|
|
E' bene ripeterlo: l'esempio
della Nikon è puramente indicativo,
perché il confronto andrebbe fatto con una foto prodotta
dalla stessa fotocamera usata come termine di paragone
dall'autore della prova originale.
Ma sappiamo che le differenze di qualità tra apparecchi di
fascia alta di diverse marche sono marginali, a parità di
"generazioni". E' naturale che risultati
sbilanciati come quelli presentati da "Andrew"
destino qualche sospetto.
Per concludere: qui sopra si vede l'ingrandimento di un
dettaglio della foto 3 (fatta col fotofonino di Google),
ingrandito alla stessa dimensione finale della foto full frame,
(considerando le dimensioni dei due sensori). E il
"trucco" si svela: la differenza è anche nelle
dimensioni dell'immagine finale.
|
|
|
Che cosa significa
tutto questo? Significa che quello che viene presentato come un blind
test (una "prova alla cieca", in cui una persona
qualsiasi dovrebbe indicare quale scatto gli sembra migliore) non
può essere una cosa seria se non si dà a un esperto la
possibilità di verificare che non ci sia un trucco, mostrando il
fotogramma RAW (grezzo, non elaborato) prodotto dalla fotocamera.
Il confronto è viziato dal fatto è che gli algoritmi
(sbandierati come "intelligenza artificiale") della parte
fotografica di uno smartphone mettono una pezza sui difetti
della registrazione ottica su un sensore di dimensioni
microscopiche e modificano toni e colori in modo che appaiano
"mozzafiato" sul piccolo schermo dell'apparecchio. Così
l'articolo di DDay sembra attribuire il risultato della gara alla
minore "intelligenza" della fotocamera professionale
rispetto alla genialità del fotofonino.
Che però ha i suoi limiti. Leggo, in un'altra (entusiastica, ça va sans dire)
recensione del Pixel 4, che ha un
difetto: il riconoscimento facciale non funziona al buio, occorre
almeno una piccola luce. Qualcuno di voi è capace di riconoscere
una persona al buio, senza nemmeno una piccola luce? Però è
strano, perché – leggo nelle specifiche tecniche – a bordo del
fotofonino di BigG c'è anche un radar (il cannoncino da 105mm o il
lanciasiluri dovrebbero essere optional).
Alla fine della storia, quello che resta è una specie di
"pensiero unico" sulle meraviglie tecnologiche. E'
difficile trovare, nel mare magnum della rete, qualcuno che
sia capace di un pensiero critico sulle notizie che
diffonde. Nessuno che si chieda che cosa c'è alla base di quella
che si potrebbe chiamare "innovazione obbligatoria", che
convince masse di persone ad acquistare in continuazione oggetti di
fatto inutili. O addirittura dannosi per la vita privata, come gli
"assistenti domestici" che spiano sistematicamente i loro
possessori, essendo al servizio di chi li vende più che essere
utili a chi li compera. Mi
capita per caso davanti agli occhi il link a un sito francese:
"Test du Google Pixel 4 : un appareil photo
ÉBLOUISSANT,
une autonomie DÉCEVANTE !"
Dove éblouissant significa "abbagliante", anche se
l'autonomia è deludente (décevante). Meno male che almeno un
difetto ce l'ha, con tanto di punto esclamativo.
|
|
Le
prestazioni delle fotocamere incorporate
sono il motivo dominante delle più
recenti pubblicità di quelli che una
volta erano chiamati
"telefonini". Si citano gloriosi
marchi per gli obiettivi, si magnifica la
cosiddetta "intelligenza"
dell'apparecchio che produce foto
"fantastiche" (gli aggettivi e
le iperboli si sprecano).
Si dice soprattutto che con queste
"fototelefoninocamere" si
possono ottenere risultati professionali.
Si dimentica (o si ignora)
che il primo requisito di una macchina
fotografica professionale è la
possibilità di regolare i diversi
parametri che concorrono alla formazione
dell'immagine pensata dal
fotografo: focale, tempo, diaframma (che
significa anche profondità di campo),
sensibilità eccetera.
I fabbricanti di telefonini non mettono in evidenza le
dimensioni dei sensori, che in ogni caso difficilmente possono
essere superiori a 1/2,3", cioè 6,16x4,6mm, circa 28mm2.
Leggi fisiche impediscono di ottenere da un sensore
così piccolo le stesse informazioni di uno di 24x36mm, circa
864mm2.
Nonostante questi limiti, gli algoritmi di elaborazione dei
fotofonini producono immagini che appaiono di buona qualità.
In un prossimo articolo approfondirò il tema, anche con
confronti con procedure verificabili.
|
|