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Internet e stampa |
Incognite e prospettive dei nuovi media - Il futuro del
quotidiano di carta
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di Sergio Dall'Omo* - 27.05.96
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Sociologi ed esperti di marketing
puntano il dito su almeno una decina di cause che stanno alla base della
costante e inarrestabile emorragia della vendita dei giornali quotidiani e che
inducono l'erosione delle possibilità di sviluppo del settore della stampa
quotidiana su carta.
Questi studiosi snocciolano come un rosario argomenti come la concorrenza
dell'informazione radio-televisiva, la scarsa qualità dei giornali,
l'omologazione delle notizie, la scarsità di punti di vendita, ecc.
La crisi dei giornali cartacei - ma non è per noi una consolazione - è un
fenomeno che interessa l'intero pianeta: l'Italia come la Germania, il Brasile
come gli Stati Uniti. Tant'è che oggi assistiamo al fenomeno dei "gadget
con giornale", che riesce in parte a frenare, a costi però altissimi, la
perdita di copie.
Quando al quotidiano si allegano videocassette, compact disc, oggettini, o
magazines in carta patinata, il riscontro in edicola ritorna positivo. Ma è
tutto effimero. Non sono cioè lettori nuovi guadagnati.
E ci si ritrova daccapo, il giorno dopo.
Ecco che è urgente capire quali nuove strade abbiamo davanti, se ne abbiamo,
per modificare il nostro modo di lavorare, di essere giornalisti, di gestire
l'informazione, di fare il giornale.
Quindici anni fa la tecnologia che ci permetteva di fare il nostro lavoro ha
cominciato a cambiare. Nella tipografia sono scomparse improvvisamente
professionalità e tecniche -sostanzialmente invariate dai tempi di Gutemberg- e
nelle redazioni hanno fatto la loro comparsa i computer e i sistemi informatici
editoriali. Un poco alla volta il lavoro del giornalista, dalla redazione
dell'articolo e dei titoli al menabò, è diventato digitale e le montagne di
fogli e foglietti di carta e le macchine da scrivere sono diventati un ricordo.
Adesso è tutto dentro al computer: le agenzie arrivano al computer, gli
articoli dei collaboratori arrivano via modem, insieme alle fotografie e ai
menabò. E il lavoro della redazione va direttamente a finire, senza più alcuna
lavorazione, sulle pellicole esecutive che alimentano le matrici per la
rotativa.
Computer e reti, dunque. E telematica. Basta un piccolo computer portatile
dotato di modem collegato a un telefono cellulare e il giornalista è come se
fosse al suo tavolo nella redazione, dovunque sia. Non solo, il collega della
redazione di Udine ha sul suo monitor le stesse capacità di interagire col
sistema informatico editoriale e di gestione delle informazioni del collega di
Padova o della redazione centrale, ma il luogo dove lavora, per quanto riguarda
il lavoro di scrittura e di pura e semplice redazione, è diventato praticamente
indifferente. Elementarmente semplice.
Poi, due anni fa è cominciato il boom dell'Internet, battezzata iperbolicamente
"la madre di tutte le reti" o "l'autostrada elettronica".
Inizialmente questa rete di reti che ormai avvolge il globo era un oggetto
misterioso che suscitava per lo più diffidenza. Soprattutto era difficile
capire, allora, che ruolo avrebbe avuto nei confronti della stampa quotidiana
tradizionale: la integrava o si poneva come una nuova, minacciosa alternativa?
E' vero che abbiamo avuto sotto gli occhi le esperienze del San Josè Mercury
News di Silicon Valley, negli Stati Uniti, e del britannico Daily Telegraph, che
hanno tra i primi hanno lanciato - erano gli inizi del 1994 - la loro versione
ipertestuale nella rete. Ci si collegava col computer ad Internet e compariva
una schermata con i titoli, gli argomenti, le date di edizione; si cliccava col
mouse su un titolo e compariva l'articolo. Si cercava nei numeri arretrati o
nell'archivio la notizia richies ta scrivendo solo una parola, Clinton, Aids,
cinema, ecc. E in pochi secondi avevamo l'informazione.
