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Internet e stampa

Aspetti evolutivi del regime giuspubblicistico di Internet

di Pasquale Costanzo* - 28.01.97

1. Quale interesse ordinamentale alla regolamentazione delle nuove tecnologie telematiche?

Con Internet, si realizza, com'è ormai ampiamente noto, una dimensione dell'agire umano (in precedenza forse nemmeno facilmente immaginabile) caratterizzata da una straordinaria convergenza tra attività di telecomunicazione, funzioni informatiche e mondo dell'informazione, assistita peraltro da una continua crescita globale di enormi proporzioni. La comunicazione "internettiana" risulta infatti in grado di svolgersi grazie ai più differenti mezzi (cavi coassiali, fibre ottiche, frequenze terrestri e satellitari, etc.) e di veicolare dati informativi del più vario formato (scrittura, suoni, immagini fisse e in movimento), laddove altri caratteri salienti del fenomeno vengono solitamente identificati nella struttura estremamente diffusa e decentrata (anticentrica e antigerarchica) del fenomeno, nel suo elevato grado di automazione e nella sua notevole impermeabilità alle interferenze esterne.
La possibilità, così offerta in maniera praticamente indiscriminata, di diffondere, ricercare ed accedere ad informazioni del più diverso genere senza apprezzabili limiti spaziali e di fuso orario, è parsa tuttavia non limitarsi a riproporre, sul piano giuridico, gli aspetti più consueti delle problematiche comunicative, ma è sembrata generare invece interrogativi caratterizzati da una complessità (almeno apparentemente) inedita.

Peraltro, le problematiche poste sul tappeto dall'affermarsi del fenomeno Internet non hanno trovato i giuristi del tutto impreparati, ma (com'era prevedibile ed anche auspicabile) hanno abbastanza presto suscitato un impegnato dibattito, al punto da potersi constatare come il periodo che ha preceduto l'avvio del ciclo accademico 96/97 (il periodo tradizionalmente dedicato a congressi e a convegni) sia risultato contraddistinto proprio da una pluralità di iniziative tese a sollecitare la riflessione sui profili giuridici della nuova tecnologia telematica e, più in generale, sul regime giuridico delle telecomunicazioni (vanno senz'altro ricordate almeno quelle promosse dalle Università di Sassari, il 20/21 settembre, di Pavia, il 4/5 ottobre, di Camerino, il 10/11 ottobre e di Roma-LUISS. il 28/29 novembre).
Gli esiti di tale riflessione paiono tuttavia presentarsi ancora allo stato magmatico, né pare preventivabile a tempi brevi un qualche reale consolidamento, e ciò - ci sembra - fintanto che la discussione non avrà potuto avvalersi di qualche punto fermo sul piano normativo e su quello giurisprudenziale. In questo quadro, anzi, le prime difficoltà sono parse attenere addirittura all'ordine concettuale, vale a dire all'esatta definizione del fenomeno in parola, considerato anche il fatto che la variegata tipologia di funzioni e applicazioni attivabili tramite Internet non aiuta certo a disegnare un quadro immediatamente chiaro e lineare.

Poiché si ha ragione di ritenere che la conoscenza di tali funzioni e applicazioni venga quotidianamente estesa ad un pubblico sempre più vasto, ci si limiterà qui a ricordare come, grazie ad esse, i dati e i messaggi suscettibili di transitare attraverso la Rete possono non solo costituire l'oggetto di attività espressive e comunicative che per l'innanzi potevano essere compiute utilizzando i tradizionali mezzi di comunicazione postale, telefonica, etc., o ricorrendo alle forme di diffusione del pensiero più collaudate, quali la stampa o la radiotelevisione (è il caso esemplare dell'E-mail, paragonabile al servizio postale, o della partecipazione a newsgroups, sorta di bacheche elettroniche cui afferiscono messaggi a tema inviati dai partecipanti a vari gruppi, e ancora dell'Internet Relay Chat, che consente lo scambio simultaneo di messaggi, di immagini fisse e in movimento), ma possono anche attenere al più vasto campo dell'informazione organizzata, appannaggio fino ad oggi dei classici mass-media, derivandone pertanto la messa in gioco di prospettive legate a valori costituzionalmente rilevanti quali la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà delle comunicazioni e il regime, anche sotto forma d'impresa, dell'informazione.
Ma anche il particolare aspetto dell'informazione e dell'attività di carattere economico risulta messo in particolare tensione dalla Rete (soprattutto grazie al Word Wide Web, che permette l'immissione e la consultazione di documenti anche corredati di suoni ed immagini): aspetto, che, se, sul piano pubblicitario, sembra ancora muoversi in un'ottica di concorrenza con gli ordinari media, per quanto riguarda la possibilità di porre in essere direttamente scambi commerciali (cd. teleshopping), rivela di possedere invece potenzialità esclusive, mentre ancora qualitativamente più evolute, poiché inserite in un quadro strutturalmente sinallagmatico, si appalesano le operazioni legate al cd. remote banking.

