazioni emittenti, le
quali potessero trasmettere senza reciproche
interferenze.
A queste premesse di fatto seguono alcune diffuse
considerazioni attraverso le quali si tende a
dimostrare:
che questa Corte dovrebbe estendere il suo
sindacato di legittimità costituzionale oltre che
alla normale conformità delle leggi, anche al modo
con cui sono applicate;
che, formalmente, la legge 14 aprile 1975, n. 103
appare evidentemente ispirata alla volontà di dare
piena e completa attuazione alle statuizioni contenute
nella sentenza di questa Corte n. 225 del 1974,
cosicché in linea teorica la sua legittimità
costituzionale sembrerebbe ineccepibile;
che, peraltro, nell'applicazione pratica ne sono
state completamente eluse le finalità, cosicché, in
concreto, le cose sono rimaste invariate rispetto al
passato;
che in conseguenza é necessario che la Corte
esamini nella sua globalità le questioni che rivelano
la deviazione nella detta applicazione pratica, delle
linee fondamentali indicate dal legislatore
costituente;
che a tal fine, é forse, sovrabbondante la
denuncia delle norme costituzionali di cui si deve
lamentare la violazione.
Sulla base delle considerazioni, così riassunte,
viene poi il dispositivo dell'ordinanza con il quale
si denunzia, appunto, la violazione di tutte le norme
costituzionali sopra indicate e, praticamente, si pone
in discussione la legittimità costituzionale
dell'intera legge n. 103 del 1975.
É intervenuto nel giudizio il Presidente del
Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che con l'atto
d'intervento ha chiesto che la questione venga
dichiarata irrilevante ed inammissibile.
Si é costituita poi per resistere la RAI-
Radiotelevisione italiana, il cui patrocinio, con la
memoria di costituzione, ha chiesto che la questione
venga dichiarata inammissibile o, comunque, dichiarata
infondata, con riserva di ogni altra deduzione ed
eccezione.
Si é costituito, altresì l'Anastasio, imputato
nel giudizio a quo, il cui patrocinio, con ampia
memoria, chiede che la questione venga dichiarata
irrilevante, in quanto, secondo la giurisprudenza di
numerosi pretori, le denunziate norme della legge n.
103 del 1975 non comprendono nella riserva allo Stato
della radiodiffusione le emittenti operanti in uno
ristretto ambito locale; in ogni caso confermando la
dichiarazione di illegittimità costituzionale di cui
alle sentenze di questa Corte n. 225 del 1974 e n. 1
del 1976, o dichiarando, all'occorrenza, la
illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 45
della legge n. 103, nella parte in cui riservano allo
Stato le trasmissioni radio-televisive locali,
riportandosi sostanzialmente, al riguardo, alla
motivazione dell'ordinanza di rinvio.
Con un'ampia memoria riassuntiva l'Avvocatura dello
Stato conferma tutte le deduzioni contenute nei vari
atti di intervento, illustrandole sostanzialmente nei
seguenti termini:
a) Chiarisce in primo luogo che la questione
sollevata con l'ordinanza del pretore di Ancona é
irrilevante perché le censure mosse da quel giudice
si rivolgono non alla legge, della quale, anzi, si
afferma la validità, ma alla sua asserita
disapplicazione, mentre proprio l'imputazione della
quale deve giudicare ne costituisce applicazione;
inammissibile perché attribuzione della Corte é
controllare la legittimità delle leggi, non già -
sul metro della Costituzione o, peggio, della legge
ordinaria - il comportamento tenuto da organi
parlamentari o amministrativi o perfino da persone
private in sede di applicazione della legge;
b) In secondo luogo, rilevate che tutte le
questioni - sollevate con le varie ordinanze di cui
sopra - che vengono oggi all'esame della Corte, anche
se con la denunzia della violazione di norme
costituzionali in parte diverse - compresa quella del
pretore di Ancona - hanno per oggetto l'assunto che
anche per le trasmissioni radio-televisive via etere
su scala locale deve adottarsi il regime
dell'autorizzazione, come, in seguito alla sentenza di
questa Corte n. 226 del 1974, si é fatto per le
trasmissioni via cavo, si deduce che questo assunto é
infondato.
Al riguardo, anche attraverso il richiamo ad
accertamenti tecnici, si pone in evidenza la profonda
diversità fra trasmissioni via cavo e trasmissioni
via etere, si sostiene che per quest'ultima sussiste
tuttora quella limitatezza di canali che costituì
l'elemento essenziale, riaffermato anche con la
sentenza n. 225 del 1974, che giustifica e rende
necessario il monopolio statale.
