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Sistema informazione

Da dove nasce la grande fiducia nel nuovo capo del Governo?

Lo stile del professore e la fabbrica del consenso 

Da un giorno all'altro si è verificato un cambiamento importante nell'opinione pubblica. I sondaggi indicano una fiducia senza precedenti nel nuovo presidente del consiglio. I media riflettono (o guidano?) il passaggio a una fase nuova. 

24.11.11

"La fabbrica del consenso" non è un modo di dire. L'espressione fu coniata quasi un secolo fa dal grande giornalista americano Walter Lippmann, per descrivere le tecniche e gli strumenti per influenzare la pubblica opinione. Per capire di che che si tratta, basta ricordare come il governo USA ha convinto buona parte del mondo della necessità della guerra in Iraq.

Può essere utile anche un esempio di casa nostra. Il signore delle televisioni ha sempre affermato di avere il consenso della maggioranza degli italiani. Ripetuta fino alla noia da lui e dai suoi corifei, la bugia è diventata verità indiscutibile. Ma resta una bugia, perché i numeri mostrano che nel 2008 i voti per il suo partito sono stati il 30,05 per cento (il 37,38 per cento dell'80,4 per cento degli elettori). Meno di un terzo dell'elettorato. Ma così funziona la fabbrica del consenso.

Nonostante il cambio dell'esecutivo, sostenuto da una nuova maggioranza, la fabbrica non chiude i battenti. La televisione, il più seguito e influente dei mezzi di informazione, resta in larghissima parte sotto il controllo dell'ex-capo del Governo. La parte privata perché è sua, la parte pubblica perché è controllata da persone elette o nominate dalla sua ex-maggioranza. Ora nel Parlamento c'è una maggioranza diversa, ma l'informazione in vista delle prossime elezioni politiche non sarà neutrale. Un'anomalia che i partiti delle ex-opposizioni non dovrebbero tollerare.

Però negli ultimi giorni si è verificato un fatto nuovo: i sondaggi indicano che il nuovo Presidente del consiglio riscuote il consenso di circa l'80 per cento degli elettori. Una maggioranza mai vista, probabilmente destinata a scendere in breve tempo a un livello più fisiologico. Che cosa è successo? La vecchia fabbrica del consenso non funziona più?

Sembra che anche per il professor Mario Monti una fabbrica del consenso abbia lavorato bene. Diretta da qualcuno? Difficile dirlo. Ma è un fatto che da molti mesi il suo nome era indicato da molte parti come quello dell'unico possibile salvatore della Patria. D'altra parte c'è la sostanziale coincidenza tra la percentuale di italiani che si esprimono in suo favore e quella di quanti dichiarano di avere fiducia nel Presidente della Repubblica. Questo farebbe pensare a una reazione spontanea degli "acquirenti" nei confronti di un prodotto molto reclamizzato, ma che si è rivelato di scarsa qualità: il nuovo appare più degno di fiducia.

In questo quadro un dato sembra incoerente: gli stessi sondaggi che promuovono a pieni voti il professor Monti indicano che più di un quarto degli elettori italiani è ancora pronto a votare per il partito del tycoon dei media. Aggiungendo i consensi dell'uno a quelli dell'altro si arriva a ben oltre il cento per cento dell'elettorato. Di fatto questo strano risultato si ottiene sommando le mele con le pere, cioè il consenso con le intenzioni di voto. Ma fa vedere che il favore con cui è accolto il nuovo leader non è pronto a trasformarsi in maggioranza elettorale.

C'è da considerare un altro insegnamento della storia: anche il consenso fabbricato con maggiore sapienza ha una vita più o meno breve. I cittadini non perdono mai del tutto la capacità di giudicare e prima o poi anche smettono di "comperare" passivamente prodotti che all'inizio sembravano ottimi. Anche qui è significativa l'esperienza dell'invasione dell'Iraq: a un certo punto gli americani, e buona parte del mondo, hanno cambiato idea sull'opportunità della guerra.

A questo punto c'è da affrontare un aspetto cruciale di questa fase di passaggio.Il professor Mario Monti è un "prodotto mediatico" completamente diverso dal suo predecessore. Non grida "forza gnocca", non racconta barzellette volgari, non cerca e non si compiace dell'applauso a scena aperta. Anzi, sembra considerarlo come un contrattempo. Ha sostituito alla grassa risata un compassato umorismo. E ha raccolto subito un consenso di dimensioni forse mai viste in una democrazia. I sociologi ci spiegheranno come mai nel giro di qualche giorno si sia prodotto un così clamoroso voltafaccia della pubblica opinione.

Il cambiamento non può non essere riflesso dai media. E' vero che un giornale vicino all'ex-capo del Governo titolava pochi giorni fa "Forza Passera", ironizzando sul cognome del nuovo ministro. Fuoco di retroguardia? Sulle prime pagine gli scandali sessuali hanno ceduto il passo a quella che sembra una nuova Tangentopoli, insieme ai problemi dell'economia. Segno, forse, che la stagione del bunga-bunga è finita e che i temi della crisi finanziaria e della corruzione attirano maggiore interesse. Sta per finire l'era di Cetto Laqualunque?

In chi osserva il rapporto tra la società e i media che la rappresentano si agita un interrogativo: quanta parte di questo cambiamento venga da una "spinta dal basso" e quanto sia prodotto di una nuova fabbrica del consenso.

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