1. Quale interesse ordinamentale alla
regolamentazione delle nuove tecnologie telematiche?
Con Internet, si realizza, com'è ormai
ampiamente noto, una dimensione dell'agire umano (in precedenza forse nemmeno
facilmente immaginabile) caratterizzata da una straordinaria convergenza tra
attività di telecomunicazione, funzioni informatiche e mondo dell'informazione,
assistita peraltro da una continua crescita globale di enormi proporzioni. La
comunicazione "internettiana" risulta infatti in grado di svolgersi
grazie ai più differenti mezzi (cavi coassiali, fibre ottiche, frequenze
terrestri e satellitari, etc.) e di veicolare dati informativi del più vario
formato (scrittura, suoni, immagini fisse e in movimento), laddove altri
caratteri salienti del fenomeno vengono solitamente identificati nella struttura
estremamente diffusa e decentrata (anticentrica e antigerarchica) del fenomeno,
nel suo elevato grado di automazione e nella sua notevole impermeabilità alle
interferenze esterne.
La possibilità, così offerta in maniera praticamente indiscriminata, di
diffondere, ricercare ed accedere ad informazioni del più diverso genere senza
apprezzabili limiti spaziali e di fuso orario, è parsa tuttavia non limitarsi a
riproporre, sul piano giuridico, gli aspetti più consueti delle problematiche
comunicative, ma è sembrata generare invece interrogativi caratterizzati da una
complessità (almeno apparentemente) inedita.
Peraltro, le problematiche poste sul tappeto
dall'affermarsi del fenomeno Internet non hanno trovato i giuristi del
tutto impreparati, ma (com'era prevedibile ed anche auspicabile) hanno
abbastanza presto suscitato un impegnato dibattito, al punto da potersi
constatare come il periodo che ha preceduto l'avvio del ciclo accademico 96/97
(il periodo tradizionalmente dedicato a congressi e a convegni) sia risultato
contraddistinto proprio da una pluralità di iniziative tese a sollecitare la
riflessione sui profili giuridici della nuova tecnologia telematica e, più in
generale, sul regime giuridico delle telecomunicazioni (vanno senz'altro
ricordate almeno quelle promosse dalle Università di Sassari, il 20/21
settembre, di Pavia, il 4/5 ottobre, di Camerino, il 10/11 ottobre e di
Roma-LUISS. il 28/29 novembre).
Gli esiti di tale riflessione paiono tuttavia presentarsi ancora allo stato
magmatico, né pare preventivabile a tempi brevi un qualche reale
consolidamento, e ciò - ci sembra - fintanto che la discussione non avrà
potuto avvalersi di qualche punto fermo sul piano normativo e su quello
giurisprudenziale. In questo quadro, anzi, le prime difficoltà sono parse
attenere addirittura all'ordine concettuale, vale a dire all'esatta definizione
del fenomeno in parola, considerato anche il fatto che la variegata tipologia di
funzioni e applicazioni attivabili tramite Internet non aiuta certo a
disegnare un quadro immediatamente chiaro e lineare.
Poiché si ha ragione di ritenere che la
conoscenza di tali funzioni e applicazioni venga quotidianamente estesa ad un
pubblico sempre più vasto, ci si limiterà qui a ricordare come, grazie ad
esse, i dati e i messaggi suscettibili di transitare attraverso la Rete possono
non solo costituire l'oggetto di attività espressive e comunicative che per
l'innanzi potevano essere compiute utilizzando i tradizionali mezzi di
comunicazione postale, telefonica, etc., o ricorrendo alle forme di diffusione
del pensiero più collaudate, quali la stampa o la radiotelevisione (è il caso
esemplare dell'E-mail, paragonabile al servizio postale, o della partecipazione
a newsgroups, sorta di bacheche elettroniche cui afferiscono messaggi a tema
inviati dai partecipanti a vari gruppi, e ancora dell'Internet Relay
Chat, che consente lo scambio simultaneo di messaggi, di immagini fisse e
in movimento), ma possono anche attenere al più vasto campo dell'informazione
organizzata, appannaggio fino ad oggi dei classici mass-media,
derivandone pertanto la messa in gioco di prospettive legate a valori
costituzionalmente rilevanti quali la libertà di manifestazione del pensiero,
la libertà delle comunicazioni e il regime, anche sotto forma d'impresa,
dell'informazione.
