Nell’ambito del suo progetto speciale "Ricerca per la tutela dei
minori" l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha lanciato
due "consultazione pubbliche", rivolte alle famiglie, ai
minori, agli istituti di istruzione e formazione, agli operatori, alle
associazioni e agli esperti.
La prima si intitola La fascia oraria
protetta nella programmazione televisiva quale strumento per la prevenzione e la
tutela dei minori, la seconda La prevenzione e
la tutela dei minori nelle reti telematiche. Ci occupiamo qui della prima,
indetta al fine di acquisire elementi di informazione e documentazione per lo
studio, alla luce dei mutamenti intervenuti nel rapporto tra minori e media, di
alcune problematiche connesse alla programmazione televisiva nella fascia oraria
protetta.
L’Autorità chiede ai soggetti sopra richiamata di rispondere ad una serie
di domande,
fra le quali spiccano questi quesiti:
E' opportuno continuare ad utilizzare la fascia oraria come strumento di
prevenzione e vigilanza a tutela dei minori? Quali strumenti si
potrebbero utilizzare in alternativa? Quali compiti potrebbero essere
attribuiti, in un'emittente televisiva, a un responsabile della programmazione
dedicata ai minori, anche al fine di incentivare l'attività di prevenzione?
E' opportuno prevedere un unico codice di disciplina europeo ed un sistema
sanzionatorio univoco per la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza nella
programmazione televisiva? Per alcune delle domande sono elencate possibili
risposte fra cui i soggetti possono scegliere, con la modalità: risposta a),
b), c), d) …. Il termine per fornire le risposte è stato inoltre prorogato al
15 febbraio 2002.
Domande certamente interessanti e pertinenti, così come è certamente
importante e stimolante la "Ricerca per la tutela dei minori" promossa
dall’Autorità a più di 4 anni dalla sua istituzione (con la legge 31 luglio 1997 n. 249) per tutti coloro,
certamente la stragrande maggioranza dei cittadini, che hanno a cuore la tutela
dei minori rispetto al mondo della comunicazione.
Ma, ci domandiamo, era proprio indispensabile questa ulteriore iniziativa, ai
fini di dare finalmente corso agli adempimenti previsti dall’art. 1 della
legge istitutiva dell’Autorità, laddove è scritto che la Commissione per i
servizi e i prodotti verifica il rispetto nel settore radiotelevisivo delle
norme in materia di tutela dei minori anche tenendo conto dei codici di
autoregolamentazione relativi al rapporto tra televisione e minori e degli
indirizzi della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza
dei servizi radiotelevisivi?
Compito dell’Autorità, infatti, era ed è verificare - attraverso la
suddetta commissione - il rispetto delle norme in materia di tutela dei minori.
Può sorgere, legittimamente, di fronte a questa iniziativa di consultazione
"lunga" dell’Autorità il dubbio: ma queste norme da rispettare non
esistono? Sono forse ancora da scrivere? Ed ancora: l’indagine conoscitiva
può e deve portare alla scrittura di nuove norme o alla riscrittura di vecchie?
Ed infine: si tratta forse di semplici raccomandazioni e non di norme di legge
vincolanti? A tutti questi interrogativi la risposta è: no!
Le norme esistono, sono vincolanti e l’Autorità non ha certo la facoltà di
riscriverle! Quali sono queste norme? Cominciamo dallo specifico
radiotelevisivo.
Nella legge 6 agosto 1990 n 223 all’art. 15 comma 10 è scritto: È
vietata la trasmissione di programmi che possano nuocere allo sviluppo psichico
o morale dei minori, che contengono scene di violenza gratuita o pornografiche,
che inducano ad atteggiamenti di intolleranza basati su differenze di razza
sesso, religione o nazionalità; al comma 11: È comunque vietata la
trasmissione di film ai quali sia stato negato il nulla osta per la protezione o
la rappresentazione in pubblico oppure siano stati vietati ai minori di anni
diciotto, al comma 13: I film vietati ai minori di anni quattordici non
possono essere trasmessi né integralmente né parzialmente prima delle ore
22,30 e dopo le ore 7.
La legge 30 aprile 1998 n. 122 all’articolo 3 comma 5, in materia di
pubblicità televisiva prevede:
La pubblicità e la televendita non possono essere inserite durante la
trasmissione di funzioni religiose. I notiziari e le rubriche di attualità, i
documentari, i programmi religiosi e quelli per bambini, di durata programmata
inferiore a trenta minuti, non possono essere interrotti dalla pubblicità o
dalla televendita. Se la loro durata programmata è di almeno trenta minuti, si
applicano le disposizioni di cui al presente articolo.
La legge 30 maggio 1995 n. 203 all’articolo all’articolo 4 prescrive: La
trasmissione televisiva di opere a soggetto e film prodotti per la televisione
che contengano immagini di sesso o di violenza tali da poter incidere
negativamente sulla sensibilità dei minori è ammessa, salvo restando quanto
disposto dall'art. 15, commi 10, 11 e 12, e dall'art. 30 della legge 6 agosto
1990, n. 223, solo nella fascia oraria fra le 23 e le 7.
