SENTENZA N.1030
ANNO 1988
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco SAJA,
Giudici
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 183, 190, 191, 195, 213,
218, 322, 334 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156
(Approvazione del testo unico delle disposizioni
legislative in materia postale, di bancoposta e di
telecomunicazioni), modificati dall'art. 45 della
legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia
di diffusione radiofonica e televisiva), in
riferimento agli artt. 3 e 4 del d.l. 6 dicembre 1984,
n. 807, convertito in legge 4 febbraio 1985, n. 10
(Conversione in legge, con modificazioni, del
decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante
disposizioni urgenti in materia di trasmissioni
radiotelevisive), promossi con ordinanze emesse il 20
ottobre 1983 dal Pretore di Legnano, il 23 marzo e il
4 aprile 1985 dal Pretore di Torino, il 28 marzo 1985
dal Tribunale di Milano, il 22 aprile 1985 dal Pretore
di Moncalieri, il 7 febbraio 1986 dal Pretore di
Bologna, il 25 marzo 1986 dal Pretore di La Spezia (n.
2 ordinanze), il 28 novembre 1985 dal Pretore di
Mezzolombardo, il 27 marzo 1986 dal Pretore di
Macerata, il 2 maggio 1986 dal Pretore di La Spezia
(n. 2 ordinanze), il 27 settembre 1986 dal Pretore di
Guglionesi, il 22 settembre 1986 dal Pretore di
Salerno, l'8 maggio 1985 dal Pretore di Mistretta, il
23 gennaio e il 20 febbraio 1987 dal Pretore di
Guglionesi, il 24 marzo 1987 dal Pretore di S. Angelo
di Brolo, e il 26 giugno e il 10 luglio 1987 dal
Pretore di Guglionesi, rispettivamente iscritte al n.
153 del registro ordinanze 1984, ai nn. 423, 448, 474
e 602 del registro ordinanze 1985, ai nn. 278, 469,
470, 483, 493, 529, 530, 772 e 790 del registro
ordinanze 1986 e ai nn. 18, 180, 188, 287, 414 e 610
del registro ordinanze 1987 e pubblicate sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 dell'anno
1984, nn. 250 bis e 302 bis dell'anno 1985, nn. 40,
34, 35, 42 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1986
e nn. 1, 3, 11, 22, 31, 39 e 46, prima serie speciale,
dell'anno 1987.
Visti gli atti di costituzione di
Turroni Giancarlo, in proprio e nella qualità, e di
Pizzino Giuseppe nonchè gli atti di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7
giugno 1988 il Giudice relatore Ugo Spagnoli;
udito l'Avv. Gustavo Romanelli per
Turroni Giancarlo e l'Avv.
dello Stato Giorgio Azzariti per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - Le venti ordinanze indicate in
epigrafe propongono, relativamente al regime giuridico
di alcuni impianti di telecomunicazione a mezzo di
onde radioelettriche (apparecchi radioelettrici
ricetrasmittenti di debole potenza e ponti radio),
questioni identiche o per lo meno analoghe. Le
relative questioni possono perciò essere trattate e
decise con unica sentenza.
2. - Il vigente testo unico delle
disposizioni legislative in materia postale, di
bancoposta e di telecomunicazioni (c.d. codice
postale), approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156,
dopo aver previsto, in via generale, all'art. 1,
l'appartenenza in esclusiva allo Stato dei <servizi
di telecomunicazioni>, stabilisce, in apertura del
libro IV, ad essi dedicato, che <nessuno può
eseguire od esercitare impianti di telecomunicazioni
senza aver ottenuto la relativa concessione>
(titolo I, capo I, art. 183, primo comma) e detta poi,
ai successivi capi II e IV (artt. 186 ss., 213 ss.),
le condizioni per il rilascio delle concessioni ad uso
privato.
A tali condizioni si richiamano le
disposizioni contenute nel titolo IV, dedicato ai
<servizi radioelettrici>, concernenti gli
impianti qui in esame.
In particolare, per i collegamenti
in ponte radio ad uso privato (capo II, sezione I),
l'art. 322 richiama la norma generale sulle
concessioni ad uso privato (art. 213), nonchè-pur con
qualche eccezione (radiotrasmissione di informazioni,
ecc.) - i limiti al rilascio di tali concessioni
dettati nell'art. 214. Quest'ultima norma prevede
che-salvi soltanto i servizi di cui al secondo comma
-le concessioni non possano essere accordate <se
fra i punti estremi da collegare esiste servizio ad
uso pubblico> ovvero se il collegamento può essere
realizzato <con altro mezzo trasmissivo messo a
disposizione dall'amministrazione o dai concessionari
di servizi di telecomunicazioni, fatta eccezione -nel
secondo caso-per eventuali obblighi di legge ovvero
per i casi in cui l'amministrazione riconosca
l'opportunità della coesistenza dei due mezzi per
ragioni di sicurezza delle persone o dei beni>.
