Il "sistema zonale" di Ansel Adams al tempo della fotografia digitale

24 ottobre 2018

La storia

Scattare una fotografia – in bianco e nero – determinando in anticipo i livelli di grigio con i quali sarà resa la scena nella stampa finale. Questa è la sintesi della tecnica sviluppata da fotografo americano Ansel Adams (1902-1984) tra gli anni '30 e '40 del secolo scorso. Che c'entra con la fotografia digitale di oggi?
C'entra, eccome, e tra poco vedremo perché. E vedremo anche in che modo possiamo sfruttare oggi una tecnica che costituisce un punto fermo dell'evoluzione della fotografia.

Ai tempi di Adams la fotografia di paesaggi era molto praticata, ma con un'impostazione più "pittorica" che "fotografica". Si impiegavano camere di grande formato, che impressionavano lastre di vetro grandi anche 30x40 centimetri, montate su robusti cavalletti. Ogni scatto richiedeva una lunga preparazione, oltre che una lunga esposizione. L'importante era che ogni lastra poteva essere sviluppata secondo parametri differenti dalle altre. Per avere un'idea dei risultati c'è il bellissimo sito The Ansel Adams Gallery

In linea di principio la tecnica di Adams era semplice: si misuravano con l'esposimetro i livelli di luminosità di diverse aree della scena, poi si calcolavano l'esposizione e lo sviluppo per tradurre i valori misurati in livelli di grigio, dal nero più profondo al bianco del supporto di carta non impressionato. All'atto pratico era un lavoro lungo e complicato, che richiedeva molto studio e molta pratica per ottenere i risultati voluti.

Con la diffusione della pellicola in rullo, che comporta esposizione e sviluppo uniformi per tutti i fotogrammi, il sistema era impraticabile. Ma non sempre: nei casi in cui lo stesso rullino 35mm fosse impiegato per una serie di immagini scattate nelle stesse condizioni di luce, si poteva ritornare all'esposizione e allo sviluppo "su misura".

Così, nel 1975, con Guido Cosulich mettemmo a punto un metodo per verificare l'applicabilità del sistema zonale alla pellicola in rullo da 35mm. I risultati furono interessanti e ne ricavammo un manuale dettagliato, pubblicato su Il Fotoesperto, supplemento della rivista Nuova Fotografia, nell'agosto del '76.
Dalle vecchie pagine ingiallite è semplice ricavare un file da mettere a disposizione di chiunque sia attratto dall'argomento. Eccolo qui, nel ricordo del mio grande amico scomparso pochi anni fa.

Il sistema zonale nella fotografia digitale

La fotografia digitale ci offre la possibilità di usare di nuovo il sistema inventato da Ansel Adams, perché ogni fotogramma può essere trattato singolarmente sia in ripresa sia in post-produzione.
La latitudine di posa, oggi molto più estesa di allora grazie ai sensori elettronici, ci permette di evitare misurazioni dettagliate della luce. Nella post-produzione, che corrisponde allo sviluppo e alla stampa dei tempi andati, si può facilmente intervenire per mettere a punto luminosità, contrasto, luci e ombre, con pochi clic. Anche nella fotografia a colori, cosa praticamente impossibile con la pellicola.

Come si fa?

Prima di tutto consiglio di scaricare e leggere con calma  lo studio pubblicato nel 1976, analizzando gli esempi. In questo modo si incomincia ad allenare l'occhio alla valutazione dei livelli di luminosità, perché è l'occhio il primo strumento indispensabile per elaborare le immagini (il software viene dopo).
Poi si copia la scala dei grigi pubblicata qui a sinistra e la si tiene in vista sullo schermo mentre si esaminano le fotografie... in bianco e nero, anche se sono state scattate a colori.

In pratica si crea una copia in bianco e nero della foto in esame e si tengono le due versioni affiancate sullo schermo, insieme alla scala dei grigi.
Così si possono fare i confronti, aiutandosi con il "contagocce" disponibile in tutti i programmi di elaborazione delle fotografie in formato RAW, che per ogni punto dell'immagine indica le coordinate cromatiche.
Quindi si incominciano a provare gli effetti degli strumenti software per variare luminosità, contrasto e livelli delle luci e delle ombre. Occorre pazienza, ma i risultati possono essere entusiasmanti. 

Ma prima di tutto è necessario tarare il monitor. Lasciarlo in funzione per almeno un'ora, poi regolare luminosità e contrasto fino a distinguere la differenza tra i rettangoli tra 22 e 23 e tra 0 e 1, o almeno tra 1 e 2  o tra 2 e 3 nell'area centrale dello schermo. Non è semplice, non sempre è possibile ottenere una regolazione "perfetta". Dedicherò presto un articolo a questa operazione, essenziale per chiunque voglia ottenere fotografie di buon livello.

Per concludere, un dettaglio significativo: ai tempi di Ansel Adams, e fino a quando si è usata la pellicola, la scala di riferimento comprendeva undici gradini, dal nero più profondo al bianco privo di dettagli. Oggi, grazie al digitale, è facile gestire un numero molto più grande di sfumature. Qui a sinistra c'è la scala di 24 gradini, tutti visibili su un monitor ben tarato, scala che ho "costruito" per calibrare i miei schermi. Ma 24 è un numero arbitrario, perché lo scarto dal bianco al nero puri può essere suddiviso in un numero di gradini qualsiasi. Per esempio, la scala Kodak per la taratura degli scanner si compone di 37 gradini. Impossibili da distinguere a occhio, in molti casi.

IL SISTEMA ZONALE DI ADAMS APPLICATO AL 35 mm

di Manlio Cammarata
e Guido Cosulich
Un manuale di 16 pagine, tratto da
Il Fotoesperto N. 3
, supplemento alla rivista  Nuova Fotografia, agosto-settembre 1976
Scarica il PDF (circa 14 MB)
 

Manlio Cammarata reporter - Newsletter

Qui sotto, la classica scala dei grigi con undici zone, punto di partenza del sistema di Adams.
Nella colonna di sinistra una scala di 24 gradini, più utile nella fotografia di oggi,

 

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