L'AUTORITA'
NELLA riunione della Commissione
per i servizi ed i prodotti del 31 gennaio 2008;
VISTI gli articoli 2, 3, 21, 24, 25, 27, 101 e 111
della Costituzione italiana;
VISTI gli articoli 1, 7, 11, 47, 48 e 49 della Carta
dei diritti fondamentali dell’Unione europea;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249,
pubblicata nel Supplemento Ordinario n. 154/L alla Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana n. 177 del 31
luglio 1997, ed in particolare l’articolo 1, comma
6, lettera b), n. 6;
VISTO il decreto legislativo 31 luglio 2005, n.
177, recante "Testo unico della
radiotelevisione", pubblicato nel Supplemento
Ordinario n. 150/L alla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana n. 208 del 7 settembre 2006,
ed in particolare i suoi articoli 3, 4 e 34, che
delineano quali fondamentali principi dell’informazione,
tra gli altri, quelli della lealtà ed imparzialità,
della salvaguardia dei diritti fondamentali e della
dignità della persona, della tutela dei minori;
VISTO l’Atto di indirizzo sulle garanzie del
pluralismo nel servizio pubblico radiotelevisivo
approvato dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
nella seduta dell’11 marzo 2003, secondo il quale,
in particolare:
"1. Tutte le trasmissioni di informazione –
dai telegiornali ai programmi di approfondimento –
devono rispettare rigorosamente, con la completezza
dell’informazione, la pluralità dei punti di vista
e la necessità del contraddittorio; ai direttori, ai
conduttori, a tutti i giornalisti che operano nell’azienda
concessionaria del servizio pubblico, si chiede di
orientare la loro attività al rispetto dell’imparzialità,
avendo come unico criterio quello di fornire ai
cittadini utenti il massimo di informazioni,
verificate e fondate, con il massimo della chiarezza
…
.... omissis....
4. Considerato che la legge garantisce agli
imputati e alla loro difesa di tacere quando loro può
nuocere; considerati altresì i vincoli ai quali la
legge obbliga i magistrati, sia requirenti che
giudicanti nel rapporto con i mezzi di informazione,
in tutte le fasi del giudizio; nei programmi della
concessionaria del servizio pubblico aventi ad oggetto
procedimenti giudiziari in corso, l’esercizio del
diritto di cronaca, come l’obbligatorio confronto
tra le diverse tesi dovrà essere garantito da
soggetti diversi dalle parti che sono coinvolte e si
confrontano nel processo. La scelta di questi soggetti
– la cui delicatezza è evidente – appartiene
esclusivamente alle decisioni dei responsabili dei
programmi";
VISTI i codici di autoregolamentazione applicabili
alla comunicazione radiotelevisiva, e, in particolare,
la "Carta di Treviso sul rapporto
Informazione-Minori" del 5 ottobre 1990 e il
suo addendum del 25 novembre 1995, la "Carta
dei doveri del giornalista " sottoscritta dal
Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e
dalla Federazione nazionale della Stampa italiana in
data 8 luglio 1993, la "Carta dell’informazione
e della programmazione a garanzia degli utenti e degli
operatori del servizio pubblico – RAI" del
dicembre 1995, il "Codice di deontologia
relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio
dell’attività giornalistica" (allegato A1
del codice in materia di protezione dei dati personali
approvato con decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196);
CONSIDERATO quanto segue:
1. Alcuni programmi televisivi
mostrano la tendenza a trasmettere in forma
spettacolare vere e proprie ricostruzioni di vicende
giudiziarie in corso, impossessandosi di schemi, riti
e tesi tipicamente processuali che vengono riprodotti,
peraltro, con i tempi, le modalità e il linguaggio
propri del mezzo televisivo, i quali si sostituiscono
a quelli, ben diversi, del procedimento
giurisdizionale. Si crea così un foro "mediatico"
alternativo alla sede naturale del processo, dove non
si svolge semplicemente un dibattito equilibrato tra
le opposte tesi, ma si assiste a una sorta di
rappresentazione paraprocessuale, che giunge a volte
perfino all’esame analitico e ricapitolativo del
materiale probatorio, così da pervenire, con l’immediatezza
propria della comunicazione televisiva, ad una sorta
di convincimento pubblico, in apparenza degno di fede,
sulla fondatezza o meno di una certa ipotesi
accusatoria. Tanto più accreditato risulta tale
convincimento quanto più, nella percezione di massa,
la comunicazione televisiva svolge una sorta di
funzione di validazione della realtà. In tal modo la
televisione rischia seriamente di sovrapporsi alla
funzione della giustizia: e può accadere che effetti
"coloriti" o "teoremi giudiziari
alternativi" o rappresentazioni suggestive (a
volte persino con l’utilizzazione di figuranti)
prevalgano sull’obiettiva e comprovata informazione,
con il concreto rischio di precostituire presso l’opinione
pubblica un preciso giudizio sul caso concreto, basato
su una "verità virtuale" che può influire,
se non prevalere, sulla "verità
processuale", destinata per sua natura ad
emergere solo da una laboriosa verifica che richiede
tempi più lunghi, portando addirittura, in casi
deteriori, a un giustizialismo emotivo e sbrigativo,
talora non alieno da tratti morbosi.
