Comunicato stampa dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia
Memoria di Franco Abruzzo al Consiglio di Stato - Duro attacco alle chiusure
dell'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia
"La laurea in giornalismo diventi il titolo esclusivo per l'ammissione
all'esame di abilitazione"
Milano, 2 ottobre 2001. L'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia
si è espresso, con un parere non vincolante, contro il collegamento tra la
laurea in giornalismo e l'esame di Stato. L'ultima parola spetta ora al
Consiglio di Stato (II sezione consultiva), che dovrebbe decidere a giorni.
Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, con una
memoria ha chiesto al Consiglio di Stato "di esprimere parere favorevole
sull'obbligo (per il Ministero dell'Università di concerto con quello della
Giustizia) di stesura del regolamento per l'esame di abilitazione professionale
dei praticanti giornalisti, che abbiano conseguito la laurea specialistica in
giornalismo. Così "modificando e integrando la disciplina vigente in
virtù di quanto disposto dall'articolo 1 (comma 18) della legge n.
4/1999". Quest'ultimo articolo di legge dispone che, - con uno o più
regolamenti, adottati ai sensi dell'art. 17 (comma 2) della legge 23 agosto 1988
n. 400, su proposta del Ministro dell'Università di concerto con il Ministro
della Giustizia, sentiti gli organi direttivi degli Ordini professionali e con
esclusivo riferimento alle attività professionali per il cui esercizio la
normativa vigente prevede in atto l'onere del superamento di un esame di Stato -
"sia modificata e integrata la disciplina del relativo ordinamento, dei
connessi albi, ordini e collegi, nonché dei requisiti per l'ammissione
all'esame di Stato e delle relative prove".
In sostanza, scrive Abruzzo, «la laurea in giornalismo deve diventare il
titolo esclusivo per l'ammissione all'esame di abilitazione». Tutto ciò sul
presupposto che l'accesso alla professione giornalistica via Università
rispetta senz'altro canoni democratici in quanto tutti i cittadini possono
frequentare i corsi di laurea, mentre la Repubblica è impegnata dall'articolo
34 della Costituzione a perseguire una politica di apertura agli studi: "I
capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i
gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con
borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere
attribuite per concorso". Tale principio viene attuato dallo Stato e dalle
Regioni". "Oggi, invece, l'accesso alla professione giornalistica -
scrive Abruzzo - è nelle mani degli editori: diventa giornalista chi viene
assunto come praticante. Le Scuole di giornalismo (riconosciute dall'Ordine),
con numero programmato, hanno rotto questo monopolio in minima parte (sono ex
allievi il 7% dei 12mila giornalisti professionisti assunti a tempo pieno),
dando priorità al merito e alle capacità dei singoli. Le amministrazioni
pubbliche Ministero della Giustizia e Ministero dell'Università devono
assicurare il rispetto dei principi dell'uguaglianza e dell'imparzialità (artt.
3 e 97 Cost.). Non ci possono essere figli e figliastri tra i professionisti
legati a ordinamenti voluti dal Parlamento. I giornalisti meritano un eguale
trattamento rispetto agli altri professionisti italiani: laurea ed esame di
Stato! ".
La ricostruzione dei fatti
La richiesta di parere, a firma del Ministro pro-tempore dell'Università
Giuliano Amato, è stata trasmessa il 2 aprile 2001 al Consiglio di Stato. Il 23
luglio 2001 la II Sezione consultiva del Consiglio di Stato ha emesso il proprio
parere (interlocutorio) n. 488/2001 con il quale ha chiesto: "al Ministero
dell'Università "i verbali della Commissione ministeriale, "CommissioneRossi";
limitatamente alle riunioni in cui si è dibattuto il problema della (non)
riforma dell'Ordine dei giornalisti"; "e al Ministero della
Giustizia,competente in materia di Ordini professionali, di esprimersi con un
parere" .
Il 24 luglio 2001 il presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia
ha rivolto un appello ai ministri dell'Istruzione Università Ricerca (Miur) e
della Giustizia, Letizia Moratti e Roberto Castelli, sul tema dell'accesso alla
professione giornalistica: "Cari Ministri, la laurea in giornalismo ha
senso se diventa l'unica via di accesso alla professione. Vi chiedo di essere
severi con noi e di scrivere in fretta il decreto del nuovo esame di Stato. Non
chiediamo sconti: vogliamo accedere alla professione per via universitaria
esattamente come gli altri professionisti italiani". In data 6 settembre
2001 l'Ufficio legislativo del Ministero della Giustizia ha fatto conoscere il
proprio parere. «Una lettura meditata di questo parere - sostiene Abruzzo -
offre lo spunto per cogliere amnesie e contraddizioni sostanziali, che inficiano
il ragionamento che ha portato codesto Ufficio a escludere la professione
giornalistica dalla disciplina regolamentata dall'articolo 1, comma 18, della
legge 14 gennaio 1999 n. 4, arroccandosi in una posizione conservatrice e
involutiva, non rispettosa della volontà del Parlamento». Abruzzo sostiene
ancora che "l'articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999, che disciplina
l'accesso alle professioni intellettuali, ha abrogato la norma anteriore
sull'accesso alla professione giornalistica) ".
