IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO
REGIONALE
ha pronunciato la seguente
ordinanza sul ricorso n. 13307 del 1999, proposto da
Adusbef - Associazione Utenti e Consumatori, in
persona del suo Presidente dott. Elio Lannutti; TBS -
Television Broadcasting System Spa, in persona del suo
amministratore sig. Manfredi Pagano; CNT -
Coordinamento Nazionali Televisioni - in persona del
suo Coordinatore Nazionale sig. Rocco Monaco; Comitato
per la tutela dei diritti della libera manifestazione
del pensiero e del pluralismo, in persona del suo
coordinatore avv. Roberto Arnoldi; Associazione utenti
televisivi, in persona del suo presidente dott. Rocco
Monaco; tutti rappresentati e difesi dall'avv. Massimo
Cerniglia e dall'avv. Roberto Arnoldi, elettivamente
domiciliati presso il primo in Roma, largo del
Nazzareno 8;
Contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il
Ministero
delle comunicazioni e l'Autorita' per le Garanzie
nelle comunicazioni rappresentati e difesi
dall'Avvocatura Generale dello Stato, e nei confronti
di: RAI - Radiotelevisione Italiana S.p.a.,
Telemontecarlo s.p.a., Gruppo Mediaset - R.T.I. S.p.a.,
Centro Europa 7, F.R.T. Federazione Radio Televisioni;
per l'annullamento del provvedimento 30 luglio 1999 di
attribuzione delle concessioni e le autorizzazioni per
la radiodiffusione televisiva privata su frequenze
terrestri; del regolamento per il rilascio delle
concessioni di cui alla deliberazione dell'Autorita'
per le Garanzie nelle comunicazioni; del regolamento e
del disciplinare per il funzionamento della
Commissione per la determinazione degli aventi diritto
alle concessioni; dei provvedimenti di negazione del
diritto di accesso.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
dell'amministrazione
intimata, di RAI Radiotelevisione Italiana, Centro
Europa 7, Federazione Radio Televisioni, Vallau
Italiana Promomarket, Rete A, Beta Television, TV
Internazionale, Europa TV, Prima TV, Tele Piu';
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle
rispettive
difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 31 gennaio
2001 la
relazione del consigliere Marzio Branca e uditi gli
avvocati Satta, Presutti, Frigiani, Pacciani,
Grandinetti, Presutti, Vaccaro.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue.
F A T T O
Gli organismi in epigrafe, dopo
un'ampia premessa volta ad illustrare la loro
legittimazione all'impugnazione a norma della legge 30
luglio 1998, n. 281, sostengono l'illegittimita' dei
provvedimenti con i quali si e' data attuazione alla
disciplina della radio diffusione televisiva privata
in ambito nazionale su frequenze terrestri, dettata
dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, ed in particolare,
del provvedimento 30 luglio 1999 di attribuzione delle
concessioni e delle autorizzazioni per la
radiodiffusione televisiva privata su frequenze
terrestri, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 249 del
1997; del regolamento per il rilascio delle
concessioni di cui alla deliberazione l dicembre 1998
dell'Autorita' per le Garanzie nelle comunicazioni;
del regolamento e del disciplinare per il
funzionamento della Commissione per la determinazione
degli aventi diritto alle concessioni; dei
provvedimenti di negazione del diritto di accesso.
A sostegno del gravame deducono in primo luogo una
eccezione di
illegittimita' costituzionale a carico dell'art. 2,
comma 6, e dell'art. 3 comma 6 e 7, della legge n. 249
del 1997, in riferimento agli artt. 3, 21,41 e 43
della Costituzione.
Le norme contenute nelle disposizioni impugnate, pur
prescrivendo, in ossequio alle proposizioni enunciate
dalla Corte costituzionale con la sentenza 7 dicembre
1994, n. 470, che non e' consentito ad uno stesso
soggetto di irradiare piu' del 20 dei programmi
televisivi su frequenze terrestri in ambito nazionale,
hanno poi demandato all'Autorita' per Garanzie nelle
comunicazioni AGC) di "stabilire un periodo
transitorio nel quale non vengono applicati i
limiti" suddetti.
In tal modo il legislatore avrebbe operato una
evidente
violazione dei principi della ragionevolezza, del
pluralismo nella manifestazione del pensiero, della
liberta' di iniziativa economica, come affermati dalla
Corte costituzionale, la cui pronuncia risulta quindi
palesemente elusa, con ulteriore violazione dell'art.
136 della Costituzione.