Tali limiti non si applicano agli
apparecchi radioelettrici ricetrasmittenti di debole
potenza di tipo portatile (art. 214, ultimo comma),
all'uso dei quali il Ministro per le poste e le
telecomunicazioni puo, <nell'ambito degli accordi
internazionali e delle vigenti disposizioni>,
riservare determinate frequenze o bande di frequenza
per una serie di impieghi specificati-anche se non
tassativamente-nell'art. 334 (ausilio alla sicurezza
stradale o marittima, ad attività sanitarie o
sportive, a servizi di imprese industriali,
commerciali, artigiane ed agrarie, per ricerca di
persone ecc.). La concessione - si precisa ancora -
<non comporta esclusività nell'uso delle frequenze
riservate, ne diritto a protezione da eventuali
disturbi o interferenze da parte di altri apparecchi
autorizzati>.
Sul piano sanzionatorio, infine,
l'art. l95 T.U. commina, per l'esercizio senza
concessione di impianti radioelettrici, la pena
dell'arresto da tre a sei mesi e dell'ammenda da
200.000 a 2.000.000 di lire.
3. - Il citato art. 195, primo
comma, n. 2 e denunciato dal Pretore di Legnano (r.o.
153/84) per eccesso di delega (art. 76 Cost.), nel
presupposto che esso preveda una sanzione diversa e più
grave di quella comminata nella disposizione
originaria, che sarebbe, a suo dire, quella contenuta
negli artt. 1 e 2 della legge 9 febbraio 1968, n. 117.
Come esattamente rilevato
dall'Avvocatura, il giudice a quo muove da un
presupposto erroneo. Le disposizioni ora citate
riguardano la costruzione, importazione od esercizio
di impianti radioelettrici <non rispondenti alle
norme stabilite per la prevenzione ed eliminazione dei
disturbi alle radiotrasmissioni ed alle
radioricezioni>: e ad esse corrispondono quelle di
cui agli artt. 398 e 399 del d.P.R. n. 156 del 1973,
poi modificate dalla l. n. 209 del 1980.
L'impugnato art. 195 riguarda
invece la diversa ipotesi di esercizio di tali
impianti senza concessione e riproduce quasi
letteralmente-e senza variazioni quanto a previsione
sanzionatoria-l'art. 178 del previgente codice postale
(r.d. 27 febbraio 1936, n. 645), come modificato con
l'art. 1 della legge 14 marzo 1952, n. 196.
La predetta questione va perciò
dichiarata manifestamente infondata.
4. - Comune a tutte le altre
ordinanze e l'assunzione, come termine di paragone cui
raffrontare la disciplina degli apparecchi di debole
potenza e dei ponti radio, del regime giuridico
vigente per le trasmissioni radiotelevisive.
L'Avvocatura dello Stato ha pero,
eccepito l'irrilevanza della questione sollevata dal
Pretore di Salerno (r.o. n. 790/86), sostenendo che,
poichè nel procedimento a quo era contestata
l'abusiva attivazione di un impianto ricetrasmittente
radioelettrico di debole potenza <via cavo>,
sarebbe incongrua la censura riferita all'art. 334 del
d.P.R. n. 156 del 1973, concernente i soli impianti
operanti via etere. Ma l'eccezione non può essere
accolta, in quanto gli apparecchi disciplinati da
detta disposizione rientrano nel genus <stazione
radioelettrica> di cui agli artt. 314 e 315 del
medesimo d.P.R., che si riferisce alle trasmissioni
effettuate <a mezzo di onde radioelettriche>
senza escludere che queste possano essere convogliate
su trasportatori fisici, quali i cavi.
5. - Alcuni dei giudici a quibus -
e precisamente i Pretori di Mezzolombardo, Macerata,
Guglionesi, Mistretta e Moncalieri (rispettivamente,
r.o. nn. 483, 493, 772/86, 18/87, 602/85)-ravvisano
una violazione del principio di eguaglianza
nell'assoggettamento a concessione, ed a sanzione
penale in mancanza di questa, dell'esercizio degli
apparecchi radioelettrici ricetrasmittenti di debole
potenza, laddove, a seguito della sentenza n. 202 del
1976 di questa Corte, l'esercizio degli impianti
radiotelevisivi via etere di portata non eccedente
l'ambito locale non e soggetto a concessione ne a
sanzione penale.
Tale censura é stata già
dichiarata non fondata con la sentenza n. 237 del
1984, nella quale la Corte ha precisato che l'anomala
situazione dell'attività di trasmissione
radiotelevisiva-frutto dell'inerzia del legislatore
nel dar seguito alla citata sentenza del 1976 - non può
essere assunta <come metro di legittimità della
normativa denunciata, che vuole l'installazione e
l'esercizio degli impianti di telecomunicazione
subordinati alla concessione o all'autorizzazione
governativa>: e ciò tanto in riferimento alla
previsione sanzionatoria, quanto alla parte precettiva
delle disposizioni denunziate, rispetto alla quale
<non muterebbero i termini e le caratteristiche dal
confronto istituito> dai giudici a quibus.