Ma anche il particolare aspetto dell'informazione e dell'attività di carattere
economico risulta messo in particolare tensione dalla Rete (soprattutto grazie
al Word Wide Web, che permette l'immissione e la consultazione di
documenti anche corredati di suoni ed immagini): aspetto, che, se, sul piano
pubblicitario, sembra ancora muoversi in un'ottica di concorrenza con gli
ordinari media, per quanto riguarda la possibilità di porre in essere
direttamente scambi commerciali (cd. teleshopping), rivela di possedere
invece potenzialità esclusive, mentre ancora qualitativamente più evolute,
poiché inserite in un quadro strutturalmente sinallagmatico, si appalesano le
operazioni legate al cd. remote banking.
Di non minor rilievo, risultano poi gli aspetti
socioistituzionali del fenomeno, di cui costituisce una punta avanzata il
fenomeno delle cd. reti civiche, ma che possono attenere a contesti pubblici
anche più ampi, allorché sia dato di interagire con la pubblica
Amministrazione, grazie alle applicazioni offerte dall'informatica pubblica. Per
questi, ma anche per altri aspetti che qui non è possibile nemmeno sfiorare (si
pensi, infatti, alle potenzialità della Rete nel campo dell'educazione,
dell'istruzione e della ricerca, a tutti gli aspetti culturali in genere e a
quelli, largamente diffusi sulla rete, di carattere ludico), Internet
risulta certamente qualcosa di assai più complesso rispetto ai mezzi finora
conosciuti sia di diffusione del pensiero, sia di comunicazione interpersonale,
sembrando in grado di fruire contemporaneamente degli statuti giuridici di
entrambe le situazioni soggettive corrispondenti, nonché di attingere inoltre
al regime proprio di altre libertà a godimento individuale o collettivo (si
pensi ancora alle possibilità offerte dalla cd. agorà elettronica o dalle
conferenze telematiche), conseguentemente rivelandosi pienamente giustificato
che l'ordinamento non tratti con indifferenza fenomeni che risulterebbero
altrimenti presi in considerazione poiché involgenti in primo luogo la sfera
delle libertà costituzionalmente garantite, ma anche la correttezza
dell'attività e dell'informazione commerciale e finanziaria, id est la
tutela del consumo e del risparmio e la sicurezza delle transazioni, ivi
compresi i pagamenti veicolati attraverso la rete.
Ma, sia che, attenendo alla condizione di
libertà politica e civile dei soggetti interessati, debba essere dispiegata una
tutela di portata tendenzialmente assoluta, sia che, entrando piuttosto in gioco
aspetti concernenti l'iniziativa economica individuale o associata, debba essere
tentato un corretto bilanciamento dei valori in campo, l'interesse ordinamentale
di fronte alla nuova tecnologia non pare soltanto risolversi
nell'identificazione delle garanzie del suo libero svolgimento, dovendo,
infatti, venire esteso anche al regime dei contenuti. Ciò risulta, per così
dire, comprovato dalla possibilità di utilizzazione d'Internet per il
compimento di attività e/o per il raggiungimento di scopi già messi comunque
al bando dallo stesso ordinamento. Come la concreta esperienza (soprattutto
estera e statunitense in particolare) si è incaricata eloquentemente di
dimostrare, le funzioni e le applicazioni della rete si sono rivelate in grado
di offendere (ma non diversamente - si badi bene - da altre tecniche evolute di
trasferimento delle informazioni) sia valori ordinamentali collettivi, sia
interessi e diritti di soggetti singoli e associati: andandosi dalla lesione del
diritto di autore alla violazione della riservatezza personale, dalla diffusione
di notizie false o diffamatorie a forme di vera e propria aggressione alla
libertà individuale (sotto forma di minacce o molestie fatte pervenire
telematicamente o anche più semplicemente di disturbo alle comunicazioni o di
violazione della loro segretezza), dalla compromissione di interessi di gruppi
economici mediante atti di concorrenza sleale all'intralcio della stessa
fluidità degli affari attraverso l'alterazione o l'indebolimento
dell'affidabilità dei mezzi di pagamento elettronici, dalla propaganda
filonazista e razzista all'apologia e all'incitamento a commettere reati della
più varia specie fino alla commissione diretta in Rete di reati, per solito,
nel campo della pornografia anche nelle forme più odiose perché attuate con il
coinvolgimento di minori.