Di non minor rilievo, risultano poi gli aspetti socioistituzionali del fenomeno, di cui costituisce una punta avanzata il fenomeno delle cd. reti civiche, ma che possono attenere a contesti pubblici anche più ampi, allorché sia dato di interagire con la pubblica Amministrazione, grazie alle applicazioni offerte dall'informatica pubblica. Per questi, ma anche per altri aspetti che qui non è possibile nemmeno sfiorare (si pensi, infatti, alle potenzialità della Rete nel campo dell'educazione, dell'istruzione e della ricerca, a tutti gli aspetti culturali in genere e a quelli, largamente diffusi sulla rete, di carattere ludico), Internet risulta certamente qualcosa di assai più complesso rispetto ai mezzi finora conosciuti sia di diffusione del pensiero, sia di comunicazione interpersonale, sembrando in grado di fruire contemporaneamente degli statuti giuridici di entrambe le situazioni soggettive corrispondenti, nonché di attingere inoltre al regime proprio di altre libertà a godimento individuale o collettivo (si pensi ancora alle possibilità offerte dalla cd. agorà elettronica o dalle conferenze telematiche), conseguentemente rivelandosi pienamente giustificato che l'ordinamento non tratti con indifferenza fenomeni che risulterebbero altrimenti presi in considerazione poiché involgenti in primo luogo la sfera delle libertà costituzionalmente garantite, ma anche la correttezza dell'attività e dell'informazione commerciale e finanziaria, id est la tutela del consumo e del risparmio e la sicurezza delle transazioni, ivi compresi i pagamenti veicolati attraverso la rete.

Ma, sia che, attenendo alla condizione di libertà politica e civile dei soggetti interessati, debba essere dispiegata una tutela di portata tendenzialmente assoluta, sia che, entrando piuttosto in gioco aspetti concernenti l'iniziativa economica individuale o associata, debba essere tentato un corretto bilanciamento dei valori in campo, l'interesse ordinamentale di fronte alla nuova tecnologia non pare soltanto risolversi nell'identificazione delle garanzie del suo libero svolgimento, dovendo, infatti, venire esteso anche al regime dei contenuti. Ciò risulta, per così dire, comprovato dalla possibilità di utilizzazione d'Internet per il compimento di attività e/o per il raggiungimento di scopi già messi comunque al bando dallo stesso ordinamento. Come la concreta esperienza (soprattutto estera e statunitense in particolare) si è incaricata eloquentemente di dimostrare, le funzioni e le applicazioni della rete si sono rivelate in grado di offendere (ma non diversamente - si badi bene - da altre tecniche evolute di trasferimento delle informazioni) sia valori ordinamentali collettivi, sia interessi e diritti di soggetti singoli e associati: andandosi dalla lesione del diritto di autore alla violazione della riservatezza personale, dalla diffusione di notizie false o diffamatorie a forme di vera e propria aggressione alla libertà individuale (sotto forma di minacce o molestie fatte pervenire telematicamente o anche più semplicemente di disturbo alle comunicazioni o di violazione della loro segretezza), dalla compromissione di interessi di gruppi economici mediante atti di concorrenza sleale all'intralcio della stessa fluidità degli affari attraverso l'alterazione o l'indebolimento dell'affidabilità dei mezzi di pagamento elettronici, dalla propaganda filonazista e razzista all'apologia e all'incitamento a commettere reati della più varia specie fino alla commissione diretta in Rete di reati, per solito, nel campo della pornografia anche nelle forme più odiose perché attuate con il coinvolgimento di minori.

