13 maggio 2009
"Sono i tribunali ad essere fuorilegge, è
Lei ad essere male informato, o sono più semplicemente io illuso di capirci qualcosa dei miei diritti e
dei miei doveri?". Così si chiude la
segnalazione di un lettore - l'ennesima - che ha
chiesto al tribunale la registrazione di una testata
telematica. E si è visto imporre la produzione di
informazioni e certificati che la legge non prevede. Per capire i termini della questione, vediamo
ancora una volta che cosa dice la legge in vigore, la
47 dell'8 febbraio 1948:
Art. 2 - (Indicazioni obbligatorie sugli stampati)
Ogni stampato deve indicare il luogo e l'anno della pubblicazione, nonché il
nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore.
I giornali, le pubblicazioni delle agenzie d'informazioni e i periodici di
qualsiasi altro genere devono recare la indicazione:
del luogo e della data della pubblicazione;
del nome e del domicilio dello stampatore;
del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile.
All'identità delle indicazioni, obbligatorie e non obbligatorie, che
contrassegnano gli stampati, deve corrispondere identità di contenuto in tutti
gli esemplari.
Si nota subito l'impossibilità di applicare
l'ultimo periodo alle pubblicazioni telematiche: non
può esserci una "identità di contenuto in tutti
gli esemplari", perché ogni lettore
"costruisce" il proprio esemplare,
scegliendo tra le pagine presenti sul server. Anche
pubblicate in tempi diversi. In molti casi le pagine
stesse sono sempre differenti, perché generate
automaticamente attraverso la combinazione di contenuti che
possono cambiare. Andiamo avanti:
Art. 5 - (Registrazione)
Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato
registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi.
Per la registrazione occorre che siano depositati nella cancelleria:
1) una dichiarazione, con le firme autenticate del proprietario e del direttore
o vice direttore responsabile, dalla quale risultino il nome e il domicilio di
essi e della persona che esercita l'impresa giornalistica, se questa è diversa
dal proprietario, nonché il titolo e la natura della pubblicazione;
2) i documenti comprovanti il possesso dei requisiti indicati negli artt. 3 e 4;
3) un documento da cui risulti l'iscrizione nell'albo dei giornalisti, nei casi
in cui questa sia richiesta dalle leggi sull'ordinamento professionale;
4) copia dell'atto di costituzione o dello statuto, se proprietario è una
persona giuridica.
Il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato, verificata la
regolarità dei documenti presentati, ordina, entro quindici giorni,
l'iscrizione del giornale o periodico in apposito registro tenuto dalla
cancelleria.
Il registro è pubblico.
Dunque la legge prescrive tassativamente i
documenti che devono essere presentati per ottenere la
registrazione. Non ci sono margini di discrezionalità
per il magistrato, che è tenuto solo a verificare
"la regolarità dei documenti presentati".
Vediamo ora le istruzioni distribuite dal tribunale di
Milano, simili a quelle di altri tribunali:
Tecnica di diffusione:
Per la stampa indicare il nome e l'indirizzo della
tipografia
Per il giornale radio indicare il nome della stazione
emittente, la frequenza e l'indirizzo.
Per il telegiornale indicare il canale, il nome
dell'emittente, la sede e gli studi da cui si
trasmette;
Per il periodico telematico: allegare il contratto con
il service provider, indicare il nome e l'indirizzo
del service provider, gli estremi del decreto di
autorizzazione del Ministero delle Comunicazioni e
l'indirizzo web della pubblicazione telematica.
Nulla da dire per la stampa: il nome e l'indirizzo
della tipografia (stampatore) sono tra le indicazioni
obbligatorie contenute nell'art. 2 della legge del
1948. Il problema è che i quotidiani nazionali sono
stampati contemporaneamente da diverse tipografie, per
facilitare la distribuzione in regioni distanti. Sembra logico che si debbano indicare le diverse
tipografie, che in ogni caso sono poche.
Invece per i giornali radio e i telegiornali
l'estensione per analogia
"emittente=stampatore" comporta qualche
problema. Infatti per "stazione emittente"
si intende la struttura fisica dalla quale sono
diffusi i segnali radioelettrici. Per un'emittente
televisiva nazionale sono molte centinaia, con
frequenze diverse a seconda del bacino di copertura.
La questione si complica ancora di più quando si
passa ai periodici telematici. E' opinione comune che
il provider che fornisce l'hosting sia
equivalente alla tipografia. In realtà le due figure svolgono compiti del tutto diversi: il
tipografo produce un grande numero di
esemplari identici partendo da una matrice stabile, mentre il provider mette a
disposizione uno spazio su un server al quale chiunque
può accedere per acquisire ciò che gli interessa. Il
provider potrebbe essere assimilato, con molta
approssimazione, al distributore degli stampati. Ma la
legge non prende in considerazione questa figura.
Infine, anche se si accetta l'assimilazione tra
provider e tipografo, resta il fatto che la legge non
impone di indicare gli estremi della licenza di
quest'ultimo, e addirittura di produrla. Senza
considerare che chiunque può tenere in casa un server
dal quale mettere a disposizione il periodico
telematico. E per questo non occorre alcuna
autorizzazione. Ma neanche il provider è tenuto ad
avere un'autorizzazione, se non fornisce servizi di
connettività. Lo si ricava dal combinato disposto
degli articoli 1, comma 1, gg) e 25 del codice delle
comunicazioni elettroniche (DLGV 1° agosto
2003, n. 259).
In conclusione: a) la normativa in vigore per le
comunicazioni elettroniche non prevede
un'autorizzazione per distribuire un periodico
telematico; b) la legge sulla stampa non prevede la
presentazione di documenti oltre a quelli
tassativamente elencati dall'art. 5.
La richiesta dei tribunali appare dunque illogica e
probabilmente illegittima. Sarebbe utile se un giudice delegato alla
sezione stampa di un tribunale ci desse qualche
spiegazione sui motivi e sulle basi giuridiche della
richiesta. Grazie. |