In una simile prospettiva, eventuali difficoltà
frapposte all'accertamento e alla repressione delle fattispecie illegali da
parte delle ridette caratteristiche di diffusione e di complessità della Rete
non parrebbero, dunque, idonee a dare fondamento, a loro volta, a persuasive
obiezioni circa la doverosità della tutela di quei valori ordinamentali di cui
l'accennata messa al bando è evidentemente espressione; per altro verso,
tuttavia avvertendo che l'impressione ricavabile da un elenco così nutrito di
illeciti perpetrabili sulla stessa Rete non potrebbe giustificatamente condurre
ad una criminalizzazione di Internet, quale nemmeno per altri mezzi
comunicativi, la cui potenzialità offensiva è sicuramente assai più alta,
s'è mai verificata, attesa anche la singolare caratteristica conformativa della
Rete per cui la sua utilizzazione soggiace ad un'espressa domanda individuale
sia per quanto riguarda l'accesso, sia per quanto riguarda la successiva scelta
dei contenuti.
2. A proposito dell'atteggiamento dei
giuristi
Agli interrogativi così suscitati (in positivo
sulla configurazione e in negativo sui limiti del fenomeno in esame), si è per
vero, come si accennava all'inizio, già tentato di offrire qualche soluzione.
Ma, più che addentrarci nell'esame delle singole ipotesi prospettate, talvolta
anche con raffinata argomentazione, ci è parso soprattutto interessante, in
questo stadio forse ancora pionieristico del dibattito, registrare le tendenze
di fondo nel modo di rapportarsi dei giuristi di casa nostra con la nuova
tecnologia comunicativa e con i problemi da essa generati.
Un primo, abbastanza diffuso, atteggiamento può essere, dunque, identificato in
una qual propensione a predicare l'assoluta inidoneità di qualsiasi
strumentazione giuridica a governare il fenomeno, sottolineandosi come Internet
presenterebbe caratteristiche tali da sfuggire ad un'efficace sussunzione da
parte di regolamentazioni pubblicistiche. Queste sconterebbero infatti il
peccato d'origine d'esser strutturalmente ancorate alla dimensione territoriale,
laddove invece la comunicazione "internettiana" prescinderebbe affatto
da delimitazioni di tipo spaziale, superando non solo la classica dimensione
statale, ma anche la dimensione inter o super nazionale. Anzi, questa
connotazione operativa del fenomeno sembrerebbe condurre a mettere addirittura
in crisi il significato stesso della normazione come tradizionalmente intesa
(invocandosi al più discipline autogene quali esemplarmente la netiquette
e confidandosi al massimo in corti e arbitrati "virtuali"), tanto da
preludere addirittura ad esiti palingenetici nella funzione stessa del diritto e
dello Stato. Per altro verso, poi, le caratteristiche del messaggio renderebbero
anche del tutto impraticabile la distinzione (di rilievo costituzionale) tra
libertà di manifestazione del pensiero e quella di comunicazione, destinando
agli archivi degli storici del diritto un approccio disciplinare che si credeva
suscettibile sì di aggiornamenti, ma, pur sempre, per il momento, pienamente
efficace. Le famose intere biblioteche sarebbero, pertanto, qui, destinate a
deperire, non a causa di un diretto intervento riformatore, ma a motivo della
stessa natura del fenomeno, refrattaria ad ogni tipo di regolamentazione
eteronoma e /o autoritativa.
A questo atteggiamento, sembra tuttavia
contrapporsene un altro di segno praticamente contrario, che, pur condividendo
in buona misura il giudizio d'inadeguatezza della corrente strumentazione
giuridica a dare veste regolativa alle attività della Rete, vi respinge però
ogni implicazione sia di stampo rassegnatamente nichilista, sia di tono
radicalmente libertario, per invocare invece (non mancando per vero di
sottolinearne l'impellenza), interventi regolatori ai più vari livelli e
particolarmente a livello planetario.
L'iperrealismo giustificazionista e i suoi già
accennati corollari teorici sconsigliano evidentemente un'adesione al primo
orientamento non motivata da propensioni alla più completa anarchia della Rete,
anche se occorre senz'altro coglierne il messaggio implicito, consistente nella
presa di coscienza di un fenomeno sicuramente complesso e verosimilmente
connotato da una vocazione naturale all'anomia e allo spontaneismo. Pertanto,
più producente appare la seconda via per chi intenda affrontare le questioni
poste da Internet come questioni dotate di taluni caratteri certamente
inediti e peculiari, ma non al punto di sceverarle completamente da quello che
è il più generale piano problematico delle telecomunicazioni, non potendosi,
infatti, ignorare che, rispetto ai quesiti sullo stato giuridico di quella che
pur non si esita a definire la Rete per antonomasia, si pongono
pregiudizialmente le questioni circa il regime degli strumenti comunicativi che,
ai diversi livelli, ne consentono le interconnessioni, il convogliamento dei
dati e financo l'accesso ai dati medesimi.