Poichè la medesima questione é già
stata dichiarata più volte manifestamente infondata (ordd.
nn. 23, 77, 294/85, 91/86, 35 e 166/87, 282/88), alla
stessa conclusione deve pervenirsi in questa sede, non
essendo stati addotti profili nuovi o argomentazioni.
6. - Il Pretore di Moncalieri
aggiunge-sempre in riferimento all'art. 3 Cost.-un'altra
censura, la quale si appunta sull'art. 4, comma 3 bis,
del d.l. 6 dicembre 1984, n. 807, convertito, con
modificazioni, nella legge 4 febbraio 1985, n. 10,
nella parte in cui prevede una causa estintiva del
reato contemplato nell'art. 195 d.P.R. n. 156 del 1973
solo relativamente alle emittenti radiotelevisive
private e non anche agli impianti radioelettrici di
debole potenza.
Sostanzialmente analoghe sono le
censure che, basandosi sul medesimo parametro, il
Pretore di Torino muove, con due distinte ordinanze (r.o.
nn. 423 e 448/85), ai citati artt. 183, l95 e-con la
prima-334 del d.P.R. n. 156 del 1973: essi sarebbero
costituzionalmente illegittimi sia in quanto non
prevedono, per gli impianti di radiodiffusione non
circolari, la predetta causa di non punibilità, sia
in quanto richiedono per questi la concessione o
l'autorizzazione anzichè - come per gli impianti di
radiodiffusione circolare, già in funzione alla data
del 1o ottobre 1984- una mera comunicazione di dati ed
elementi, la cui omissione ha come unica conseguenza
la disattivazione degli impianti (art. 4 l. n. 10 del
1985 cit.).
Le questioni non sono fondate.
L'art. 4, comma 3 bis del d.l. n.
807 del 1984, introdotto con la legge di conversione
n. 10 del 1985, si colloca nel contesto di una
normativa recante <disposizioni urgenti in materia
di trasmissioni radiotelevisive> volta a dare a
queste una regolamentazione provvisoria in attesa
dell'emanazione della <legge generale sul sistema
radiotelevisivo> (art. 1, quinto comma, D.L. cit.).
La Corte ha già ricordato, nella sentenza n. 826 del
1988, che detta disciplina ha le sue premesse
nell'incontrollato proliferare di emittenti
radiotelevisive private verificatosi durante la
prolungata fase di carenza della necessaria
regolamentazione seguita alla sottrazione alla riserva
statale delle trasmissioni radiotelevisive via etere
con raggio limitato all'ambito locale (sent. n. 202
del 1976). A fronte di tale situazione di fatto, si e
ritenuto - col d.l. citato - di consentire in via
provvisoria la prosecuzione dell'attività delle
emittenti già operanti alla data del 1o ottobre 1984
(art. 3), peraltro ponendo a loro carico l'obbligo di
comunicare una serie di dati sull'ubicazione e le
caratteristiche degli impianti, utili ai fini della
redazione del piano nazionale delle frequenze, pena la
disattivazione (art. 4, primo, secondo e terzo comma).
In questo contesto si colloca la
norma impugnata, legata a quelle ora indicate <da
un nesso logico-temporale inscindibile>, nel senso
che si é inteso rendere non punibile per il passato -
ed alle medesime condizioni o l'attività che
contestualmente si rendeva lecita, in via provvisoria,
per il futuro. Essa ha quindi la sua ragion d'essere
unicamente nella peculiare, anomala e necessariamente
contingente situazione determinatasi nel settore
dell'emittenza radiotelevisiva privata: situazione che
non trova riscontro in quello degli apparecchi
radioelettrici di debole potenza, la cui disciplina,
sotto il profilo sia precettivo che sanzionatorio, non
ha mai subito fratture o deviazioni.
Tanto basta a rendere palese la
disomogeneità delle situazioni poste a raffronto.
7. - Nelle rimanenti impugnative,
il riferimento alla disciplina dell'emittenza
radiotelevisiva e prospettato sotto un diverso
profilo, nel senso che si sostiene che per gli
apparecchi di debole potenza ed i ponti radio non
sussisterebbero le ragioni, attinenti alla limitatezza
di frequenze ed al costo degli impianti, che nel
predetto settore sono valse a giustificare la riserva
statale (sentt. nn. 225 e 226 del 1974, 202 del 1976, 148 del 1981). Da ciò i
giudici a quibus non traggono la conseguenza che tali
attività dovrebbero svolgersi senza necessita di
alcun provvedimento abilitativo; ritengono, pero, che
sarebbe più appropriato un regime autorizzatorio,
idoneo a contenere l'ambito di discrezionalità
riservato alla pubblica amministrazione dal vigente
regime concessorio ed a salvaguardare, nel contempo,
le esigenze di controllo ad essa facenti capo a tutela
del pubblico interesse.
