Un coro di proteste si leva nell'internet italiana in
seguito alla condanna di uno studioso siciliano, Carlo
Ruta, perché con il suo blog avrebbe violato l'art.
16 della legge sulla
stampa del 1948.
Secondo quanto si legge nei commenti che circolano in
questi giorni, il tribunale di Modica avrebbe
equiparato il blog alla stampa periodica, contestando
la violazione dell'art.
5 della legge, che impone: "Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato
registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi".
Da qui lo scandalo: come si può confondere un
blog, che per sua natura e nella sostanza non ha una
periodicità predeterminata, con un periodico di
informazione? Se ne deduce un intento persecutorio nei
confronti del blogger e della libertà di espressione
on line.
L'indignazione è giustificata, ma probabilmente non
per il motivo addotto dai primi, anche autorevoli
commentatori. Cerchiamo di capire perché.
La sentenza non è reperibile on line e quindi si
deve procedere per ipotesi e con molta prudenza. Il
che significa, prima di tutto, leggere con attenzione,
e per intero, la norma incrimatrice:
Art. 16 - (Stampa clandestina)
Chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza
che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall'art. 5, è punito con la
reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire 500.000.
La stessa pena si applica a chiunque pubblica uno stampato non periodico, dal
quale non risulti il nome dell'editore né quello dello stampatore o nel quale
questi siano indicati in modo non conforme al vero".
Dunque la violazione contestata a Ruta potrebbe non
essere quella contemplata dal primo comma
(pubblicazione di un periodico senza la preventiva
registrazione), ma quella prevista dal secondo: omessa
o falsa indicazione delle informazioni essenziali
(nome dell'editore e dello stampatore) in una
pubblicazione non periodica.
Poiché la famigerata legge 62/01 mette
sullo stesso piano tutti i "prodotti
editoriali", cartacei e digitali, se nel blog non
erano indicati i due nomi la decisione del tribunale
sarebbe corretta, anche se frutto di una lettura miope
e pedante della norma. Ma...
Un blog, di solito non ha editore, poiché la sua
figura coincide con quella dell'autore. E, non essendo
stampato, non ha neanche uno stampatore. Dunque come
si possono applicare le norme del '48 a questo tipo di
"prodotto editoriale"? Ma è
accettabile l'equiparazione di una pubblicazione
personale a un prodotto editoriale?
E, soprattutto, si può qualificare "stampa
clandestina" una pubblicazione firmata con nome e
cognome dell'autore, facilmente verificabili anche in
considerazione della sua notorietà? Su questa base il
giudice avrebbe potuto facilmente pronunciare
un'assoluzione "perché il fatto non
sussiste".
Dunque la sentenza (fatte salve le valutazioni che
si potranno fare dopo averla letta) appare comunque
liberticida. Come liberticida appare oggi la legge del
'48, anche se emanata dalla stessa Assemblea
Costituente che aveva scritto l'articolo 21: Tutti
hanno diritto di manifestare liberamente il proprio
pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo
di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o
censure.
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