Infine anche il patrocinio della RAI-TV ha
depositato una diffusa ed elaborata memoria che,
mentre nella intestazione e nelle conclusioni
sembrerebbe diretta a confutare soltanto la fondatezza
della questione sollevata con l'ordinanza del pretore
di Ancona, sostanzialmente involge - espressamente
elencandole - tutte le questioni prospettate con le
altre ordinanze, sopra richiamate.
Poiché soltanto per il giudizio promosso con
l'ordinanza del pretore di Ancona vi é stata
tempestiva costituzione in giudizio e tale ordinanza
presenta peculiari caratteristiche per le quali non
sono ad essa pertinenti le deduzioni che riguardano le
altre, ovviamente tale memoria può essere presa in
considerazione limitatamente alla parte strettamente
attinente a detta ordinanza del pretore di Ancona,
ossia limitatamente al punto indicato nell'indice con
il n. 7.
Su questo punto il patrocinio della RAI-TV sostiene
la inammissibilità e subordinatamente la infondatezza
della questione, sostanzialmente con le stesse
considerazioni sopra riportate dell'Avvocatura
generale dello Stato.
Nell'udienza odierna il patrono della parte privata
Anastasio, con un'ampia discussione, ha sostenuto la
tesi che si debba estendere al suo difeso la decisione
che sarà adottata in ordine alle altre ordinanze, le
cui questioni sono state trattate contemporaneamente.
Alla sua volta l'Avvocatura generale dello Stato ha
insistito nelle richieste già sopra riportate.
Considerato in diritto
1. - I dieci giudizi, promossi con le ordinanze di
cui in epigrafe, avendo per oggetto, sostanzialmente,
questioni identiche o strettamente connesse, vanno
riuniti per essere decisi con unica sentenza.
2. - In ordine logico deve essere esaminata per
prima la questione sollevata con l'ordinanza 23
dicembre 1975 del pretore di Ancona, dato che, per
effetto delle eccezioni sollevate dall'Avvocatura
generale dello Stato e anche dal patrocinio della
parte privata - imputata nel giudizio a quo - si
presentano problemi pregiudiziali di ammissibilità,
anche sotto il profilo del difetto di rilevanza.
Come si é detto in narrativa, infatti, con
l'ordinanza in esame, vengono denunziati, in
riferimento agli artt. 1, 2, 9, 10, 11, 21, 33, 49,
138 e "ai principi generali della
Costituzione", gli artt. 1, 2, 3, 4, 45, 46, 47 e
48 della legge n. 103 del 1975 e comunque l'intera
legge - che pur si afferma non presentare vizi di
costituzionalità "sul piano teorico" - in
base all'asserzione che nell'applicazione pratica si
rileva la deviazione dalle linee fondamentali indicate
dal legislatore costituente.
Senonché, nella pur diffusa motivazione, a parte
considerazioni astratte, che non trovano riscontro in
concrete indicazioni che possano far individuare come
e perché siano stati violati gli articoli della
Costituzione richiamati - come si riconosce nella
stessa ordinanza di rinvio - "forse in numero
sovrabbondante rispetto all'effettiva necessità"
invano si ricerca la formulazione di un concreto
motivo di censura.
L'unico rilievo specifico, attraverso il quale si
potrebbe giungere ad identificare la violazione di
talune norme costituzionali a riferimento é quello
relativo alle tecniche d'attribuzione dei posti negli
organi deliberanti ed alle nomine di funzionari di
grado elevato e dei dirigenti, ma é chiaro che tutto
ciò non ha alcuna rilevanza ai fini dell'oggetto del
giudizio a quo.
Ne consegue che sia per contraddittorietà e
carenza di motivazione, sia per difetto di rilevanza
la questione deve dichiararsi inammissibile.
3. - Sempre in ordine logico deve essere, poi,
esaminata la questione sollevata con l'ordinanza 21
ottobre 1975 dal giudice istruttore presso il
tribunale di Genova.
Questa ordinanza ha per oggetto il procedimento
penale per una contravvenzione, punibile ai sensi
dell'art. 195 del t.u. approvato con il d.P.R. n. 156
del 1973, reato bensì permanente ma la cui permanenza
deve ritenersi cessata, per effetto della sentenza del
pretore di Genova, sezione staccata di Torriglia, in
data 5 aprile 1974, sentenza appellata dal pubblico
ministero, senza peraltro contestazione della
continuazione.
Il giudice istruttore presso il tribunale di Genova
era, pertanto, investito della cognizione, in grado di
appello, di un reato consumato in data anteriore al 5
aprile 1974.