2. La tecnica della spettacolarizzazione dei processi,
che le trasmissioni televisive utilizzano a fini di audience,
amplifica a dismisura la risonanza di iniziative
giudiziarie che, per il loro carattere spesso
semplicemente prodromico e cautelare, potrebbero nel
prosieguo del processo anche rivelarsi infondate e
risultare quindi superate, con il rischio della
degenerazione della trasmissione in una sorta di
"gogna mediatica" a scapito della
presunzione di non colpevolezza dell’imputato e, in
ultima analisi, della tutela della dignità umana e
del diritto al "giusto processo", garantiti
dalla nostra Costituzione e dai principi comunitari. E
la "gogna mediatica" può diventare già
essa stessa una condanna preventiva, inappellabile e
indelebile.
3. Il livello di civiltà di uno Stato si misura
innanzitutto dal rispetto per la giustizia. E da un
sistema giudiziario indipendente ed efficiente.
Tuttavia, non si può supplire ai tempi troppo lunghi
della giustizia trasferendo il giudizio dalle aule
giudiziarie alla televisione, in violazione del canone
della centralità del processo, quello vero, quale
unica sede deputata dall’ordinamento alla ricerca e
all’accertamento della "verità". La
cronaca può indubbiamente riferire del processo, ma
non può spingersi a crearne un surrogato che, nella
pretesa di ricostruire la vicenda delittuosa, ne
amplifichi a dismisura e –in un certo senso- ne
rinnovi e incrudisca gli effetti lesivi. Il processo
deve essere svolto dal giudice competente, l’accusa
va sostenuta dal pubblico ministero, la difesa va
fatta da avvocati che conoscano il diritto e gli
incartamenti processuali: il tutto secondo regole che
garantiscano il regolare e appropriato svolgimento del
processo e i diritti fondamentali della persona. Non
è pertanto ammissibile – e contrasta con gli
indirizzi dettati dalla Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
sul pluralismo informativo – che il ruolo di
giudici, accusatori e difensori sia svolto da
giornalisti o conduttori televisivi o, comunque, da
soggetti estranei, senza quelle garanzie che nella
cultura giuridica del Paese rappresentano un caposaldo
dello Stato di diritto.
4. L’attenzione distorta, insistente e talora
parossistica dedicata a taluni pur gravi fatti
delittuosi comporta notevoli rischi di alterazione,
anche perché l’estremizzazione mediatica dell’indagine
nel suo farsi processo da un lato inevitabilmente
amplifica le sofferenze della vittima e dei suoi
congiunti (trasformando il dolore della persona in
spettacolo pubblico, in contrasto con elementari
istanze di tutela della persona), e dall’altro
enfatizza, spettacolarizzandolo, il ruolo dell’imputato,
che esce dall’anonimato per venire oggettivamente
proposto come un vero e proprio protagonista della
vita sociale "mediatica", con risultati
abnormi e talora aberranti, vuoi sul versante della
deturpazione dell’immagine vuoi sul versante di un’enfatizzata
notorietà che regala a protagonisti negativi una
celebrità distorsiva dei valori di una società
civile.
5. Né è da escludere o da sottovalutare il pericolo
che una siffatta rappresentazione "mediatica"
del processo -ispirata più dall’amore per l’audience
che dall’amore per la verità in programmi delle
principali emittenti televisive che occupano con
grande ascolto la prima e la seconda serata- possa
influenzare indebitamente il regolare e sereno
esercizio della funzione di giustizia. Esiste, in
particolare, il pericolo dell’identificazione dell’organo
giurisdizionale con la "platea dei
telespettatori" che rischia di mettere a
repentaglio l’indipendenza psicologica del
giudicante (anch’essa valore costituzionalmente
rilevante), facendo risentire la pressione di un
processo di piazza dei nostri tempi sul processo nella
sede giudiziaria.