In una simile prospettiva, eventuali difficoltà frapposte all'accertamento e alla repressione delle fattispecie illegali da parte delle ridette caratteristiche di diffusione e di complessità della Rete non parrebbero, dunque, idonee a dare fondamento, a loro volta, a persuasive obiezioni circa la doverosità della tutela di quei valori ordinamentali di cui l'accennata messa al bando è evidentemente espressione; per altro verso, tuttavia avvertendo che l'impressione ricavabile da un elenco così nutrito di illeciti perpetrabili sulla stessa Rete non potrebbe giustificatamente condurre ad una criminalizzazione di Internet, quale nemmeno per altri mezzi comunicativi, la cui potenzialità offensiva è sicuramente assai più alta, s'è mai verificata, attesa anche la singolare caratteristica conformativa della Rete per cui la sua utilizzazione soggiace ad un'espressa domanda individuale sia per quanto riguarda l'accesso, sia per quanto riguarda la successiva scelta dei contenuti.

2. A proposito dell'atteggiamento dei giuristi

Agli interrogativi così suscitati (in positivo sulla configurazione e in negativo sui limiti del fenomeno in esame), si è per vero, come si accennava all'inizio, già tentato di offrire qualche soluzione. Ma, più che addentrarci nell'esame delle singole ipotesi prospettate, talvolta anche con raffinata argomentazione, ci è parso soprattutto interessante, in questo stadio forse ancora pionieristico del dibattito, registrare le tendenze di fondo nel modo di rapportarsi dei giuristi di casa nostra con la nuova tecnologia comunicativa e con i problemi da essa generati.
Un primo, abbastanza diffuso, atteggiamento può essere, dunque, identificato in una qual propensione a predicare l'assoluta inidoneità di qualsiasi strumentazione giuridica a governare il fenomeno, sottolineandosi come Internet presenterebbe caratteristiche tali da sfuggire ad un'efficace sussunzione da parte di regolamentazioni pubblicistiche. Queste sconterebbero infatti il peccato d'origine d'esser strutturalmente ancorate alla dimensione territoriale, laddove invece la comunicazione "internettiana" prescinderebbe affatto da delimitazioni di tipo spaziale, superando non solo la classica dimensione statale, ma anche la dimensione inter o super nazionale. Anzi, questa connotazione operativa del fenomeno sembrerebbe condurre a mettere addirittura in crisi il significato stesso della normazione come tradizionalmente intesa (invocandosi al più discipline autogene quali esemplarmente la netiquette e confidandosi al massimo in corti e arbitrati "virtuali"), tanto da preludere addirittura ad esiti palingenetici nella funzione stessa del diritto e dello Stato. Per altro verso, poi, le caratteristiche del messaggio renderebbero anche del tutto impraticabile la distinzione (di rilievo costituzionale) tra libertà di manifestazione del pensiero e quella di comunicazione, destinando agli archivi degli storici del diritto un approccio disciplinare che si credeva suscettibile sì di aggiornamenti, ma, pur sempre, per il momento, pienamente efficace. Le famose intere biblioteche sarebbero, pertanto, qui, destinate a deperire, non a causa di un diretto intervento riformatore, ma a motivo della stessa natura del fenomeno, refrattaria ad ogni tipo di regolamentazione eteronoma e /o autoritativa.

A questo atteggiamento, sembra tuttavia contrapporsene un altro di segno praticamente contrario, che, pur condividendo in buona misura il giudizio d'inadeguatezza della corrente strumentazione giuridica a dare veste regolativa alle attività della Rete, vi respinge però ogni implicazione sia di stampo rassegnatamente nichilista, sia di tono radicalmente libertario, per invocare invece (non mancando per vero di sottolinearne l'impellenza), interventi regolatori ai più vari livelli e particolarmente a livello planetario.

L'iperrealismo giustificazionista e i suoi già accennati corollari teorici sconsigliano evidentemente un'adesione al primo orientamento non motivata da propensioni alla più completa anarchia della Rete, anche se occorre senz'altro coglierne il messaggio implicito, consistente nella presa di coscienza di un fenomeno sicuramente complesso e verosimilmente connotato da una vocazione naturale all'anomia e allo spontaneismo. Pertanto, più producente appare la seconda via per chi intenda affrontare le questioni poste da Internet come questioni dotate di taluni caratteri certamente inediti e peculiari, ma non al punto di sceverarle completamente da quello che è il più generale piano problematico delle telecomunicazioni, non potendosi, infatti, ignorare che, rispetto ai quesiti sullo stato giuridico di quella che pur non si esita a definire la Rete per antonomasia, si pongono pregiudizialmente le questioni circa il regime degli strumenti comunicativi che, ai diversi livelli, ne consentono le interconnessioni, il convogliamento dei dati e financo l'accesso ai dati medesimi.