Una diversa censura attiene alla violazione della
legge 7 agosto
1990, n. 241, in relazione alla richiesta della
ricorrente TBS di partecipazione al procedimento per
il rilascio delle concessioni, alla richiesta di
acquisizione degli atti avanzata dal Comitato per la
trasparenza del procedimento di rilascio delle
concessioni e dalla stessa Adusbef.
Tali istanze sono rimaste senza esito e da cio'
conseguirebbe l'illegittimita' dell'intero procedimento.
Il Ministero delle comunicazioni, inoltre, avrebbe
violato il
Regolamento di cui alla deliberazione n. 78 del 1998
dell'AGC per il rilascio delle concessioni, sia
perche' i provvedimenti concessori non sono stati
essere rilasciati tutti entro il 31 luglio 1999,
essendone stati assentiti sette, e non otto, sia
perche' la Commissione incaricata della valutazione
delle istanze ai sensi dell'art. 9 non sarebbe stata
regolarmente composta.
Alcuni commissari, infatti, non sarebbero stati scelti
nell'ambito dell'elenco di nomi indicato dall'AGC, e
la Commissione avrebbe quindi operato in composizione
illegittima, almeno per alcuni periodi della sua
attivita'.
Una diversa violazione del Regolamento innanzi citato
viene
individuata con riguardo al precetto concernente la
regolarita' della posizione previdenziale dei
lavoratori occupati. Risulterebbe da notizie di stampa
la conferma da parte dell'Ente di previdenza dei
giornalisti INPGI che TMC non aveva provveduto ai
necessari versamenti.
Si contesta, poi, la legittimita' del rilascio di due
autorizzazioni, l'una a Rete 4 l'altra a Telepiu'
Nero, poiche' la legge prevede che il titolo per
l'esercizio della radiodiffusione televisiva sia
soltanto la concessione. Il provvedimento di
autorizzazione lascerebbe supporre che si sia
riconosciuta l'esistenza di un diritto alla attivita'
in questione, mentre e' generalmente riconosciuto che
si tratta di area riservata allo Stato, il quale deve
emettere provvedimenti costitutivi di una posizione
soggettiva che, in difetto, non rientra nel patrimonio
dei richiedenti.Il regolamento sarebbe anche
illegittimo per effetto del contrasto della legge 30
aprile 1998, n. 122, i cui limiti in materia
pubblicitaria debbono essere rispettati dal
concessionario (vedi regolamento, art. 7, comma 1,
lett. 1), con la direttiva comunitaria n. 89/552,
recepita con la legge n. 327 del 1991.
Si chiede che il tribunale adito, disapplicando la
legge n. 122 del 1998, annulli il regolamento per il
rilascio delle concessioni.
Si sono costituiti in giudizio:
RAI Radiotelevisione Italiana S.p.a., rappresentata e
difesa dall'avv. Filippo Satta, e Reti Televisive
Italiane - R.T.I., S.p.s. rappresentata e difesa degli
avvocati Aldo Bonomo, Aldo Frignani, Giuseppe Rossi e
Avilio Presutti, per avversare le tesi dei ricorrenti
in tema di incostituzionalita' delle norme impugnate;
TV Internazionale S.p.a. e Beta Television S.p.a.,
rappresentate e difese dall'avv. Alessandro Pace e
dall'avv. Ottavio Grandinetti, eccependo il difetto di
legittimazione delle ricorrenti, esprimendo tuttavia
consenso alla sola questione di costituzionalita'e
dissenso sugli altri motivi;
Europa TV S.p.a. e Prima TV S.p.a., rappresentate e
difese dall'avv. Felice Vaccaro, sollevando diversa
eccezione di legittimita' costituzionale a carico
dell'art. 3 comma 11 della legge n. 249 del 1997,
nella parte in cui vieta la titolarita' di piu' di una
concessione per le trasmissioni di programmi in forma
codificata;
Vallau Italiana Promomarket S.r.l., rappresentata e
difesa dagli avv.ti Mario Sanino, Antonoio Lirosi e
Filippo Pacciani, e Rete A S.r.l., rappresentata e
difesa dall'avv. Federico Sorrentino, sostenendo le
ragioni delle ricorrenti.
Con ordinanza 17 novembre 1999, n. 3358, la sezione ha
respinto l'istanza cautelare, ha ordinato
l'integrazione del contraddittorio ed ha disposto
incombenti istruttori a carico del Ministero delle
comunicazioni.
Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2001 la causa
veniva trattenuta in decisione.
Con sentenza in pari data la sezione ha respinto le
eccezioni di difetto di legittimazione avanzate da TV
Internazionale S.p.a. e da Beta Television S.p.a., ed
ha dichiarato inammissibile la questione di
legittimita' costituzionale sollevata da Europa TV
S.p.a. e da Prima TV S.p.a.. Ha quindi sospeso l'esame
delle censure di merito, ritenendo rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale sollevata con il primo motivo.