Poi ci sono le direttive europee 89/552 e 97/36 sull’esercizio dell’attività
televisiva, le quali nello stabilire la giurisdizione nazionale ribadiscono che
gli Stati membri sono tenuti a garantire che le trasmissioni delle emittenti
televisive non contengano alcun programma che possa nuocere allo sviluppo
mentale, fisico e morale dei minori.
Queste norme risultano forse abrogate da succesive leggi? A noi non risulta.
Inoltre l’Autorità deve tener conto: dei codici di autoregolamentazione
relativi al rapporto tra televisione e minori e degli indirizzi della
Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi .
Non esistono forse questi codici? Ebbene almeno uno, e lo sappiamo per
esperienza diretta, esiste. Parliamo del "Codice di autoregolamentazione Tv
e minori", (reperibile
sul sito della FNSI, ma vedi anche: http://www.dirittoefamiglia.it/Docs/Giuridici/leggi/mintv.htm),
codice per i quale il Comitato di attuazione presso la Presidenza del Consiglio,
dopo circa un triennio di paralizzanti dibattiti e discussioni, è defunto,
mentre il codice stesso è tuttora esistente nel senso che, firmato solennemente
il 26 novembre 1997 dalle maggiori aziende e associazioni di imprese
radiotelevisive, comprese RAI e Mediaset, non risulta "ripudiato" da
nessuna di questa. Semplicemente langue nel limbo delle intenzioni e delle
occasioni perdute. Eppure l’AGCOM potrebbe attuarne, come detta la legge, l’applicazione!
Poi, naturalmente, c’è il Codice di
deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell'esercizio
dell'attività giornalistica ai sensi dell'art. 25 della L. 31 dicembre 1996
n. 675, mentre per la Rai esiste, dal 1995, la "Carta dell'informazione e della
programmazione a garanzia degli utenti e degli operatori del Servizio pubblico
radiotelevisivo" .
Si tratta, come si sa, di codici che hanno avuto lunghe fasi preparatorie e di
discussione, che hanno coinvolto soggetti istituzionali, professionali,
associazioni di cittadini ed utenti, esperti, professionisti ed addetti ai
lavori.
Passiamo ora agli "indirizzi della Commissione parlamentare per l’indirizzo
generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi" Questa commissione non
ha forse emanato "indirizzi" sulla tematica dei minori e della loro
tutela? Vi sono dei vuoti che non consentono all’Autorità di tenerne conto
perché esse siano rispettate? Vediamo…
Nel "Parere sulla schema di Contratto di servizio 2000-2002 tra il
Ministero delle comunicazioni e la Rai, società concessionaria
del servizio pubblico radiotelevisivo", con il quale la Commissione ha dato
il suo placet a tale "Contratto di servizio", sono state poste anche
le seguenti condizioni:
24. All'art. 5, comma 1, primo periodo, dopo le parole "articolo
2" aggiungere "e sul Televideo"; al secondo
periodo, dopo le parole "anche nelle fasce orarie di trasmissione non
specificamente dedicate ai minori" aggiungere "compresa la
programmazione del prime time; aggiungere alla fine le seguenti parole:
"Al fine di garantire il discernimento del messaggio pubblicitario anche
per le fasce della prima infanzia la concessionaria si impegna a
contraddistinguere nella programmazione di cui al presente comma la pubblicità
con percepibili marchi visivi e sonori e ad evitare telepromozioni curate dai
conduttori delle trasmissioni. In particolare si impegna a non irradiare nelle
ore di buon ascolto da parte dell'infanzia e dell'adolescenza, durante le
trasmissioni a loro dedicate, ed in prossimità delle stesse, programmi promo e
trailer in contrasto con i principi descritti"
25 All'articolo 5, dopo il comma 2 aggiungere il seguente:
"2-bis: Ai fini di cui al presente articolo, la concessionaria si avvarrà
di commissioni, di esperti particolarmente qualificati, proposti per almeno il
55 per cento dal Consiglio nazionale degli utenti, tra genitori, educatori e
cittadini-utenti. Tali commissioni avranno anche il compito di esprimere pareri
sulla programmazione per i minori e sul rispetto delle norme e delle
disposizioni interne volte alla loro tutela".
26 All'articolo 5, dopo il comma 2 aggiungere il seguente: "2-ter:
La concessionaria è tenuta a sperimentare spazi di programmazione dedicati
all'infanzia e alla famiglia, ed a comunicare trimestralmente alla Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi
ed al Consiglio nazionale degli utenti le linee di programmazione per i minori
che intende realizzare, ed i programmi che intende produrre, nonché il numero
di ore e delle fasce orarie riservate ad essi".
Non appare allora evidente quanta materia già sussista anche per lo
specifico deli rapporti fra Autorità, azienda del servizio pubblico e indirizzi
della Commissione parlamentare attraverso lo stesso "contratto di
servizio"?
Non vorremo, in finale, dover rimpiangere altre metodologie ed altre
soluzioni istituzionali, come ad esempio quella che ha visto nascere in Gran
Bretagna la Broadcasting
Standard Commission, all’indomani del Broadcasting Act del
1996, sul lavoro della quale nulla diciamo limitandoci ad invitare il lettore
alla consultazione del sito per verificarne
efficacia ed efficienza.
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