Roma - Cautela. Se c'è
una parola che i recenti tumulti di piazza che hanno
interessato la Tunisia e l'Egitto dovrebbero suggerire a
quanti analizzano gli impatti della comunicazione di
Rete, quella parola è cautela. Non tutto è chiaro.
Molte delle nostre consolidate convinzioni sono andate a
gambe all'aria durante la rivolta popolare per le strade
del Cairo in questi ultimi giorni, altre hanno mostrato
la propria grande fragilità.
Internet intanto: abbiamo per anni sottolineato come la
sua forma distribuita fosse un antidoto al controllo di
governi e dittatori, come fosse tecnicamente impossibile
controllarne tutti i nodi e come i bit sapessero sempre
scegliere il percorso per raggiungere la loro
destinazione. Ebbene, nella notte fra giovedì e venerdì,
poco dopo la mezzanotte, il governo egiziano Internet l'ha
invece spenta, senza grandi difficoltà. Ha
convocato gli operatori delle telecomunicazioni del
paese, quattro o cinque in tutto, e ha detto loro
"staccate i fili, spegnete la rete!". E quelli
l'hanno spenta, con tanti cari saluti alla architettura
distribuita e al sacro ruolo della libera circolazione
delle idee. Promemoria per il futuro: usare un po' di
cautela prima di considerare Internet come il ruscello
che trova comunque la strada per giungere al mare. Può
accadere che non sia così.
Seconda cautela. I sociologi e gli opinionisti, anche
quelli bravi come Malcom Gladwell, si considerino
avvisati: le analisi a tavolino delle ragioni per le
quali i fili di Rete sono fili deboli, inadatti ai
grandi sommovimenti sociali, hanno in questi giorni -
per così dire - mostrato tutta la propria fragilità ed
elegante inconsistenza. Le reti sociali ed il
passaparola sono stati fondamentali nell'organizzazione
delle proteste tunisine ed egiziane, proteste di piazza,
notturne, rabbiose di urla e sangue e non, come
sosteneva elegantemente Gladwell dalle
colonne del New Yorker qualche mese fa,
viziate da effetti di sostituzione (la Rete al posto
della piazza, i click al posto delle urla di protesta) o
di scarsa gestione gerarchica dell'emergenza.
Non tutto è dotto e cervellotico negli utilizzi di
Rete, per esempio in questi giorni si moltiplicavano gli
inviti al Cairo ad aprire le reti WiFi casalinghe
eliminando le password di protezione, così che chiunque
potesse comunicare. Fili deboli pure questi?
Terza cautela: la rete vecchia funziona meglio della
nuova. Esiste da qualche anno una continua
sottolineatura della grande funzione di collante
comunicativo svolto dai social network durante le
emergenze. C'è molto compiacimento in tutto questo e
spesso il ruolo di Twitter in contesti come le proteste
in Iran di qualche mese fa è uscito fortemente
enfatizzato. È affascinante descrivere un nuovo sistema
comunicativo leggero e veloce che passa fra le gambe del
tiranno. Questo anche in situazioni nelle quali, come
quella iraniana, il suo ruolo è stato poi ampiamente
ridimensionato.
Prima che le autorità egiziane staccassero la presa
della Rete girava fra i manifestanti egiziani questo
annuncio, pubblicato, non senza polemiche, da The
Atlantic (la parte che ci interessa maggiormente
nella sua traduzione in inglese è questa):
"Please distribuite through email, printing and
photocopies ONLY. Twitter and Facebook are been
monitorated. Be careful not to let fall this into the
hands of the police or state security"
Piccole perle di saggezza internettiana? All'imbuto dei
social network (che sono facilmente controllabili dal
regime) preferite il mare magnum della comunicazione
punto a punto. Ci vuole cautela di fronte ad evidenze
del genere, prima di raccontare ancora una volta la
bella fiaba dei cittadini salvati da Twitter. Internet
è grande e fenomenale, specie se le proteste viaggiano
lontano dalle piattaforme proprietarie.
Quarta cautela: Internet non è il solo medium
importante. Le TV in certi contesti lo sono, se
possibile, anche di più. Abbandoniamo per una volta l'elitismo
da fan delle reti digitali per dare il giusto rilievo a
quanto accaduto. Il mondo, tutto il mondo, è rimasto in
questi giorni incollato al flusso video di Al
Jazeera che ha trasmesso come ha potuto, con grande
continuità e coraggio, dall'Egitto in fiamme. Nella
nazione ribollente e senza Internet che improvvisamente
scende in piazza sfidando il coprifuoco, le immagini di
buon giornalismo televisivo scese dal satellite hanno
contato più di Twitter e Facebook messi assieme.
Massimo
Mantellini
Manteblog
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