Conseguentemente, essendo nel frattempo intervenuta
la sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, con la
quale l'impugnato art. 195 del t.u. del 1973, n. 156
é stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, la
questione deve essere dichiarata manifestamente
infondata, come già é stato deciso, in casi
identici, con la sentenza di questa Corte n. 1 del
1976.
4. - Le altre otto ordinanze (due delle quali e
precisamente quella del pretore di Ragusa e quella del
giudice istruttore presso il tribunale di Reggio
Emilia si riferiscono ad impianti per trasmissioni
televisive via etere, le altre ad impianti per
trasmissioni radiofoniche via etere) senza contestare
la legittimità costituzionale del monopolio statale
per le trasmissioni radiofoniche e televisive su scala
nazionale - e richiamandosi, anzi, alle motivazioni
delle sentenze di questa Corte che l'hanno affermato -
contestano la legittimità della estensione del regime
di monopolio agli impianti ed all'esercizio di
stazioni radiofoniche e televisive via etere su scala
locale, per i quali chiedono l'assoggettamento a
regime di autorizzazione in analogia con quanto é
stato dichiarato con la sentenza di questa Corte n.
226 del 1974 ed attuato con la legge n. 103 del 1975
nella parte relativa alle trasmissioni televisive via
cavo.
Comune a tutte queste otto ordinanze é la tesi che
il motivo fondamentale che ha indotto questa Corte a
riconoscere la legittimità del monopolio statale é
la limitatezza dei canali utilizzabili (sentenze n. 59
del 1960 e n. 225 del 1974) e che questo motivo se
può ritenersi tuttora valido, allo stato attuale, per
le trasmissioni su scala nazionale, non lo é per
quelle su scala locale.
Di qui la conseguenza che la persistente estensione
del monopolio statale a queste ultime trasmissioni
sarebbe costituzionalmente illegittima, in
riferimento: a) secondo il pretore di Novara, agli
artt. 3, 10, 21, 41 e 43 della Costituzione; b)
secondo il pretore di S. Miniato, agli artt. 2, 3, 21,
41 e 43; c) secondo il pretore di Livorno, agli artt.
3, 21, 41 e 43; d) secondo il pretore di Ragusa, agli
artt. 3, 10 e 21; e) secondo il giudice istruttore
presso il tribunale di Reggio Emilia, agli artt. 21,41
e 43; f) secondo il pretore di Lecco, agli artt. 3 e
21; g) ed h) secondo i pretori di Biella e di
Castelfranco Veneto, all'art. 21.
A sostegno della tesi della possibilità di
trasmissioni su scala locale senza intralci né per
quelle delle reti nazionali, né per quelle di altre
su scala locale, le varie ordinanze di rimessione si
richiamano o a consulenze tecniche esibite dalle parti
private o allo stato di fatto ormai esistente, secondo
il quale attualmente sarebbero funzionanti in Italia
ben 400 impianti del genere.
Tanto l'Avvocatura generale dello Stato, quanto il
patrocinio della RAI-TV contestano, anzitutto, sulla
base di elaborati accertamenti tecnici, la
disponibilità, se non illimitata, tuttavia
sufficientemente ampia, di canali utilizzabili per
impianti su scala locale, asserita nelle ordinanze di
rimessione.
Sostengono, poi, che, come ha riconosciuto la
sentenza di questa Corte n. 225 del 1974, quello
radio-televisivo costituisce un servizio pubblico
essenziale, di preminente interesse generale che, per
questa sua natura, non può formare, neppure in parte,
oggetto di attività privata.
Il patrocinio della RAI-TV, inoltre, ammette
sostanzialmente l'esistenza dello stato di fatto
asserito nelle ordinanze, ma deduce che é reso
possibile soltanto transitoriamente, in quanto é in
corso di completamento lo studio da parte degli organi
tecnici statali, per la realizzazione, su scala
nazionale, di due nuove reti televisive, realizzazione
che assorbirebbe gran parte della disponibilità di
canali attualmente esistenti.
L'Avvocatura generale dello Stato, infine,
prospetta, senza peraltro insistervi, una eccezione di
difetto di rilevanza, comune a tutte le ordinanze in
esame, che dovrebbe trovar fondamento nella
considerazione che, agli effetti penali, sia in regime
di concessione, sia in regime di autorizzazione, la
sanzione, in caso di inosservanza delle norme che li
disciplinano, é identica.
Chiariti, come precede, i termini delle tesi
contrapposte, valgono, in ordine ad esse, le
considerazioni che seguono.