3. Internet tra "ogni altro mezzo di diffusione" del pensiero (art. 21 Cost.) E "ogni altra forma di comunicazione" (art. 15 Cost.)

Tenendo, dunque, ferme le premesse metodologiche da ultimo richiamate, è possibile ora concentrare l'attenzione sulle particolari caratteristiche di Internet come mezzo di circolazione di messaggi del più disparato tenore. Non pare, del resto, dubbio che la Rete presenti un'elevata attitudine a soddisfare sia esigenze espressive sia comunicative, portando in dote, rispetto agli strumenti tradizionali, le straordinarie possibilità derivanti dal carattere interattivo e multimediale del mezzo, nel tempo stesso che il ricorso ad esso risulta, sul piano tecnico, sufficientemente "amichevole" e (in misura sempre crescente) abbordabile su quello economico. Inoltre, in virtù della strettissima integrazione spaziotemporale tra l'atto del comunicare, la diffusione in rete nonché potenzialmente la stessa ricezione, la mediazione tecnica del mezzo può apparire quasi impercettibile, mentre gli apparati d'incanalamento e smistamento dei messaggi funzionano secondo logiche di spiccato automatismo.
Ora, simili caratteristiche, men che far divergere, concorrono tutte a rendere la configurazione della Rete coincidente con quella "di altro mezzo di diffusione" richiamato dall'art. 21, 1ø comma, della Costituzione (anche se come già accennato e come si vedrà tra breve, non la esaurisce), conseguendone per essa la medesima indiscriminata libertà di utilizzo predicabile per la libertà cui risulta asservita, senza che peraltro possano essere qui frapposti quei condizionamenti di ordine materiale, ai quali la ben nota giurisprudenza della Corte costituzionale è pervenuta dare avallo, pur sancendo l'inammissibilità di qualsiasi limitazione di ordine legale (sent. n. 105/1972). Ciò che, sia detto per incidens, conduce altresì ad escludere la legittimità di qualsiasi sovrastruttura autoritativa che si volesse immaginare al "governo" della rete, o le cui competenze non rimanessero limitate ai soli profili tecnici e funzionalmente comunque alla miglior circolazione dei messaggi in rete e alla garanzia della necessaria coerenza del sottosistema interno con il sistema internazionale.

Se si conviene infine sul fatto che la libertà di manifestazione del pensiero risulta compiutamente garantita non solo in quanto ne sia assicurato il puntuale esercizio, ma anche se non siano frapposti ostacoli alla diffusione del pensiero già manifestato (di ciò, è espressione esemplare, per quanto riguarda la stampa, il divieto di censura), vale a dire se il messaggio risulti, almeno potenzialmente, conoscibile da parte di quanti siano interessati a prenderne conoscenza, può agevolmente rilevarsi come, con la nuova tecnologia telematica, queste correlative libertà di esprimersi nonché di ricevere e ricercare informazioni postulino strumentalmente l'identica libertà di accesso e "navigazione" nella Rete (ciò che, sul piano tecnico, si riflette nella possibilità, da parte della strumentazione tecnica, di assumere, a seconda dei casi, la configurazione di server o di client).
Ma, accanto al paradigma di cui all'art. 21 Cost., chiamato in causa da numerose applicazioni d'Internet, la circolazione dei messaggi in rete risulta indubbiamente sussumibile anche in quell' "altra forma di comunicazione" alla quale si riferisce l'art. 15 della Carta nel garantire e tutelare la corrispondente libertà, tanto da conferire nuovo avallo alla tesi autorevolmente sostenuta per cui, con la libertà di comunicazione, si sarebbe in presenza di una sorta di sottospecie della libertà stessa di manifestazione del pensiero. Sotto quest'aspetto, tuttavia, il problema di maggior spessore sembrerebbe non tanto e non solo quello della garanzia dell'accesso quanto quello delle modalità della comunicazione, a cui la disposizione costituzionale testé ricordata pare annettere un rilievo strutturale nel momento in cui non mostra alcun apparente interesse per il contenuto delle comunicazioni.

