Mio padre Bernard Béguin aveva pubblicato nel 1988 "Journaliste, qui
t'a fait roi? - Les médias entre droit et liberté" (Giornalista, chi
ti ha fatto re? I media tra legge e libertà), in
occasione di un corso sulla deontologia del giornalismo che aveva
tenuto all'università di Neuchâtel.
Il libro era fuori catalogo da anni ma veniva ancora citato ogni tanto
da qualche studioso. Lui ne aveva soltanto una copia, però siccome
ho uno scanner e un programma di riconoscimento ottico di caratteri
(OCR) decente, gliene ho fatto una versione PDF testuale.
Mio padre ha 86 anni e l'idea di leggere un libro su schermo gli
sembra perlomeno peregrina per non dire delirante. Però ha trovato il
PDF comodo per la ricerca per termini. Quindi - con l'autorizzazione
dell'editore Edipresse, che comunque non fa più libri - l'ha messo
sull'Internet Archive in questa pagina (questo il link diretto al PDF).
Incoraggiare gli autori, persino attempati e poco "geek", colpiti dal
"Google Books Settement" a fare la stessa cosa?
La breve nota della professoressa Almansi ci fa
scoprire un testo di singolare interesse, perché
tratta da un punto di vista non comune il delicato
tema della deontologia del giornalista. Scritto più
di vent'anni fa, il libro è ancora attuale, nell'era
dei cosiddetti nuovi media e del presunto citizen
journalist. Che non è giornalista, ma testimone di
fatti (vedi La sfida dell'internet dall'Iran a
Viareggio). La differenza è chiara solo a scorrere il
sommario del libro di Bernard Béguin (basta masticare
un minimo di francese) e si riassume in un passaggio della conclusione. Dove Béguin dice del
giornalista:
"Sa liberté n'est pas un privilège
personnel, c'est une chose due à son public. Le
lecteur doit savoir que celui qu'il l'informe, ou qui
commente pour lui les événements, a librement choisi
les faits et les arguments qu'il expose. Librement, c'est-à
dire sans asservissement à des pouvoirs publics ou
privés. Mais non pas sans responsabilité, ni sans
référence aux règles communes de l'éthique
professionnelle. Cela s'applique d'abord au
journalisme d'information. Mais cela n'exclut pas le
journalisme engagé; engagé, mais professionnellement
honnête, acceptant donc, s'agissant de l'éthique,
«le jugement de ses pairs» et, s'agissant du droit,
le jugement des tribunaux. Une société démocratique
admet, encourage et assure l'existence d'un pluralisme
permettant au public - supposé adulte, «majeur et
vacciné» - de former lui-même sa propre opinion à
travers la diversité des avis exprimés. Si vous n'y
croyez pas, si vous pensez que le public est un
débile mental collectif qu'il convient de tenir sous
tutelle et de nourrir de la seule bonne parole qui a
emporté votre conviction, alors nous avons perdu
notre temps ensemble".
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