5. - La eccezione di difetto di rilevanza
prospettata, nei termini sopra esposti dall'Avvocatura
generale dello Stato é priva di giuridico fondamento.
L'eventuale dichiarazione di fondatezza delle
questioni sollevate con le ordinanze in esame,
infatti, non implicherebbe l'automatica applicazione
agli impianti già esistenti del regime di
autorizzazione, ma renderebbe necessario l'intervento
del legislatore per stabilirne i modi e le condizioni
di attuazione, in attesa del quale, poiché il regime
di autorizzazione presuppone un vero e proprio diritto
perfetto del richiedente, sarebbero inapplicabili
sanzioni penali prevedute per ipotesi diverse, anche
se analoghe.
6. - Nel passare, quindi, all'esame del merito
delle proposte questioni, é necessario tener presente
che, come si é posto in rilievo in narrativa, la
legittimità costituzionale del monopolio statale per
quanto attiene alle trasmissioni radiofoniche e
televisive su scala nazionale non é contestata dalle
ordinanze di rimessione; le quali anzi - in
conformità con le statuizioni della sentenza di
questa Corte n. 225 del 1974 recepite dal legislatore
nell'art. 1 della legge n. 103 del 1975 - ne
riconoscono il carattere di servizio pubblico
essenziale e di preminente interesse generale.
La tesi fondamentale - comune a tutte le ordinanze
e sopra ricordata - sulla quale poggiano le denunziate
violazioni di norme costituzionali, consiste
nell'affermazione che il presupposto del
riconoscimento della legittimità di tale monopolio é
la limitatezza dei canali disponibili e che tale
presupposto non sussiste per quanto attiene alle
trasmissioni su scala locale.
Ai fini del decidere é, quindi, necessario
accertare se e sino a qual punto siano esatti i
termini giuridici e di fatto sui quali poggia la tesi
come sopra riassunta.
A tale riguardo é da rilevare che dalle sentenze
n. 59 del 1960 e n. 225 del 1974 risulta in modo del
tutto evidente che questa Corte al riconoscimento
della legittimità del monopolio statale é pervenuta
sul presupposto della limitatezza dei canali
utilizzabili.
Ma, nel contempo, emerge la considerazione
dell'attività d'impresa di cui si tratta, come
servizio pubblico essenziale e di preminente interesse
generale.
Stante ciò, ove si constati - come é ragionevole
fare sulla base delle diffuse cognizioni tecniche e
delle pratiche realizzazioni in atto esistenti - la
ingiustificatezza, allo stato attuale, della tesi
secondo cui sussisterebbe una concreta limitatezza in
ordine alle frequenze utilizzabili per le trasmissioni
radiofoniche e televisive, deve riconoscersi su scala
locale che il relativo presupposto non possa
ulteriormente essere invocato.
Il che, però, non richiede né tanto meno comporta
che debba escludersi la legittimità costituzionale
delle norme che riservano allo Stato le trasmissioni
radiofoniche e televisive su scala nazionale. Giacché
- e ciò giova ribadirlo in modo espresso - la
radiodiffusione sonora e televisiva su scala nazionale
rappresenta un servizio pubblico essenziale e di
preminente interesse generale.
7. - Ne consegue che la normativa de qua, oggetto
di denuncia, si appalesa costituzionalmente
illegittima in riferimento agli artt. 3 e 21 della
Costituzione.
Sotto il profilo della violazione dell'art. 3, in
quanto che, se non sussiste la illimitatezza di
frequenze, propria delle trasmissioni via cavo,
esiste, tuttavia, per le trasmissioni su scala locale
via etere una disponibilità sufficiente a consentire
la libertà di iniziativa privata senza pericolo di
monopoli od oligopoli privati, dato anche il costo non
rilevante degli impianti, cosicché il non consentirla
- al contrario di quanto si é fatto per le
trasmissioni via cavo - implica violazione del
principio di eguaglianza, sancito dalla norma a
riferimento.
Sotto il profilo della violazione dell'art. 21
della Costituzione, giacché, esclusa la possibilità
di monopoli od oligopoli per le trasmissioni su scala
locale, viene meno l'unico motivo che per queste
ultime trasmissioni possa giustificare quella grave
compressione del fondamentale principio di libertà,
sancito dalla norma a riferimento, che anche un
monopolio di Stato necessariamente comporta.
