07.12.2000
Nota: il testo è
ripreso dalla pagina del sito
dell'Ordine dei giornalisti - Consiglio regionale della Lombardia, che aggiunge
un ampio commento alla lettera del presidente Abruzzo.
On.le dott. Piero
Fassino
ministro della Giustizia
via Arenula, 70 -- 00186 Roma
e p.c.:
On.le dott.ssa Anna Finocchiaro
presidente Commissione Giustizia
Camera dei deputati - 00186 Roma
Sen. dott. Michele Pinto
presidente Commissione Giustizia
Senato della Repubblica - 00186 Roma
Dott. Mario Ciancio Sanfilippo
presidente Fieg - 00187 Roma
Dott. Mario Petrina
presidente del Consiglio nazionale
dell’Ordine dei Giornalisti - 00186 Roma
Oggetto: proposta di modifiche alla
normativa sulla stampa
Onorevole ministro, oggigiorno,
secondo un dato raccolto dall’Ordine nazionale di categoria, sui giornalisti e
sui giornali italiani pendono querele con richieste di risarcimenti per circa
3.500 miliardi di lire.
Questa abnorme situazione, riconducibile in larga misura a iniziative
strumentali, compromette la serenità dei giornalisti, con grave incidenza sul
diritto di libera espressione del pensiero, essenziale in un regime democratico.
Il clima di intimidazione che si è determinato costituisce un fattore di grave
depressione culturale, anche in danno del pubblico.
Si rende necessario ed urgente un adeguamento della normativa sulla stampa in
vigore a salvaguardia dei principi e delle garanzie costituzionali.
Le trasmetto la seguente nota,
con osservazioni sui vari problemi insorti e con proposte concrete di modifica
di alcuni articoli della legge sulla stampa, e dei codici civile e penale.
Diffamazione a mezzo stampa,
pronunce "inappellabili". La
legge 24 novembre 1999 n. 468 modifica il terzo comma dell'articolo
593 del Codice di procedura penale, stabilendo che "sono
inappellabili le sentenze di condanna relative a reati per i quali è stata
applicata la sola pena pecuniaria". Le pene pecuniarie sono la multa
(per i delitti) e l’ammenda (per le contravvenzioni).
Questa legge dà un colpo
durissimo alla libertà di stampa, alla tranquillità economica e psicologica
dei giornalisti e ai bilanci delle aziende editoriali.
L’articolo 595 Cp prevede le sanzioni della multa e della reclusione in
via alternativa. Poniamo il caso che il giornalista-articolista venga condannato
per diffamazione a mezzo stampa (articolo 595 Cp) solo alla pena
della multa (fino a un milione), avendo il tribunale (in composizione
monocratica) scartato la condanna alla pena della reclusione da sei mesi a tre
anni.
Il giornalista, che ha scritto l’articolo "incriminato", e il
direttore responsabile (che ha omesso il controllo sull’articolo), una volta
emessa la sentenza di condanna alla sola multa, non possono impugnare il
provvedimento avanti alla Corte d’Appello. Possono soltanto ricorrere in
Cassazione per motivi di legittimità. E’ dunque precluso un riesame di
merito. In sostanza articolista e direttore pagano subito la multa e poi, con l’editore,
sono nelle mani del giudice civile per quanto riguarda la fissazione dell’entità
del risarcimento del danno (2043 Cc). La condanna penale è infatti il
presupposto della successiva condanna sul piano civilistico. L’incertezza è
sul quantum. Ma i tempi sono perigliosi, perché si può ripetere quello che gli
inglesi dicono del giudice dell’equity: la giustizia è grande quanto
il piede del cancelliere, volendo dire che le sentenze cambiano ogni qual volta
cambia il cancelliere. Come dire, con i romani, tot capita tot sentenziae.
Anche l’articolo 459 Cpp
(Casi di procedimento per decreto), riscritto dalla legge 16 dicembre 1999
n. 479 sul giudice unico, riserva una sorpresa sgradita. Dice
questo nuovo articolo: "Nei procedimenti per reati perseguibili di
ufficio ed in quelli perseguibili a querela (come la diffamazione, ndr) se
questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa
dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba
applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una
pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro
sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è
attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione
del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna,
indicando la misura della pena". Il decreto penale, con la condanna a
una pena pecuniaria, è inappellabile. C’è da sperare che il Gip non accolga
la richiesta del Pm. In precedenza non era previsto il decreto penale per i
reati perseguibili a querela.
Una nuova legge sulla rettifica.
Il crescente numero di querele contro giornali e giornalisti rende necessaria,
secondo Fieg (Federazione editori) e Fnsi (sindacato dei giornalisti), una nuova
legge sulla rettifica in caso di diffamazione a mezzo stampa. E’ dello stesso
avviso il presidente della Camera, Luciano Violante, che ha esposto un suo
progetto (condiviso dall’allora ministro della Giustizia Oliviero Diliberto)
nel convegno del 23 giugno 1999 organizzato dall’Ordine nazionale dei
Giornalisti: ''Il problema più significativo - ha detto Violante - è
risarcire l'onore delle persone lese e stabilire che la rettifica fatta nei
termini previsti dalla legge ha una funzione di risarcimento e che la stessa
evita il risarcimento civile. C'è bisogno di una legge di questo genere: i
giornali potranno poi scegliere se rettificare o andare al processo civile''.
