Negli ultimi giorni ho registrato una serie di notizie che riguardano il
mondo dell'informazione. Alcune hanno avuto (purtroppo) una larga diffusione sui
media, altre sono rimaste nell'ambito degli "addetti ai lavori". Ma
sono tutte utili per continuare e approfondire il discorso sui problemi
dell'informazione on line. Ecco il breve elenco.
Venerdì
16 novembre
- Per accedere alla versione telematica del quotidiano la Repubblica
occorre inserire un username e una password: è il primo passo del passaggio a
pagamento della lettura della riproduzione delle pagine di carta.
- A InterLex giunge una segnalazione relativa alle difficoltà che il tribunale
di Roma oppone alla registrazione delle testate telematiche.
- Arriva al Senato il disegno della legge "comunitaria", già
approvato dalla Camera, che prevede anche la revisione della legge 62/01, quella
che estende all'informazione telematica l'antico regime della stampa cartacea.
Lunedì
19 novembre
- Si apre a Montesilvano (Pescara) il 23. Congresso della FNSI, il sindacato
unitario dei giornalisti.
- A InterLex arriva un'altra segnalazione di difficoltà per la registrazione di
testate telematiche, questa volta proveniente da Milano.
- Si diffonde la notizia di quattro giornalisti uccisi in Afghanistan.
Martedì
20 novembre
- La legge 62/01 è un'ottima legge: lo afferma il sottosegretario
all'editoria, Bonaiuti, davanti alla Commissione cultura, scienza e informazione
della Camera.
E' difficile per un giornalista non partire dalla notizia dei colleghi che
hanno perso la vita tra le montagne dell'Asia (e sono sette dall'inizio di
questo conflitto). Quattro nomi che si aggiungono al triste, lunghissimo elenco
dei professionisti dell'informazione "inviati di guerra" che hanno
spinto il senso della professione oltre l'ultimo limite. Tra le vittime più
recenti un'italiana, Maria Grazia Cutuli, il cui impegno ha ricordato a tutti
quello di Ilaria Alpi, un'altra giornalista uccisa su un fronte di guerra.
La memoria recente trova il nome di un altro professionista dell'informazione,
Antonio Russo, caduto in Cecenia e, solo un po' più indietro nel tempo, ricorda
un altro episodio di guerra in cui fu coinvolta una giornalista: Carmen
Lasorella, che sfuggì per un soffio a una trappola mortale a Mogadiscio e
subito dopo ne diede la cronaca puntuale e distaccata, professionale, come se
quei terribili minuti li avesse passati un'altra persona.
Qualcuno potrebbe chiedere che c'entrano questi episodi con l'informazione on
line. La risposta è in un'altra domanda, rivolta ai tanti che ritengono
di "fare informazione" raccattando notizie sparse alla portata di
chiunque e riciclandole dai tasti di un PC: si sentono ancora di affermare che
"siamo tutti giornalisti"?
E c'è un'altra domanda, che i colleghi del sindacato riuniti a congresso in
questi giorni dovrebbero rivolgere agli editori dei giornali: perché un inviato
di guerra (o di pace) deve ancora ottenere "alla memoria" la qualifica
che gli spetta, come Ilaria Alpi e come Maria Grazia Cutuli? Come dire che se
muore è un inviato, se sopravvive è un redattore...
Cambiamo argomento. Le stesse informazioni che la Repubblica ci
fornisce ogni giorno sulla carta e, da alcuni anni, anche via internet, presto
dovranno essere pagate anche nell'edizione telematica, che riprodurrà le pagine
così come sono uscite in edicola. Resteranno gratis, invece, le notizie
pubblicate "di prima mano" sul web. Qui sorgono due domande:
- Che senso ha far pagare le notizie del giorno prima e dare gratis quelle
fresche? Forse perché i giornalisti della redazione on line sono considerati -
da contratto - meno "professionisti" di quelli della redazione del
giornale di carta?
- La riproduzione telematica del giornale tradizionale, lenta da
"sfogliare" e pesante da scaricare, vale forse più di quella del web,
che presenta il non trascurabile valore aggiunto della rapidità, dei
riferimenti ipertestuali, della facile reperibilità anche a distanza di tempo?
Andiamo avanti e occupiamoci della famigerata legge 62/01, una legge
liberticida (oltre che scombinata sul piano giuridico), alla quale si
riferiscono due notizie degli ultimi giorni. La prima è questa: nell'articolo
30 disegno di legge per l'attuazione di direttive comunitarie, approvato
dalla Camera e passato
al Senato, si dice che "deve essere reso esplicito che l’obbligo di
registrazione della testata editoriale telematica si applica esclusivamente alle
attività per le quali i prestatori del servizio intendano avvalersi delle
provvidenze previste dalla legge 7 marzo 2001,
n. 62, o che comunque ne facciano specifica richiesta". Peccato
che nel testo originale sia "esplicito" il contrario...
La seconda notizia è che il sottosegretario all'editoria Bonaiuti ha
dichiarato, in un'audizione
alla Camera dei Deputati, che la legge in questione va benissimo. Le domande
da rivolgere a Bonaiuti su questo punto sono così numerose che le rimandiamo al
prossimo numero.
Ma il problema della registrazione delle testate telematiche solleva altre
domande, dirette ai giudici delegati alle "sezioni stampa" dei
tribunali di Roma e di Milano. Questi infatti oppongono vari cavilli, fra i
quali la prescrizione che alle richieste di registrazione delle testate
telematiche siano allegate anche le licenze dei fornitori di hosting sui
cui server sono ospitate le pubblicazioni. Le domande sono queste:
- Sanno i giudici che il servizio di hosting non è un
"servizio di telecomunicazioni" ai sensi delle leggi vigenti, e quindi
non è soggetto a licenza?
- Sono i giudici al corrente del fatto che il server dal quale viene diffuso un
periodico è di fatto del tutto indifferente ai fini della registrazione, dal
momento che può essere cambiato in pochi minuti, e che lo stesso contenuto può
essere scaricato da server diversi posti in qualsiasi parte del mondo?
- Hanno letto bene l'articolo 5 della legge 8
febbraio 1948, n. 47, che prescrive tassativamente i documenti da produrre
per l'iscrizione, tra i quali non è prevista una (ipotetica) licenza del
soggetto che provvede alla diffusione?
Naturalmente le domande non finiscono qui, ma chi non ne avesse abbastanza
può andare a rileggere, per il momento, Due domande a
Franco Abruzzo e Quattro domande sulla libertà di
stampa...
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