Con la conseguenza che, quando il processo reale
approderà al suo esito giudiziario, la sentenza, se
conforme all’esito della rappresentazione
televisiva, appaia nient’altro che la tardiva
rimasticatura di quell’esito tempestivamente
raggiunto e, se difforme, venga contaminata dal
sospetto di una distorsione dal giusto esito che, per
frange non trascurabili del pubblico, rimane quello
del processo celebrato in TV, impressosi ormai nella
memoria dei telespettatori.
Per altro verso, un’attenzione sproporzionata a un
certo "caso" può determinare una
"personalizzazione" delle indagini che
competono al giudice, esponendo così il singolo
magistrato a tentazioni di protagonismo mediatico
(oltre che a rischi personali) e sottoponendolo ad una
sovra-pressione che può mettere a repentaglio la
correttezza delle dinamiche di funzionamento del
processo.
6. La problematica rappresentata, nei suoi molteplici
risvolti, è di estrema delicatezza, in quanto in essa
confluisce la considerazione di plurimi valori
costituzionalmente garantiti: in sintesi, da un lato
la libertà di espressione e di opinione, il diritto
di informare e di ricevere e comunicare informazioni
– comprensivo anche del diritto di cronaca– che
costituiscono estrinsecazione della libertà di
manifestazione del pensiero affermata dall’art. 21
della Costituzione; dall’altra la salvaguardia delle
libertà individuali e della tutela della dignità
umana e dei diritti inviolabili della persona (art. 2
Cost.), nonché il diritto al "giusto
processo" tutelato dalla Convenzione europea dei
diritti dell’uomo (art. 6) e dalla Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea (art. 47). Il
compito di contemperare i contrapposti interessi in
gioco è difficile e sfuggente, dovendosi ben
ponderare, nella loro relazione reciproca, valori
ciascuno di per sé meritevole di considerazione, di
rispetto e di tutela.
7. La vigente disciplina delle riprese audiovisive dei
dibattimenti (art. 147 d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271)
già fornisce una misura – ed un caveat sulla
necessità - di contemperamento degli interessi in
gioco: garanzia del diritto di cronaca, ma anche
salvaguardia delle personalità individuali. Omologo
al diritto di cronaca è il principio della
pubblicità delle udienze, immediatamente
riconducibile al disposto dell’art. 101 della
Costituzione: in un sistema democratico che garantisce
la sovranità popolare, e nel quale la giustizia è
amministrata in nome del popolo, devono esistere
meccanismi di controllo sui modi di esercizio della
giurisdizione. Dall’altra parte vi sono però i
valori connessi al rispetto di alcune importanti
prerogative dell’individuo, tra cui l’onore e la
riservatezza. La norma dianzi citata prevede che ai
fini dell’esercizio del diritto di cronaca il
giudice, se le parti consentono, può autorizzare in
tutto o in parte la ripresa audiovisiva del
dibattimento, purchè non ne derivi un pregiudizio al
regolare svolgimento dell’udienza o della decisione.
L’autorizzazione può essere data pure senza il
consenso delle parti "quando esiste un interesse
sociale particolarmente rilevante alla conoscenza del
dibattimento". Anche quando autorizza la
trasmissione , il presidente vieta la ripresa delle
immagini di parti e testimoni, periti, consulenti ed
altri soggetti presenti, se i medesimi non vi
consentono. Infine, non possono essere autorizzate le
trasmissioni di processi che si svolgono a "porte
chiuse". Secondo autorevole dottrina, la norma
testé esaminata non ha fugato i dubbi che il
dibattito sulla "cronaca giudiziaria" ha
sollevato. Come vi è un interesse sociale alla
conoscenza del dibattimento, infatti, vi è anche un
interesse generale a non turbare lo svolgimento del
processo.
