Forse è una coincidenza. Ma converrete che è
singolare: domenica scorsa il presidente della Camera
Gianfranco Fini è andato da Fabio Fazio a Che tempo
che fa e ha detto alcune cose non gradite al
presidente del Consiglio. Proprio da Fazio, su un canale
e in una trasmissione che da tempo sono sulla lista nera
del signore delle televisioni. Non da Vespa, non nei
canali unificati di "Raiset", ma in quel covo
di sovversivi che è la terza rete dell'emittenza
pubblica.
Dove andrà quando sparirà anche questo scampolo di
televisione non allineata alle cinque reti controllate
dal signore delle televisioni? Si vuole infatti
cacciare Paolo Ruffini, apprezzato direttore di Rai 3,
che da da più di vent'anni è un feudo della sinistra.
Di che cosa è colpevole Ruffini? Non fa bene il suo lavoro? Il canale perde
spettatori? No. Il canale va bene, il rapporto tra i
costi e l'audience è il migliore dei tre canali
generalisti Rai. Ma non piace al capo, è una voce fuori dal coro. Deve essere
"normalizzato". Signorsì, rispondono i suoi
preposti alla gestione dell'azienda. E si apre il "totonomine",
come al solito.
Top
Ma non è una questione di poltrone. Il il
problema è serio. Perché con l'annunciato allineamento della terza rete
pubblica alle altre cinque controllate, direttamente o
indirettamente, dal capo del Governo, si avvia la
chiusura dell'ultimo spazio della TV pubblica ancora
capace di fare un'informazione non di stretta osservanza
governativa. Sarà più facile chiudere programmi come Che tempo che
fa o Parla con me. Per non parlare di altre trasmissioni
fuori dal coro, come Le storie - Diario italiano
di Corrado Augias, piccola oasi di intelligenza e buona
educazione.
Insomma, siamo di fronte alla prospettiva di
un'informazione televisiva a reti unificate. Si ritornerà alla televisione
di un solo canale e di un solo partito che il nostro
Paese ha conosciuto dal 1954 alla metà degli anni '70,
quando ebbe inizio la "lottizzazione".
Lottizzazione che trovò il suo assetto stabile nel
1985, quando il Partito comunista ottenne il controllo
della terza rete, in cambio del via libera al secondo
"decreto Berlusconi" di Bettino Craxi. Che
regolarizzava "provvisoriamente" le emittenti
fuorilegge dell'imprenditore milanese.
Stupisce il silenzio dell'opposizione, che sembra
accettare senza reazioni lo scippo dell'unico canale dal
quale può far sentire la propria voce. Sembra che non
ci si renda conto che la "normalizzazione" di
Rai 3 può determinare quel completo controllo
dell'informazione televisiva che è l'elemento
essenziale di un colpo di stato (scusate l'autocitazione:
ne ho parlato diffusamente all'inizio de L'anomalia e
questo potrebbe diventare un passaggio da aggiungere al
capitolo).
La "chiusura" del sistema televisivo e
dell'informazione nel nostro paese passa anche per altre
iniziative. Per esempio, si cerca di congelare a tempo
indeterminato i primi 800 milioni destinati alla banda
larga. E' anche un modo per ritardare lo sviluppo delle
reti alternative all'emittenza televisiva tradizionale.
Ancora, è stata annunciata una piattaforma
satellitare gratuita, Tivù Sat, che allargherebbe non
poco il quadro dell'offerta televisiva. Ma non si fa
nulla per farla decollare: non si distribuiscono gli
strumenti necessari per la diffusione, in primo luogo i
moduli di accesso e le smart card che potrebbero essere
inserite nei decoder già presenti nelle case. Così
sarebbe evidente una
violazione del contratto di servizio pubblico da parte della Rai. Ha tolto
alcuni suoi canali dalla piattaforma Sky e oscura molti
programmi dei primi tre. Sul punto l'Autorità per le
garanzie nelle comunicazioni ha aperto un'istruttoria, ma
c'è solo un comunicato
stampa: il provvedimento non sembra rintracciabile
sul sito.
Come se non bastasse, si profila una novità
sconcertante: i programmi satellitari di Sky dal primo
dicembre saranno distribuiti sul digitale terrestre da
una società chiamata "Cielo". Sembra una violazione
degli impegni presi in sede europea, per i quali
l'emittente di Murdoch non potrà operare sulla DTT fino
al 31 dicembre 2011 (vedi la Decisione
della Commissione europea del 2 aprile 2003). Si
verificherà quello che è successo nel 2005, quando né
le autorità preposte né la concorrenza fermarono
l'aperta violazione della normativa sul decoder unico da
parte di Sky? Anche su questo punto l'AGCOM ha aperto
un'istruttoria. Con quattro anni di ritardo, quando
troppi decoder blindati sono presenti nelle case degli
italiani. E prendendosi ben sei mesi di tempo,
naturalmente salvo proroghe.
Troppi conti non tornano nell'anomalo sistema
italiano delle comunicazioni. Li vedremo più in
dettaglio nelle
prossime settimane.
|