"Il Consiglio di Stato - dice Abruzzo - sarà coerente con ciò che ha
già deciso il 21 maggio 2001, quando ha detto sì ai giornalisti laureati al
vertice degli Uffici stampa delle pubbliche amministrazioni».
Appello di Franco Abruzzo ai titolari dei Ministeri
Istruzione-Università-Ricerca (Miur) e Giustizia, Letizia Moratti e Roberto
Castelli - Presto anche il Cup si occuperà del problema
«Cari Ministri, la laurea in giornalismo ha senso se diventa l’unica
via di accesso alla professione. Vi chiedo di essere severi con noi e di
scrivere in fretta il decreto del nuovo esame di Stato»
Milano, 23 luglio. Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei Giornalisti
della Lombardia, ha rivolto un appello ai ministri dell’Istruzione-Università-Ricerca
(Miur) e della Giustizia, Letizia Moratti e Roberti Castelli sul tema dell’accesso
alla professione giornalistica: «Cari Ministri, la laurea in
giornalismo ha senso se diventa l’unica via di accesso alla professione. Vi
chiedo di essere severi con noi e di scrivere in fretta il decreto del nuovo
esame di Stato. Non chiediamo sconti: vogliamo accedere alla professione per via
universitaria esattamente come gli altri professionisti italiani». La
«Commissione Rossi», in attività presso il Ministero dell’Università, ha
già scritto i decreti che rinnovano gli esami di abilitazione di tutte le
professioni. Manca quello riferito ai giornalisti, che hanno un Ordine come le
altre professioni intellettuali regolamentate. L’ex ministro dell’Università
(nonché ex premier), Giuliano Amato, sollecitato proprio da Franco Abruzzo, ha
chiesto sul punto un parere al Consiglio di Stato. Il parere è atteso da due
mesi. Nel frattempo il presidente del Cup (Comitato unitario delle
professioni), avv. Nicola Buccico, ha deciso di iscrivere il problema all’odg
della prossima seduta del Comitato (che rappresenta tutte le professioni
intellettuali) e di sostenere le ragioni dei giornalisti. Buccico è anche
presidente del Cnf (Consiglio nazionale forense). Franco Abruzzo si è
rivolto anche al neopresidente del Consiglio di Stato, Alberto de Roberto: «I
giornalisti – ha scritto Abruzzo – vogliono legare il loro futuro all’Università
e attendono con ansia un parere, che faccia fare un salto di qualità alla
categoria e all’informazione italiana sul piano della preparazione e della
responsabilità».
In sostanza sarà il Consiglio di Stato, in sede consultiva, a dirimere il
contrasto tra l'Ordine dei giornalisti e il ministero dell'Università sul
raccordo tra la laurea specialistica in giornalismo con l'ordinamento
professionale. La Commissione Rossi non ha provveduto a scrivere il decreto sul
nuovo esame di Stato dei giornalisti, sostenendo che l'attuale «prova di
idoneità>, che i praticanti giornalisti sostengono per diventare
professionisti, <non presenta i caratteri dell'esame di Stato».
Secondo i giornalisti, l'articolo 1 (comma 18) della legge 4/99 obbliga il
Ministero dell’Università (Murst, oggi Miur) a <integrare e modificare>
gli ordinamenti vigenti della professione giornalistica, stabilendo che quella
universitaria sia l'unica via di accesso alla professione e che questa via
richieda un esame di Stato rinnovato, il quale tenga conto della laurea
specialistica (pubblicata nella <Gazzetta Ufficiale> del 23 gennaio 2001).
I giornalisti hanno rimproverato alla Commissione Rossi di non aver considerato
gli atti parlamentari relativi alla legge 69/1963, che ha istituito l'Ordine dei
giornalisti, e alla legge 4/1999, che dà al Murst (oggi Miur), di concerto con
la Giustizia, il potere di cambiare gli accessi alle professioni regolamentate.
La posizione di Rossi nasconderebbe così una banale questione nominalistica,
ben potendo il Parlamento denominare, come crede, un esame di Stato.
Nel caso dei giornalisti, il legislatore, a salvaguardia dell’autonomia della
professione, ha deciso di affidare l’organizzazione degli esami all’Ordine
nazionale «in cooperazione» con la Corte d’Appello di Roma, che designa due
magistrati di cui uno assume la presidenza della commissione esaminatrice, come
garanzia di imparzialità e uguaglianza di trattamento.
Questo il tema della memoria ai ministri e al Consiglio di Stato: «Procedimento
amministrativo relativo alla richiesta di parere al Consiglio di Stato sull’obbligo
di stesura del regolamento per l’esame di abilitazione professionale (articolo
33, V comma, della Costituzione) dei praticanti giornalisti, che abbiano
conseguito la laurea specialistica in giornalismo (classe 13/S in «Gazzetta
ufficiale» , serie generale n. 18 del 23 gennaio 2001). Così «modificando e
integrando» la disciplina vigente (articoli 29, 31, 32, 33 e 34 della legge n.
69/1963 e articoli 35 e seguenti del Dpr n. 115/1965) in virtù di quanto
disposto dall’articolo 1 (comma 18) della legge n. 4/1999. L’intervento/testimonianza
di Guido Gonella sull’esame dei giornalisti e la sentenza n. 5/1999 della
Corte costituzionale».
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