«...enti e società, compresa la Rai, dove la logica della trasparenza, del merito, dell'indipendenza dalla politica non è
garantita. La Rai è un esempio eclatante di enti e società che vanno rivisti».
Così il Presidente del consiglio, lunedì scorso,
parlando di tasse e di tagli.Mario Monti ci riprova. All'inizio dell'anno, ospite
di Che tempo che fa, aveva detto a Fabio Fazio:
«Mi dia qualche settimana e vedrà".
Di settimane ne sono passate molte e il consiglio di
amministrazione è giunto al termine del mandato. E'
tempo di eleggere il nuovo. Il problema, naturalmente, è quello dei nomi.
I primi due a salire alla ribalta delle cronache sono
stati Michele Santoro e Carlo Freccero.
Autocandidati rispettivamente come presidente e direttore generale
dell'azienda, in un ticket provocatorio. Ma fino a
un certo punto, perché Freccero ha tutti i numeri per e
una posizione di vertice. Il suo curriculum è di
assoluto rispetto.
L'iter per l'elezione dei nuovi consiglieri sta per incominciare. L'assemblea dei soci (Ministero del tesoro e
SIAE) è convocata venerdì prossimo per l'approvazione
del bilancio. L'adempimento segnerà formalmente la fine
del mandato del vecchio consiglio. La Commissione
parlamentare di indirizzo e vigilanza dovrà essere
convocata dal presidente Sergio Zavoli per eleggere
sette dei nove consiglieri previsti dalla legge Gasparri.
Gli altri due spettano all'azionista di maggioranza: uno
in rappresentanza dell'azionista stesso e uno indicato
come presidente (l'indicazione deve essere approvata
dalla Commissione con la maggioranza di due terzi).
Semplice? Niente affatto. Perché
"televisione" in Italia significa
"politica". Si ripete da anni che la politica
deve "fare un passo indietro" nel controllo
asfissiante dell'emittenza pubblica. Dovrebbe farlo
soprattutto quella parte della politica che controlla
anche quasi tutta l'emittenza privata. Ma ha già fatto
sapere che l'assetto attuale non si tocca. Ed è
prevedibile che frapponga ogni possibile intralcio al
cambiamento dello status quo ante.
Ante nel vero senso della parola, cioè
"prima" delle dimissioni del signore delle
televisioni da capo del governo. Che controllava e
controlla, grazie alla legge Gasparri, voluta da se
medesimo, il CDA e la dirigenza di viale Mazzini,
nominati da se medesimo. Eccetera eccetera.
Dall'altra parte, il principale partito dell'opposizione
di ante ripete che non parteciperà alla nomina
del nuovo CDA con le attuali regole.
Ma cambiare le regole, cioè la legge Gasparri, oggi
è impossibile. Il partito del signore delle televisioni
bloccherebbe qualsiasi tentativo. Qualcuno ipotizza che
il Governo possa cambiare le regole, portando da nove a
cinque il numero dei consiglieri. Non è chiaro come,
perché i nove consiglieri sono previsti proprio dalla
Gasparri.
Però il Governo può dare un segnale importante,
come ha ricordato Michele Santoro nel candidarsi
alla direzione generale: può nominare i due consiglieri
che gli competono, al di fuori della lottizzazione
politica. Può farlo, aggiungo, venerdì prossimo, nel
momento in cui l'attuale CDA terminerà il suo mandato.
Se lo facesse, se indicasse subito due nomi di
riconosciuta indipendenza e competenza, darebbe un
segnale importante.
Il discorso di lunedì potrebbe essere stato
un'anticipazione, una specie di enunciazione
programmatica. La Rai, come ha detto Monti, è un ente dove
non ci sono la logica della trasparenza e del merito. E l'indipendenza dalla politica
- garbato understatement - non è
garantita. Ora il Presidente del consiglio non deve fare altro che mettere in
pratica le sue affermazioni, per la parte che gli
compete.
La Commissione di vigilanza potrebbe seguire
l'esempio, anche perché al suo interno è venuta meno
la maggioranza del signore delle televisioni. Il Partito
democratico non potrebbe più tirarsi indietro, in una
situazione del tutto cambiata e aperta a una nuova fase:
un consiglio di amministrazione composto da persone non
dipendenti dai partiti e dove il signore delle
televisioni non avrà la maggioranza.
Sarebbe il primo passo per rimettere in carreggiata il
servizio pubblico pagato dai cittadini. Per una
sostanziale riforma dovremo aspettare la prossima
legislatura. Ma ora ci sono le condizioni per arrivare alle elezioni
politiche con un'informazione pubblica meno squilibrata,
anche se non indipendente dai partiti. Nel giro di pochi
giorni sapremo se è un sogno.
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