Spalmare o non spalmare... la Nutella? Il burro? La
marmellata?
Niente di tutto questo: i politici, e i cronisti che ne
riportano le parole, discutono del debito pubblico,
degli aumenti salariali e di quant'altro potrebbe
essere distribuito, diviso, suddiviso,
frazionato, spartito, scisso..."Spalmare" è l'ultima locuzione perversa
entrata nel linguaggio giornalistico, soprattutto radiotelevisivo, con
un'invadenza pari alla sua inutilità. La ricchezza
verbale della lingua italiana offre una lunga serie di
espressioni molto più adatte a rappresentare le
diverse sfumature dei concetti che si vogliono
esprimere. "Spalmare" è una forma di linguaggio
figurato. Ma il
linguaggio figurato è efficace al momento giusto, una
tantum. Quando diventa abitudine non ha più la
potenza espressiva della metafora, è solo un segno di
pigrizia mentale.
L'infame "spalmare" ha un precedente
ormai consolidato: "slittare". Slittano le
scadenze, i termini per l'entrata in vigore delle
leggi, i divieti e qualsiasi altro evento che si
potrebbe rinviare, differire, rimandare,
aggiornare, fino a procrastinare
e prorogare (verbi pericolosi per chi non ha
una "r" impeccabile).
Dunque tutto "slitta". L'asfalto delle
cronache è coperto da una viscida lastra di ghiaccio
che fa perdere alla lingua l'equilibrio. Slittano, in
particolare, i vertici. Quali vertici? Quelli che gli ignavi della parola
ci raccontano in continuazione per descrivere incontri,
riunioni, convegni, conferenze, appuntamenti,
abboccamenti.
Tutto è incominciato, se la memoria non mi
inganna, con il primo storico "incontro al
vertice" tra Kennedy e Khruščёv.
Allora l'immagine della vetta fu efficace per
descrivere il livello dell'evento. Oggi si parla di
"vertice" anche quando sarebbe più giusto
il termine un po' dispregiativo di conciliabolo. Nel
politichese di oggi si annuncia un vertice per
decidere come spalmare il rientro dal deficit. Ma il
vertice slitta. Se fosse il risultato di una
traduzione automatica, uno scherzo da software,
sarebbe esilarante. |