(In risposta all'intervento di Giuseppe Attardi Voglio
anch’io il First Amendment)
Caro Attardi, l'articolo 21 va preso nella sua interezza e non solo i primi
due commi:
Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità
giudiziaria [cfr. art.111 c.1] nel caso di delitti, per i quali la legge sulla
stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la
legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo
intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può
essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente,
e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se
questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro
s'intende revocato e privo d'ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i
mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre
manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti
adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.
Una "legge sulla stampa" è pertanto, piaccia o non piaccia, prevista
dalla Costituzione. Ora è evidente che quella del 1948 ha molti
"buchi" e arretratezze, ma resta il fatto che i cittadini hanno
insieme diritto di esprimersi e diritto di essere tutelati nella loro immagine
ed identità personale, rispetto a forme "pubbliche" di diffamazione,
violazione della privacy, falsificazione, etc. etc. E' il "famoso"
criterio liberale dei limiti da porre alle libertà!
La legge del 1948, non dimentichiamolo, prevede il diritto fondamentale
alla "dichiarazione" ed alla "replica", rispetto ai mezzi di
informazione organizzati: i quotidiani ed i periodici (carta) ed i radio e
telegiornali.
Troviamo forme adeguate per estendere tali tutele a Internet, miglioriamo
le procedure, ma rafforziamo il rispetto del diritto alla rettifica e replica!
Riguardo agli USA : al Primo Emendamento ed alla sensibilità etica del
giornalismo americano aggiungerei anche le considerazioni circa la
"severità" delle Corti americane rispetto alla diffamazione ed al
fatto che (un bell'esempio in "Tutti gli uomini del Presidente"...)
l'avvocato è , dopo editore e direttore, il personaggio più importante nei
grandi giornali USA.
Riguardo all'Albo dei giornalisti, perché non chiedere l'abolizione anche
per quello degli Ingegneri e dei Medici?
L'Albo è lo strumento ( affidato all'Ordine nel 1963 perchè già esisteva
presso le Associazioni regionali di Stampa), che identifica coloro che
esercitano professionalmente (in tutto o in parte) l'attività giornalistica.
L'esistenza dell'Albo non impedisce ai cittadini di inviare lettere, interventi,
critiche, scrivere e-mail, volantini, ciclostilati, etc.etc..
L'esistenza dell'Albo non impedisce l'apertura di siti WEB, a meno che NON si
tratti di siti che vogliono essere "Impresa giornalistica",
corrispondente a criteri deontologici e professionali irrinunciabili.
Al di là delle incertezze e confusioni legislative di questa fase, che sono da
recuperare in chiave legislativa al più presto, a me sembra davvero
inconcepibile il desiderio di considerare l'attività giornalistica come non
degna di qualificazione "professionale" ( ed oramai sono le
Università a condurre al giornalismo...!) e i "giornali"
ascrivibili, qualunque sia il mezzo di diffusione, al novero delle Imprese.
Internet perderebbe di senso se legittimasse un "siamo tutti fornitori di
informazioni e quindi siamo tutti giornalisti"!
Questo rappresenterebbe una trappola e una mistificazione!
Detto questo, concordo invece con la necessità di rispettare lo specifico di
Internet attraverso gli specifici strumenti di autoregolazione e controllo che
Internet si è dati (Naming e Registration Authorities) e che attraverso di esse
si facciano valere i criteri e le norme di tutela dei cittadini che
costituzionalmente debbono valere ed essere rispettate.
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