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Sistema informazione

Non si dovevano pubblicare le sequenze dell'uccisione?

Sirte, la morte in diretta ai tempi dell'internet

Si discute se giornali e televisioni abbiano fatto bene a pubblicare le sequenze più crude della fine di Gheddafi. Ma quelle immagini erano sulla Rete, visibili a tutti, in tempo reale. Raccapriccianti sono i fatti, prima delle notizie.

24.10.11

Giornali e televisioni non dovevano pubblicare le sequenze più raccapriccianti dell'uccisione di Gheddafi. Lo dicono i soliti benpensanti. Potrebbero avere ragione. Ma se non ci fosse la Rete ad anticipare qualsiasi racconto che poi sarà ripreso da giornali e televisioni? E se il problema non fosse nella pubblicazione delle immagini, ma nei fatti che le immagini stesse raccontano?
 

La moviola della memoria riavvolge un lungo film. Trovo un fotogramma del marzo del 1975: una pagina della rivista Nuova Fotografia, con un mio pezzo intitolato "sbatti lo sbudellato in prima pagina". Un fatto di cronaca nera. Un quotidiano popolare, Momento Sera, che pubblicava in prima pagina la foto di un cadavere, vittima di un ordigno artigianale. Non si fa, scrivevo, non si deve offendere la sensibilità di molti lettori.

Sono passati quasi quarant'anni e la questione è ancora all'ordine del giorno. Però Nuova Fotografia non c'è più, Momento Sera non c'è più. Non c'è più nessun quotidiano della sera (e anche quelli del mattino non stanno molto bene). La novità, nel confronto con il 1975, è soprattutto che i giornali non sono più il primo e più importante mezzo di informazione locale. Oggi è la Rete, locale e globale insieme, che racconta per prima i fatti.
Nuova Fotografia, marzo 1975

Negli ultimi anni il paradigma dell'informazione è cambiato completamente. Perché dove si svolge un fatto c'è sempre qualcuno che può documentarlo con il telefonino e "condividerlo" in pochi istanti attraverso il web. Che diventa così, in molti casi, anche la prima fonte di informazione per i giornalisti. Un tempo si diceva che il buon giornalista deve consumare le suole delle scarpe. Oggi spesso consuma il fondo dei calzoni, seduto davanti al monitor. Ma questo non ha cambiato il suo ruolo di interprete della realtà. Perché quello che viene dalla "condivisione" non è giornalismo. E' testimonianza.

Il giornalismo è anche interpretazione delle testimonianze. Le domande ai testimoni sono uno degli strumenti di cui il reporter dispone per raccontare e interpretare i fatti. Ma anche le testimonianze sono fatti, nel momento in cui tutti possono vederle. Dunque il giornale che riprende quelle testimonianze non fa altro che riportare fatti. Il suo compito è l'analisi, la spiegazione, la ricostruzione dei retroscena e la previsione delle conseguenze.

Ma la domanda ritorna: è opportuno riprodurre anche le testimonianze più crude, le immagini più raccapriccianti? Si può rispondere con un'altra domanda: perché si dovrebbe esercitare l'autocensura su qualcosa che tutti conoscono o possono conoscere?
Però è pacifico che la pubblicazione sulla carta stampata e in televisione di sequenze come quella dell'uccisione di Gheddafi non fa altro che amplificare gli effetti della diffusione in Rete. E' un buon motivo per evitarla?

Rispondere è difficile. Forse perché il problema non è nel disagio generato dalle immagini più raccapriccianti, ma nella consapevolezza della realtà dei fatti raccontati da quelle immagini. Documentati in diretta, senza alcun filtro, da protagonisti che diventano testimoni. Allora non serve guardare da un'altra parte: lo sgomento è per i fatti, non per la narrazione.

Isola di Cipro, Famagosta, 1571. Il comandante veneziano Marcantonio Bragadin subisce atroci torture e poi è scuoiato vivo dai Turchi. A quel tempo non ci sono inviati di guerra. Non c'è nessuno con la macchina fotografica, la telecamera o il telefonino. Ma Bragadin è torturato e scuoiato lo stesso. Il fatto passa alla storia, come passerà alla storia la fine del dittatore libico.

La differenza è che per noi la vicenda di Marcantonio Bragadin è lontana, fredda, filtrata dai libri di storia. Invece della fine di Gheddafi resterà per sempre anche l'impatto emotivo. I posteri conosceranno i fatti così come sono stati vissuti e riportati in diretta da chi era lì in quel momento. Allora lo sgomento sarà per la tragedia, non per il modo in cui era stata raccontata.

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