8. La vigente normativa sul sistema radiotelevisivo
pone tra i principi fondamentali del settore la
garanzia della libertà e del pluralismo dei mezzi di
comunicazione, la tutela della libertà di espressione
di ogni individuo (inclusa la libertà di opinione e
quella di ricevere o di comunicare informazioni), l’obiettività,
la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione,
nel rispetto delle libertà e dei diritti, in
particolare della dignità della persona e dell’armonico
sviluppo dei minori, garantiti dalla Costituzione,
dalle regole di base dell’Unione europea, dalle
norme e convenzioni internazionali e dalle leggi
nazionali. Ne deriva che nell’ordinamento della
comunicazione i principi rappresentati dalla libertà
di espressione, di opinione e di ricevere e comunicare
informazioni –comprensivi certo anche del diritto di
cronaca, costituzionalmente garantito –, devono pur
sempre conciliarsi con il rispetto delle libertà e
dei diritti, e in particolare della dignità della
persona; ne discende che a tale rispetto non è
possibile derogare neanche nel caso in cui la persona
sia sottoposta a procedimento giudiziario o sia stata
condannata con sentenza definitiva.
9. Ferma la necessità di evitare ogni menomazione ed
ogni ingiustificato limite al diritto di informazione,
si ritiene, pertanto, che la rappresentazione in
televisione di temi di cronaca giudiziaria non possa
reputarsi totalmente esente da regole, ma debba
osservare una serie di limiti modali, riconducibili in
primis all’ambito della deontologia
professionale, tali da evitare il rischio che
attraverso la spettacolarizzazione di vicende
delittuose e giudiziarie vengano compromessi i
principi di correttezza, lealtà, equità e
completezza dell’informazione, nonché i valori del
rispetto della dignità umana e del diritto al
"giusto processo".
CONSIDERATO che ai sensi dell’articolo
7 del "Testo unico della
radiotelevisione" l’attività di
informazione radiotelevisiva , da qualunque emittente
o fornitore di contenuti esercitata, costituisce un
servizio di interesse generale e deve garantire il
rispetto dei principi ivi recati , la cui osservanza
è resa effettiva dall’Autorità attraverso le
regole dalla stessa stabilite.
RITENUTA la necessità che in
considerazione della delicatezza e degli aspetti
marginali di opinabilità del problema al
soddisfacimento delle esigenze di correttezza della
rappresentazione dei procedimenti giudiziari nelle
trasmissioni radiotelevisive si proceda attraverso un’opportuna
e responsabile scelta di autoregolamentazione degli
operatori interessati, in considerazione del valore
costituzionalmente garantito della libertà di
espressione del pensiero con qualsiasi mezzo di
diffusione, valore che si traduce nell’esigenza che
la democrazia sia basata su una libera opinione
pubblica.
RAVVISATA, pertanto, l’utilità
dell’istituzione di un apposito tavolo tecnico
presso l’Autorità con l’obiettivo di promuovere
la redazione, da parte degli operatori, di un corpo di
regole di autodisciplina in tale materia.
RITENUTA, peraltro, necessaria al
corretto dispiegarsi delle dinamiche autoregolamentari
l’individuazione di criteri a presidio degli
interessi tutelati dalle norme vigenti nella materia.
RITENUTA, pertanto, l’opportunità
di adottare in questa sede un apposito atto di
indirizzo sui criteri relativi alle corrette modalità
di rappresentazione della materia delle indagini e dei
procedimenti giudiziari nelle trasmissioni
radiotelevisive, anche in vista del successivo impegno
autoregolamentare dei soggetti interessati.
UDITA la relazione dei Commissari
Giancarlo Innocenzi Botti e Michele Lauria, relatori
ai sensi dell’articolo 29 del regolamento
concernente l’organizzazione ed il funzionamento
dell’Autorità.
Delibera
Art. 1 (Criteri sulle corrette
modalità di rappresentazione dei procedimenti
giudiziari nelle trasmissioni radiotelevisive)
1. Le emittenti radiotelevisive
pubbliche e private, nazionali e locali, e i fornitori
di contenuti radiotelevisivi su frequenze terrestri,
via satellite e via cavo ferme la garanzia della
libertà d’informazione e del pluralismo dei mezzi
di comunicazione nonché la salvaguardia della
libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la
libertà di opinione e quella di ricevere o comunicare
informazioni sono tenuti a garantire l’osservanza
dei principi normativi di obiettività, completezza,
lealtà e imparzialità dell’informazione, rispetto
delle libertà e dei diritti individuali, ed in
particolare della dignità della persona e della
tutela dei minori, in tutte le trasmissioni che hanno
ad oggetto la rappresentazione di vicende e fatti
costituenti materia di procedimenti giudiziari in
corso, quale che sia la fase in cui gli stessi si
trovino.