Ora, mentre sotto il profilo della libertà della comunicazione, può senz'altro ritenersi che la garanzia in ordine all'accesso debba estendersi anche ai destinatari dei messaggi, per quanto riguarda la segretezza, le caratteristiche del mezzo sembrano impedire una conclusione di valore assoluto. Infatti, pur convenendo sul fatto che la semplice possibilità tecnica di intromissioni non dovrebbe indurre una carenza di garanzia in ordine alla segretezza delle comunicazioni, sembrerebbe difficile reclamare tale garanzia per la comunicazione "internettiana", dal momento che, quand'anche svolgentesi secondo un modulo esclusivamente interpersonale, essa non risulterebbe strutturalmente posta al riparo da interferenze (già a cominciare dal possibile monitoraggio da parte degli operatori del servizio, esistono infatti strumenti, non necessariamente fraudolenti, per rendere trasparenti sia il contenuto delle conversazioni, sia i dati identificativi delle stesse), se non in presenza di specifiche e adeguate modalità di trasmissione dei messaggi aventi appunto esplicitamente lo scopo di escludere i terzi.
Nessun dubbio, invece, potrebbe nutrirsi circa l'operatività della tutela discendente dalle riserve di legge e di giurisdizione in cui si concreta ancora la garanzia costituzionale in parola, restando esclusa ogni possibilità di autonomo intervento da parte di organi pubblici di natura amministrativa, ivi compresa la polizia giudiziaria, che potrebbe invece procedere a forme d'intercettazione solo subordinatamente ad una preventiva autorizzazione a del giudice e funzionalmente alla persecuzione di determinati reati.

4. Il regime giuridico d'Internet (i contenuti informativi)

Secundum principia, non dovrebbe nemmeno essere revocabile in dubbio che, degli eventuali contenuti illegali immessi nella rete, sia nell'attività di diffusione del pensiero, sia nelle comunicazioni interpersonali non assistite da adeguati sistemi di segretezza, debbano essere tenuti esclusivamente responsabili i rispettivi autori, sembrando infatti assai problematico far derivare qualche forma di responsabilità (se non nei casi in cui possa configurarsi qualche forma di favoreggiamento) a carico di chi offra il servizio d'interconnessione o di chi effettui un semplice attività di accesso alla Rete pur se alla ricerca dei precitati contenuti.
In questo ordine di idee, del resto, non risultano neanche soverchi ostacoli di ordine tecnico al perseguimento dei corrispondenti illeciti ove commessi sul territorio nazionale, mentre per il caso in cui il flusso dei dati si origini da un paese estero sarebbe giocoforza ricorrere a strumenti di assistenza giudiziaria internazionale. Si deve in ogni caso richiamare l'attenzione sul fatto che la disciplina di prevenzione e repressione non possa (qui meno che altrove) gravitare in una dimensione completamente avulsa dalla realtà effettuale: ciò che richiede, tra l'altro, l'allestimento di una strumentazione d'indagine tecnologicamente avanzata e la preparazione di personale tecnicamente aggiornato. In altri termini, il fenomeno Internet dovrebbe impegnare davvero ad una politica legislativa di grande efficacia, cogliendo, in primo luogo, le opportunità offerte dalle stesse caratteristiche della Rete: mentre, infatti, la sua diffusività a livello planetario suggerisce, come già ricordato, d'introdurre e/o a perfezionare strumenti regolativi di ordine internazionale, ciò che si è chiamata la vocazione anticentrica consiglia d'incoraggiare ed agevolare la creazione anche di organismi privati di autocontrollo o di monitoraggio destinati a collaborare con l'autorità pubblica.

Ma, fatte queste premesse, sarebbe anche troppo ovvio sottolineare come il principio liberale, espresso dalla Carta nelle disposizioni costituzionali richiamate, debba, a sua volta, costituire parametro di "validazione" di eventuali discipline alle quali si ritenesse di porre mano. In altri termini, ciò che, comunque, va ribadito con riferimento alle libertà costituzionali il cui esercizio risulta agevolato dalla Rete è che il loro statuto di garanzia non può soffrire eccezioni o attenuazioni per effetto della nuova tecnologia telematica, conseguendone che limitazioni di natura preventiva saranno percorribili (quando non anche verosimilmente doverose) nel solo campo attinente al buon costume e con particolare riferimento alla tutela dei minori. Laddove tuttavia le particolari modalità dell'accesso alla Rete sembrano far sì che le cautele si riducano essenzialmente all'obbligo di apposizione all'ingresso dei siti di segnali idonei ad attivare eventuali dispositivi di filtraggio, così da subordinare il prosieguo della "navigazione" alla manifestazione di una volontà espressamente manifestata a seguito di un'informazione tempestiva e veritiera.

