Due settimane fa, nell'articolo La
legge sull’editoria viola le norme europee Stefano Valentino aveva
sollevato una questione di non poco conto sulla legge 62/01 (che estende
all'universo digitale le norme dettate dalla vecchia legge sulla stampa,
scritta nel 1948). In questo numero, con I veri rischi
della legge 62/01 Guido Scorza contesta l'interpretazione di Valentino.
La questione è complessa e richiede un approfondimento, che speriamo possa
venire da altri contributi, anche su altri aspetti della controversa normativa.
Solo per fare un esempio, è importante
analizzare la possibile discrepanza tra la registrazione della testata ai sensi
dell'articolo 5 della legge sulla stampa (imposta dall'art.
1, comma 3 della nuova legge) e la sua "sostituzione" con
l'iscrizione nel ROC, l'ancora inesistente "registro degli operatori di
comunicazione" (art. 16).
Infatti l'iscrizione nei registri della stampa ha tra i requisiti la presenza
del direttore responsabile, iscritto all'albo dei giornalisti, e determina un
particolare regime giuridico (divieto di sequestro, norme penali specifiche,
stampa clandestina ecc.). Nulla di simile deriva dall'iscrizione nel ROC,
perché la legge che lo istituisce (249/97)
non lo prevede.
Però tutto questo non deve farci dimenticare la
questione che più ci interessa: l'ambito di applicazione della nuova legge
nell'universo telematico. Da più parti si insiste nel richiamare le
dichiarazioni del sottosegretario Chiti, secondo il quale le disposizioni
riguarderebbero solo le testate che intendono accedere ai contributi previsti
dalla legge stessa, mentre altri affermano che le disposizioni riguarderebbero
solo l'informazione professionale.
Come tutti sanno - o dovrebbero sapere - nell'interpretazione di qualsiasi legge
non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal
significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla
intenzione del legislatore (art. 12 delle "preleggi", codice
civile).
Rivediamo dunque le "parole della legge":
Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con
periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento
identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti
dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948 (art.
1, comma 3, secondo periodo).
Il richiamato art. 5 della legge del '48
inizia così:
Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato
registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui circoscrizione la
pubblicazione deve effettuarsi.
Si aggiunge poi l'art.
16 della legge 62. Questo, dopo aver stabilito che l'iscrizione nel registro
degli operatori di comunicazione è "sostitutiva" di quella nei
registri della stampa, prevista dall'articolo 5 della legge del '48, dice
testualmente:
L'iscrizione è condizione per l'inizio delle
pubblicazioni.
Se c'è un esperto di diritto che riesce a
trovare nel "significato proprio delle parole secondo la connessione di
esse" il limite applicativo di queste disposizioni alle sole imprese
editoriali che vogliono accedere ai contributi, allora la qualifica di
"fole" che il curatore del forum
di Rutelli ha attribuito ai nostri ragionamenti si dovrà ritenere corretta,
e lo riconosceremo pubblicamente.
Resta il secondo criterio interpretativo dettato
dall'art. 12 delle "preleggi": l'intenzione del legislatore. Scorrendo
gli atti parlamentari non si trovano indicazioni in proposito, poiché la
discussione ha riguardato solo le questioni legate alle agevolazioni ai
periodici, al prezzo dei libri e simili problemi. Se però andiamo a leggere le
pubbliche dichiarazioni di chi ha voluto queste disposizioni, vediamo che
l'intenzione era appunto quella di sottoporre al regime della stampa tutta
l'informazione telematica (si veda la lettera di Franco
Abruzzo al Ministro della giustizia e ai presidenti delle Commissioni
giustizia della Camera e del Senato, oltre che ai presidenti della Federazione
degli editori e dell'Ordine dei giornalisti). Non è un documento rilevante sul
piano giuridico, ma certo aiuta a capire le "intenzioni del
legislatore".
Ma esse risultano evidentissime dalla
disposizione dell'articolo 16: L'iscrizione è condizione per l'inizio delle
pubblicazioni. Se il legislatore avesse inteso limitare il campo applicativo
all'ottenimento dei contributi, avrebbe scritto "L'iscrizione è condizione
per la richiesta delle agevolazioni".
E allora, chi racconta "fole"?
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