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Lingua lessa e cervello fritto

Quando le "veline" le mandava il Minculpop

12.05.09
Leggendo la parola "velina" oggi tutti pensano a qualche bella ragazza, eventualmente "disponibile" per fare carriera in TV. Invece per i nostri padri e nonni le veline erano i "comunicati di servizio" che il Ministero della stampa e propaganda (poi della cultura popolare) inviava ai giornali per ordinare quali notizie si dovessero pubblicare e quali no, come si dovessero fare i titoli e via prescrivendo. Si chiamavano così perché erano scritte su una carta leggerissima, necessaria per mettere tanti fogli in una macchina per scrivere.

Le veline del fascismo erano segrete. Oggi gli ordini alla stampa si danno per televisione. Tipo: "In tv, ogni giorno, su tutti i canali, in prima serata mi prendono per il c.... Questa abitudine sta diventando insopportabile. Deve finire" (5 novembre 2008). Oppure: "Politici e direttori di giornali come La Stampa e il Corriere dovrebbero tutti cambiare mestiere, andarsene a casa" (12 dicembre 2008). Torna alla mente quello che è passato alla storia come "editto bulgaro", quello sull'"uso criminale della televisione" che portò all'allontanamento di Biagi, Santoro e Luttazzi dagli schermi della Rai. "Lavoro qui in Rai dal 1961, ed la prima volta che un presidente del consiglio decide il palinsesto", fu il commento di Enzo Biagi.

Come ai tempi del Minculpop, oggi i "comunicati di servizio" arrivano al dettaglio delle parole da usare. "Non mi piace la parola respingimenti" ha detto ieri sera il presidente del consiglio. Panico nei telegiornali: come definire le azioni di ritorno forzato dei barconi di migranti che navigano verso le acque italiane?
Il problema è che il termine non ha sinonimi utili. Respingere, secondo il Devoto-Oli, significa "allontanare prontamente, violentemente". E respingimento è "energico allontanamento". Una volta tanto una parola viene usata nel suo corretto significato. Diversamente da "immigrato" al posto di "migrante", per restare in tema.

Dunque si attendono disposizioni sulla parola da usare al posto di quella che non piace al presidente del consiglio. Intanto si può leggere un libriccino divertente e deprimente al tempo stesso:  Le veline di Mussolini di Giancarlo Ottaviani (Nuovi Equilibri, Viterbo, 2008). Nel quale si possono trovare diversi spunti di riflessione. Per esempio:  "Rivedere le corrispondenze dalla Sicilia, perché non si deve pubblicare che il Duce ha ballato" (18 agosto 1937). I tempi cambiano. O no?

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