La storia
Scattare una fotografia – in bianco e
nero – determinando in anticipo i
livelli di grigio con i quali sarà resa
la scena nella stampa finale. Questa è la
sintesi della tecnica sviluppata da
fotografo americano Ansel Adams
(1902-1984) tra gli anni '30 e '40 del
secolo scorso. Che c'entra con la
fotografia digitale di oggi?
C'entra, eccome, e tra poco vedremo
perché. E vedremo anche in che modo
possiamo sfruttare oggi una tecnica che
costituisce un punto fermo dell'evoluzione
della fotografia.
Ai tempi di Adams la fotografia di
paesaggi era molto praticata, ma con
un'impostazione più "pittorica"
che "fotografica". Si impiegavano camere di
grande formato, che impressionavano lastre di vetro grandi
anche 30x40 centimetri, montate su
robusti cavalletti. Ogni scatto
richiedeva una lunga preparazione, oltre
che una lunga esposizione. L'importante
era che ogni lastra poteva essere sviluppata secondo
parametri differenti dalle altre. Per
avere un'idea dei risultati c'è il
bellissimo sito The Ansel Adams Gallery
In linea di principio la tecnica di
Adams era semplice: si misuravano con
l'esposimetro i livelli di luminosità di
diverse aree della scena, poi si
calcolavano l'esposizione e lo sviluppo
per tradurre i valori misurati in livelli
di grigio, dal nero più profondo al
bianco del supporto di carta non
impressionato. All'atto pratico era un lavoro
lungo e complicato, che richiedeva molto
studio e molta pratica per
ottenere i risultati voluti.
Con la diffusione della pellicola in
rullo, che comporta esposizione e
sviluppo uniformi per tutti i fotogrammi,
il sistema era impraticabile. Ma non
sempre: nei casi in cui lo stesso rullino
35mm fosse impiegato per una serie di
immagini scattate nelle stesse condizioni
di luce, si poteva ritornare
all'esposizione e allo sviluppo "su
misura".
Così, nel 1975, con Guido Cosulich
mettemmo a punto un metodo per
verificare l'applicabilità del sistema
zonale alla pellicola in rullo da 35mm. I
risultati furono interessanti e ne
ricavammo un manuale dettagliato, pubblicato su Il
Fotoesperto, supplemento della rivista
Nuova Fotografia, nell'agosto del
'76.
Dalle vecchie pagine ingiallite è
semplice ricavare un file da mettere a
disposizione di chiunque sia attratto
dall'argomento. Eccolo
qui, nel ricordo
del mio grande amico scomparso pochi anni
fa.
Il sistema zonale nella
fotografia digitale
La fotografia digitale ci offre la
possibilità di usare di nuovo il sistema
inventato da Ansel Adams, perché ogni
fotogramma può essere trattato
singolarmente sia in ripresa sia in
post-produzione.
La latitudine di posa, oggi molto più estesa
di allora grazie ai sensori elettronici, ci permette
di evitare misurazioni dettagliate della
luce. Nella post-produzione, che
corrisponde allo sviluppo e alla stampa
dei tempi andati, si può facilmente
intervenire per mettere a punto
luminosità, contrasto, luci e ombre, con
pochi clic. Anche nella fotografia a
colori, cosa praticamente impossibile con
la pellicola.
Come si fa?
Prima di tutto consiglio di scaricare e
leggere con calma lo studio
pubblicato nel 1976, analizzando gli
esempi. In questo modo si incomincia ad
allenare l'occhio alla valutazione dei
livelli di luminosità, perché è
l'occhio il primo strumento indispensabile
per elaborare le immagini (il software
viene dopo).
Poi si copia la scala dei grigi pubblicata
qui a sinistra e la si tiene in vista
sullo schermo mentre si esaminano le
fotografie... in bianco e nero, anche se
sono state scattate a colori.
In pratica si crea una copia in bianco
e nero della foto in esame e si tengono le
due versioni affiancate sullo schermo,
insieme alla scala dei grigi.
Così si possono fare i confronti,
aiutandosi con il "contagocce"
disponibile in tutti i programmi di
elaborazione delle fotografie in formato
RAW, che per
ogni punto dell'immagine indica le
coordinate cromatiche.
Quindi si incominciano a provare gli
effetti degli strumenti software per variare
luminosità, contrasto e livelli delle
luci e delle ombre. Occorre pazienza, ma i
risultati possono essere entusiasmanti.
Ma prima di tutto è necessario tarare il
monitor. Lasciarlo in funzione per almeno
un'ora, poi regolare luminosità e
contrasto fino a distinguere la differenza
tra i rettangoli tra 22 e 23 e tra 0 e 1,
o almeno tra 1 e 2 o tra 2 e 3 nell'area
centrale dello schermo. Non è semplice,
non sempre è possibile ottenere una
regolazione "perfetta".
Dedicherò presto un articolo a questa
operazione, essenziale per chiunque voglia
ottenere fotografie di buon livello.
Per concludere, un dettaglio significativo: ai tempi di
Ansel Adams, e fino a quando si è usata
la pellicola, la scala di riferimento comprendeva
undici gradini, dal nero più profondo al bianco
privo di dettagli. Oggi, grazie al
digitale, è facile gestire un numero
molto più grande di sfumature. Qui a
sinistra c'è la scala di 24 gradini,
tutti visibili su un monitor ben tarato,
scala che ho "costruito" per calibrare
i miei schermi. Ma 24 è un numero
arbitrario, perché lo scarto dal bianco
al nero puri può essere suddiviso in un
numero di gradini qualsiasi. Per esempio,
la scala Kodak per la taratura degli
scanner si compone di 37 gradini.
Impossibili da distinguere a occhio, in molti casi.
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