Su questo nucleo argomentativo si
fondano le censure mosse alla disciplina sugli
apparecchi radioelettrici di debole potenza dai
Pretori di: Bologna (r.o. n. 278/86), che impugna gli
artt. 1, 183, 195 e 334 del d.P.R. 29 marzo 1973, n.
156 in riferimento agli artt. 21, 35 e 41 Cost.;
Salerno, (r.o. n. 790/86, già richiamata) che censura
queste ultime tre disposizioni in relazione ai detti
artt. 35 e 41; Guglionesi (r.o. nn. 180, 188, 414 e
610/87) e La Spezia (r.o. nn. 469, 470, 529 e 530/86),
che censurano il solo art. 195 assumendo a parametro
l'art. 21 ed, il secondo, anche l'art. 15 Cost.
Analoga motivazione hanno, poi, le impugnative
concernenti la disciplina dei ponti radio proposte in
riferimento <agli artt. 3, 21 (ed eventualmente 15)
e 41 Cost.> dal Tribunale di Milano (r.o. n.
474/85)-che censura gli artt. 1 e 183 -e dal Pretore
di S. Angelo di Brolo (r.o. n. 287/87), che denuncia,
in relazione agli artt. 41 e 43 Cost., sia il citato
art. 195 che le norme dello stesso d.P.R. n. 156 del
1973 che sottopongono a regime concessorio l'esercizio
di impianti di telecomunicazioni (artt. 183, 213 e
322), dettano le condizioni per l'estinzione della
concessione anche per decadenza (artt. 190, 191) e
fanno salva la facoltà della P.A. di pronunziare tale
decadenza della concessione in via cautelare (art. 218
u.c.).
8. - Tra i parametri costituzionali
invocati, il Pretore di La Spezia, oltre ad indicare,
come altri dei giudici a quibus, l'art. 21, sostiene
che la disciplina degli apparecchi di debole potenza
andrebbe più propriamente sindacata in riferimento al
principio della libertà di comunicazione sancito
nell'art. 15 Cost.. Anche a proposito dei ponti radio
il Tribunale di Milano, pur senza soffermarsi sul
punto, prospetta in via alternativa la violazione
dell'una o dell'altra delle suddette disposizioni
costituzionali.
L'essenziale distinzione tra i
diritti di libertà garantiti dagli artt. 15 e 21
Cost. si incentra effettivamente-come sostenuto dal
Pretore di La Spezia in conformità alla prevalente
dottrina-sull'essere la comunicazione, nella prima
ipotesi, diretta a destinatari predeterminati e
tendente alla segretezza e, nell'altra, rivolta invece
ad una pluralità indeterminata di soggetti. Nel caso
degli apparecchi ricetrasmittenti di debole potenza,
si tratta di strumenti tipicamente preordinati a
realizzare comunicazioni interpersonali e non a
diffondere messaggi alla generalità; ed il fatto che
questi siano, per ragioni tecniche, captabili da terzi
e che la legge non assicuri la protezione da
interferenze (art. 334, ult. comma) non giova a
mutarne l'essenziale destinazione. Devono perciò
dichiararsi non fondate, in quanto proposte in base ad
un parametro costituzionale non pertinente, le
questioni sollevate in riferimento all'art. 21 Cost.
dai Pretori di Bologna (r.o. 278/86) e Guglionesi (r.o.
180, 188, 414 e 610/87).
Analoghe considerazioni valgono per
i ponti radio che, anche quando sono utilizzati per il
trasferimento di messaggi destinati ad una successiva
diffusione- come avviene per le trasmissioni
radiofoniche e televisive - sono di per se sistemi di
radiocomunicazione a mezzo di onde radioelettriche non
circolari, e cioé strumenti di collegamento e
trasmissione di dati da punto a punto, e perciò
indirizzati a destinatari determinati.
Già alla stregua di tali
precisazioni si appalesa non pertinente il richiamo,
da parte dei Pretori di Bologna, Salerno, La Spezia,
S. Angelo di Brolo e del Tribunale di Milano, alle
ragioni-nella specie, assunte come insussistenti-poste
da questa Corte a giustificazione della riserva
statale delle trasmissioni radiotelevisive. La
limitatezza delle frequenze ed il costo degli impianti
sono invero, per queste ultime, fattori che concorrono
a concretizzare i pericoli di concentrazione di tali
strumenti in poche mani, e quindi di compromissione
del fondamentale valore del pluralismo
dell'informazione (cfr. sent. n. 826 del 1988). Per
gli strumenti di comunicazione qui in esame, la
problematica sulla riserva statale concerne invece
profili diversi, giacchè qui non é evidentemente in
gioco quello attinente alla potenzialità di incidenza
sulla pubblica opinione e si tratta invece,
essenzialmente, di predisporre gli strumenti atti ad
assicurare un ordinato governo dell'etere.
