La notizia: il presidente della Regione Siciliana Rosario
Crocetta è stato denunciato dall'Ordine dei giornalisti e
dal sindacato siciliano, in sede penale, per esercizio
abusivo della professione giornalistica.
Dalla nota dell'AGI, riportata da Franco Abruzzo sul
suo sito:
Secondo Ordine e sindacato, Crocetta e i suoi assessori eserciterebbero abusivamente la professione di giornalista, violando le norme che riservano ai giornalisti l'esercizio delle attivita' di informazione istituzionale. Crocetta ha accentrato su di se' e sugli assessori la stesura e l'invio dei comunicati, la convocazione delle conferenze stampa e le altre attivita' di pertinenza dei giornalisti dopo avere liquidato in novembre, subito dopo il proprio insediamento, l'ufficio stampa della Presidenza della Regione.
L'Associazione siciliana della stampa esprime "grande apprezzamento per l'attenzione con la quale la procura della Repubblica di Palermo ha voluto accogliere le ripetute segnalazioni del sindacato e dell'ordine a carico del governatore Rosario Crocetta per l'emissione, continuata, di comunicati stampa a firma sua e di vari esponenti della sua giunta". Il sindacato dei giornalisti "si ritiene certo che l'attento e scrupoloso lavoro della magistratura servira' a fare luce su una vicenda che - partendo dall'azzeramento dell'ufficio stampa della Regione e dal licenziamento di 21 giornalisti - sarebbe sconfinata nell'esercizio abusivo e quindi in una fattispecie di rilevanza penale".
Cerchiamo di capire, leggendo la norma che Crocetta
avrebbe violato. E' l'art.
45 della legge n. 69 del 1993, art. 45
"Ordinamento della professione di giornalista":
Nessuno può assumere il titolo né esercitare
la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo
professionale. La violazione di tale disposizione è
punita a norma degli artt. 348 e 498 del cod. pen., ove il
fatto non costituisca un reato più grave.
Gli articoli 348 e 498 del codice penale stabiliscono
che
"Chiunque abusivamente esercita una
professione, per la quale è richiesta una speciale
abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino
a sei mesi o con la multa da centotre euro a
cinquecentosedici euro" e che "Chiunque
abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni
distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo
politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una
professione per la quale è richiesta una speciale
abilitazione dello Stato [...] è punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da centocinquantaquattro euro a
novecentoventinove euro. Alla stessa sanzione soggiace chi
si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni
o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità
inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni,
indicati nella disposizione precedente. Per le violazioni
di cui al presente articolo si applica la sanzione
amministrativa accessoria della pubblicazione del
provvedimento [...] e non è ammesso il pagamento in
misura ridotta [...]
Conclusione: in Italia la professione di giornalista
non è libera. E' l'unico Paese dell'Occidente che si dice
democratico in cui esistono disposizioni di questo segno.
Ma non basta: il qualche caso la professione di
giornalista è... "obbligatoria". Lo dice la legge n. 150 del 2000,
art. 9:
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata,
di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai
mezzi di informazione di massa.
2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all'albo nazionale
dei giornalisti [...]
C'è una contraddizione profonda in questa norma. Dice
sempre la legge 69/63 "Ordinamento della professione
di giornalista, all'art.
2:
È diritto insopprimibile dei giornalisti la libertà
d'informazione e di critica, limitata dall'osservanza delle
norme di legge dettate a tutela della personalità altrui
ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità
sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla
lealtà e dalla buona fede.
Ora non c'è dubbio che nel lavoro di addetto stampa non
c'è spazio per la libertà di critica né può
essere obbligato al rispetto della verità sostanziale
dei fatti. Anzi, l'addetto stampa deve adeguarsi alla
verità che interessa il suo datore di lavoro, pena il
licenziamento.
Sono sempre stato dell'opinione che il giornalista che
assuma la funzione di addetto stampa, non importa se in un
ente pubblico o privato, debba essere sospeso dall'albo
professionale per tutta la durata dell'incarico.
Ma si sa che tante leggi, in Italia e non solo, sono il
frutto delle pressioni delle varie corporazioni. E da noi
quella dei giornalisti è particolarmente forte.
Ma torniamo al presidente Rosario Crocetta. Egli fa una
cosa del tutto normale: comunica. Ciò che comunica può
essere importante, perché riveste una carica pubblica
elettiva e deve rendere conto del suo operato agli
elettori. Ma è libero di comunicare anche come qualsiasi
cittadino, come garantisce l'art. 21 della
Costituzione.
Ma la corporazione si ricorda dell'articolo 21 solo
quando le fa comodo.
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