Programmi di approfondimento liberi per le TV private,
ancora sospesi per il servizio pubblico. Questa è la
conclusione del CDA della Rai, che ha deciso di non
decidere. Quindi ha confermato il bavaglio per Porta
a porta, Ballarò, Annozero e L'ultima
parola. A maggioranza (la maggioranza del signore
delle televisioni), ha dato mandato al direttore
generale Mauro Masi di "rappresentare" la
situazione alla Commissione di vigilanza. La stessa
Commissione che ha dettato le regole, già interpretate
nel modo più restrittivo dallo stesso CDA e sospese dal
TAR nella copia conforme scritta dall'AGCOM per le
emittenti private.
Comunque vada, a meno di due settimane dal voto, i
cittadini italiani restano privati di una parte
importante dell'informazione televisiva. Per avere
un'idea della gravità della situazione basta ricordare
alcuni dati.
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Secondo il Censis, tra il 70 e l'80 per cento dei
cittadini è informato e si forma le proprie
opinioni politiche dai telegiornali. Solo il 30 per
cento si dice influenzato dalle trasmissioni di
approfondimento (e non è poco). Eliminato
l'approfondimento, restano i TG. E sull'informazione dei
TG ci sono le tabelle
dell'AGCOM dal 28 febbraio al 6
marzo, che mostrano come la par condicio sia fatta a
pezzi dalla quasi totalità del sistema televisivo. A
tre settimane dalle elezioni.
Il sistema appare ormai blindato: non serve che i
presidenti della Commissione parlamentare e del CDA del
servizio pubblico si dissocino dalle decisioni prese
dagli organismi che presiedono. Non servono gli
autorevoli inviti degli stessi presidenti, Sergio Zavoli
e Paolo Garimberti. Non serve l'invito del presidente
dell'Autorità di garanzia, Calabrò. La maggioranza del
CDA ha il mandato di bloccare gli approfondimenti e lo
esegue puntualmente, secondo il dettato della
maggioranza della Commissione parlamentare. Alla quale
rimanda la patata bollente, in un penoso scaricabarile.
Nell'attesa di conoscere le - eventuali e comunque
tardive - decisioni della Commissione, è utile
ripercorrere le tappe di questa vicenda.
9 febbraio. La Commissione parlamentare per
l'indirizzo generale e la vigilanza sui servizi
radiotelevisivi emana il regolamento per le trasmissioni
della Rai nella campagna per le elezioni regionali.
Subito visto da più parti come una forma di censura,
difeso dalla maggioranza, criticato anche dal consiglio
di amministrazione dell'emittente pubblica e soprattutto
dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni. Che deve emanare un regolamento analogo
per le tv private.
Conseguenze deliranti: il 13 febbraio è stata cancellata
(e poi rinviata al 20) la puntata del programma A sua
immagine dedicata a Vittorio Bachelet, a trent'anni
dal suo assassinio per opera delle Brigate rosse.
Perché nella trasmissione c'era un intervista al figlio
Giovanni, deputato del PD...
24 febbraio. L'AGCOM vara il regolamento per le
emittenti private, replica di quello della Vigilanza per
la Rai. Fino alla elezioni sono soppresse le
trasmissioni di approfondimento. Sky, Telecom Italia
Media (La7) e Mediaset presentano ricorso al TAR, che
non avrà il tempo di deliberare nel merito prima delle
elezioni. Però Sky e Telecom avanzano anche la
richiesta di sospensiva. Non lo fa Mediaset:
evidentemente per l'azienda del Presidente del
consiglio non è urgente la ripresa delle trasmissioni
di approfondimento.
1. marzo. Il consiglio di amministrazione della Rai
applica il regolamento della Commissione nel modo più
restrittivo, sospendendo i programmi di approfondimento (Porta a
porta, Annozero, Ballarò, L'ultima
parola). Ma
le regole sono fatte così male che restano in vita In
mezz'ora, Parla con me, Che tempo che fa,
Le storie:
trasmissioni che non rientrano nella censura decretata dalla
Commissione di vigilanza, ma che
possono fare più "male" di quelle soppresse.
Anche se non ci sono i politici in video.
