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Italia: il diritto di cronaca è
sotto tiro |
STRASBURGO. “La libertà di stampa prevale
sulla riservatezza”: dalla Corte dei diritti dell’uomo
(CEDU) parte un forte monito al Parlamento italiano chiamato a decidere sul “ddl
Alfano” e sulla pubblicazione delle intercettazioni. Il diritto
dei cittadini di conoscere i fatti vince sempre sulla segretezza delle carte processuali.
“L’Italia è vincolata ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di
Strasburgo dà delle norme della CEDU” (sentenze 348/07, 349/07
e 39/2008 della Corte costituzionale) |
di Franco
Abruzzo - 03.05.10 (da www.francoabruzzo.it)
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La libertà di stampa prevale sulla privacy così da tutelare il diritto dei cittadini di ricevere informazioni su ciò che accade nei palazzi del potere. Con la sentenza del 10 febbraio 2009, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), - in base all’articolo 10 della Convenzione del 1950 (recepita nella legge 848/1955) -, riconosce ai cronisti vasti ampi poteri di valutazione delle notizie corredate da fotografie (“Spetta poi al giornalista e non alla Corte europea né ai tribunali nazionali verificare – ha scritto Marina Castellaneta nel Sole 24 Ore del 23 febbraio - se la riproduzione di un vecchio articolo riguardante la persona indagata e una sua fotografia siano necessarie, perché è il giornalista che deve decidere sulle modalità di diffusione di una notizia. La pubblicazione dell'informazione sull'indagine a carico dell'imputata contribuisce – precisa la Corte – alla pubblica discussione su problemi di carattere generale. Così come è giustificata la divulgazione del nome. Questo perché, anche se non si tratta di una figura pubblica o di un politico, la notizia serve ad attirare l'attenzione su un problema generale come quello degli abusi sull'utilizzo di fondi pubblici”). Anche le fotografie sono classificate come notizie dal moderno diritto dell’informazione. Le notizie possono riguardare pure la divulgazione del nome dell'imputato prima dell'udienza e dei capi d'imputazione relativi a un processo penale ancora pendente. Questa sentenza affianca la sentenza Dupuis (ricorso n. 1914/02) del 7 giugno 2007. In quell’occasione il Tribunale di Strasburgo aveva sancito il diritto della stampa di informare su indagini in corso e il diritto del pubblico di ricevere notizie su inchieste scottanti (sulle intercettazioni illegali disposte sotto la presidenza Mitterrand) che prevalgono sulle esigenze di segretezza. La Corte europea dei diritti dell'uomo il 10 febbraio scorso ha condannato la Finlandia e il 7 giugno 2007 la Francia.
Che peso hanno le sentenze di Strasburgo nel sistema giudiziario italiano? La risposta è stata data dalla Corte costituzionale con la sentenza 39/2008: “Questa Corte, con le recenti sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha affermato, tra l'altro, che, con riguardo all'art. 117, primo comma, Cost., le norme della CEDU devono essere considerate come interposte e che la loro peculiarità, nell'ambito di siffatta categoria, consiste nella soggezione all'interpretazione della Corte di Strasburgo, alla quale gli Stati contraenti, salvo l'eventuale scrutinio di costituzionalità, sono vincolati ad uniformarsi…Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Cedu (Convenzione europea dei diritti dell’Uomo)”.
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) rappresenta un meccanismo di protezione internazionale dei diritti dell’uomo particolarmente efficace. Le norme della Convenzione, nella interpretazione che ne dà soltanto la Corte di Strasburgo, sono di immediata operatività per gli Stati contraenti. L’articolo 10 della Convenzione afferma che “Ogni persona ha diritto alla libertà di espressione. Questo diritto comprende la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere interferenza di pubbliche autorità e senza riguardo alla nazionalità”. Il principio in base al quale ogni persona ha la libertà di “ricevere e comunicare informazioni” è alla base delle sentenze citate e anche di quelle conosciute come Goodwin, Roemen e Tillack sulla inviolabilità delle fonti dei giornalisti, La Repubblica italiana ora deve assorbire nel suo ordinamento i principi fissati dalla Corte di Strasburgo. Le norme Cedu si collocano, quindi, come norme interposte, tra la Costituzione e le leggi di rango ordinario. Si può dire che sono norme sub-costituzionali.
