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Internet e stampa

L’orfana figura del direttore responsabile

di Daniele Minotti* - 26.06.06
Nei giorni scorsi, dopo la lettura del dispositivo, è stata finalmente depositata la motivazione della prima (a quanto risulta) sentenza di condanna per diffamazione a mezzo blog.
Il punto - va premesso - non è il carattere diffamatorio o meno dei post o dei commenti. Tanto meno quello, contiguo, della censura (vera o presunta). D’altro canto, non riesco a negare la possibilità, astratta, di una diffamazione per mezzo di un blog anche se il regime giuridico del “resto del mondo” dovrebbe essere allineato in toto alla più blasonata stampa. L’art. 21 Cost. riguarda tutte le espressioni del pensiero, non soltanto quelle inchiostrate. Ma è un discorso lungo e complicato che riprenderò, brevemente, soltanto alla fine di questo contributo.

Al cuore, dunque, del problema, con le parole del giudice: “va subito detto che, essendosi provato ut supra che il M. era il soggetto che aveva la disponibilità della gestione del blog (noto con il nick di Generale Zhukov, ndr.), egli risponde ex art. 596 bis c.p., essendo la sua posizione identica ad un direttore responsabile”.
I fatti, così come ricostruiti e contestati. Su un blog intitolato ad una certa persona (il citato “Generale Zhukov”) sono pubblicati alcuni post (per la verità, si capisce che un brano è stato inserito come “anonimo”, dunque dovrebbe trattarsi di un mero commento). Alcune persone si ritengono offese nella reputazione, sporgono querela per diffamazione e il procedimento si avvia sino ad arrivare alla sentenza in argomento.

L’imputazione formulata dal PM non prevede, in verità, alcun riferimento alla stampa. Infatti, il terzo comma dell’art. 595 c.p. è richiamato, come accade sempre per le questioni Web, esclusivamente per il “mezzo di pubblicità”.
Del resto, almeno per quanto riguarda l’equiparazione blog=stampa, lo stesso giudice non ha osato tanto, anche se, pur in un sillogismo viziato in radice, sarebbe stata una logica premessa alla conclusione di cui sopra.
Ma è proprio questo, a ben vedere, il primo sintomo dell’erroneità dalla motivazione: l’orfana figura del direttore responsabile.

La sentenza analizza approfonditamente la tesi accusatoria laddove essa intende provare la paternità degli scritti, giungendo a riconoscere la sussistenza di indizi (gravi, precisi e concordanti, come richiede il codice) sull’imputato. Il fatto è che, forse in considerazione dell’esistenza di un brano anonimo, il giudice si avventura sulla pericolosa - quanto contraria alla legge - strada della... estensione analogica, peraltro in modo assolutamente apodittico: se il blogger ha le “chiavi” del sito, allora è come il direttore.
Verosimilmente, due sono stati i fattori che hanno condotto a questa conclusione: un diffuso (forse inconsapevole) pregiudizio nei confronti della Rete e una scarsa conoscenza del fenomeno (in particolare di un blog).

Ma la partita non può essere chiusa così perché la fissazione di quel principio (blogger=direttore responsabile) potrebbe condurre ad applicazioni aberranti relativamente ad altre realtà telematiche. Si pensi, ad esempio, ai forum.
Internet non è stampa. Lo diceva già Zeno-Zencovich in un lucidissimo ed ancora attuale articolo al quale, giusto per comodità del lettore, va aggiunto, a mo’ di promemoria, soltanto il testo dell’art. 1, della legge 47/48:” Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione”. Malgrado la legge Mammì sull’informazione via etere e l’ambigua legge 62/2001 (il cui ambito è stato precisato definitivamente soltanto con l’art. 7, comma 3, del DLgv 70/2003) è evidente, pertanto, che anche il più sofisticato tentativo di analogia non può reggere.

E se non è stampa, a maggior ragione, come suggerito sopra, chi gestisce un sito non può essere sanzionato come direttore responsabile (e non come semplice autore, si badi bene).
A nulla, d’altro canto, varrebbe ricordare che, secondo la tesi dominante, il direttore non risponde per il fatto altrui, ma per un omesso controllo. Un blog non è un giornale dove il direttore supervisiona, prima della stampa definitiva, il giornale formato da contributi di un gruppo affidabile (i redattori) o selezionati (lettere al direttore). Un blog è una realtà ben diversa dove, pur per scelta consapevole – comunque telematicamente “normale”, si dà accesso agli scritti dei visitatori che, spesso, sono innumerevoli, dunque impossibili da controllare. E ciò, come detto, vale anche per i forum.

Parimenti, sarebbe errato fondare la responsabilità del blogger sulla possibilità di un intervento successivo alla pubblicazione di scritti da parte di terzi. Da un lato osta un evidente motivo pratico in quanto i commenti possono diventare realmente troppi per essere efficacemente monitorati. Dall’altro un concorso (di persone) successivo alla pubblicazione per opera di terzi sarebbe ben difficilmente ipotizzabile. Dall’altro ancora, infine, ci si dimentica troppo spesso che i diritti sanciti dall’art. 21 Cost. spettano a tutti e non soltanto ai professionisti della stampa. Sicché sarebbe opinabile la censura successiva da parte del titolare del sito laddove i contribuiti possono, astrattamente, rientrare nella critica-cronaca lecita. E, ancora: che dire dell’art. 14 del Dlgv 70/2001 (ove applicabile ai blog) che impone la cancellazione di contenuti giudicati illeciti soltanto a seguito di ordine dell’autorità?

Ho già scritto, altrove, che, per Internet, si gioca molto sul concetto di stampa, a seconda della convenienza.
Cammarata lo diceva anni fa (Quando il sequestro è contro la legge). Ed è arrivata una conferma da un giudice: la stampa, ancorché telematica, non può essere sequestrata. Contrariamente a quella in malam partem, l’analogia in bonam partem è conforme, in materia penale, al nostro ordinamento: a quando un provvedimento di dissequestro di un sito non testata fondato sull’art. 21 della Costituzione.?
 

* Avvocato in Genova 

 

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