12 marzo. Il TAR accoglie la richiesta di sospensiva:
sulle tv private possono riprendere le trasmissioni di
approfondimento. Esultanza fuori luogo dei sostenitori
del Governo: il tribunale ammistrativo, dicono, ha promosso il regolamento
della Vigilanza per la Rai. E' falso, perché il TAR ha
detto semplicemente che non può intervenire su un atto
del Parlamento. La decisione è comunicata all'AGCOM,
che annulla le sue disposizioni precedenti e invita il
CDA della Rai a fare altrettanto, perché le regole per
il servizio pubblico e per le tv privare non possono
essere differenti.
13 marzo. Il CDA della Rai è convocato per le 12 di lunedì 15, per decidere il da farsi dopo la
sentenza del TAR e la ripresa dei talk-show sulle tv
private. Abbiamo visto come è andata a finire.
14 marzo. Sergio Zavoli, presidente della Commissione
di vigilanza che ha emanato il regolamento, auspica che
il CDA ripristini le trasmissioni oscurate. Ribatte
polemico Paolo Garimberti, presidente del CDA:"È
evidente che sono favorevole alla ripresa delle
trasmissioni di approfondimento, ma la commissione di
vigilanza avrebbe dovuto e potuto fare la sua parte:
convocarsi urgentemente, come ha fatto il CDA, per
modificare il regolamento applicativo della par condicio".
Tra una polemica e l'altra scoppia il caso delle
intercettazioni di Trani, dalle quali risulterebbero gli
interventi del capo del Governo per far tacere Santoro e
far... parlare Minzolini. Commentava Eugenio Scalfari su la
Repubblica di ieri: "È possibile che questi
comportamenti non configurino reati gravi, ma certo
raccontano una politica di sopraffazione indecente
contro il pluralismo e la libertà di stampa".
Resta il fatto che neanche le pressioni su un
commissario dell'Autorità di garanzia (sic!) sono
servite a far chiudere Annozero. Ed ecco allora
il regolamento della Vigilanza, puntualmente eseguito
dal CDA dell'ente pubblico. La decisione del TAR
dimostra come in uno stato democratico ci siano
anticorpi efficaci almeno contro le manifestazioni più
evidenti di quella grave malattia che si chiama censura.
Ma l'organismo è malato e non siamo i soli a
dirlo: giovedì 11 scorso, il giorno prima della
sospensiva del TAR, la Open Society Justice
Initiative, una fondazione del
finanziere e filantropo George Soros, ha adito la
Corte europea dei diritti umani contro il monopolio
televisivo di Berlusconi e in difesa di Europa7 (qui il
testo).
La data è una pura coincidenza. Ma non è una
coincidenza che un organismo internazionale indipendente
come la Open Society Justice Initiative sia
preoccupato per l'andazzo della libertà di informazione
in Italia.
Scalfari, nell'editoriale citato poco fa,
ricordava il film di George Clooney Good Night and
Good Luck, sulla storia di un'emittente televisiva
che negli anni '60 condusse una campagna contro il
senatore McCarthy (quello che, con l'accusa di
comunismo, colpiva giornalisti, uomini d'affari, docenti
universitari, una classe dirigente nel suo insieme).
Scrive Scalfari:
"Quella società televisiva, guidata da un
giornalista coraggioso, mise McCarthy sotto accusa, ne
documentò la faziosità e suscitò un tale movimento di
opinione pubblica che il Senato aprì un'indagine e
destituì McCarthy da tutti i suoi incarichi.
Sky l'ha rimesso in onda l'altro ieri ed ha fatto a mio
avviso un'ottima scelta: la sua attualità è
stupefacente.
Citerò le parole con le quali il protagonista conclude:
'La televisione è uno strumento che può e deve
contribuire a rendere le persone più consapevoli, più
responsabili e più libere. Se mancano questi
presupposti e questi obiettivi la televisione è
soltanto una scatola piena di fili elettrici e di
valvole'.
Aggiungo io: una scatola, ma a volte molto pericolosa se
qualcuno se ne impadronisce e la controlla a proprio uso
e consumo.
Good Night, and Good Luck".
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