Ma, in attesa di calibrate iniziative legislative, sembra comunque opportuno ricordare come in altri ordinamenti di comune matrice costituzionale i problemi in parola abbiano già ricevuto qualche risposta, non apparendo nemmeno casuale che tali risposte siano state fornite proprio in sede di scrutinio di costituzionalità. Ci si riferisce, particolarmente a due decisioni, di cui la prima è senz'altro la più nota: si tratta, infatti, della decisione adottata l'11 giugno 1996 da una Corte distrettuale dello Stato della Pennsilvania (si ricordi il carattere diffuso del sindacato di costituzionalità nell'ordinamento statunitense).
La decisione, che non si è esitato a definire "an extremely important victory for free speech in cyberspace", si è in realtà limitata a rendere inapplicabili quelle disposizioni del Communication Decency Act, che avevano l'effetto di impedire la diffusione in Rete del materiale definito indecent o patently offensive, pur non intendendo, come riconosce la stessa pronuncia, "deprive the Governmenet of all means of protecting children from pornography on the Internet through vigorous enforcement of exixting laws criminalizing obscenity and child pornography". In questo senso, la medesima decisione (che è stata successivamente appellata dal Governo Clinton davanti alla Corte Suprema) presenta interesse non tanto per i suoi esiti concreti (ammettendo riserve non praticate negli identici termini nel milieu giuridico europeo), quanto invece per le argomentazioni utilizzate, da un lato, per la ricostruzione della Rete come strumento asservito alla libertà di manifestazione del pensiero garantita dal Primo Emendamento alla Costituzione statunitense, e, dall'altro, per l'identificazione di una specificità del mezzo tale da rendere irrazionale ogni automatica estensione ad esso di regolamentazioni pensate per altri media.

Particolarmente rilevante, in questo quadro, è l'affermazione per cui "The Internet is a fair more speech-enhancing medium than print, the village green, or the mails. Because it would necessarily affect the Internet itself, the C(ommunication) D(ecency) A(ct) would necessarily reduce the speech available for adults on the medium. That is a constitutionally intolerable result" , ma ancora che " the Internet may fairly be regarded as a never-ending worldwide conversation. The Government may not, through the CDA, interrupt that conversation. As the most participatory form of mass speech yet developed, the Internet deserves the highest protection from governmental intrusion". Sulla base poi delle caratteristiche della Rete, constatato che "The contents of the data was before the CDA, an irrelevant consideration", mentre "After the CDA (...), the content of a user's speech will determine the extent of participation in the new medium", la Corte nordamericana, richiamando a proprio conforto autorevoli precedenti tratti dalla giurisprudenza della Corte Suprema, perviene alla conclusione che, se lo scopo del Primo Emendamento è la "individual dignity and choice" that arises from "putting the decision as to what views shall be voiced largely into the hands of each of us", then we should be especially vigilant in preventing content-based regulation of a medium that every minute allows individual citizens actually to make those decisions. Any content-based regulation of Internet, non matter how benign the purpose, could burn the global village to roast the pig".