8. - Il riconoscimento del diritto di iniziativa
privata, nei limiti risultanti da quanto precede, data
la connessione con il servizio pubblico essenziale e
di preminente interesse generale, costituito, tra
l'altro, dalla diffusione via etere su scala nazionale
di programmi radiofonici e televisivi ed affidato al
monopolio statale, postula la necessità
dell'intervento del legislatore nazionale perché
stabilisca l'organo dell'amministrazione centrale
dello Stato competente a provvedere all'assegnazione
delle frequenze ed all'effettuazione dei conseguenti
controlli, e fissi le condizioni che consentano
l'autorizzazione all'esercizio di tale diritto in modo
che questo si armonizzi e non contrasti con il
preminente interesse generale di cui sopra e si svolga
sempre nel rigoroso rispetto dei doveri ed obblighi,
anche internazionali, conformi a Costituzione.
In particolare si dovranno stabilire: a) i
requisiti personali del titolare dell'autorizzazione e
dei suoi collaboratori, che diano affidamento di
corretta e responsabile gestione delle trasmissioni;
b) le caratteristiche tecniche degli impianti e la
relativa zona di servizio, nonché la specificazione
delle frequenze e dei canali utilizzabili; c) l'esatta
indicazione dell'ambito di esercizio, il cui carattere
"locale" deve essere ancorato a ragionevoli
parametri d'ordine geografico, civico,
socio-economico, che consentano di circoscrivere una
limitata ed omogenea zona di utenza, senza, peraltro,
eccessive restrizioni, tali da vanificare l'esercizio
medesimo; d) eventuale fissazione di turni ed adozione
di ogni altro accorgimento tecnico, al fine di non
turbare il normale svolgimento del servizio come sopra
riservato allo Stato ai sensi degli artt. 1 e 2 della
citata legge n. 103 del 1975 e di ogni altro servizio
parimenti riservato allo Stato; ed al fine di rendere
possibile il concorrente esercizio di attività da
parte degli altri soggetti autorizzati; e) limiti
temporali per le trasmissioni pubblicitarie, in
connessione con gli analoghi limiti imposti al
servizio pubblico affidato al monopolio statale; f)
ogni altra condizione necessaria perché l'esercizio
del diritto, previa autorizzazione, si svolga
effettivamente nell'ambito locale e non dia luogo a
forme di concentrazione o situazioni di monopolio o
oligopolio.
Ove concorrano le condizioni, da stabilire nei modi
sopra indicati, il rilascio dell'autorizzazione é
vincolato e non meramente discrezionale, con tutte le
conseguenze giuridiche che tale natura dell'atto
comporta nel nostro ordinamento.
9. - Va, infine, rilevato che nell'art. 14, comma
primo, lett. d), della legge n. 103 del 1975 é posta
a carico della società concessionaria "la
realizzazione graduale di altri impianti radiofonici e
televisivi, ad esaurimento delle disponibilità
consentite dalle frequenze assegnate all'Italia dagli
accordi internazionali per i servizi di
radiodiffusione"; e va considerato che dalla
presente declaratoria di illegittimità costituzionale
consegue, a norma dell'art. 27 della legge 11 marzo
1953, n. 87, la stessa declaratoria per il detto art.
14 per la parte in cui é previsto l'esaurimento delle
disponibilità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara l'illegittimità costituzionale degli
artt. 1, 2 e 45 della legge 14 aprile 1975, n. 103
(nuove norme in materia di diffusione radiofonica e
televisiva) nella parte in cui non sono consentiti,
previa autorizzazione statale e nei sensi di cui in
motivazione, l'installazione e l'esercizio di impianti
di diffusione radiofonica e televisiva via etere di
portata non eccedente l'ambito locale;
b) dichiara inammissibile la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4,
45, 46, 47 e 48 della citata legge 14 aprile 1975, n.
103, sollevata, in riferimento agli artt. 1, 2, 3
cpv., 9, 10, 11, 21, 33, 49 e 138 della Costituzione,
dal pretore di Ancona con l'ordinanza indicata in
epigrafe;
c) dichiara manifestamente infondata la questione
di legittimità costituzionale degli artt. 195, primo
ed ultimo comma, del d.P.R. 29 maggio 1973, n. 156
(approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni) sollevata, in riferimento agli artt.
41 e 43 della Costituzione, dal tribunale di Genova
con l'ordinanza indicata in epigrafe;
d) dichiara, a norma dell'art. 27 della legge 11
marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale
dell'art. 14 della citata legge 14 aprile 1975, n. 103
nella parte in cui prevede la possibilità che
mediante le realizzazioni di impianti da parte della
società concessionaria siano esaurite le
disponibilità consentite dalle frequenze assegnate
all'Italia dagli accordi internazionali per i servizi
di radiodiffusione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio
1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO -
Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele
TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto
AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido
ASTUTI - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 luglio 1976.
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