9. - A tal proposito, va
innanzitutto ricordato, con riferimento alla
disciplina dei ponti radio, che la materia delle
radiocomunicazioni é oggetto di una cospicua
normativa internazionale, contenuta in particolare
nella convenzione adottata a Nairobi il 6 novembre
1982-ratificata e resa esecutiva con legge 9 maggio
1986, n. 149-e nel Regolamento Internazionale delle
Radiocomunicazioni (R.I.R.), adottato nella Conferenza
Amministrativa mondiale di Ginevra del 6 dicembre 1979
e reso esecutivo con d.P.R. 27 luglio 1981, n. 740. Da
tali atti discende l'obbligo internazionale dello
Stato sia di pianificare la ripartizione delle
frequenze tra le varie utilizzazioni in conformità
alle prescrizioni del detto Regolamento, sia di
subordinare ad apposita <licenza>
l'installazione e l'esercizio di stazioni
radioelettriche, sia infine di contenere nel minimo
indispensabile le frequenze utilizzate e di esercitare
penetranti poteri di intervento e di controllo atti a
prevenire ed eliminare interferenze e disturbi
pregiudizievoli (cfr., in particolare, gli artt. da 5
a 24 Reg. cit.).
In questo quadro, il Piano
nazionale di ripartizione delle frequenze-emanato in
attuazione del predetto Regolamento internazionale ed
approvato con D.M. 31 gennaio 1983 - nel distribuire
le frequenze tra i vari servizi o categorie di
utilizzatori, attribuisce al Ministero delle Poste e
delle Telecomunicazioni notevoli poteri discrezionali.
Allo stesso Ministero é poi
demandata, <nell'ambito del regolamento
internazionale delle radiocomunicazioni,
l'assegnazione delle frequenze radioelettriche per
tutte le radiocomunicazioni> (art. 183, quarto
comma, d.P.R. n. 156 del 1973). II già ricordato art.
214 dello stesso d.P.R., inoltre, detta <limiti al
rilascio di concessioni ad uso privato>),
prevedendo che esse non possano in generale essere
accordate <se fra i punti estremi da collegare
esiste servizio ad uso pubblico> e se <il
collegamento può essere realizzato con altro mezzo
trasmissivo messo a disposizione dall'Amministrazione
o dai concessionari di servizi di
telecomunicazioni> salvo che l'Amministrazione
medesima <riconosca l'opportunità della
coesistenza dei due mezzi per ragioni di sicurezza
delle persone o dei beni>.
All'Amministrazione e poi
attribuito il potere di dettare <le condizioni
amministrative e tecniche> per l'esercizio della
concessione (art. 194) di effettuare al riguardo
<controlli e verifiche> (art. 193), di
pronunciare la decadenza dalla con cessione in caso di
gravi e reiterate inosservanze degli obblighi imposti
al concessionario (art. 191) e di intervenire in via
amministrativa in caso di turbative arrecate ai
servizi di tele comunicazioni (art. 240).
La complessiva disciplina della
materia e ispirata all'esigenza-più volte
sottolineata da questa Corte (cfr. sent. n. 826 del
1988, par. 22, e giurisprudenza ivi citata)-di
assicurare un razionale e ordinato <governo>
dell'etere e di realizzare nel modo più efficace il
coordinamento e la compatibilità reciproca tra i vari
servizi di telecomunicazione, ed in specie tra quelli
che si svolgono a mezzo di onde radioelettriche.
Tale esigenza si fa vieppiù
pressante, sia per il crescente, massiccio impiego di
tali sistemi di comunicazione per l'efficiente
gestione di una larga serie di servizi ed attività di
pubblico interesse o di pubblica utilità, sia per le
gravi carenze che e dato registrare al riguardo. Dagli
accertamenti istruttori disposti, tra l'altro, in
relazione alla questione sollevata dal Tribunale di
Milano - riassunti, come già ricordato, nella
sentenza n. 826 del 1988 (par. 4) -é infatti emerso
che le frequenze disponibili per collegamenti in ponte
radio sono in generale insufficienti a soddisfare la
domanda, ed anzi da tempo esaurite nelle zone a
maggior densità di popolazione o a maggiore
concentrazione industriale. Nel settore dei ponti
radio utilizzati per il trasferimento di programmi
radiofonici e televisivi si e inoltre verificata una
massiccia invasione da parte dei privati di frequenze
assegnate ad altri utilizzatori o servizi.
Tali risultanze smentiscono, sul
piano fattuale, l'assunto di un'ampia disponibilità
di frequenze da cui i giudici a quibus muovono per
invocare, per i ponti radio, il passaggio al regime
autorizzatorio. Nel caso in esame, ad una simile
conclusione osta, in primo luogo, l'impossibilita di
configurare un diritto soggettivo del privato
all'assegnazione di una banda di frequenza, necessario
presupposto per l'installazione ed esercizio di tali
impianti. Il riconoscimento della libertà delle
comunicazioni effettuate con essi non comporta infatti
libertà del loro uso, dato che questo si traduce
nella disponibilità di un bene comune-l'etere-naturalmente
limitato e perciò necessariamente non fruibile da
tutti.