D I R I T T O
Come riferito nel cenno del fatto,
gli organismi in epigrafe sostengono l'illegittimita'
dei provvedimenti con i quali si e' data attuazione
alla disciplina della radio diffusione televisiva
privata in ambito nazionale su frequenze terrestri,
dettata dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, deducendo
in primo luogo una eccezione di illegittimita'
costituzionale a carico dell'art. 2, comma 6, e
dell'art. 3 comma 6 e 7, della legge n. 249 del 1997,
in riferimento agli artt. 3, 21, 41 e 43 della
Costituzione. Le norme contenute nelle disposizioni
impugnate, pur prescrivendo, in ossequio alle
proposizioni enunciate dalla Corte costituzionale con
la sentenza 7 dicembre 1994, n. 470, che non e'
consentito ad uno stesso soggetto di irradiare piu'
del 20 dei programmi televisivi su frequenze terrestri
in ambito nazionale, hanno poi demandato all'Autorita'
per Garanzie nelle comunicazioni (AGC) di
"stabilire un periodo transitorio nel quale non
vengono applicati i limiti" suddetti (art, 2,
comma 6). Piu' in particolare, l'art. 3 comma 6,
consente l'esercizio delle reti eccedenti i detti
limiti dopo il 30 aprile 1998 a condizione che
"le trasmissioni siano effettuate
contemporaneamente su frequenze terrestri e via
satellite o via cavo" ma che le stesse debbano
essere effettuate "esclusivamente via cavo o via
satellite", "successivamente al termine di
cui al comma 7". Il detto comma demanda all'AGC
di indicare il termine in questione "in relazione
all'effettivo e congruo sviluppo dell'utenza dei
programmi radiotelevisivi via satellite e via
cavo".
In tal modo il legislatore avrebbe operato una
evidente violazione dei principi della ragionevolezza,
del pluralismo nella manifestazione del pensiero,
della liberta' di iniziativa economica, come affermati
dalla Corte costituzionale, la cui pronuncia risulta
quindi palesemente elusa, con ulteriore violazione
dell'art. 136 della Costituzione.
La disciplina impugnata infatti, conferendo
all'amministrazione una facolta' non delimitata nel
tempo, ha consentito che l'assetto del settore,
colpito dalla pronuncia della Corte, si perpetuasse
indefinitamente e sia ancora in atto.
Ritiene il collegio che la questione sia rilevante nel
giudizio promosso per l'annullamento degli atti
applicativi della disciplina delle concessioni per
l'esercizio dell'emittenza televisiva in ambito
nazionale su frequenze terrestri.
In proposito e' da osservare che l'insieme degli atti
impugnati,ossia il Piano nazionale di assegnazione
delle frequenze per la radiodifffisione televisiva (30
ottobre 1998), il regolamento per il rilascio delle
relative concessioni (1o dicembre 1998), il connesso
disciplinare per la valutazione delle domande (d.m. 8
marzo 1999), nonche' i singoli provvedimenti
concessori (30 luglio 1999), e' stato adottato in
costanza del regime transitorio scaturente dalla
normativa impugnata, caratterizzato dalla deroga al
limite del 20 dei programmi televisivi.
In altri termini, le concessioni sono state rilasciate
utilizzando le risorse quali risultavano disponibili
dopo aver assicurato, in applicazione della normativa
impugnata, la continuita' della gestione alle imprese
che superavano il predetto limite.Ne consegue che ove
il detto regime transitorio dovesse essere caducato,
risulterebbe incrementata la disponibilita' di
frequenze da assegnare ad altri aspiranti, con
evidente beneficio del pluralismo nella manifestazione
del pensiero e nell'informazione. Puo' ricordarsi in
proposito come la Corte costituzionale, nella sentenza
n. 420 del 1994, abbia affermato la rilevanza delle
questioni di legittimita' costituzionale proposte nei
confronti della legge n. 223 del 1990, art. 15, comma
4, in sede di impugnazione delle concessioni
rilasciate in base alla detta normativa, e miranti a
ridurre la quota di reti concedibili ad uno stesso
soggetto, allora fissata nel 25 fmo ad un massimo di
tre. La questione appare inoltre non manifestamente
infondata in riferimento agli artt. 3, 21 e 136 della
Costituzione. Con riguardo al dato oggettivo della
dichiarazione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 15, comma 4, della legge n. 223 del 1990, in
quanto il limite alle concentrazione di reti e
programmi presso un unico soggetto, quale risultante
dal parametro percentuale del 25 e da quello assoluto
di tre reti, e' stata giudicato non
rispettoso"dell'imperativo costituzionale sotteso
all'esigenza di garanzia del valore del pluralismo (ex
art. 21 Cost.)"(sent. n. 420/1994), vanno qui
sottolineate le incisive ed inequivocabili
proposizioni con le quali la Corte costituzionale ha
voluto definire la non prorogabilita' del regime
giudicato illegittimo. Si legge al punto 15 della
motivazione: "Con la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 4,
il valore del pluralismo, espresso dall'art. 21 Cost.,
si specifica gia' come regola di immediata
applicazione, nel divieto - in rapporto all'attuale
assetto complessivo del settore televisivo - di
titolarita' di tre concessioni di reti nazionali su
nove assentibili a privati (o dodici in totale) ovvero
di titolarita' del 25 del numero complessivo delle
reti previste, mentre rimane nella discrezionalita'
del legislatore disegnare la nuova disciplina positiva
di tale limite per colmarne la sopravvenuta
mancanza"(corsivo aggiunto).