3. Internet tra "ogni altro mezzo di
diffusione" del pensiero (art. 21 Cost.) E "ogni altra forma di
comunicazione" (art. 15 Cost.)
Tenendo, dunque, ferme le premesse metodologiche
da ultimo richiamate, è possibile ora concentrare l'attenzione sulle
particolari caratteristiche di Internet come mezzo di circolazione di
messaggi del più disparato tenore. Non pare, del resto, dubbio che la Rete
presenti un'elevata attitudine a soddisfare sia esigenze espressive sia
comunicative, portando in dote, rispetto agli strumenti tradizionali, le
straordinarie possibilità derivanti dal carattere interattivo e multimediale
del mezzo, nel tempo stesso che il ricorso ad esso risulta, sul piano tecnico,
sufficientemente "amichevole" e (in misura sempre crescente)
abbordabile su quello economico. Inoltre, in virtù della strettissima
integrazione spaziotemporale tra l'atto del comunicare, la diffusione in rete
nonché potenzialmente la stessa ricezione, la mediazione tecnica del mezzo può
apparire quasi impercettibile, mentre gli apparati d'incanalamento e smistamento
dei messaggi funzionano secondo logiche di spiccato automatismo.
Ora, simili caratteristiche, men che far divergere, concorrono tutte a rendere
la configurazione della Rete coincidente con quella "di altro mezzo di
diffusione" richiamato dall'art. 21, 1ø comma, della Costituzione (anche
se come già accennato e come si vedrà tra breve, non la esaurisce),
conseguendone per essa la medesima indiscriminata libertà di utilizzo
predicabile per la libertà cui risulta asservita, senza che peraltro possano
essere qui frapposti quei condizionamenti di ordine materiale, ai quali la ben
nota giurisprudenza della Corte costituzionale è pervenuta dare avallo, pur
sancendo l'inammissibilità di qualsiasi limitazione di ordine legale (sent. n.
105/1972). Ciò che, sia detto per incidens, conduce altresì ad
escludere la legittimità di qualsiasi sovrastruttura autoritativa che si
volesse immaginare al "governo" della rete, o le cui competenze non
rimanessero limitate ai soli profili tecnici e funzionalmente comunque alla
miglior circolazione dei messaggi in rete e alla garanzia della necessaria
coerenza del sottosistema interno con il sistema internazionale.
Se si conviene infine sul fatto che la libertà
di manifestazione del pensiero risulta compiutamente garantita non solo in
quanto ne sia assicurato il puntuale esercizio, ma anche se non siano frapposti
ostacoli alla diffusione del pensiero già manifestato (di ciò, è espressione
esemplare, per quanto riguarda la stampa, il divieto di censura), vale a dire se
il messaggio risulti, almeno potenzialmente, conoscibile da parte di quanti
siano interessati a prenderne conoscenza, può agevolmente rilevarsi come, con
la nuova tecnologia telematica, queste correlative libertà di esprimersi
nonché di ricevere e ricercare informazioni postulino strumentalmente
l'identica libertà di accesso e "navigazione" nella Rete (ciò che,
sul piano tecnico, si riflette nella possibilità, da parte della strumentazione
tecnica, di assumere, a seconda dei casi, la configurazione di server o
di client).
Ma, accanto al paradigma di cui all'art. 21 Cost., chiamato in causa da numerose
applicazioni d'Internet, la circolazione dei messaggi in rete risulta
indubbiamente sussumibile anche in quell' "altra forma di
comunicazione" alla quale si riferisce l'art. 15 della Carta nel garantire
e tutelare la corrispondente libertà, tanto da conferire nuovo avallo alla tesi
autorevolmente sostenuta per cui, con la libertà di comunicazione, si sarebbe
in presenza di una sorta di sottospecie della libertà stessa di manifestazione
del pensiero. Sotto quest'aspetto, tuttavia, il problema di maggior spessore
sembrerebbe non tanto e non solo quello della garanzia dell'accesso quanto
quello delle modalità della comunicazione, a cui la disposizione costituzionale
testé ricordata pare annettere un rilievo strutturale nel momento in cui non
mostra alcun apparente interesse per il contenuto delle comunicazioni.
