Se non ci fosse l'internet oggi non sapremmo nulla
di quello che succede in Iran. L'internet e quei giovani
che la sanno usare battendo ogni censura, ogni
oscuramento. Non serve a nulla chiudere le frontiere ed
espellere i giornalisti stranieri. Non servono i
cancelli digitali e la caccia ai blogger. L'informazione
passa lo stesso sulla grande e indistruttibile
ragnatela.
Dovunque c'è una macchina fotografica
digitale, una piccola telecamera o un telefonino. Accade
qualcosa ed è subito notizia e immagine sul web. Prima ancora
che i media se ne accorgano, che si organizzino, che
mobilitino corrispondenti e inviati. L'abbiamo capito
per la prima volta l'11 settembre 2001. Poi è stato
un crescendo.
Top
In questi giorni il disastro dell'esplosione a
Viareggio ci mette di fronte a un dato di fatto: la rete
è più veloce dei media e dà informazioni che i media
non possono dare. Abbiamo visto con i nostri occhi nelle
TV e sui giornali le prime fasi dell'esplosione, la
paura e i primi soccorsi, solo grazie alle testimonianze
di chi, per caso, era là e aveva un telefonino.
"Nelle TV e sui giornali" è un'espressione
imprecisa, perché TV e giornali oggi sono anche
televisione via web. Un solo complesso sistema in cui le
testimonianze dirette diffuse in rete sono ripetute in
rete attraverso i siti delle imprese dell'informazione.
Queste, cioè i media, "incorporano" le
testimonianze della rete e le usano per integrare il
prodotto informativo dei giornalisti e delle redazioni.
In qualche caso, come per l'Iran, le sole notizie a
disposizione dei media sono quelle che arrivano dalla
rete.
Tutto questo cambia il modo di fare informazione.
Fino a oggi abbiamo parlato della necessità di
distinguere tra chi "dà informazioni" e chi
"fa informazione", per capire che cosa è
informazione spontanea e che cosa è informazione
professionale. Il problema è che si diffonde la
superficiale affermazione che "siamo tutti
giornalisti", avallata anche da qualche illustre
studioso. E' venuto il momento di fare chiarezza. Chi
dà un'informazione, perché si trova in un certo luogo
e in un certo momento, e ha la possibilità di
diffondere immediatamente quello che vede e che sente,
non è un giornalista: è un testimone. C'è una
sostanziale differenza tra "dare notizie" e
"fare informazione".
Da sempre il giornalista va a caccia della notizia e
della testimonianza, ha il compito di elaborare i frutti
della sua ricerca e di trasformarli in informazione.
Oggi la notizia e la testimonianza arrivano da sole,
basta qualche colpo di mouse. Ma le notizie non sono
informazione. Questa è il risultato dell'elaborazione
delle notizie. Che oggi sono di più e più rapide da
trovare. Così il compito del giornalista è a volte
più facile, ma spesso più impegnativo, se egli svolge
il suo lavoro con onestà e rigore.
A questo punto il problema non è più quello del
confronto tra l'informazione professionale e la notizia
che viaggia in rete. La questione diventa più
complessa, perché la testimonianza diventa informazione
attraverso la mediazione del giornalista e
dell'elaborazione redazionale. Il prodotto finale è un
insieme di testimonianza diretta e lavoro giornalistico,
con la prima che mantiene la propria individualità. E
con questa i suoi punti di forza e i suoi limiti.
All'altra estremità del filo, il
lettore-spettatore-navigatore è sommerso da ondate di
notizie, di informazioni e di opinioni tra le quali può
facilmente smarrirsi. Scegliere non è facile. Si
ascolta di più, e ci si lascia più facilmente
convincere, da chi parla più forte o da chi è più
abile nel confezionare e ripetere messaggi elementari.
Magari che fanno presa sulle incertezza e sulle paure
della maggior parte di noi. La responsabilità del
giornalista è quindi prima di tutto nella sua onestà e
nella sua indipendenza, subito dopo nelle sue capacità
professionali.
Una missione, anche se la parola può sembrare
esagerata. Riassunta da quello che è forse l'unico
passaggio indiscutibile della legge del 1963
sull'ordinamento della professione: "È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà
d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle
norme di legge dettate a tutela della personalità altrui
ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità
sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla
lealtà e dalla buona fede".
(Per concludere si veda Giornalista,
chi ti ha fatto re? di Claude Almansi).
|