"Raccontano
frottole, disinformano totalmente". Ancora i
giornali nel mirino del capo del Governo. "I lettori
dovrebbero scioperare per insegnare a chi scrive a non
prenderli in giro", ha detto ieri. E ancora:
"Da molti mesi vedo una disinformazione
inconcepibile".
Ha ragione. In Italia la disinformazione è una regola
che viene puntualmente seguita. Da anni, non da molti
mesi. Da quando alla notizia segue la smentita o la
contro-notizia. Senza che qualcuno si renda la briga di
verificare se fosse vera la notizia o sia vera la
contro-notizia.
Un esempio è proprio di ieri sera. Il TG1 delle 20
manda un video di Berlusconi che arriva a San
Paolo del Brasile e dice: "Rivedremo la
manovra". Chiaro, audio e video. Passa qualche
minuto e arriva la contro-notizia. Il conduttore
riferisce, impassibile, la rettifica del portavoce del
presidente: "Ha risposto sì alla domanda se
intenda incontrare le Regioni, ma quel sì non si
riferiva certo alla possibilità di rivedere la manovra
già delinenata". E aggiunge la stoccata finale:
"Le riprese televisive possono confermare quanto
stiamo asserendo".
Perfetto. Con le riprese televisive si ristabilisce
la verità e si convincono anche i telespettatori più
diffidenti.
Moviola, rewind, play. "Rivedremo la manovra".
Tre parole chiarissime. Ma l'incidente è presto
dimenticato e i telegiornali di questa mattina riportano solo
la seconda verità, senza accennare allo strano equivoco. SkyTg24 fa di più: nell'edizione
delle sette manda un video, simile a quello che abbiamo
visto la sera prima, nel quale Berlusconi dice il
contrario di quanto avevamo sentito e visto nel TG1.
Due verità opposte, tutte e due documentate in video e
audio.
Prima una verità inattaccabile, poi il suo
contrario. Altrettanto inattaccabile. Un'informazione
corretta dovrebbe spiegare il problema, anche se
imbarazzante. Invece "buona la seconda" e via.
Con l'eccezione del TG3, che ha fatto vedere la prima versione e ha dato
conto della smentita. Mentre il TG1 delle 13.30 ha
passato, con tanto di video, solo la seconda versione.
Per (s)fortuna ci sono sempre i giornali, quelli che
fanno la "disinformazione inconcepibile", contro
la quale i lettori dovrebbero scioperare. E i due
maggiori quotidiani italiani (qui
Repubblica.it e qui
CorriereTV) riportano il primo video e
riferiscono il rapido cambiamento di opinione del capo
del Governo. Peccato che, messi insieme, i lettori dei
due quotidiani siano molto meno degli spettatori del TG
di Minzolini.
Ma questo episodio, per quanto significativo, sarà
presto archiviato. Resta invece all'ordine del giorno
l'opposizione al disegno di legge-bavaglio (il 1. luglio
tutti di nuovo in piazza, a Roma e in molte altre
città).
Non si è mai vista una mobilitazione di queste
dimensioni. Sono scesi in campo anche gli editori di
libri, quasi tutti. L'elenco comprende Laterza, Minimum
fax, Rcs-Rizzoli, il gruppo Mauri Spagnol (Bollati
Boringhieri, Garzanti, Guanda, Longanesi, Salani,
Vallardi), Feltrinelli, Il Castoro, Chiarelettere,
Donzelli, Fazi, Giunti, e/o, Instar, Iperborea, Il
Saggiatore, Marcos y Marcos, Nottetempo, Ponte alle
Grazie, Sellerio, Voland. Restano fuori le case
controllate dal Presidente del consiglio: Mondadori ed
Einaudi.
Dopo la mobilitazione della FNSI (il sindacato dei
giornalisti), anche l'Ordine contesta il disegno di
legge. Ha detto il presidente Lorenzo Del
Boca che di fronte a norme che imbavagliano la stampa, i
giornalisti sono richiamati al dovere deontologico della
disubbidienza civile, a diventare obiettori di
coscienza. "Tutto questo però comporta dei rischi
individuali, quali sanzioni e persino il carcere. Quindi
non possono essere lasciati soli. L'Ordine deve fare
obiezione con loro".
Per la libertà di informazione è disposto ad
affrontare il carcere anche il
direttore di SkyTg24 Emilio Carelli. E l'amministratore delegato dell'emittente
satellitare Tom
Mockridge, rincara la dose: "Se Emilio Carelli dovesse andare in
carcere, io andrò insieme a lui". Mockridge è uno
che parla poco e non fa sconti a nessuno. Se arriva a
questo punto vuol dire che la situazione è veramente al
limite.
Ormai è chiaro che la partita che si gioca sul
disegno di legge-bavaglio può determinare un punto
di non-ritorno nella storia della democrazia in Italia.
Il testo potrebbe arenarsi nella spola tra le due Camere
(forse la conclusione più probabile, visti i dubbi che
serpeggiano anche nella maggioranza - per non parlare
del Quirinale, che ha prudentemente suggerito di
occuparsi prima di altre cose).
Viste le condizioni dello scontro, non sarebbe un
pareggio, ma una
vittoria del sempre più vasto e agguerrito gruppo degli
oppositori. Oppure il DDL potrebbe passare con
l'ennesimo e più intollerabile voto di fiducia. A
questo punto per il Presidente della Repubblica si
porrebbe il problema della firma.
Se promulgasse la
legge, la fiducia degli italiani nei suoi confronti
scenderebbe a livelli mai visti e il provvedimento
liberticida si schianterebbe contro le istituzioni
europee e la nostra Corte Costituzionale.
Se invece Napolitano rispedisse il testo al mittente,
lo scontro istituzionale raggiungerebbe un livello
intollerabile, posto che è difficile che il capo del
Governo compia spontaneamente la sola scelta dignitosa in un caso come
questo: dimettersi.
Comunque vada, ci aspettano tempi difficili.
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