Ancora una volta l'internet in prima pagina a
caratteri cubitali, ancora una volta il sensazionalismo pernicioso
dell'informazione "generalista", ancora una volta notizie sbagliate, o
male interpretate, o gravemente incomplete. Il caso del worm "I LOVE
YOU" è l'ennesimo di una lunga serie, che va avanti da anni, e
dimostra ancora una volta l'impreparazione e la sotterranea avversione della
stampa e della TV nei confronti della Rete.
L'atteggiamento dell'informazione
tradizionale nei confronti dei nuovi media può sembrare un aspetto secondario
del cambiamento dei contenuti e dei modi di informare determinato dalla
diffusione dell'internet e di altri mezzi innovativi. Invece, a ben guardare,
può avere effetti determinanti in un mondo che si rivela ancora in buona parte
"analfabeta" nell'uso delle tecnologie.
Con questo articolo, e con altri che seguiranno nei prossimi numeri, InterLex
intende offrire una testimonianza forse non marginale al "Processo ai mass
media" che chiuderà il convegno La
democrazia nell'era della CNN,
organizzato dall'Università di Padova dal 25 al 27 maggio. |
I fatti, come riportati da giornali e
televisioni, sono così noti che non è neanche il caso di riassumerli. Vediamo
invece quali avrebbero dovuto essere le vere notizie.
1. Il 4 maggio si è diffuso in tutto il mondo un
messaggio e-mail con un attachment costituito da un virus, anzi un worm.
Si tratta di un programma che, un volta lanciato, si installa nel sistema
colpito e "cancella" programmi e documenti che presentano determinate
estensioni.
2. Se l'utente usa per la posta elettronica i programmi Microsoft Outlook
o Outlook Express, - e non se usa altri programmi - il worm
"si spedisce" automaticamente a tutti gli indirizzi della rubrica.
3. Una grande quantità di utenti inesperti ha aperto il programma, che in
questo modo ha potuto esplicare i suoi effetti
4. Tutti i maggiori produttori di antivirus hanno messo a punto in poche ore sia
le "definizioni" che riconoscono la "firma" del programma e
quindi lo identificano e permettono di eliminarlo in tempo, sia le procedure per
il ripristino dei file danneggiati. Nel sistema di un singolo utente, la
riparazione dei danni è questione di minuti.
Fine dell'informazione, ora passiamo ai commenti.
Il worm si è diffuso su così vasta scala e con tanta velocità
per due motivi. Il primo è che la grande massa degli utenti dell'internet è
costituita da persone che non hanno alcuna conoscenza dei pericoli che si
corrono lanciando programmi di provenienza sconosciuta. Si tratta di un aspetto
significativo del cosiddetto analfabetismo tecnologico, che evidentemente non è
proprio solo del nostro Paese.
Ma se questa incoscienza, o noncuranza, è giustificabile in singoli individui,
è inaccettabile negli amministratori di grandi sistemi, che dovrebbero
informare e formare gli utenti delle reti interne su questi rischi, dettare
norme di sicurezza e accertarsi periodicamente che siano rispettate. Il fatto
che siano stati colpiti i sistemi informativi di grandi enti pubblici, persino -
sembra - della CIA e di altri organismi che dovrebbero occuparsi di sicurezza,
significa che non sono state adottate efficaci misure preventive e che l'allarme
interno non è stato lanciato tempestivamente.
Dunque la prima responsabilità delle
"catastrofi" riportate dai mezzi di informazione ricade su chi avrebbe
il compito di prevenire gli eventi dannosi. Tutto questo ci riporta alla
opportunità di misure di sicurezza obbligatorie nei sistemi che contengono dati
o applicazioni critiche e alle assurdità della normativa italiana, delle quali
abbiamo più volte discusso in queste pagine (vedi Misure
minime di sicurezza: per adesso non cambia nulla e gli altri articoli citati
nella stessa pagina).
Il secondo motivo della vasta e rapida diffusione
del worm è che una grande quantità di utenti, forse la maggioranza
degli utenti dell'internet in tutto il mondo, si serve delle applicazioni
Microsoft per la posta elettronica. Non per una scelta consapevole: questi
programmi sono "incorporati" gratis in Windows e solo gli utilizzatori
più esperti o più avvertiti li disattivano e installano programmi diversi,
come il client del Communicator di Netscape, o Pegasus Mail,
oppure The Bat! o Eudora. Le rubriche degli indirizzi di questi
programmi non sono catturate dai worm ricevuti via e-mail e quindi non
contribuiscono alla loro diffusione (vedi altre notizie e link su Punto
Informatico).
Dunque alla lista dei responsabili dei disastri
devono essere aggiunti i programmatori di Microsoft, che non si preoccupano
abbastanza della sicurezza delle applicazioni. E si devono aggiungere anche gli
strateghi tecnico-commerciali di Bill Gates, che escogitano ogni trucco per
incatenare gli utenti alle applicazioni incorporate in Windows: Outlook e
Outlook Express danno il modo di importare i dati da altre applicazioni,
magari obsolete, favorendo in questo modo la "immigrazione" degli
utenti. Ma non offrono gli strumenti per "emigrare", cioè per passare
dai programmi Microsoft a quelli della concorrenza, nel momento il cui
l'utilizzatore si accorge che esistono applicazioni migliori o semplicemente
più sicure.
Questa è la nuda realtà dei fatti, che i mezzi di informazione non riportano,
forse in considerazione delle dimensioni degli investimenti pubblicitari della
casa di Redmond.
Attribuire a tre giovane incoscienti di Manila e
alla vulnerabilità della società interconnessa tutta la colpa dell'accaduto è
fare falsa informazione. Sorvolare sugli aspetti "commerciali" del
problema è fare informazione tendenziosa, quasi una pubblicità occulta.
Giornali e televisioni hanno dedicato spazi significativi a cronache tra il
drammatico e catastrofico sul "virus dell'amore". Ma in nessun
servizio sono state date a chiare lettere le tre informazioni fondamentali su
questo argomento:
1. che non si devono accettare "caramelle dagli sconosciuti", cioè
lanciare programmi alla cieca, anche se sembrano spediti da qualcuno che si
conosce;
2. che la diffusione su vasta scala di questo tipo di programmi dipende
esclusivamente dalla debolezza strutturale dei programmi di posta elettronica
che Microsoft impone "di default" alla maggior parte dei
suoi utenti, cioè a tutti quelli che non hanno le conoscenze indispensabili per
capire questi problemi e agire di conseguenza, procurandosi programmi più
sicuri e magari più efficienti.
3. che esistono i programmi antivirus, che non costano molto, e che i danni
prodotti da un virus si possono quasi sempre riparare al cento per cento.
Si potrebbe aggiungere una serie di
"perle", raccolte soprattutto nei servizi televisivi, tipo "il
virus colpisce aprendo l'e-mail", ma a questo punto ogni ulteriore commento
diventa superfluo.
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