Ora, mentre sotto il profilo della libertà della
comunicazione, può senz'altro ritenersi che la garanzia in ordine all'accesso
debba estendersi anche ai destinatari dei messaggi, per quanto riguarda la
segretezza, le caratteristiche del mezzo sembrano impedire una conclusione di
valore assoluto. Infatti, pur convenendo sul fatto che la semplice possibilità
tecnica di intromissioni non dovrebbe indurre una carenza di garanzia in ordine
alla segretezza delle comunicazioni, sembrerebbe difficile reclamare tale
garanzia per la comunicazione "internettiana", dal momento che,
quand'anche svolgentesi secondo un modulo esclusivamente interpersonale, essa
non risulterebbe strutturalmente posta al riparo da interferenze (già a
cominciare dal possibile monitoraggio da parte degli operatori del servizio,
esistono infatti strumenti, non necessariamente fraudolenti, per rendere
trasparenti sia il contenuto delle conversazioni, sia i dati identificativi
delle stesse), se non in presenza di specifiche e adeguate modalità di
trasmissione dei messaggi aventi appunto esplicitamente lo scopo di escludere i
terzi.
Nessun dubbio, invece, potrebbe nutrirsi circa l'operatività della tutela
discendente dalle riserve di legge e di giurisdizione in cui si concreta ancora
la garanzia costituzionale in parola, restando esclusa ogni possibilità di
autonomo intervento da parte di organi pubblici di natura amministrativa, ivi
compresa la polizia giudiziaria, che potrebbe invece procedere a forme
d'intercettazione solo subordinatamente ad una preventiva autorizzazione a del
giudice e funzionalmente alla persecuzione di determinati reati.
4. Il regime giuridico d'Internet (i
contenuti informativi)
Secundum principia, non dovrebbe nemmeno
essere revocabile in dubbio che, degli eventuali contenuti illegali immessi
nella rete, sia nell'attività di diffusione del pensiero, sia nelle
comunicazioni interpersonali non assistite da adeguati sistemi di segretezza,
debbano essere tenuti esclusivamente responsabili i rispettivi autori, sembrando
infatti assai problematico far derivare qualche forma di responsabilità (se non
nei casi in cui possa configurarsi qualche forma di favoreggiamento) a carico di
chi offra il servizio d'interconnessione o di chi effettui un semplice attività
di accesso alla Rete pur se alla ricerca dei precitati contenuti.
In questo ordine di idee, del resto, non risultano neanche soverchi ostacoli di
ordine tecnico al perseguimento dei corrispondenti illeciti ove commessi sul
territorio nazionale, mentre per il caso in cui il flusso dei dati si origini da
un paese estero sarebbe giocoforza ricorrere a strumenti di assistenza
giudiziaria internazionale. Si deve in ogni caso richiamare l'attenzione sul
fatto che la disciplina di prevenzione e repressione non possa (qui meno che
altrove) gravitare in una dimensione completamente avulsa dalla realtà
effettuale: ciò che richiede, tra l'altro, l'allestimento di una strumentazione
d'indagine tecnologicamente avanzata e la preparazione di personale tecnicamente
aggiornato. In altri termini, il fenomeno Internet dovrebbe impegnare
davvero ad una politica legislativa di grande efficacia, cogliendo, in primo
luogo, le opportunità offerte dalle stesse caratteristiche della Rete: mentre,
infatti, la sua diffusività a livello planetario suggerisce, come già
ricordato, d'introdurre e/o a perfezionare strumenti regolativi di ordine
internazionale, ciò che si è chiamata la vocazione anticentrica consiglia
d'incoraggiare ed agevolare la creazione anche di organismi privati di
autocontrollo o di monitoraggio destinati a collaborare con l'autorità
pubblica.