In secondo luogo, le ricordate
esigenze di rispetto degli obblighi internazionali e
di ordinato governo dell'etere comportano che alla
pubblica amministrazione debba riconoscersi -rispetto
alla vasta categoria degli impianti in ponte radio -un
ambito di discrezionalità non solo tecnica, ma anche
amministrativa che, investendo complesse valutazioni
in ordine agli interessi pubblici da soddisfare, si
appalesa incompatibile col regime autorizzatorio. E
queste stesse ragioni giustificano sia la riserva allo
Stato dei servizi di radiocomunicazione effettuati a
mezzo di ponti radio (art. 43), sia la correlativa
compressione della libertà di iniziativa economica
privata (art. 41).
Le questioni sollevate dal
Tribunale di Milano e dal Pretore di S. Angelo di
Brolo vanno perciò dichiarate infondate sotto ogni
profilo.
10. - A diverse conclusioni deve
invece pervenirsi in ordine alle censure concernenti
gli apparecchi radioelettrici ricetrasmittenti di
debole potenza di tipo portatile prospettate nei
confronti degli artt. 1, 183, 195 e 334 d.P.R. n. 156
del 1973 dai Pretori di Bologna, Salerno e La Spezia
in riferimento agli artt. 15, 35 e 41 Cost., nei modi
specificati, per ciascuno, nel precedente par. 6.
La limitatezza delle frequenze
utilizzabili conduce, anche qui, a negare che possa
riconoscersi un diritto soggettivo all'uso di tali
mezzi. Nè a diverso avviso può condurre la
previsione secondo cui la concessione <non comporta
esclusivita nell'uso delle frequenze riservate, ne
diritto a protezione da eventuali disturbi ed
interferenze da parte di altri apparecchi
utilizzati>.
La possibilità di utilizzazione
plurima delle stesse frequenze amplia di certo le
potenzialità di sviluppo nell'uso dei mezzi, ma non
la rende illimitata, pena l'inefficienza delle
comunicazioni consentite.
Ciò, però, sotto il profilo
razionale non comporta necessariamente il ricorso, per
tali apparecchi, al modello della concessione anzichè
a quello dell'autorizzazione, dato che in questa
categoria-come questa Corte ha già
ricordato-rientrano anche <quei tipi di
provvedimenti - definiti talvolta anche licenze-che
consentono l'esplicazione di certe attività sulla
base di una valutazione discrezionale circa la
rispondenza della predetta attività a determinati
interessi pubblici> (sent. n. 153 del 1987).
Ora, che rispetto agli apparecchi
di debole potenza la discrezionalità riservata
all'Amministrazione sia fortemente limitata risulta
dalla stessa disciplina positiva, che e
significativamente differenziata rispetto a quella
degli altri strumenti di comunicazione a mezzo di onde
radioelettriche.
Tale disciplina e in particolare
caratterizzata: a) dalla predeterminazione
legislativa-almeno in via generale-degli scopi per i
quali nè può essere consentito l'uso e dalla minuta
specificazione, in sede regolamentare, delle frequenze
utilizza bili per ciascuno di questi e delle
prescrizioni tecniche cui gli apparecchi si debbono
uniformare, anche ai fini della prevenzione ed
eliminazione dei disturbi (v. art. 334, primo e
secondo comma, nonchè, tra gli altri, i DD.MM. 15
luglio 1977 e 2 aprile 1985); b) dal fatto che,
essendo le frequenze <riservate>, e preclusa la
possibilità di assegnazione parziale di esse ad altri
servizi, in base a determinazioni della P.A., che é
invece prevista in altri casi (cfr. il D.M. 31 gennaio
1983); c) dalla non applicabilità a tali apparecchi
tanto dei limiti valevoli in via generale per le
concessioni ad uso privato -ed in particolare di
quello della realizzabilità del collegamento con
altri mezzi trasmissivi pubblici: art. 214-, quanto
della norma che prevede, per le concessioni di
stazioni radioelettriche ad uso privato, il parere dei
Ministeri dell'Interno e della Difesa (art. 337); d)
dalla riserva al regolamento dei requisiti che devono
essere posseduti dai concessionari (art. 334, terzo
comma). La stessa possibilità di utilizzazione
plurima della stessa banda di frequenza circoscrive
ulteriormente la discrezionalità dell'Amministrazione
nell'assentire l'uso del mezzo.
