In queste lunghe sere della censura televisiva, mentre
ci mancano più che mai gli "approfondimenti"
delle trasmissioni imbavagliate, può essere
interessante leggere questo libretto dal titolo
azzeccato: "Politica Pop".
In barba al titolo, non è una lettura leggera,
divertente. E' un'analisi a tutto campo dei rapporti tra
televisione e politica, tra politica e televisione. Dove
l'una condiziona l'altra, e viceversa, fino a fondersi
in un magma dai confini incerti: infotainment
(informazione e intrattenimento), politainment
(politica e intrattenimento), fino alla politica che
pervade sottilmente i reality, alle news
che diventano spettacolo, allo spettacolo che diventa
politica.
Con i comici che sostituiscono i giornalisti del ruolo
di "cani da guardia" del sistema.
Gli autori dimostrano come tra televisione e politica
sia presente un interscambio continuo, con i politici
che si fanno attori davanti alle telecamere e gli attori
che si trasformano in politici e siedono nel Parlamento.
Che ne è in tutto questo dei cittadini-teleutenti?
Qui il discorso si fa complesso e molto interessante.
Perché la "politica pop" non solo influenza
le scelte nella cabina elettorale, ma cambia la
percezione della politica stessa. Anche con effetti
positivi - e questa è una sorpresa - perché attraverso
lo spettacolo si crea un maggiore interesse verso la
politica. Con un effetto "di ritorno" che
ridetermina in senso spettacolare le forme della
comunicazione politica.
Scrivono gli autori: "La logica dei media spinge
in questa direzione, i politici non possono sottrarsi a
ciò e accettano le regole del gioco mediatico, e il
pubblico mostra di gradire. Così la comunicazione
politica è sempre più una costruzione mediale e la
realtà politica, quella che la gente conosce e «consuma»,
il prodotto della capacità del sistema della
comunicazione di «costruire la realtà»".
La conseguenza è anche una
"popolarizzazione" della politica, che
comporta, secondo gli autori, anche un maggiore
interesse verso la politica stessa. Però i dati
sembrano contraddire questa tesi, quando mostrano le
percentuali in crescita dei cittadini che non vanno a
votare.
Chiude il libro una rassegna ragionata delle più
importanti trasmissioni degli ultimi anni che in un modo
o nell'altro fanno (o hanno fatto) politica, con i dati
degli ascolti. Dai quali trovano conferma le tesi degli
autori. E che confermano il vuoto di questi giorni da
dimenticare.
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