Esiste o esisteva davvero in viale Mazzini una "Struttura
Delta" incaricata di condizionare l'opinione
pubblica e controllare tutta l'informazione? L'inchiesta
di Repubblica e L'Espresso approfondisce una serie
di fatti in buona parte già noti, che messi insieme
disegnano una "fabbrica del consenso"
inconcepibile in una democrazia. Colpisce soprattutto il
fatto che alti dirigenti della Rai, pagati dalla Rai,
lavorassero per la concorrenza. Qualcuno è ancora in
servizio?
Le critiche sul servizio pubblico hanno come primo
bersaglio la qualità dell'informazione. Con risvolti
surreali, come il battibecco pubblico dei giorni
scorsi tra il presidente Paolo Garimberti e il direttore
del TG1 Augusto Minzolini. Che si accusavano a vicenda
di non saper fare il proprio mestiere. Deprimente.
Ma i problemi del servizio pubblico radiotelevisivo
non sono solo quelli della qualità dell'informazione.
Le cronache recenti, con l'allontanamento di Santoro e i
problemi degli altri programmi "non
allineati", mostrano una Rai che perde ascolti,
più di quanto sia oggi normale per la televisione
generalista a causa dell'avanzata dei media digitali. Sembra
che lo faccia apposta. Sembra, è il caso di ripeterlo,
che si continui a perseguire il programma della P2 di
"dissolvere la Rai".
Ma allora, diceva il famoso scritto di
Licio Gelli, si doveva agire "in nome della
libertà di antenna". Oggi questa scusa non c'è
più e la Rai deve essere "dissolta" nel nome
di Berlusconi, del consenso sul suo potere e della forza
delle sue televisioni.
Però è ormai evidente che il potere diretto del
signore delle televisioni si avvicina al capolinea.
Mancano meno di due anni, nel caso in cui la legislatura
arrivi alla sua naturale scadenza. Forse ancora meno. In ogni
caso, una data abbastanza vicina da rendere attuale la
domanda "e dopo che si fa"?
Perché un dato è chiaro: il servizio pubblico non può
essere cancellato. Deve essere ridefinito e riformato. E
deve essere sottratto al controllo invasivo della
politica.
Se lo chiede - naturalmente - il primo partito
dell'opposizione. Nel PD è attivo il Forum
per la riforma del sistema radiotelevisivo,
presieduto da Carlo Rognoni (già componente del CDA
della Rai). Il Forum ha raccolto in un volume gli atti
dei seminari che si sono svolti nell'ottobre del 2010 e
nello scorso febbraio. Una serie di interventi
significativi, con analisi e proposte che Rognoni
riassume nell'intervento conclusivo, con un'apertura
alla discussione in rete.
Gli stessi temi, e in buona parte gli stessi accenti,
hanno caratterizzato la tavola rotonda organizzata l'8
luglio scorso da Infocivica
sul tema Una testata giornalistica unica per la Rai?
Una domanda a prima vista bizzarra, perché la prima
immagine che viene in mente per la Rai di oggi è un TG
unificato sotto la direzione di Minzolini...
I relatori non si sono lasciati ingannare dal titolo
e hanno inteso il tema come provocazione per discutere
della futura riorganizzazione del servizio pubblico (sul
sito di Infocivica
si possono leggere alcuni degli interventi, mentre su Ustream
si trovano audio e video). Le conclusione sono in buona
parte vicine a quelle del Forum del PD (lo stesso
Rognoni ha partecipato alla tavola rotonda, insieme al
consigliere in carica Angelo Maria Petroni).
In estrema sintesi: sottrarre la Rai all'influenza
dei partiti, ridisegnare i confini e i compiti del
servizio pubblico nell'era "crossmediale";
separare le attività di servizio pubblico, finanziate
esclusivamente dal canone, da quelle commerciali;
guardare al modello della BBC per capire come si possa
realizzare un servizio pubblico il più possibile
indipendente e neutrale.
"No, non è la BBC. Questa è la Rai, la Rai
tivì" diceva un ritornello di tanti anni fa. Ma il
primo punto che dovremmo copiare dalla televisione
britannica è la discussione pubblica che precede, ogni
dieci anni, il rinnovo del Royal Charter.
Ora si può dire che con il Forum del PD e la tavola
rotonda di Infocivica si è aperto il cantiere che
dovrà costruire il nuovo servizio pubblico, non più
solo "radiotelevisivo", ma
"reticolare".
L'obiettivo che tutti sembrano condividere è nello
slogan "giù le mani dei partiti dalla Rai".
Ma quando lo dicono - da decenni - gli stessi partiti,
è lecito dubitare delle loro intenzioni. Per questo è
importante che si apra una discussione pubblica più
ampia possibile. Anche queste pagine sono uno spazio
aperto a chiunque voglia intervenire.
Post scriptum. Queste note sono
scritte in conflitto di interessi, perché l'8 luglio
sono stato eletto nel consiglio direttivo di Infocivica.
Ne tenga conto il lettore.
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