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Sistema informazione

Gli editori piangono. Ma non pensano alla qualità dei prodotti

Il coma irreversibile dell'informazione di carta

Non è colpa solo della crisi economica. Tirature in picchiata, giornali che chiudono e giornalisti a spasso sono anche il risultato di un'informazione che non sa raggiungere i nuovi lettori. E' urgente passare al giornale "liquido".

18.02.13

Crisi. recessione. Disoccupazione. Poi ci sono le tangenti, la banda del cinque per cento, il Papa che abdica. E le elezioni incombenti, che ai politici in corsa non interessa vincere, perché basta che l'avversario le perda. Non si salva nessuno.
Insomma, Dio è morto, Marx è morto (come disse Groucho Marx, rilanciato da Woody Allen)... e anche la stampa non si sente molto bene.

Anzi, si sente malissimo. Testate sull'orlo del fallimento, giornalisti sull'orlo della disoccupazione, editori sull'orlo di una crisi di nervi (oltre che di liquidità).
Un lungo articolo di Ulisse Spinnato Vega su Economiaweb.it riassume la situazione. Copio due passaggi:

RIZZOLI, 800 ESUBERI E VIA SOLFERINO IN VENDITA. Rcs ha appena messo sul tavolo un piano da 800 esuberi su 5mila dipendenti complessivi, di cui 640 in Italia (un centinaio dei quali al Corriere della Sera e una quarantina alla Gazzetta dello Sport) e il resto in Spagna.
Fa scalpore l’idea che il CorSera debba lasciare la storica sede milanese di via Solferino, ma è ancora più grave che dieci testate del gruppo vadano incontro alla dismissione o all’eventuale chiusura.  A, Bravacasa, Yacht&Sail, Europeo, Max, Astra, Novella 2000, Ok Salute, Visto e il polo dell’enigmistica sono l’agnello sacrificale del piano dell’amministratore delegato Pietro Scott Jovane. E tuttavia rappresentano circa il 20% del fatturato dei periodici Rcs. I conti 2012 hanno subito la svalutazione degli asset spagnoli, ci sono poi 300 milioni da investire e un indebitamento da 875 milioni a fine settembre malgrado la cessione della casa editrice francese Flammarion.

100 GIORNALISTI DI TROPPO NELLE REDAZIONI MONDADORI. Da Milano a Segrate il passo è breve. E anche Mondadori è nella bufera, malgrado le professioni di ottimismo fatte dall’ex premier Silvio Berlusconi. Il gruppo ha già deciso di chiudere Panorama Travel, Casaviva, Ville&Giardini e Men’s Health. Ma nel frattempo prende corpo il piano di riorganizzazione, anticipato da Lettera43.it, che ha come padri Ernesto Mauri, direttore generale periodici, e Carlo Mandelli, direttore periodici Italia, di concerto con i direttori di testata.
Si tratta di 100 esuberi nelle redazioni, di cui 35 attraverso le chiusure già annunciate e 65 nelle altre realtà editoriali.
Tra l’altro, tutte le testate devono dimagrire e prevedere al massimo due vicedirettori.

Si cerca di correre ai ripari anche con soldi pubblici, secondo l'inveterata abitudine della stampa italiana. Ma soldi non ce ne sono. Franco Abruzzo riporta un pezzo dell'ANSA, con l'appello al Governo della Federazione degli editori (FIEG). Il Governo risponde picche, come si legge sempre sul sito di Abruzzo, che riprende una nota dell'AGI.

Il piagnisteo degli editori è sempre lo stesso da decenni. Ma la causa dell'attuale stato comatoso dell'informazione non è solo la crisi economica. C'è una causa più profonda e sostanziale: gli editori continuano a produrre l'informazione come se la carta fosse ancora il mezzo più importante. Ma i giornali di carta si vendono sempre meno anche per il banale motivo che i suoi (da sempre pochi) lettori sono per lo più persone anziane, il cui numero si riduce continuamente per cause naturali.

Il giornale di carta di grande tiratura è destinato a sparire. L'informazione vivrà in formato elettronico, sul web, sui dispositivi portatili, su tutti gli attrezzi tecnologici che l'industria lancia sul mercato a getto continuo (le foreste e l'atmosfera ringrazieranno).
Ma gli editori devono capire che il giornale di carta è solo una delle forme, e non la più importante, di un sistema dell'informazione sempre più "liquido".

Carlo De Benedetti, l'editore di Repubblica, ha detto qualche tempo fa che le sue pubblicazioni on line sono finalmente in pareggio. Buon segno. Ma ha ripetuto che il giornale di carta resta essenziale per l'approfondimento, mentre l'informazione sul web è superficiale. Ma dove vive, ingegnere?
Apra il suo adorato giornale di carta, legga un articolo su un argomento qualsiasi. Se è un fatto importante, probabilmente ci sono uno o due pezzi di contorno che allargano o approfondiscono la questione. E basta. In ogni caso sono articoli scritti ieri.

Ora vada a cercare lo stesso argomento sull'edizione on line. Tanto per incominciare, le notizie che trova sono quelle di oggi e non quelle di ieri. Poi ci sono diversi link che portano ad articoli precedenti sullo stesso argomento o ad argomenti collegati. Ci sono foto e filmati (per lo più di infima qualità). Ci sono i riferimenti ai siti stranieri. Insomma, c'è l'approfondimento, quello impossibile col giornale di carta.
Poi lei, come ogni lettore on line, può andare a vedere quello che scrivono gli altri giornali, i blog, i social network. Ed è ancora approfondimento.

Ma, proprio scartabellando tra le pagine web, chiunque può osservare come l'informazione prodotta dalle redazioni on line sia superficiale, inesatta, incompleta. Spesso sgrammaticata. In qualche caso addirittura illeggibile.
Un esempio dal Corriere dell'altro ieri, 16 febbraio. Provate a leggere questo pezzo di cronaca raffazzonato, confuso, incomprensibile. Il primo commento di un lettore, pochi minuti dopo la pubblicazione, diceva: "Non si capisce niente da com'è scritto quest'articolo". Poi il commento è sparito.

Si deve partire da qui, dalla qualità dell'informazione on line, per renderla appetibile e quindi trovare lettori disposti a pagare per leggerla. Dunque occorre far scrivere giornalisti esperti, invece che malpagati precari di passaggio. Si deve studiare una grafica più efficace. Si devono rimettere al lavoro, se ce ne sono ancora, quei capiservizio di una volta, che controllavano gli articoli parola per parola prima di "passarli". E somministravano tremende lavate di capo ai principianti pasticcioni (lezioni molto più efficaci di quelle delle costose scuole di giornalismo di oggi!).

E poi si devono rimettere davanti al video i gloriosi correttori di bozze, che aggiustavano refusi, grammatica e sintassi.
Ma adesso basta, perché sto per riscrivere quello che ho scritto esattamente tre anni fa in Google e la crisi della carta. O dell'informazione?. Sono passati tre anni e gli editori sono ancora a chiedere soldi ai cittadini che non leggono i loro giornali.

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