Ma, fatte queste premesse, sarebbe anche troppo
ovvio sottolineare come il principio liberale, espresso dalla Carta nelle
disposizioni costituzionali richiamate, debba, a sua volta, costituire parametro
di "validazione" di eventuali discipline alle quali si ritenesse di
porre mano. In altri termini, ciò che, comunque, va ribadito con riferimento
alle libertà costituzionali il cui esercizio risulta agevolato dalla Rete è
che il loro statuto di garanzia non può soffrire eccezioni o attenuazioni per
effetto della nuova tecnologia telematica, conseguendone che limitazioni di
natura preventiva saranno percorribili (quando non anche verosimilmente
doverose) nel solo campo attinente al buon costume e con particolare riferimento
alla tutela dei minori. Laddove tuttavia le particolari modalità dell'accesso
alla Rete sembrano far sì che le cautele si riducano essenzialmente all'obbligo
di apposizione all'ingresso dei siti di segnali idonei ad attivare eventuali
dispositivi di filtraggio, così da subordinare il prosieguo della
"navigazione" alla manifestazione di una volontà espressamente
manifestata a seguito di un'informazione tempestiva e veritiera.
Ma, in attesa di calibrate iniziative
legislative, sembra comunque opportuno ricordare come in altri ordinamenti di
comune matrice costituzionale i problemi in parola abbiano già ricevuto qualche
risposta, non apparendo nemmeno casuale che tali risposte siano state fornite
proprio in sede di scrutinio di costituzionalità. Ci si riferisce,
particolarmente a due decisioni, di cui la prima è senz'altro la più nota: si
tratta, infatti, della decisione adottata l'11 giugno 1996 da una Corte
distrettuale dello Stato della Pennsilvania (si ricordi il carattere diffuso del
sindacato di costituzionalità nell'ordinamento statunitense).
La decisione, che non si è esitato a definire "an extremely important
victory for free speech in cyberspace", si è in realtà limitata a
rendere inapplicabili quelle disposizioni del Communication Decency Act,
che avevano l'effetto di impedire la diffusione in Rete del materiale definito indecent
o patently offensive, pur non intendendo, come riconosce la stessa
pronuncia, "deprive the Governmenet of all means of protecting children
from pornography on the Internet through vigorous enforcement of exixting laws
criminalizing obscenity and child pornography". In questo senso, la
medesima decisione (che è stata successivamente appellata dal Governo Clinton
davanti alla Corte Suprema) presenta interesse non tanto per i suoi esiti
concreti (ammettendo riserve non praticate negli identici termini nel milieu
giuridico europeo), quanto invece per le argomentazioni utilizzate, da un lato,
per la ricostruzione della Rete come strumento asservito alla libertà di
manifestazione del pensiero garantita dal Primo Emendamento alla Costituzione
statunitense, e, dall'altro, per l'identificazione di una specificità del mezzo
tale da rendere irrazionale ogni automatica estensione ad esso di
regolamentazioni pensate per altri media.
Particolarmente rilevante, in questo quadro, è l'affermazione per cui "The
Internet is a fair more speech-enhancing medium than print, the village green,
or the mails. Because it would necessarily affect the Internet itself, the C(ommunication)
D(ecency) A(ct) would necessarily reduce the speech available for adults on the
medium. That is a constitutionally intolerable result" , ma ancora che
" the Internet may fairly be regarded as a never-ending worldwide
conversation. The Government may not, through the CDA, interrupt that
conversation. As the most participatory form of mass speech yet developed, the
Internet deserves the highest protection from governmental intrusion".
Sulla base poi delle caratteristiche della Rete, constatato che "The
contents of the data was before the CDA, an irrelevant consideration",
mentre "After the CDA (...), the content of a user's speech will
determine the extent of participation in the new medium", la Corte
nordamericana, richiamando a proprio conforto autorevoli precedenti tratti dalla
giurisprudenza della Corte Suprema, perviene alla conclusione che, se lo scopo
del Primo Emendamento è la "individual dignity and choice" that
arises from "putting the decision as to what views shall be voiced largely
into the hands of each of us", then we should be especially vigilant in
preventing content-based regulation of a medium that every minute allows
individual citizens actually to make those decisions. Any content-based
regulation of Internet, non matter how benign the purpose, could burn the global
village to roast the pig".
Permeata invece delle logiche del
costituzionalismo europeo continentale risulta la seconda delle decisioni dianzi
menzionate, provenendo infatti dal Conseil constitutionnel, del quale
pare superfluo ricordare il ruolo nella giustizia costituzionale francese,
spettandogli, in riferimento alle leggi ordinarie, il monopolio del controllo di
legittimità su ricorso di determinati organi o soggetti di rilievo
costituzionale.
