Roma - Fra i tanti problemi di comunicazione che questo
Governo ha collezionato negli ultimi mesi, giovedì scorso
a Perugia il ministro della Giustizia Severino ha pensato
bene di aggiungerne uno nuovo. Il Ministro era al Festival
Internazionale del Giornalismo, solo pochi giorni dopo che
ci
si era accorti che la famosa norma ammazza-blog, che
impone a chiunque gestisca un sito web assurdi obblighi di
rettifica, era stata reinserita più o meno furtivamente
in un progetto di legge, in forma simile a quella che mesi
fa aveva scatenato polemiche, articoli sulla stampa e
proteste che ne avevano poi causato la rapida scomparsa.
Può un Ministro della Repubblica partecipare ad un simile
evento, nel quale sono radunati giornalisti tecnologici,
blogger, esperti di Internet senza immaginare che le si
chiederà conto di una simile mossa legislativa? No, non
può, qualcuno del suo staff avrebbe dovuto avvisarla e il
Ministro sarebbe dovuto scendere a Perugia con un minimo
di strategia comunicativa pronta al riguardo. Invece queste
sono le parole di Paola Severino in
risposta a Fabio Chiusi che le poneva la prevista
domanda sul comma ammazza blog:
"È molto difficile configurare un
obbligo di rettifica per i blog. Proprio per questo credo
che le mie parole vadano colte non come polemica, non
come bavaglio nei confronti dei blog, proprio perché
è un mondo privo di una regolamentazione, ad
oggi. Proprio per questo mi rivolgo ai blogger
direttamente, dicendo: ricordate che quello che fate
agli altri potrebbe essere fatto a voi. Quindi
autoregolamentatevi, autodisciplinatevi, perché allora
quello dei blog diventerà un mondo veramente utile"
Fra imprecisioni, vaghezze interessate, espressioni
completamente errate ed inutili paternalismi (o
maternalismi?) le parole del Ministro potrebbero essere
studiate nelle scuole di giornalismo come il perfetto
esempio di tutto quello che non si dovrebbe dire in questi
casi.
È quasi superfluo affermare che non è vero che i blog
siano "un mondo privo di regolamentazione", è
contraddittorio affermare che "configurare un obbligo
di rettifica sia molto difficile" quando solo pochi
giorni prima il Ministro stesso ha reintrodotto una simile
norma in un progetto di legge, è ridicolo, infine, che un
alto rappresentante dello Stato spieghi ai cittadini
quando e come costruire blog "veramente utili".
La citazione del Vangelo di Matteo completa una
dichiarazione di raro autolesionismo comunicativo la cui
sostanza sembra essere, "Sì, abbiamo reintrodotto
quella norma".
In tutto questo procedere a tentoni dentro una
innovazione tecnologica che non si riesce a comprendere
appieno, il Governo Monti si avvicina a piccoli passi a
quelli che lo hanno preceduto, azzera rapidamente le
illusioni di molti su un governo di tecnici che potesse
dettare un approccio laico ai temi in discussione, dove
per approccio laico, per lo meno in ambito tecnologico, si
intende smetterla finalmente di trattare da primi della
classe argomenti nei quali si è invece da anni gli
ultimi.
La norma ammazza-blog è figlia non riconosciuta di un
sottobosco ministeriale immobile: non è, probabilmente,
farina del Ministro Severino e nemmeno del suo
predecessore. È il risultato di un humus censorio e
infastidito verso Internet ampiamente rappresentato nei
palazzi del potere, che pesca nelle attività di lobbing
degli editori e va incontro agli interessi reputazionali
di alcuni altri gruppi di potere. Per questa ragione
risorge ogni volta come l'araba fenice, indipendentemente
da chi sia a capo di questo o quel dicastero.
Se c'è un fallimento che possiamo ascrivere al Ministro
della Giustizia, oltre a quello comunicativo delle troppe
parole in libertà, è quello di non aver saputo o voluto
interrompere questa dittatura morbida delle idee altrui.
Che sono idee vecchie, antistoriche e totalmente travolte
dai tempi correnti. La mia sensazione è che Paola
Severino, con tutta la buona volontà, non se ne sia
ancora resa conto.
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