Nella sentenza 348/2007, la Corte costituzionale ha spiegato quali sono gli obblighi della Repubblica Italiana verso la Convenzione e le sentenze della Corte: “La CEDU presenta, rispetto agli altri trattati internazionali, la caratteristica peculiare di aver previsto la competenza di un organo giurisdizionale, la Corte europea per i diritti dell'uomo, cui è affidata la funzione di interpretare le norme della Convenzione stessa. Difatti l'art. 32, paragrafo 1, stabilisce: «La competenza della Corte si estende a tutte le questioni concernenti l'interpretazione e l'applicazione della Convenzione e dei suoi protocolli che siano sottoposte ad essa alle condizioni previste negli articoli 33, 34 e 47». Poiché le norme giuridiche vivono nell'interpretazione che ne danno gli operatori del diritto, i giudici in primo luogo, la naturale conseguenza che deriva dall'art. 32, paragrafo 1, della Convenzione è che tra gli obblighi internazionali assunti dall'Italia con la sottoscrizione e la ratifica della CEDU vi è quello di adeguare la propria legislazione alle norme di tale trattato, nel significato attribuito dalla Corte specificamente istituita per dare ad esse interpretazione ed applicazione. Non si può parlare quindi di una competenza giurisdizionale che si sovrappone a quella degli organi giudiziari dello Stato italiano, ma di una funzione interpretativa eminente che gli Stati contraenti hanno riconosciuto alla Corte europea, contribuendo con ciò a precisare i loro obblighi internazionali nella specifica materia” (sentenza 348 - pubblicazione in G. U. 31/10/2007 - presidente Bile - relatore Silvestri).
Con la sentenza 349/2007, la Corte costituzionale, invece, ha puntato il dito su chi (Presidenza del consiglio dei Ministri) debba provvedere ad attivare i “meccanismi” e gli “adempimenti” diretti al recepimento nel nostro ordinamento delle pronunce di Strasburgo: “Dagli orientamenti della giurisprudenza di questa Corte è dunque possibile desumere un riconoscimento di principio della peculiare rilevanza delle norme della Convenzione, in considerazione del contenuto della medesima, tradottasi nell'intento di garantire, soprattutto mediante lo strumento interpretativo, la tendenziale coincidenza ed integrazione delle garanzie stabilite dalla CEDU e dalla Costituzione, che il legislatore ordinario è tenuto a rispettare e realizzare. La peculiare rilevanza degli obblighi internazionali assunti con l'adesione alla Convenzione in esame è stata ben presente al legislatore ordinario. Infatti, dopo il recepimento della nuova disciplina della Corte europea dei diritti dell'uomo, dichiaratamente diretta a «ristrutturare il meccanismo di controllo stabilito dalla Convenzione per mantenere e rafforzare l'efficacia della protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali prevista dalla Convenzione» (Preambolo al Protocollo n. 11, ratificato e reso esecutivo con la legge 28 agosto 1997, n. 296), si è provveduto a migliorare i meccanismi finalizzati ad assicurare l'adempimento delle pronunce della Corte europea (art. 1 della legge 9 gennaio 2006, n. 12), anche mediante norme volte a garantire che l'intero apparato pubblico cooperi nell'evitare violazioni che possono essere sanzionate (art. 1, comma 1217, della legge 27 dicembre 2006, n. 296). Infine, anche sotto il profilo organizzativo, da ultimo è stata disciplinata l'attività attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri, stabilendo che gli adempimenti conseguenti alle pronunce della Corte di Strasburgo sono curati da un Dipartimento di detta Presidenza (d.P.C.m. 1° febbraio 2007 – Misure per l'esecuzione della legge 9 gennaio 2006, n. 12, recante disposizioni in materia di pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo)” (sentenza 349 - pubblicazione in G. U. 31/10/2007- presidente Bile - relatore Tesauro).
Con le sentenze Goodwin, Roemen e Tillack, la Corte di Strasburgo ha imposto l'alt alle perquisizioni nelle redazioni a tutela delle fonti dei giornalisti. 'Gli Stati contraenti sono vincolati ad uniformarsi alle interpretazioni che la Corte di Strasburgo dà delle norme della Cedu': le sentenze 348/07, 349/07 e 39/08 della Corte costituzionale sono una svolta ineludibile ed epocale! |
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