Tenendo conto della modesta portata
e potenza degli apparecchi in questione, e della
limitazione del loro uso a scopi socialmente utili, o
comunque meritevoli di considerazione, il legislatore
ha, con tale disciplina, mirato a favorirne
l'utilizzazione. Ma la riconduzione nell'ambito del
generale regime concessorio contraddice a tale
intento, perchè comporta ingiustificatamente il
riconoscimento alla P.A. di eccessivi spazi di
discrezionalità, come dimostra la lata formulazione
dell'art. 194 T.U. circa le condizioni, limiti ed
obblighi cui la concessione può essere in concreto
subordinata, al di la delle previsioni legislative o
regolamentari.
Il favor legislativo é, d'altra
parte, coerente con la tendenziale espansione delle
possibilità di comunicazione implicita nella garanzia
costituzionale di cui all'art. 15, accanto alla quale,
nella specie, vengono altresì in rilievo quelle poste
negli artt. 35 e 41 Cost., dato che, alla stregua
degli scopi enumerati nel primo comma dell'art. 334,
gli apparecchi in questione favoriscono un efficiente
svolgimento di attività di lavoro od imprenditoriali.
Il limite all'utilizzazione di essi
può, perciò, rinvenirsi nella già sottolineata
esigenza di un razionale ed ordinato governo
dell'etere, e cioé di assicurare in concreto, tenendo
conto della situazione di fatto e delle condizioni
ambientali, il coordinamento e la compatibilità
reciproca tra i vari apparecchi e tra questi e gli
altri strumenti di telecomunicazione.
A soddisfare tali esigenze e però
logicamente sufficiente un regime autorizzatorio del
tipo suindicato, nel quale la discrezionalità della
P.A.-ai fini del diniego o della revoca del
provvedimento ammissivo, ovvero del ricorso agli
strumenti di autotutela-va esercitata e motivata in
riferimento alle predette finalità, e non ad altre di
ordine diverso che la stessa disciplina specifica
mostra di non considerare: e ciò, anche per
consentire un idoneo sindacato giurisdizionale.
Limitatamente agli apparecchi in
questione, l'utilizzazione del regime concessorio si
appalesa, in definitiva, mezzo eccedente rispetto al
fine di assicurare un appropriato bilanciamento tra
gli interessi di rilievo costituzionale che in tale
particolare materia sono in gioco: e conseguentemente
vanno dichiarati costituzionalmente illegittimi-in
relazione all'art. 15 Cost. - nella parte in cui si
riferiscono agli apparecchi di cui al primo comma
dell'art. 334 d.P.R. n. 156 del 1973, gli artt. 1 e
183, primo comma dello stesso d.P.R.: il primo, in
quanto li ricomprende nella previsione di cui al primo
comma, anzichè tra i casi di autorizzazione-da
intendersi nel senso sopra specificato - di cui al
secondo comma; il secondo, in quanto ne prevede
l'assoggettamento a concessione.
Restano così assorbite le
ulteriori censure riferite agli artt. 35 e 41 Cost.
11. - La declaratoria di
incostituzionalità coinvolge anche i commi dal terzo
al sesto dell'art. 334, nonchè l'art. 195, primo
comma, n. 2 del medesimo d.P.R.: ciò, però, solo
nella parte in cui tali disposizioni fanno
riferimento, per gli apparecchi radioelettrici di
debole potenza di tipo portatile, alla concessione
anzichè all'autorizzazione. In particolare, per
quanto attiene alla seconda delle predette norme,
resta integra, anche per tali apparecchi, la
previsione sanzionatoria ivi contenuta. Le censure qui
esaminate, infatti, coinvolgono l'art. 195 solo nei
limiti anzidetti, essendo volte ad incidere sul mero
regime amministrativo e non anche sull'assoggettamento
a sanzione penale in caso di mancanza di un
provvedimento abilitante; e correlativamente, la
pronuncia qui resa comporta bensì un mutamento della
qualificazione giuridica di tale provvedimento con
riferimento all'ambito di discrezionalità riservato
alla P.A., ma non investe il diverso, e non censurato
profilo dell'irrogazione di una sanzione penale per un
comportamento inosservante che, nella struttura della
norma in esame, e oggetto da parte del legislatore di
identica valutazione, quale che sia il tipo di
disciplina-concessione o autorizzazione - e le
specifiche modalità di regolazione di e
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1. - dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 1 del d.P.R. 29 marzo 1973,
n. 156 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative in materia postale, di
bancoposta e di telecomunicazioni) , quale sostituito
ad opera dell'art. 45 della legge 14 aprile 1975, n.