2. I soggetti di cui al comma 1, al
fine di garantire l’osservanza dei suddetti
principi, si attengono, in particolare, ai seguenti
criteri :
a) va evitata un’esposizione mediatica
sproporzionata, eccessiva e/o artificiosamente
suggestiva, anche per le modalità adoperate, delle
vicende di giustizia, che non possono in alcun modo
divenire oggetto di "processi" condotti
fuori dal processo. In particolare vanno evitati
"processi mediatici", che, perseguendo il
fine di un incremento di audience, rendano
difficile al telespettatore l’appropriata
comprensione della vicenda e che potrebbero andare a
detrimento dei diritti individuali tutelati dalla
Costituzione e delle garanzie del "giusto
processo";
b) l’informazione, fermo restando il diritto di
cronaca, deve fornire notizie con modalità tali da
mettere in luce la valenza centrale del processo,
celebrato nella sede sua propria, quale luogo deputato
alla ricerca e all’accertamento della
"verità": dovranno pertanto essere seguite
modalità tali da tenere conto della presunzione di
innocenza dell’imputato e dei vari gradi esperibili
di giudizio, evitando in particolare che una misura
cautelare o una comunicazione di "garanzia"
possano rivestire presso l’opinione pubblica un
significato e una concludenza che per legge non hanno;
c) la cronaca giudiziaria deve sempre rispettare i
principi di obiettività, completezza, correttezza e
imparzialità dell’informazione e di tutela della
dignità umana, evitando tra l’altro di trasformare
il dolore privato in uno spettacolo pubblico che
amplifichi le sofferenze delle vittime e rifuggendo da
aspetti di spettacolarizzazione suscettibili di
portare a qualsivoglia forma di "divizzazione"
dell’indagato, dell’imputato o di altri soggetti
del processo; deve inoltre porre sempre in essere una
tutela rafforzata quando sono coinvolti minori, dei
quali va salvaguardato lo sviluppo fisico, psichico e
morale;
d) restando salva la facoltà di sviluppare sui temi
in esame dibattiti tra soggetti diversi dalle parti
del processo nel rispetto del principio del
contraddittorio ed assicurando pari opportunità nel
confronto dialettico tra i soggetti intervenienti,
vanno evitate le manipolazioni tese a rappresentare
una realtà virtuale del processo tale da ingenerare
suggestione o confusione nel telespettatore con
nocumento dei principi di lealtà, obiettività e
buona fede nella corretta ricostruzione degli
avvenimenti;
e) quando la trasmissione possa inferire sui diritti
della persona, l’informazione sulle vicende
processuali deve svolgersi in aderenza a principi di
"proporzionalità", accordando pertanto alle
informative e alle analisi uno spazio equilibratamente
commisurato alla presenza e all’entità dell’interesse
pubblico leso e raccordando la comunicazione al grado
di sviluppo dell’iter giudiziario, e quindi al
livello di attendibilità delle indicazioni
disponibili sulla verità dei fatti.
Art. 2 (Codice di
autoregolamentazione)
1. I soggetti di cui all’articolo
1, comma 1, singolarmente o attraverso le proprie
associazioni rappresentative, sono invitati a redigere
un codice di autoregolamentazione, con il concorso
dell’Ordine dei Giornalisti e delle organizzazioni
rappresentative delle professionalità della stampa,
al fine di individuare regole di autodisciplina idonee
a dare concreta attuazione ai principi e ai criteri
individuati nel presente atto di indirizzo.
2. L’Autorità, con separato
provvedimento, provvederà ad istituire un tavolo
tecnico in funzione di promozione ed ausilio rispetto
alla elaborazione del codice e alla definizione delle
modalità della sua redazione e sottoscrizione.
3. L’Autorità, nell’ambito
della propria competenza, uniformerà la propria
attività di vigilanza in materia al rispetto delle
norme e dei principi richiamati, avendo specifico
riguardo alle disposizione del codice di
autoregolamentazione.
La presente delibera è pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana e nel Bollettino ufficiale e sul sito web
dell’Autorità ed è trasmessa alla Commissione
parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza
dei servizi radiotelevisivi.
Napoli , 31 gennaio 2008
IL PRESIDENTE
Corrado Calabrò
IL COMMISSARIO RELATORE
Giancarlo Innocenzi Botti
IL COMMISSARIO RELATORE
Michele Lauria
Per attestazione di conformità a
quanto deliberato
IL SEGRETARIO GENERALE
Roberto Viola
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