L’accusa di abuso di
posizione dominante formulata dalla FIEG nei confronti
di Google – come ho sinteticamente dichiarato in un’intervista
rilasciata all’ANSA – sembra proprio reggersi su
gambe malferme.
In primo luogo, gli utenti si servono di Google
semplicemente perché funziona. Non appena un altro
motore di ricerca dovesse dimostrarsi più efficiente,
gli utenti si comporterebbero di conseguenza.
In secondo luogo, Google non è certo l’unico
motore di ricerca a fornire servizi relativi all’informazione.
Gli utenti non sono affetti dalla sindrome “locked-in”
(come accade nel mercato dei sistemi operativi, per
esempio) e nessuno ha puntato una pistola alla tempia di
nessuno per costringere all’impiego di Google.
In terzo luogo, l’economia della rete è basata
sulla convergenza di sforzi distinti e i motori di
ricerca non fanno eccezione. Gli editori hanno i
contenuti, Goggle la tecnologia per renderli
raggiungibili. Se entrambi congiungono le loro forze,
gli editori ottengono traffico (cioè pubblicità) e
Google la propria parte della torta. Se gli editori sono
di diverso avviso, perdono traffico e introiti. Questa
è l’internet.
Quarto. Anche ammettendo che Google abbia
effettivamente fatto ciò di cui è accusato. Fino a
quando rispetta la legge, Google è libera di fare
quello che vuole. E’ un’azienda privata, e gli unici
a potersi lamentare della eventuale correttezza delle
scelte commerciali sono i soci e gli azionisti. Se gli
editori sono in disaccordo, possono semplicemente
rivolgersi a dei concorrenti per dare loro le notizie in
esclusiva, costringendo così gli utenti ad abbandore
Google perchè troverebbero altrove contenuti di valore,
posto che li ritengano tali.
Ma questo è un altro paio di maniche.
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