Permeata invece delle logiche del costituzionalismo europeo continentale risulta la seconda delle decisioni dianzi menzionate, provenendo infatti dal Conseil constitutionnel, del quale pare superfluo ricordare il ruolo nella giustizia costituzionale francese, spettandogli, in riferimento alle leggi ordinarie, il monopolio del controllo di legittimità su ricorso di determinati organi o soggetti di rilievo costituzionale.
Nella specie, il sindacato sull'art. 15, oltre che sugli artt. 6 e 8, della cd. loi Fillon, modificativa della legge n. 80-1067 del 30 settembre 1986, relativa alla libertà di comunicazione, era stato sollecitato, anche sull'onda di vibrate proteste levatesi soprattutto dalle associazioni dei providers, da 60 componenti del gruppo parlamentare socialista del Senato. Più precisamente, la disciplina impugnata, oltre a prescrivere ai fornitori di connessione di proporre ai propri clienti l'installazione di strumenti idonei a limitare l'accesso a determinati siti o ad effettuare scelte consapevoli (parte, questa, non ritenuta costituzionalmente censurabile dal Conseil constitutionnel), istituiva presso il Conseil supérieur de l'audiovisuel (CSA) , uno speciale Comité supérieur de la télématique incaricato sia di elaborare raccomandazioni (da sottoporre alla definitiva approvazione del CSA), destinate ad assicurare il rispetto delle regole deontologiche da parte dei fornitori di accesso, sia di esprimere pareri in ordine a tale effettivo rispetto, sia di rendere infine pubblici gli eventuali pareri negativi mediante la loro pubblicazione sul Journal Officiel. Uno speciale obbligo di rapporto al Procuratore della Repubblica incombeva inoltre al Presidente del CSA in caso di fatti ritenuti rilevanti sul piano penale, mentre la predetta pubblicazione sul J.O. avrebbe potuto, a sua volta, porre le premesse per l'affermazione della responsabilità (peraltro esclusa per l'ordinario) dei providers in ordine ai reati connessi con i dati veicolati in Rete.

Con la decisione n. 96-378 DC del 23 luglio 1996, il Conseil constitutionnel ha tuttavia annullato il complessivo sistema incentrato sull'esistenza e sulle competenze del predetto Comité, rinvenendovi (coerentemente con una sua consolidata giurisprudenza) un caso evidente d'incompetenza negativa, vale a dire di rinuncia o di omissione da parte del legislatore a fissare direttamente i principi nel cui solo ambito l'autorità amministrativa avrebbe potuto determinarsi per l'elaborazione delle raccomandazioni ai fornitori di accesso.
La decisione, dunque, non meno della sentenza della Corte americana, risulta gravitare nel campo d'interesse relativo al regime giuridico d'Internet. Ed anche se il Conseil non perviene, per motivi di ordine logico-processuale, a valutare la validità di una disciplina che tenta di porre dei limiti, sia pure indiretti, alla commissione di illeciti sulla Rete, è certamente indubitabile che essa non solo avalli la promozione legislativa del ricorso a strumenti limitativi e/o selettivi dell'accesso (evidentemente nell'interesse dei minori), ma soprattutto configuri come ovvia e naturale l'idea di una disciplina generale dell'accesso ad Internet. Con l'unica avvertenza, tuttavia, che, trattandosi "de la liberté de communication (au législateur) revient de concilier, en l'état actuel des techniques et de leur maŒtrise, l'exercice de cette liberté telle qu'elle résulte de l'article 11 de la Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen, avec, d'une part, les contraintes techniques inhérentes aux moyens de communication concernés et, d'autre part, le objectifs de valeur constitutionnelle que sont la sauveguarde de l'ordre public, le respect de la liberté autrui et la préservation du caractère pluraliste des courants d'expression socioculturels".

Comunque sia, le vicende appena richiamate, mentre paiono confermare le difficolta di una riflessione che pretenda di avere punti fermi di approdo, forniscono anche la sensazione di un quadro complessivo in pieno movimento, al quale è auspicabile non resti estraneo il nostro Paese, magari anche raccogliendo i suggerimenti che da tali vicende sembra possibile trarre de iure condendo.

5. Segue: gli utenti e gli operatori d'Internet

Ma, a questo punto, dovrebbe riuscire anche evidente l'effetto di feed-back che il regime giuridico delle situazioni soggettive implicate nell'accesso ad Internet può avere sul più generale quadro delle modalità tecniche del suo utilizzo, a partire dalla circostanza per cui il servizio si realizza attualmente (e continuerà a realizzarsi ancora per qualche tempo) prevalentemente sulla rete telefonica. In altri termini, nel momento in cui l'esclusivo rapporto biunivoco tra telefonia e comunicazione interpersonale viene a cessare a causa dell'asservimento del mezzo anche alle finalità di cui all'art. 21 Cost., ancor più costituzionalmente dubbio rischierebbe di apparire un qualsiasi regime di privativa sul mezzo stesso, così come del tutto incongruo si appaleserebbe il suo completo abbandono alle logiche del mercato, per le quali (nemmeno in una situazione di risorse non limitate) sarebbe lecito attendersi una coincidenza con le logiche di fruizione indiscriminata dei mezzi sottesa all'art. 21.