L'immediatezza del divieto per il legislatore di
perpetuare l'assetto giudicato incostituzionale trova
poi conferma nelle proposizioni finali della
motivazione, con le quali si precisa che "la
sopravvenuta mancanza" della disciplina annullata
non determina un "vuoto". "Rimane
infatti pienamente efficace il decreto legge n. 323
del 1993, e quindi resta ferma nel periodo di
transizione - e limitatamente a tale periodo - la
provvisoria legittimazione dei concessionari con d.m.
13 agosto 1992 a proseguire nell'attivita' di
trasmissione ..." (corsivo aggiunto).
Il "periodo di transizione", che in forza
dell'art. 1 del detto d.l. 28 agosto 1993, n. 323, non
avrebbe dovuto estendersi oltre i tre anni da
quest'ultima data, fu poi prorogato fino al 31 luglio
1997 dal d.l. 23 ottobre 1996, n. 545, convertito con
modificazioni dalla legge 23 dicembre 1996, n. 650.
La legge 31 luglio 1997, n. 249, dunque, entrata in
vigore il giorno successivo, anziche' decretare il
superamento definitivo dell'assetto giudicato
incostituzionale, e quindi l'effettiva efficacia di
nuovi limiti alla concentrazione di reti e frequenze,
ha bensi' individuato il parametro del 20 ma ne ha
contestualmente rinviato l'applicazione ad una data
imprecisata. Dal combinato disposto di cui agli artt.
2 comma 6, e 3, commi 6 e 7, infatti, emerge:
a) la facolta' di proseguire nell' esercizio delle
reti eccedenti il limite;
b)l'attribuzione all'AGC di fissare il termine del
periodo transitorio.
Agli inizi del 2001, il "periodo
transitorio", che secondo la Corte non avrebbe
dovuto superare l'agosto del 1996, non accenna a
concludersi, perche', grazie alle norme impugnate, il
settore televisivo puo' essere gestito secondo un
assetto del quale la Corte ha solennemente proclamato
il contrasto con i principi di cui agli artt. 3 e 21
della Costituzione, per le ragioni esaustivamente
illustrate nella sentenza n. 420 del 1994, che non
occorre ribadire in questa sede, pianamente
riferibili, di riflesso, anche alle norme impugnate
con la presente ordinanza.
Puo' solo osservarsi, con riguardo alle difese delle
parti controinteressate, che non e' possibile
pervenire ad un giudizio di infondatezza delle censure
dedotte facendo appello alla discrezionalita' del
legislatore, oppure alla necessita' di periodi che
consentano la gradualita' di trasformazioni
coinvolgenti rilevanti interessi, o, in fine, alla
piena legittimita' del conferimento di poteri
regolatori dell'autorita' amministrativa indipendente.
Si deve rammentare che la sent. n. 420 del 1994 ha
gia' accordato al legislatore una moratoria di circa
due anni, inutilmente decorsa ed illegittimamente
dilatata. Ma, soprattutto, che degli istituti invocati
dalle parti resistenti non puo' farsi un uso
strumentale, che si risolva nella grave elusione del
giudicato costituzionale e nella plateale violazione
dei principi in esso affermati.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non
manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3,
21 e 136 della Costituzione, la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 6, e
3, commi 6 e 7 della legge 31 luglio 1997, n.249;
Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
Ordina che, a cura della segreteria, la presente
ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente
del Consiglio dei Ministri e comunicata ai presidenti
delle due Camere del Parlamento.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 31
gennaio 2001
Il presidente: SCHINAIA
Il consigliere estensore: BRANCA
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