Nella specie, il sindacato sull'art. 15, oltre che sugli artt. 6 e 8, della cd. loi
Fillon, modificativa della legge n. 80-1067 del 30 settembre 1986, relativa
alla libertà di comunicazione, era stato sollecitato, anche sull'onda di
vibrate proteste levatesi soprattutto dalle associazioni dei providers,
da 60 componenti del gruppo parlamentare socialista del Senato. Più
precisamente, la disciplina impugnata, oltre a prescrivere ai fornitori di
connessione di proporre ai propri clienti l'installazione di strumenti idonei a
limitare l'accesso a determinati siti o ad effettuare scelte consapevoli (parte,
questa, non ritenuta costituzionalmente censurabile dal Conseil
constitutionnel), istituiva presso il Conseil supérieur de l'audiovisuel
(CSA) , uno speciale Comité supérieur de la télématique
incaricato sia di elaborare raccomandazioni (da sottoporre alla definitiva
approvazione del CSA), destinate ad assicurare il rispetto delle regole
deontologiche da parte dei fornitori di accesso, sia di esprimere pareri in
ordine a tale effettivo rispetto, sia di rendere infine pubblici gli eventuali
pareri negativi mediante la loro pubblicazione sul Journal Officiel.
Uno speciale obbligo di rapporto al Procuratore della Repubblica incombeva
inoltre al Presidente del CSA in caso di fatti ritenuti rilevanti sul
piano penale, mentre la predetta pubblicazione sul J.O. avrebbe potuto,
a sua volta, porre le premesse per l'affermazione della responsabilità
(peraltro esclusa per l'ordinario) dei providers in ordine ai reati
connessi con i dati veicolati in Rete.
Con la decisione n. 96-378 DC del 23 luglio 1996,
il Conseil constitutionnel ha tuttavia annullato il complessivo sistema
incentrato sull'esistenza e sulle competenze del predetto Comité,
rinvenendovi (coerentemente con una sua consolidata giurisprudenza) un caso
evidente d'incompetenza negativa, vale a dire di rinuncia o di omissione da
parte del legislatore a fissare direttamente i principi nel cui solo ambito
l'autorità amministrativa avrebbe potuto determinarsi per l'elaborazione delle
raccomandazioni ai fornitori di accesso.
La decisione, dunque, non meno della sentenza della Corte americana, risulta
gravitare nel campo d'interesse relativo al regime giuridico d'Internet.
Ed anche se il Conseil non perviene, per motivi di ordine
logico-processuale, a valutare la validità di una disciplina che tenta di porre
dei limiti, sia pure indiretti, alla commissione di illeciti sulla Rete, è
certamente indubitabile che essa non solo avalli la promozione legislativa del
ricorso a strumenti limitativi e/o selettivi dell'accesso (evidentemente
nell'interesse dei minori), ma soprattutto configuri come ovvia e naturale
l'idea di una disciplina generale dell'accesso ad Internet. Con l'unica
avvertenza, tuttavia, che, trattandosi "de la liberté de communication
(au législateur) revient de concilier, en l'état actuel des techniques et de
leur maŒtrise, l'exercice de cette liberté telle qu'elle résulte de l'article
11 de la Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen, avec, d'une part, les
contraintes techniques inhérentes aux moyens de communication concernés et, d'autre
part, le objectifs de valeur constitutionnelle que sont la sauveguarde de l'ordre
public, le respect de la liberté autrui et la préservation du caractère
pluraliste des courants d'expression socioculturels".
Comunque sia, le vicende appena richiamate,
mentre paiono confermare le difficolta di una riflessione che pretenda di avere
punti fermi di approdo, forniscono anche la sensazione di un quadro complessivo
in pieno movimento, al quale è auspicabile non resti estraneo il nostro Paese,
magari anche raccogliendo i suggerimenti che da tali vicende sembra possibile
trarre de iure condendo.
5. Segue: gli utenti e gli operatori
d'Internet
Ma, a questo punto, dovrebbe riuscire anche
evidente l'effetto di feed-back che il regime giuridico delle
situazioni soggettive implicate nell'accesso ad Internet può avere sul
più generale quadro delle modalità tecniche del suo utilizzo, a partire dalla
circostanza per cui il servizio si realizza attualmente (e continuerà a
realizzarsi ancora per qualche tempo) prevalentemente sulla rete telefonica. In
altri termini, nel momento in cui l'esclusivo rapporto biunivoco tra telefonia e
comunicazione interpersonale viene a cessare a causa dell'asservimento del mezzo
anche alle finalità di cui all'art. 21 Cost., ancor più costituzionalmente
dubbio rischierebbe di apparire un qualsiasi regime di privativa sul mezzo
stesso, così come del tutto incongruo si appaleserebbe il suo completo
abbandono alle logiche del mercato, per le quali (nemmeno in una situazione di
risorse non limitate) sarebbe lecito attendersi una coincidenza con le logiche
di fruizione indiscriminata dei mezzi sottesa all'art. 21.
