Due notizie che riguardano la nostra professione. Le lega
un filo tutt'altro che sottile. Anzi, una grossa corda,
che termina con un cappio. Sempre pronto a stringersi
intorno al collo dei giornalisti di serie B - i
pubblicisti - o ai (giornalisti) tra parentesi, quelli che
non hanno la tessera (vedi (Giornalista): una professione tra
parentesi).
La prima notizia è sabato scorso: il ministro della
giustizia Paola Severino ha convocato per oggi, 16
gennaio, i rappresentanti di venti ordini professionali.
Fra i quali c'è quello dei giornalisti, anch'esso
candidato a una "riforma". Quale riforma? Ce
lo spiega qui e qui,
dal punto di vista di una parte degli interessati, il
solito Franco Abruzzo. Fra le poche proposte, tutte volte
a rendere sempre più difficile l'accesso all'Ordine, c'è
quella di abolire l'elenco dei pubblicisti (quelli attuali
dovrebbero andare "ad esaurimento").
Formalmente, i pubblicisti dovrebbero essere "coloro
che svolgono attività giornalistica non occasionale e
retribuita anche se esercitano altre professioni o
impieghi". Lo dice l'articolo 1 della legge
69/63.
In realtà buona parte dei pubblicisti sono persone che
non esercitano altre professioni, ma sono giornalisti a
tempo pieno. Che non hanno né i soldi né le
raccomandazioni indispensabili per accedere alla prova di
idoneità professionale (non "esame di stato").
E' l'unica via per essere riconosciuti giornalisti a tutti
gli effetti. E ricevere compensi dignitosi.
Dunque, secondo queste proposte, potranno essere
giornalisti solo quelli che lo Stato (democratico?)
giudicherà idonei.
Ora tiriamo la corda e arriviamo alla seconda notizia.
Quella che da alcuni giorni vede in prima pagina il
giornalista modenese Giovanni Tizian, iscritto nell'elenco
dei pubblicisti dell'Ordine dell'Emilia-Romagna.
Minacciato e sotto scorta perché scrive coraggiosamente
della mafia nelle regioni del Nord.
Con la ventilata "riforma" dell'Ordine,
Giovanni Tizian dovrebbe essere "abolito" come
giornalista. Ovvero "esaurito": nessuno dopo di
lui potrebbe svolgere lo stesso lavoro ed essere
qualificato come un professionista dell'informazione.
Inutile ogni commento.
E' utile però leggere la pagina La
dignità del giornalista, a firma di Giovanni
Bombonato, presidente dell'Ordine dell'Emilia-Romagna.
Scrive Bombonato:
La vicenda di Giovanni Tizian dev'essere un monito e
l'occasione per un esame di coscienza che come Ordine
abbiamo già avviato, ma che tocca anche politici ed
editori. I primi perchè per troppo tempo hanno preferito
tacere sul fenomeno mafioso in Regione e solo di recente
si sono svegliati e timidamente stanno affrontando il
problema. I secondi perchè, molto spesso consapevolmente,
alimentano un precariato giornalistico con compensi
inaccettabili per la dignità del lavoratore e la qualità
dell'informazione. E, come il caso di Giovanni Tizian
dimostra, sono sempre più i collaboratori e i cosiddetti
free lance a trovarsi in trincea su temi delicati e
pericolosi, senza alcuna garanzia contrattuale e con paghe
che gli editori non darebbero neppure alle loro colf.
Un esame di coscienza? Non sarebbe più indicata una
decisa azione dell'Ordine a difesa della dignità e della
retribuzione di un giornalista come Tizian? Non dovrebbe
l'Ordine adoperarsi, anche in sede giudiziaria, affinché
gli editori non compensino i giornalisti "con paghe
che non darebbero neppure alle loro colf"?
O almeno iscriverlo honoris causa nell'elenco dei
professionisti?
No. La tutela della dignità dei giornalisti non è tra i
compiti che la legge 69/63 attribuisce alle "persone
giuridiche di diritto pubblico", quali sono gli
Ordini (nazionale e regionali) dei giornalisti.
Un'altra ragione per abolirli.
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