Vedi anche Professione giornalistica e università di F. Abruzzo e
Cambiare le regole non significa abolirle di M.
Cammarata
Mi consentirete di introdurre una breve nota nell’interessante dibattito
fra l’amico e collega Manlio Cammarata, direttore di InterLex, e l’amico e
collega Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine della Lombardia.
Vediamo in breve il quadro. In Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia,
Germania, Grecia, Regno Unito, Svezia, il giornalismo non è attività
professionalizzata. In Austria, in particolare, il titolo abilitante è
rilasciato da una Commissione mista editori-giornalisti con il visto del
Ministero degli Interni.
In Belgio, Francia, Norvegia, Portogallo è attività professionalizzata ma il
rilascio dei relativi documenti, o tessere, è affidato alle organizzazioni
sindacali, in alcuni casi attraverso commissioni miste in cui sono presenti gli
editori (Belgio e Francia) o solo i giornalisti (Norvegia, Portogallo).
Nella stragrande maggioranza di questi Paesi esistono scuole superiori e
facoltà di giornalismo, la cui frequenza non è però obbligatoria per svolgere
l’attività giornalistica.
Nel resto d’Europa, dunque, il giornalismo non è considerato una libera
professione alla stregua dell’avvocatura, della medicina, dell’ingegneria.
Potrà non piacere ed essere del tutto in contrasto con i motivi che condussero
alle legge del 1963, ma le cose stanno così. E l’Ordine così come è
concepito dalla legge costituisce una barriera oggettiva al lavoro degli altri
cittadini dell’Unione in Italia.
Al contrario, per sette attività considerate come professioni (medici
generici e specialisti, infermieri, dentisti, ostetriche, veterinari, farmacisti
e architetti) è ormai operante un meccanismo di riconoscimento automatico dei
diplomi e delle qualifiche. Esso è accompagnato, salvo che per gli architetti,
da un coordinamento minimo delle formazioni per cui chi esercita una di queste
professioni può beneficiare di un riconoscimento automatico negli altri paesi
dell'Unione Europea. Se la professione che si intende svolgere non è
regolamentata nello Stato di accoglienza non è necessario alcun riconoscimento
del diploma. Non possono quindi essere frapposti ostacoli giuridici alla
formazione o alle qualifiche.
E’ certo dunque che sarà il modello straprevalente in Europa, e non solo
in Europa, a determinare i futuri assetti del lavoro giornalistico, dal momento
che è impensabile che la "anomalia" italiana, rappresentata dall’Ordine,
possa resistere al proseguimento auspicabile processo di unificazione.
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