Quanto appena accennato comporta dunque che si ritorni ancora, al termine di queste osservazioni sugli aspetti evolutivi d'Internet, ad accennare al ruolo dei diversi soggetti coinvolti nella gestione e nel funzionamento della Rete, da identificarsi appunto principalmente negli esercenti delle reti telecomunicative, attraverso le quali si realizzano le connessioni tra le reti e la distribuzione dei dati veicolati dalle reti stesse, e quindi nei fornitori d'accesso (providers) che, nella maggior parte dei casi, funzionano da interfaccia tra gli esercenti delle reti e gli utenti finali. Ma, mentre per la prima categoria di soggetti, la situazione risulta già in una fase piuttosto avanzata, sia per effetto della normativa comunitaria che, è, com'è noto, ormai orientata verso un regime di completa liberalizzazione, sia per l'avvio in sede parlamentare di una complessiva riforma del sistema delle telecomunicazioni, per quanto riguarda, invece, la seconda categoria, vale a dire, i fornitori di accesso, rileva finora la sola disciplina recata dal d. lgs. 17 marzo 1995, n. 103, emanato in attuazione della direttiva 90/388/CEE, dalla quale potrebbero pertanto derivare ai providers responsabilità unicamente in ordine al rispetto degli obblighi correlati al rilascio dell'autorizzazione dall'art. 3, 4ø comma, del medesimo d. lgs. (ma si veda altresì il d.p.r. 4 settembre 1995, n. 420, recante la normativa regolamentare di esecuzione).
Potrebbe invece assumerebbe connotazioni prettamente penalistiche l'attribuzione ai providers di un qualche tipo di responsabilità per i contenuti veicolati dalle connessioni rese possibili dai servers amministrati. Si tratta, tuttavia, come si è già avuto modo di sottolineare, di un profilo di estrema delicatezza, che se può trovare una qualche giustificazione per i contenuti dei servizi direttamente resi dai providers, darebbe luogo a fondate perplessità di ordine costituzionale se agganciato ad una sorta di responsabilità in vigilando per i contenuti illeciti semplicemente transitati attraverso il server. Infatti, al di là della questione circa l'effettività esigibilità di un monitoraggio senza soste su tutte le connessioni effettuate, non potrebbe sfuggire il fatto che i providers, onde sfuggire ad un'eventuale responsabilità. dovrebbe esercitare una vera e propria opera di filtraggio dei contenuti al fine di censurare quelli ritenuti illegali.

In questo stesso ordine di idee, una considerazione speciale sembra meritare piuttosto la figura dei cd. sysops, vale a dire quei particolari utilizzatori della Rete che assumono la veste di gestori delle informazioni e dei messaggi convogliati nelle bacheche elettroniche delle cd. B.B.S. (Bulletin board systems), dato che il loro ruolo li mette, per così dire, istituzionalmente in grado di controllarne i contenuti e di conoscere quale genere di traffico si svolge nell'ambito delle loro reti. Ma anche qui l'affermazione di un regime di responsabilità, sia pure a titolo di culpa in vigilando (e fatti salvi i casi di vero e proprio concorso nel reato) sembrerebbe non poter comunque attingere ad un livello più alto di quello già previsto per i responsabili delle testate radiotelevisive e presupporre comunque assodata la liceità dell'interferenza nel flusso dei messaggi altrimenti assistiti dalla garanzia della riservatezza.

Anche per questi aspetti, dunque, assai opportuno si paleserebbe un intervento chiarificatore del legislatore, reso tanto più urgente dal rischio di un sempre più frequente e disorganico afflusso di pronunce giurisprudenziali. Senza pregiudizio che venga, per altro verso, anche accolto l'invito rivolto ai Governi e ai Parlamenti dal Consiglio d'Europa per la formulazione di codici deontologici indirizzati non solo a providers e sysops, ma a tutti gli operatori comunque interessati all'allestimento e all'utilizzo delle cd. autostrade dell'informazione.
 

(*) Professore straordinario di Diritto costituzionale nell'Università di Camerino e docente di Informatica giuridica nelle Università di Camerino e Genova, avvocato cassazionista

 

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