La materia è complessa, perché
si tratta di trovare un punto di equilibrio tra l’esigenza giuridica di
tutelare l’identità della persona offesa e il diritto di giornali e
giornalisti di riferire quel che accade ai cittadini, titolari a loro volta del
diritto costituzionale all’informazione (corretta e completa) elaborato dalla
Consulta. In sostanza va affermato il principio secondo il quale la persona
offesa che non abbia chiesto la pubblicazione di una rettifica o smentita della
notizia lesiva non può chiedere il risarcimento del danno lamentato in
conseguenza della stessa. Nel caso di rifiuto di pubblicazione di rettifica o
smentita, sono civilmente responsabili per il risarcimento del danno, in solido
con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e
l'editore. Nel caso di pubblicazione di rettifica o smentita, la persone offesa
può chiedere il risarcimento del danno qualora dimostri, in relazione alla
gravità dell'illecito e alle circostanze, che l'adempimento non costituisca
riparazione sufficiente.
Il "progetto Passigli".
In queste ore sono tornate alla ribalte alcune norme inserite nel "progetto
Passigli" (poi abortito) relativo all’ordinamento della professione
giornalistica. L’obiettivo perseguito è quello di garantire alle persone
offese la rettifica sui giornali (a costo zero); rettifica prevista dall’articolo
8 della legge sulla stampa. In caso di rifiuto della pubblicazione della
rettifica o della smentita, il cittadino leso nei suoi diritti potrebbe
rivolgersi al "Presidente dei Consigli regionali o interregionali
dell’Ordine dei Giornalisti, il quale dispone in via d'urgenza, con decreto,
che i direttori responsabili delle testate (scritte, televisive, radiofoniche e
telematiche) edite nell'area di propria competenza territoriale pubblichino la
rettifica, nei termini temporali e secondo le modalità previsti dall’articolo
8. In caso di marcato intervento da parte del Presidente dei Consigli regionali
o interregionali dell’Ordine dei Giornalisti e qualora, trascorso il termine
di cui al secondo e terzo comma, la rettifica o dichiarazione non sia stata
pubblicata, l'autore della richiesta di rettifica, (se non intende procedere a
norma del decimo comma dell'articolo 21) può chiedere al pretore, ai sensi
dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la
pubblicazione". Questa proposta conferisce al presidente dei
Consigli dell’Ordine dei Giornalisti un potete tipico (paragiudiziario) delle
autorità amministrative indipendenti.
La "trappola" dell’articolo
2947 del Cc. Con la sentenza n.
5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilito che ogni cittadino può tutelare
il proprio onore e la propria dignità in sede civile senza avviare l’azione
penale. Ogni cittadino può agire in sede penale entro tre mesi dalla
pubblicazione della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento non ha
provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’azione civile con
quello previsto per l’azione penale. Così è rimasto in vigore l’articolo
2947 del Cc, in base al quale "il diritto al risarcimento del danno
derivante da fatto illecito si prescrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si
è verificato...In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato
e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche
all’azione civile". Questa norma espone giornalisti ed aziende al
rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distanza di 7-10 anni, per fatti
remoti e sui quali il giornalista non ha conservato alcuna documentazione. Molto
opportunamente il "progetto Passigli" riduceva l’azione di
risarcimento a 180 giorni: "In deroga a quanto previsto dall’articolo
2947 del Codice civile, l’azione civile del risarcimento del danno conseguente
ad eventuale diffamazione perpetrata su mezzi di comunicazione si prescrive nel
termine di 180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta diffamatoria>. Ci
sembra necessario insistere in tale proposta.
La registrazione delle testate
on-line o telematiche. L’articolo 5
della legge sulla stampa n. 47/1948 sulla registrazione delle testate scritte,
già esteso (con l’articolo 10 della legge n. 223/1990) ai telegiornali e ai
radiogiornali, dovrebbe ricomprendere anche i giornali che utilizzano la rete
per la diffusione. Si calcola che i quotidiani on-line siano oggi 60 e che
saranno 300 tra due anni. La registrazione obbligatoria (che oggi è accettata,
sul piano della interpretazione estensiva, da alcuni tribunali come Milano,
Roma, Napoli e Voghera) è la condizione giuridica per l’applicazione del
contratto giornalistico a quanti fanno informazione nelle testate web.
Confido che
Lei voglia esaminare con attenzione le proposte formulate nella nota allegata e
promuovere l’iniziativa riformatrice del Governo ai sensi dell’articolo 71
della Costituzione.
Restando a Sua disposizione per
un incontro e per ogni opportuno approfondimento Le invio cordiali saluti,
Il presidente dell’OgL
dott. Franco Abruzzo
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