Abbiamo pure visto l'entusiasmo di Nicola Grauso, editore dell'Unione Sarda, che
si è lanciato nell'operazione Video On Line dopo aver tenuto il suo giornale,
l'unico italiano, su Internet in consultazione gratuita.
Abbiamo anche assistito, a dire il vero un po' scettici, all'operosità di
Giovanni Giovannini, presidente della Federazione Italiana editori giornali, che
nei nuovi strumenti tecnologici ha creduto tra i primi in Europa, tanto da
fondare un mensile "Media 2000" che si occupa solo di questi.
Siamo dunque a chiederci se la carta avrà un futuro, se il pensiero ponderato
debba necessariamente lasciare il passo a un'informazione sempre più flash,
effimera ma in tempo reale. Se il giornalista-mediatore debba morire per lasciar
spazio all'informatore telematico o al giornale-fai-da-te del lettore che usa
l'Internet.
Bisogna dunque parlare di medialità. McLuhan diceva "the medium is the
message", il medium è il messaggio. Egli dava un valore aggiunto
all'informazione, e questo derivava dal mezzo, quotidiano, settimanale, mensile;
oppure radio, televisione, cinema, nelle varie modalità
"linguistiche" del mezzo.
L'Internet e tutte le nuove tecnologie digitali - e molte che intravediamo
devono ancora essere pensate - sono nuove medialità, hanno dunque un loro modo
di essere, un loro linguaggio, una loro filosofia.
Per certo sono medialità differenti, e possono porsi ad integrazione o in
alternativa alle altre esistenti. Se come sta accadendo, tra poco avremo a casa
un nuovo elettrodomestico il "network computer", che farà convergere
in un unico apparecchio le tecnologie di televisione, telefono, computer,
videoregistratore, radio, chiunque potrà ricevere insieme a Canale 5, RaiTre e
la CNN, la posta elettronica, le banche dati, i depliant digitali di Internet, i
giornali, ecc. Con in più la possibilità di interagire, di non essere più un
soggetto "passivamente fruente", ma "cittadino" elettronico
attivo nella società.
Nei prossimi anni la carta non morirà, e non morirà il nostro mestiere
soprattutto se sapremo ricordare la lezione fondamentale che ci avevano dato
quelli che ci hanno insegnato a fare i giornalisti e che ci ricorda proprio
adesso anche l'Internet: il giornalismo è una professione altamente
"etica". Esistiamo solo se riusciamo ad avere un ruolo etico nella
società: da sola l'informazione non basta, non è vero che sia solo un "survival
kit", un kit di sopravvivenza.
E' cultura, è tempo libero, è voglia di essere e di crescere. E' soprattutto
dialogo.
Lo dico come autocritica della categoria: spesso ce ne stiamo nella nostra torre
d'avorio e ascoltiamo poco la gente. Questa è una pessima abitudine e non
stento a credere che sia tra le cause del declino della stampa quotidiana.
Quanto alle tecnologie, per certo il modo di fare informazione è destinato a
cambiare. Ma a mio avviso assisteremo più ad una convergenza di uso di
medialità diverse da parte di uno stesso soggetto editoriale che a uno sviluppo
autonomo di editoria monomediale. L'editore di giornali o di televisione, cioè,
sarà portato a diversificare l'offerta del suo prodotto utilizzando medialità
diverse. I giornalisti dovranno imparare sempre meglio i "linguaggi"
delle varie medialità, come oggi avviene tra carta stampata, radio e
televisione.
Per concludere, l'informazione digitale -sia essa telematica o su supporti
informatici- non può essere che un aspetto, significativo ma non esclusivo, del
lavoro di giornalisti ed editori. Dobbiamo essere rapidi nel cogliere
l'innovazione, nell'assecondare le domande della società, per far valere la
nostra professionalità "etica" usando al meglio i nuovi
"veicoli" informativi.
Ma non dobbiamo dimenticare il nostro ruolo. Senza giornalisti non si fa
editoria, né tradizionale, né elettronica. L'alternativa è lasciare la
società al caos digitale nel quale si sta trasformando il caos analogico
dell'attuale informazione.
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* New media & new techs senior editor,
IL GAZZETTINO
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