L'articolo 32
del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria)
modifica la legge sul diritto d'autore (633/41),
inserendo un comma 1-bis nell'articolo 65. Vediamo
prima di tutto come suona l'articolo con la nuova
disposizione.
1. Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o
religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi
a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere
possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste
o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l'utilizzazione non è
stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti,
la data e il nome dell'autore, se riportato.
1-bis. I soggetti che realizzano, con qualsiasi
mezzo, la riproduzione totale o parziale di articoli
di riviste o giornali, devono corrispondere un
compenso agli editori per le opere da cui i suddetti
articoli sono tratti. La misura di tale compenso e le
modalità di riscossione sono determinate sulla base
di accordi tra i soggetti di cui al periodo precedente
e le associazioni delle categorie interessate. Sono
escluse dalla corresponsione del compenso le
amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
2. La riproduzione o comunicazione al pubblico di opere o materiali
protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità è consentita ai
fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo,
sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome
dell'autore, se riportato.
Dunque la legge ora dice che gli articoli comunque
"messi a disposizione del pubblico... possono
essere liberamente riprodotti", salvo
un'esplicita indicazione di copyright. Questa è la
norma-base, che rende lecite e gratuite non solo le
citazioni, ma anche le rassegne stampa.
Il nuovo comma 1-bis aggiunge: "I soggetti che
realizzano, con qualsiasi mezzo, la riproduzione
totale o parziale di articoli di riviste o giornali,
devono corrispondere un compenso agli editori per le
opere da cui i suddetti articoli sono tratti". In
sostanza contraddice il comma percedente: perché
"corrispondere un compenso per la
riproduzione" è il contrario di "riprodurre
liberamente". Una norma scritta male, come
accade spesso, che dovrebbe essere corretta nella
conversione in legge del decreto. O, meglio, dovrebbe
essere eliminata, perché il principio della libera
riproduzione di articoli giornalistici è fondamentale
per la diffusione dell'informazione e della
conoscenza. E anche per fare pubblicità ai giornali,
gratis. Ma la cieca rapacità degli editori arriva a
questa forma di autolesionismo. Con la speranza di
raggranellare qualche euro di "diritti" (che
mai arriveranno nelle tasche dei giornalisti) si
rischia di tagliare quella parte importante
dell'informazione che è il confronto tra le idee,
realizzato appunto dalle rassegne stampa. Degli
aspetti più strettamente giuridici ci occuperemo
quando il decreto sarà convertito in legge, se la
norma sopravviverà. Resta poi un dubbio: qual è la
"straordinaria necessità ed urgenza" che,
per la Costituzione, giustifica l'inserimento in un
decreto-legge di una disposizione di questo tipo? E
ancora, che c'entrano i diritti sulle riproduzioni
degli articoli (soldi che andrebbero agli editori),
con le "disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria" (soldi che vanno allo
Stato)?
|