La più strana campagna elettorale della nostra storia
si avvicina all'epilogo. Con risultati che appaiono
interessanti sotto molti aspetti, anche prima di
conoscere l'esito del voto. Per capire la situazione
dobbiamo ricostruire in breve fatti e antefatti, per la
parte che ci interessa.
L'obiettivo non nuovo del padrone delle televisioni e
capo del governo era di fermare Annozero. Un
nuovo "editto bulgaro", come quello del 2002,
non era possibile. Non hanno avuto effetto le pressioni
indebite su un componente dell'Autorità per le garanzie
nelle comunicazioni né sul direttore generale della
Rai, rivelate dalle intercettazioni. Ma, come prevede la
brutta legge sulla par condicio, la Commissione
parlamentare di vigilanza doveva dettare le regole per
le trasmissioni politiche nel periodo elettorale. E a
questo punto si è verificato un imprevisto.
Un componente della Commissione ha presentato una
proposta di regolamento che aveva lo scopo di assicurare
alla sua formazione, il Partito radicale, lo stesso
spazio dei partiti più grandi. Un testo confusionario,
sostanzialmente inapplicabile, non coerente con la
legge. Ma la maggioranza si è accorta che era perfetto
per ridurre al silenzio le trasmissioni più scomode e
lo ha fatto proprio, anche se presentato da un
rappresentante dell'opposizione. Il risultato, che
vediamo in questi giorni, è la censura. La prima vera
operazione di censura compiuta in Italia dopo la caduta
del fascismo.
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"Qui possiamo dire tutto quello che ci pare, per
fortuna". Parole di Enrico Mentana dal piccolo
video di Mentana condicio. Che cos'è Mentana
Condicio? E' un pezzo della nuova televisione, che
va "in onda" via Web dal sito del Corriere della
sera. Esiliato dallo schermo televisivo, uno dei
campioni del giornalismo italiano ricompare su quello
dei PC. Tutti i giorni. E non è solo.
Anche il censurato Giovanni Floris
è in onda: mentre scrivo è su Repubblica TV
(sul digitale terrestre e sul Web) e sta conducendo un
interessante discussione tra Eugenio Scalfari e
Pierluigi Battista. Lo abbiamo visto anche a Torino e a
L'Aquila, poi sarà a Cosenza. Sabato scorso era da
Fabio Fazio a Che tempo che fa.
L'altro illustre censurato, Michele Santoro non è da
meno: giovedì scorso era da Serena Dandini a Parla
con me, domani condurrà un grande talk-show da
Bologna. Potrà essere visto su molte televisioni
private, oltre che sul Web. E anche su un canale del
servizio pubblico, RaiNews24 (sempre che il CDA non
blocchi anche la cronaca di un evento che "fa
notizia").
Da una parte una bieca, ottusa censura. Dall'altra
qualche spazio di libertà su un canale pubblico, ma
soprattutto un'ondata mai vista prima di informazione e di approfondimento attraverso i
nuovi media. Che cosa sta succedendo?
Accade quello che da anni molti avevano previsto,
alcuni auspicato e altri temuto: l'informazione sta
cambiando. I mezzi "convergono". Il nuovo
avanza, il vecchio modo di comunicare incomincia a
mostrare la corda. E, soprattutto, si aprono vistose
crepe nell'edificio dell'informazione tradizionale,
quella su cui dettano legge la politica e i consigli di
amministrazione.
In questi giorni la televisione pubblica offre un
panorama surreale. Messi a tacere i programmi più
scomodi, i conduttori delle trasmissioni superstiti e i
loro ospiti appaiono ossessionati dalla par condicio.
"Attento, non si possono fare nomi di
politici". "Questo si può dire?".
"Se Ballarò tornerà in onda...".
Siamo alla farsa, in un desolante il gioco delle
parti. Prima la Commissione parlamentare emana un regolamento
che non risponde alla legge. Il CDA della Rai lo applica nel modo più restrittivo possibile,
chiudendo quattro trasmissioni. Nel frattempo l'Autorità di garanzia
osserva che il regolamento
della Vigilanza non va bene, che se viene esteso dal
servizio pubblico alle private ci saranno ricorsi. Ma -
dice - non si possono adottare norme diverse per i due
settori. Perciò copia il regolamento della Vigilanza.
Partono i ricorsi. Vinti. Allora, dice l'Autorità, il
CDA della Rai deve cambiare le regole che ha dato. Il
CDA chiede alla Commissione: che cosa dobbiamo fare? La
Commissione risponde che oramai si è fatto tardi... Il
CDA, ancora una volta, esegue gli ordini della politica.
La censura è confermata.
Ma non funziona. Perché la rivoluzione digitale ha
cambiato la tv: ora ci sono molte emittenti, come RepubblicaTV, che possono coprire i "buchi"
dell'informazione pubblica. E c'è l'internet, che sa
farsi anche televisione. Sono gli anticorpi che
combattono la devastante malattia della censura (forse è per questo che
in Italia il
"decreto Romani" cerca di ricondurre l'internet
alle regole della televisione, mentre la direttiva
europea - che si fa vista di recepire - dice il contrario).
Resta il fatto che il pubblico dei nuovi media, fra i
quali dobbiamo contare anche la
televisione digitale, non è vasto quanto quello delle grandi reti generaliste.
Che manca l'aspetto spettacolare, che non ci sono i
battibecchi e le risse che alzano l'audience. Dunque
l'effetto sul voto, con ogni probabilità, non sarà
rilevante.
Ma è stato compiuto un passo importante. Si è
dimostrato che la "democrazia digitale"
esiste. E resiste alla censura dei poteri costituiti.
Nella società dell'informazione mettere il bavaglio a
qualcuno può avere l'effetto di far sentire più forte
la sua voce.
Il problema è che forse presto dovremo batterci
contro altre forme di limitazione della libertà.
Limitazioni non più "politiche", ma
"digitali". Per questo dobbiamo rendere più forti gli
anticorpi della Rete.
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