Quanto appena accennato comporta dunque che si
ritorni ancora, al termine di queste osservazioni sugli aspetti evolutivi d'Internet,
ad accennare al ruolo dei diversi soggetti coinvolti nella gestione e nel
funzionamento della Rete, da identificarsi appunto principalmente negli
esercenti delle reti telecomunicative, attraverso le quali si realizzano le
connessioni tra le reti e la distribuzione dei dati veicolati dalle reti stesse,
e quindi nei fornitori d'accesso (providers) che, nella maggior parte
dei casi, funzionano da interfaccia tra gli esercenti delle reti e gli utenti
finali. Ma, mentre per la prima categoria di soggetti, la situazione risulta
già in una fase piuttosto avanzata, sia per effetto della normativa comunitaria
che, è, com'è noto, ormai orientata verso un regime di completa
liberalizzazione, sia per l'avvio in sede parlamentare di una complessiva
riforma del sistema delle telecomunicazioni, per quanto riguarda, invece, la
seconda categoria, vale a dire, i fornitori di accesso, rileva finora la sola
disciplina recata dal d. lgs. 17 marzo 1995, n. 103, emanato in attuazione della
direttiva 90/388/CEE, dalla quale potrebbero pertanto derivare ai providers
responsabilità unicamente in ordine al rispetto degli obblighi correlati al
rilascio dell'autorizzazione dall'art. 3, 4ø comma, del medesimo d. lgs. (ma si
veda altresì il d.p.r. 4 settembre 1995, n. 420, recante la normativa
regolamentare di esecuzione).
Potrebbe invece assumerebbe connotazioni prettamente penalistiche l'attribuzione
ai providers di un qualche tipo di responsabilità per i contenuti
veicolati dalle connessioni rese possibili dai servers amministrati. Si tratta,
tuttavia, come si è già avuto modo di sottolineare, di un profilo di estrema
delicatezza, che se può trovare una qualche giustificazione per i contenuti dei
servizi direttamente resi dai providers, darebbe luogo a fondate perplessità di
ordine costituzionale se agganciato ad una sorta di responsabilità in
vigilando per i contenuti illeciti semplicemente transitati attraverso il server.
Infatti, al di là della questione circa l'effettività esigibilità di un
monitoraggio senza soste su tutte le connessioni effettuate, non potrebbe
sfuggire il fatto che i providers, onde sfuggire ad un'eventuale
responsabilità. dovrebbe esercitare una vera e propria opera di filtraggio dei
contenuti al fine di censurare quelli ritenuti illegali.
In questo stesso ordine di idee, una
considerazione speciale sembra meritare piuttosto la figura dei cd. sysops,
vale a dire quei particolari utilizzatori della Rete che assumono la veste di
gestori delle informazioni e dei messaggi convogliati nelle bacheche
elettroniche delle cd. B.B.S. (Bulletin board systems), dato
che il loro ruolo li mette, per così dire, istituzionalmente in grado di
controllarne i contenuti e di conoscere quale genere di traffico si svolge
nell'ambito delle loro reti. Ma anche qui l'affermazione di un regime di
responsabilità, sia pure a titolo di culpa in vigilando (e fatti salvi
i casi di vero e proprio concorso nel reato) sembrerebbe non poter comunque
attingere ad un livello più alto di quello già previsto per i responsabili
delle testate radiotelevisive e presupporre comunque assodata la liceità
dell'interferenza nel flusso dei messaggi altrimenti assistiti dalla garanzia
della riservatezza.
Anche per questi aspetti, dunque, assai opportuno
si paleserebbe un intervento chiarificatore del legislatore, reso tanto più
urgente dal rischio di un sempre più frequente e disorganico afflusso di
pronunce giurisprudenziali. Senza pregiudizio che venga, per altro verso, anche
accolto l'invito rivolto ai Governi e ai Parlamenti dal Consiglio d'Europa per
la formulazione di codici deontologici indirizzati non solo a providers
e sysops, ma a tutti gli operatori comunque interessati
all'allestimento e all'utilizzo delle cd. autostrade dell'informazione.
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