103, nella parte in cui ricomprende nella previsione
del suo primo comma gli apparecchi radioelettrici
ricetrasmittenti di debole potenza di tipo portatile
indicati nell'art. 334, primo comma, dello stesso
d.P.R., anzichè includerli tra le ipotesi di
assoggettamento ad autorizzazione contemplate dal
secondo comma del medesimo art. 1;
2. - dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art.183, primo comma, del citato
d.P.R. n.156 del 1973, quale sostituito ad opera
dell'art. 45 della legge n. 103 del 1975, nella parte
in cui prevede l'assoggettamento a concessione, anzichè
ad autorizzazione, degli apparecchi contemplati
dall'art. 334, primo comma, dello stesso d.P.R.;
3. - dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 195, del citato d.P.R. n. 156
del 1973, quale sostituito ad opera dell'art. 45 della
legge n. 103 del 1975, nella parte in cui comprende
gli apparecchi contemplati dall'art. 334 dello stesso
d.P.R. tra gli impianti radioelettrici soggetti a
concessione, anzichè tra quelli sottoposti ad
autorizzazione;
4. - dichiara l'illegittimità
costituzionale dell'art. 334, terzo, quarto, quinto e
sesto comma del citato d.P.R. n. 156 del 1973, nella
parte in cui assoggetta gli apparecchi contemplati dal
primo comma del medesimo articolo alla concessione
anzichè all'autorizzazione;
5. - fuori di quanto disposto nei
precedenti nn. da 1 a 4, dichiara non fondate le
questioni di legittimità costituzionale: a) degli
artt. 183, 195, 334 del d.P.R. n. 156 del 1973, i
primi due quali sostituiti ad opera dell'art. 45 della
legge n. 103 del 1975, sollevate dal Pretore di Torino
(r.o.nn. 423 e 448/8 5) in riferimento all 'art. 3
Cost.; b) degli artt. 1 e 183 dello stesso d.P.R.,
quali sostituiti ad opera dell'art. 45 della citata
legge n. 103 del 1975, sollevate dal Pretore di
Bologna (r.o. n. 278/86) in riferimento all'art. 21
Cost.; c) dell'art. 195 del citato d.P.R. n. 156 del
1973, quale sostituito ad opera dell'art. 45 della
citata legge n.103 del 1975, sollevate, con quattro
ordinanze, dai Pretori di La Spezia (r.o. nn. 469,
470, 529, 530/86) e Guglionesi (r.o. nn. 180, 188,
414, 610/87) in riferimento all'art. 21 Cost.; d)
degli artt. 183, 195 e 334 del citato d.P.R. n. 156
del 1973 sollevate con due ordinanze dal Pretore di
Torino (r.o. nn. 423 e 448/85) in riferimento all'art.
3 Cost.; e) degli artt. 1 e 183 del citato d.P.R. n.
156 del 1973, quali sostituiti ad opera dell'art. 45
della legge n. 103 del 1975, sollevate dal Tribunale
di Milano (r.o. n. 474/85) in riferimento agli artt.
3, 15, 21 e 41 Cost.; f) degli artt. 195, 183, 213,
322, 190, 191, 218 dello stesso d.P.R. n. 156 del
1973, i primi due quali sostituiti ad opera dell'art.
45 della citata legge n. 103 del 1975, sollevate dal
Pretore di S. Angelo di Brolo (r.o. n. 287/87) in
riferimento agli artt. 41 e 43 Cost.;
6. - dichiara non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 4,
comma terzo bis, del decreto legge 6 dicembre 1984, n.
807 (Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni
radiotelevisive), convertito, con modificazioni, nella
legge 4 febbraio 1985, n. 10, sollevata dal Pretore di
Moncalieri (r.o. n. 602/85) in riferimento all'art. 3
Cost.;
7. - fuori di quanto disposto nei
precedenti nn. da 1 a 4, dichiara la manifesta
infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale-tutte proposte in riferimento all'art.
3 Cost. -: a) degli artt. 183 e 195 del citato d.P.R.
n. 156 del 1973, quali sostituiti ad opera dell'art.
45 della citata legge n. 103 del 1975, sollevate dai
Pretori di Mezzolombardo (r.o. n. 483/86) e Mistretta
(r.o. n. 18/87); b) degli artt. 1 e 183 del medesimo
d.P.R. n. 156 del 1973, quale sostituito ad opera
dell'art. 45 della citata legge n. 103 del 1975,
sollevate dal Pretore di Macerata (r.o. n. 493/86); c)
dell'art. 195 dello stesso d.P.R. n. 156 del 1973,
quale sostituito ad opera dell'art. 45 della citata
legge n. 103 del 1975, sollevate dal Pretore di
Guglionesi (r.o. n. 772/86); d) degli artt. 1, 183,
195 e 334 dello stesso d.P.R. n. 156 del 1973, quali
sostituiti ad opera dell'art. 45 della citata legge n.
103 del 1975, sollevate dal Pretore di Moncalieri (r.o.
n. 602/85);
8. - dichiara la manifesta
infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell'art. 195, primo comma, n. 2 del
citato d.P.R. n. 156 del 1973, sollevata dal Pretore
di Legnano con ordinanza del 20 ottobre 1983 (r.o. n.
153/84), in riferimento all'art. 76 Cost.
Così deciso in Roma, nella sede
della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il
27/10/88.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Ugo SPAGNOLI, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 15/11/1988.
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